Adozione del figlio maggiorenne del coniuge: si può derogare al limite di età previsto dall'art. 291 c.c.?

Grazia Ofelia Cesaro
26 Giugno 2018

L'evoluzione dell'istituto dell'adozione di maggiorenne lo ha portato ad assolvere l'esigenza di attribuire veste giuridica al rapporto affettivo già sussistente nell'ambito familiare, con funzione di consolidamento dell'unità familiare attraverso la formalizzazione del rapporto di accoglienza già sperimentato e concretamente vissuto.
Massima

In tema di adozione del figlio maggiorenne del coniuge, ritenere inderogabile il limite di età indicato dall'art. 291 c.c. determinerebbe un'ingiustificata lesione dell'unità familiare, tanto più ove si consideri che la differenza d'età è pur sempre ricompresa nei limiti imposti dal criterio dell'imitatio naturae e che il legame fra adottante e adottando è sorto senza che la differenza di età, nel caso di specie inferiore a 18 anni, abbia impedito in alcun modo il consolidarsi di un rapporto filiale.

Il caso

Il Tribunale di Genova è stato investito del ricorso per adozione ai sensi dell'art. 291 c.c. depositato da B.L., nato nel 1967, il quale ha chiesto di adottare P.V., nata nel 1983, figlia maggiorenne del coniuge. Nel corso del procedimento il ricorrente, l'adottanda, la madre dell'adottanda ed il coniuge dell'adottanda hanno confermato il loro pieno consenso all'adozione, posto che l'adottante è il coniuge della madre dell'adottanda, e fin dall'inizio della convivenza della coppia vi è stata una frequentazione quotidiana tra B.L. e P.V.. Il Tribunale accoglie la domanda, malgrado la differenza di età delle parti sia inferiore a diciotto anni, osservando che l'adozione di maggiorenne e l'adozione di minori in casi particolari assolvono la stessa funzione, con una notevole vicinanza sul piano dei valori poiché mirano entrambe a favorire la coesione affettiva e l'unità familiare della famiglia intesa come comunità.

La questione

Il giudice ha il potere di ridurre il divario minimo di età tra adottante e adottando prescritto dall'art. 291 c.c. al fine di evitare un'ingiustificata rottura dell'unità familiare? Tale potere è esercitabile esclusivamente a tutela del rapporto filiale instauratosi tra adottante e adottando, in assenza di altri figli maggiorenni o minorenni del coniuge dell'adottante?

Le soluzioni giuridiche

Il provvedimento in commento affronta una questione sempre più ricorrente ed attuale. Il contenuto tassativo dell'art. 291 c.c. stabilisce che l'adozione di maggiorenne è permessa solamente a coloro che hanno superato di almeno diciotto anni l'età della persona che intendono adottare. Dal tenore letterale della norma non sembrerebbe pertanto consentito al giudice di apportare alcuna deroga, neppure in presenza di situazioni particolari. Tuttavia, una situazione particolare riconducibile all'art. 291 c.c., e potenzialmente confliggente con la rigidità della formulazione normativa, si può verificare nel caso di adozione del figlio maggiorenne del coniuge, come nella vicenda in esame, laddove vi sia un rapporto di familiarità creatosi tra adottante e adottando che deve essere tutelato, indipendentemente dal divario minimo di età tra i medesimi soggetti.

La previsione della differenza minima di età tra adottante e adottando corrisponde infatti alla persistente esigenza che il rapporto adottivo si formi ad imitazione della natura, e sia il più possibile assimilabile alla funzione biologica (criterio dell'imitatio naturae).

La sentenza in esame analizza in primis la differenza sussistente tra l'istituto di cui all'art. 291 c.c. e l'adozione di minore in casi particolari ex art. 44, comma 1, lett. b) l. 4 maggio 1983, n. 184, con riferimento all'intervento demolitivo della Corte Costituzionale sul divario minimo di età tra adottante ed adottando; in seguito, si sofferma sull'evoluzione subita nel tempo dall'istituto dell'adozione di maggiorenne.

La limitazione normativa sul divario di età, pur nella diversità di finalità che caratterizzano l'adozione di persona minore di età e l'adozione di maggiorenne, trova ratio identica in entrambi gli istituti, e cioè quella di far sì che il vincolo di filiazione giuridica creato con l'adozione sia apparentemente simile a quello di filiazione biologica.

L'assimilazione in questione aveva un significato più pregnante in relazione all'adozione di minori, istituto finalizzato ad assicurare agli stessi una famiglia ed un ambiente familiare idoneo per la crescita umana e l'armonico sviluppo della personalità.

Diversamente, l'adozione di maggiorenne in passato aveva quale unica finalità quella di permettere a chi non aveva una propria discendenza di tramandare il proprio cognome e devolvere il proprio patrimonio.

In particolare nell'adozione di minori di età, laddove l'imitatio naturae ha maggiore importanza, sia sotto il profilo della differenza biologica sia sotto quello dell'attitudine educativa dell'adottante, la Corte Costituzionale attraverso successive pronunce ha censurato la formulazione del limite rigido della differenza di diciotto anni tra adottante e adottando, ritenendolo invece derogabile ogniqualvolta sussistano validi motivi alla luce del preminente l'interesse del minore (Corte cost., sent., n. 183/1988, Corte cost., n. 44/1990; Corte cost., n. 349/1998).

Più nel dettaglio la Consulta, intervenuta in tema di adozione prevista dall'art. 44, comma 1, lett. b) l. n. 184/1983, ossia nell'ipotesi del coniuge che adotta il figlio minore dell'altro coniuge, ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità con riferimento all'art. 30, comma 1 e 3, Cost., nel valore complessivo da tale norma espresso, ovvero quello dell'unità familiare.

Nonostante la diversità e la specificità della disciplina dell'adozione di minori rispetto alla adozione di maggiorenni non consentano di desumere profili di illegittimità costituzionale dell'art. 291 c.c. direttamente dalle pronunce menzionate, ciò non esclude che il limite rappresentato dal divario di 18 anni di età fra adottante e adottando nell'adozione di maggiorenni, in quanto dettato comunque dalla necessità di fare applicazione del principio dell'imitatio naturae,assuma carattere di irragionevolezza, ove in funzione di una rigida applicazione dello stesso vengano sacrificati in concreto diritti costituzionalmente garantiti e riconosciuti a livello internazionale, attinenti alla tutela dell'unità familiare (art. 30 Cost. ed art. 8 CEDU), nonché all'identità stessa della persona (art. 2 Cost.).

A seguito dell'evoluzione normativa l'adozione di maggiorenne si è rivelato mezzo idoneo per soddisfare nuove esigenze socialmente apprezzabili e meritevoli di tutela, come quella di dare veste giuridica al rapporto personale ed affettivo costituitosi tra coniuge e figlio dell'altro coniuge, vedovo o divorziato, ovvero al rapporto personale ed affettivo sorto in seguito ad una situazione di affidamento.

La centralità dell'esigenza di tutela del legame familiare inteso quale concreta manifestazione affettiva che deve assumere veste e protezione giuridica, d'altronde, è divenuto principio e tendenza immanente all'ordinamento giuridico: ci si potrà ad esempio riferire alla legge 19 ottobre 2015, n. 173, recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare»,ove viene consacrato quale principio fondamentale il diritto alla continuità dei rapporti affettivi dei minori in affido familiare.

Nell'evoluzione degli istituti oggetto della presente nota di commento ha assunto un ruolo fondamentale anche la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che da sempre, in applicazione dell'art. 8 CEDU, valorizza il significato concreto ed effettivo del consolidato rapporto affettivo quale fondamento dell'unità familiare.

Alla luce dell'evoluzione intervenuta, appare dubbia la capacità di dare razionale giustificazione al differente trattamento tra le due tipologie di adozione. Deve considerarsi superata la diversità attribuita agli istituti dell'adozione di maggiorenni e dell'adozione di minori, almeno laddove l'adozione di maggiorenne, come nel caso di specie, sia invocata a tutela e formalizzazione giuridica di un rapporto familiare consolidato e basato sugli affetti.

D'altronde, già da tempo l'istituto dell'adozione di maggiorenne aveva perso la sua connotazione più marcatamente “patrimonialistica” per assimilarsi sempre più, quanto alle finalità, all'adozione di minorenni: un esempio è desumibile sin dalla pronuncia della Consulta che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 291 c.c. nella parte in cui non consentiva l'adozione a persone che avessero discendenti legittimi o legittimati maggiorenni o consenzienti (Corte cost., sent., n. 557/1988). Per effetto di tale pronuncia, il tradizionale divieto di adozione in presenza di figli legittimi o legittimati non è più assoluto, e viene meno quando i discendenti legittimi o legittimati maggiorenni sono consenzienti.

L'evoluzione che ha interessato il procedimento di adozione di maggiorenne, con riferimento alla presenza di figli dell'adottante, ha attribuito al giudice un potere valutativo, che consente anche la deroga dei limiti posti dall'art. 291 c.c. ove un'applicazione eccessivamente rigida della disposizione in esame impedisca il realizzarsi delle nuove finalità connesse all'istituto in esame.

Osservazioni

L'irragionevolezza di un'assoluta inderogabilità della differenza di diciotto anni tra adottante e adottando risulta evidente, come nel caso concreto, laddove si siano nel tempo creati i legami propri della famiglia; nella vicenda considerata, infatti, il ricorrente ha incarnato totalmente il ruolo genitoriale rispetto all'adottanda.

È da considerare, inoltre, che l'istituto di cui all'art. 291 c.c. costituisce nel caso in esame una extrema ratio, poiché la mancata adozione del figlio maggiorenne del coniuge impedirebbe il conseguimento formale di quell'unità familiare del nucleo che, nei fatti, è già presente.

Tale diritto non può essere una prerogativa di soggetti minori di età, poiché chiunque ha diritto di vedere riconosciute la propria identità, le proprie radici ed i propri legami familiari.

L'adozione di cui all'art. 291 c.c. diviene quindi una figura estremamente duttile: viene utilizzata nella prassi per consentire il raggiungimento di funzioni nuove, come quella di consolidamento dell'unità familiare attraverso la formalizzazione di un rapporto di accoglienza già sperimentato e concretamente vissuto.

Il provvedimento in commento segue ed amplia la portata di diversi precedenti giurisprudenziali che hanno contribuito a ridefinire i contorni e le finalità dell'adozione di maggiorenne: nonostante la quaestio iuris sottoposta all'attenzione del Giudicante riguardi la possibile riduzione del divario minimo di età tra adottante ed adottando di cui all'art. 291 c.c. previo attento esame delle circostanze del caso concreto ed in conformità al principio dell'imitatio naturae, tematica già affrontata dalla giurisprudenza di merito, nella vicenda in esame il potere di riduzione del giudice viene riconosciuto esclusivamente a tutela del rapporto filiale creatosi tra adottante ed adottando, anche in assenza di altri figli dell'adottante o del coniuge dell'adottante.

Il provvedimento del Tribunale di Genova, pertanto, mette in evidenza la necessità di introdurre de iure condendo una soluzione normativa che dovrebbe essere attuata nel nostro ordinamento: la previsione espressa della possibilità, per il giudice adito, di apportare deroghe al limite di età di cui all'art. 291 c.c., qualora situazioni particolari giustifichino una riduzione del divario minimo d'età.

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