Verifica di congruità nell’ambito di un affidamento di lavoro interinale

Redazione Scientifica
25 Giugno 2018

Nell'ambito di una gara bandita per acquisire somministrazione di lavoro interinale, per la quale sia stato previsto di indicare tutti i costi del servizio da remunerare, compresi quelli dovuti...

Nell'ambito di una gara bandita per acquisire somministrazione di lavoro interinale, per la quale sia stato previsto di indicare tutti i costi del servizio da remunerare, compresi quelli dovuti all'assenteismo gravante sul datore di lavoro, non è corretto ritenere che il parametro di riferimento per calcolare l'assenteismo sia necessariamente quello registrato dall'impresa tra il proprio personale negli anni in cui ha svolto il servizio per la stessa SA, in quanto l'assenteismo del personale non è un dato perfettamente stimabile a priori, dipendendo da una serie variabile di fattori.

La cd. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 Cost., che sta a fondamento dell'autogoverno dei fattori di produzione e dell'autonomia di gestione propria dell'archetipo del contratto di appalto. Corollario obbligato di questa premessa è che tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente; conseguentemente, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante (Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078). Quindi, secondo questo condivisibile indirizzo la clausola sociale funge da strumento per favorire la continuità e la stabilità occupazionale dei lavoratori, ma nel contempo non può esser tale da comprimere le esigenze organizzative dell'impresa subentrante, che ritenga di potere ragionevolmente svolgere il servizio utilizzando una minore componente di lavoro rispetto al precedente gestore e, dunque, ottenendo in questo modo economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento (Cons. St., sez. V, 7 giugno 2016, n. 2433; id., sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255; id. 9 dicembre 2015, n. 5598; id. 5 aprile 2013, n. 1896; id., sez. V, 25 gennaio 2016, n. 242; id., sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890).

Proprio nell'ottica del contemperamento di tali opposte esigenze (la libertà di impresa e la necessità di conservare il posto di lavoro ai dipendenti del gestore uscente) oltre alla possibilità di distrarre un lavoratore, assunto in virtù della clausola sociale, in altra commessa, la giurisprudenza (Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078) ha affermato che i lavoratori, che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (Cons. St., sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255).

Al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2017, n. 6158; id. 13 febbraio 2017, n. 607 e 25 gennaio 2016, n. 242; id., sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211 e 10 novembre 2015, n. 5128).

Non è corretto sostenere che, una volta acquisite le giustificazioni richieste per valutare la congruità dell'offerta e non ritenute le stesse utili, la stazione appaltante non avrebbe potuto chiedere nuovamente altre giustificazioni

Ed invero l'art. 97, d.lgs. n. 50 del 2016 deve essere interpretato nel senso che la valutazione dell'anomalia dell'offerta va effettuata garantendo un contraddittorio pieno con l'offerente anche, ove necessario a chiarire offerte particolarmente articolate, attraverso vari passaggi procedimentali e non necessariamente con un'unica richiesta di chiarimenti. E ciò in coerenza con l'art. 69 della direttiva n. 2014/24, che prevede che l'amministrazione aggiudicatrice valuti le informazioni fornite consultando l'offerente, al quale, quindi, può essere data anche più di una modalità per esplicitare il contenuto dell'offerta, attraverso un contraddittorio, la cui adeguatezza deve essere valutata in concreto, al di fuori di rigide e vincolanti scansioni procedimentali (Cons. St., sez. III, 5 febbraio 2018, n. 746).

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