Partecipazione alle gare d'appalto, regolarità contributiva delle imprese e sindacato del giudice amministrativo

26 Giugno 2018

Ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie vertenti tra l'operatore economico e l'ente previdenziale che richiedono l'accertamento, con forza di giudicato tra le parti, della sussistenza o meno della regolarità contributiva, il giudice amministrativo può sindacare la validità del d.u.r.c. e, se del caso, disapplicarlo, le volte in cui ne ha cognizione incidentale nell'ambito di un giudizio amministrativo che abbia ad oggetto la legittimità del provvedimento di esclusione adottato sul presupposto dell'esistenza di una irregolarità contributiva attestata dal d.u.r.c..
Premessa

Una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3384, segnalata da A. Leoni, Regolarità contributiva: giurisdizione del g.a., gravità della violazione e regolarizzazione postuma, in L'amministrativista.it) ha ritenuto legittima l'esclusione dalla gara pubblica d'appalto del concorrente per l'irregolarità contributiva risultante dal d.u.r.c. rilasciato dal competente istituto previdenziale, ritenendo irrilevante la pendenza innanzi al giudice civile del giudizio avente ad oggetto l'accertamento della regolarità contributiva. Tale pronuncia ha riformato la sentenza di primo grado resa dal Tar Lazio, che aveva invece ritenuto rilevante la pendenza del giudizio civile al fine di ritenere non definitivamente accertata la situazione di irregolarità contributiva, sottolineando che a tal fine è sufficiente che il d.u.r.c., quale atto presupposto del provvedimento di esclusione dalla gara, sia sottoposto alla cognizione incidenter tantum del giudice amministrativo. La pronuncia offre lo spunto per chiarire modi e limiti della giurisdizione del giudice amministrativa con riferimento all'attestato di regolarità contributiva rilasciato dai competenti enti previdenziali.

La regolarità contributiva come requisito di partecipazione alle gare pubbliche di appalto.

La regolarità contributiva rientra fra i requisiti c.d. di ordine generale che devono essere necessariamente posseduti dai soggetti che intendono instaurare un rapporto contrattuale con la pubblica amministrazione (cfr.: M. Nunziata, Regolarità contributiva, inLamministrativista.it)

La considerazione della regolarità contributiva come un requisito generale per la partecipazione alle gare pubbliche d'appalto, già contemplata dall'art 38 del codice di cui al d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, nel vigente codice dei contratti pubblici è disciplinata dall'art 80 co. 4, il quale prevede che la esistenza di «violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse o dei contributi previdenziali» rappresenti un motivo di esclusione dell'operatore economico dalla procedura e precisa che costituiscono violazioni definitivamente accertate «quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti a impugnazione» e che costituiscono gravi violazioni materia contributiva e previdenziale «quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) di cui al decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato sulla G.U. n. 125 del 1 giugno 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti allo sportello unico previdenziale» (art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 ).

Secondo la disciplina codicistica, non tutte le violazioni in materia contributiva danno luogo all'esclusione dalle procedure di gara. Perché ciò accada è necessario che l'irregolarità contributiva sia caratterizzata da due distinti requisiti (gravità e definitività) ed è altresì richiesto il cumulo dei suddetti requisiti; nel senso che solo una violazione che sia, al contempo, grave e definitivamente accertata può essere causa di esclusione dalla gara. L'interpretazione comunemente data è che il legislatore ritiene che l'irregolarità fiscale o contributiva, oltre a minare rilevanti interessi della collettività, sia indice di scarsa affidabilità del concorrente e dispone conseguentemente che in tal caso l'operatore economico non possa partecipare alla gara [cfr.: Villa, La selezione degli offerenti, in Caringella - Mantini - Giustiniani, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016, 278; Margiotta - Portaluri, Motivi di esclusione, in Garofoli - Ferrari, Codice dei contratti pubblici, VII, 2017 1340, ma non manca chi sollleva dubbi sull'effettiva idoneità probatoria del d.u.r.c. a tali fini (cfr.: A. Giacalone – A. Peloso, La “definitività” delle violazioni contributive e le esigenze di par condicio, in Urbanistica e appalti n. 1/2018)].

L'accertamento dell'irregolarità contributiva si è comunque rivelato problematico sia sotto il profilo della competenza amministrativa, che di quella giurisdizionale.

L'efficacia vincolante per la stazione appaltante dell'accertamento operato dall'istituto previdenziale

Il problema dell'individuazione dell'autorità competente ad accertare la regolarità contributiva ha richiesto di precisare se ciò spetti unicamente agli Enti previdenziali o se, invece, residui una qualche forma di discrezionalità in capo alla singola Stazione appaltante procedente. Allo stato, il problema è stato definito con l'intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza 4 maggio 2012, n. 8, ha affermato che la valutazione di gravità o meno dell'infrazione è riservata agli enti previdenziali ed ha precisato che «la valutazione compiuta dagli enti previdenziali sia vincolante per le stazioni appaltanti e precluda, ad esse, una valutazione autonoma». L'Adunanza Plenaria Plenaria ha in sostanza chiarito che la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, ed in particolare dal d.u.r.c.. con la conseguenza che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l'aggiudicazione di appalti con l'Amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (cfr. G. Bergonzini, I requisiti di partecipazione agli appalti pubblici di lavori servizi e forniture, in R. Villata, M. Bertolissi, V. Domenichelli, G. Sala (a cura di), I contratti pubblici di lavori servizi e forniture, 2014, I, 324 ss; H. D'Herin, La plenaria fa luce sull'efficacia del durc ai fini dell'esclusione dalle gare di appalto, in Urbanistica e Appalti n. 8-9/2012)

In ogni caso, la sussistenza del requisito di regolarità contributiva deve essere accertata applicando la disciplina specificamente dettata dall'ordinamento previdenziale, attualmente recata dal d.m. 30 gennaio 2015 («Semplificazioni in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva», pubblicato nella G.U. del 1° gennaio 2015, n. 125) adottato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e quello per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione in attuazione dell'art. 4, d.l. 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 16 maggio 2014, n. 78. Il citato art. 4, d.l. n. 34 del 2014 ha previsto nuove modalità di verifica della regolarità contributiva, disponendo che chiunque vi abbia interesse, compresa la medesima impresa, verifica con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale la regolarità contributiva nei confronti dell'INPS, dell'INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell'edilizia, nei confronti delle Casse edili. La risultanza di tale interrogazione ha validità di 120 giorni dalla data di acquisizione e sostituisce ad ogni effetto il DURC, ovunque previsto, fatta eccezione per alcune particolari ipotesi di esclusione individuate nell'art. 9 del decreto. Sempre il citato art. 4, al comma 3, chiarisce che tale interrogazione assolve all'obbligo di verificare la sussistenza del requisito in questione presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici istituita presso l'Autorità.

È importante sottolineare che la Corte di Giustizia (decisione 10 novembre 2016, causa C-199/15) ritiene legittimo un sistema siffatto, in quanto ha affermato che l'art. 45, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2004/18 consente agli Stati membri di escludere dalla partecipazione a un appalto pubblico ogni operatore economico che non sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e che, in forza del paragrafo 3 del medesimo articolo 45 della direttiva 2004/18, le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l'operatore economico non si trova nella situazione di cui al citato paragrafo 2, lettera e), un certificato rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro in questione e da cui risulti che tali requisiti sono soddisfatti. La Corte ha così escluso che le disposizioni della direttiva vietino alle autorità competenti di richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il certificato prescritto anche senza che l'operatore economico sia stato preavvisato di una eventuale irregolarità, purché questi abbia la possibilità di verificare in ogni momento la regolarità della sua situazione presso l'istituto competente, con conseguente legittimità comunitaria di una normativa nazionale che obblighi le amministrazioni aggiudicatrici a considerare quale motivo di esclusione una violazione in materia di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali risultante da un certificato richiesto d'ufficio dall'amministrazione aggiudicatrice e rilasciato dagli istituti previdenziali, qualora tale violazione sussistesse alla data della partecipazione ad una gara d'appalto, escludendo così ogni margine di discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici a tale riguardo (sulla compatibilità comunitaria della disciplina del d.u.r.c. amplius v. R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici. Appalti e concessioni dopo il d.lgs. 56/2017, Torino, 2017, 845 ss; C. D'Aloisio, Il procedimento per il conseguimento della regolarità contributiva non cambia se l'acquisizione della sua certificazione avviene d'ufficio, in Argomenti Dir. Lav., 2016, 2, 335).

La questione è stata riesaminata anche più di recente dall'Adunanza Plenaria con specifico riferimento alla sopravvenuta disposizione recata dall'art art. 31, comma 8, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, il quale dispone che «ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'art. 1, l. 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità». Richiesta di chiarire se l'art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, vada o meno interpretato nel senso che – laddove la dichiarazione sostitutiva resa dall'offerente in sede di partecipazione alla gara sulla base di un DURC in corso di validità si ponga in contrasto con le risultanze negative del DURC richiesto nell'ambito delle verifiche disposte d'ufficio dalla Stazione appaltante – possa disporsi l'esclusione dalla procedura senza che prima sia attivato il procedimento di regolarizzazione, l'Adunanza Plenaria, con le pronunce nn. 5 e 6 del 29 febbraio 2016 ha escluso che la norma possa interpretarsi nel senso di subordinare il carattere definitivo della violazione previdenziale, elemento ostativo alla partecipazione alle gare d'appalto, alla condizione che l'impresa, che versi in stato di irregolarità contributiva al momento della presentazione dell'offerta, venga previamente invitata a regolarizzare la propria posizione previdenziale e che nonostante tale invito perseveri nell'inadempimento dei propri obblighi contributivi. L'Adunanza Plenaria ha così ritenuto che l'art. 31, comma 8, d.l. 69 del 2013 non abbia in alcun modo modificato la disciplina previgente e che, pertanto, la regola del previo invito alla regolarizzazione non trovi applicazione nel caso di DURC richiesto dalla stazione appaltante ai fini della verifica delle dichiarazioni rese dall'impresa ai fini della partecipazione alla gara; assumendo che, diversamente, ne verrebbe palesemente frustrata l'esigenza fondamentale sottesa alle procedure competitive secondo cui l'impresa deve essere in regola con gli obblighi previdenziali fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Il preavviso di DURC negativo, ovvero l'invito alla regolarizzazione, secondo l'Adunanza Plenaria può, dunque, operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione, rimanendo con ciò esclusa la possibilità di una regolarizzazione successiva alla partecipazione alla gara (cfr: M. Nunziata, La controversa ammissibilità della regolarizzazione del debito contributivo ai fini della partecipazione alle procedure di gara, in Lamministrativista.it).

L'accertamento della regolarità contributiva attestata dal d.u.r.c. tra giudice ordinario e giudice amministrativo

Sotto il profilo giurisdizionale, l'accertamento della regolarità contributiva si rivela problematico in quanto, a norma dell'art. 442 c.p.c., le controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatorie sono attribuite alla competenza per materia del giudice del lavoro e, tra queste rientrano anche le controversie relative ai rapporti tra ente previdenziale e datore di lavoro in ordine ai contributi dovuti e all'osservanza di determinate disposizioni di carattere previdenziale.

Quanto rende problematico il profilo dell'accertamento giurisdizionale non è il fatto che la procedibilità del giudizio, a norma dell'art. 443 c.p.c., è condizionata dal previo esaurimento dei rimedi amministrativi interni all'ente previdenziale, ma proprio il fatto che l'espressa previsione di legge di una competenza per materia del giudice dl lavoro fa sì che spetti a quest'ultimo l'accertamento giudiziale, con forza di giudicato, dell'adempimento dell'obbligo contributivo o previdenziale.

Tale regola non sembra messa ancora in discussione dall'Adunanza Plenaria nel 2012, allorquando, con la già citata sentenza 4 maggio 2012 n. 8, affermato che il d.u.r.c. è il documento pubblico che certifica in modo ufficiale la sussistenza o meno della regolarità contributiva, da ascrivere al novero delle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell'art. 2700 c.c., e facenti piena prova fino a querela di falso e che le stazioni appaltanti non sono gli enti istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali. Con tale pronuncia l'Adunanza Plenaria assume infatti, almeno implicitamente, che eventuali errori contenuti nel d.u.r.c. potrebbero essere corretti solo dal giudice ordinario con gli appositi strumenti messi a disposizione dall'ordinamento, ossia la querela di falso o il giudizio in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria.

Il problema, dato dalla necessità di chiarire se la pendenza del giudizio ordinario assuma rilevanza ai fini della verifica della sussistenza del requisito della definitività dell'accertamento dell'irregolarità contributiva, è affrontato dall'Adunanza Plenaria nel 2016, con la pronuncia n 10 del 25 maggio 2016.

Posto che la norma dispone che definitivo è l'accertamento contenuto in un atto amministrativo o in una sentenza non più soggette a impugnazione, ponendo così un principio per cui, nelle gare d'appalto, un'irregolarità contributiva può ritenersi definitivamente accertata solo quando, alla data di scadenza del termine di proposizione delle domande di partecipazione alla gara, siano scaduti i termini per la contestazione dell'infrazione ovvero siano stati respinti i mezzi di gravame proposti avverso la medesima; ciò posto, la giurisprudenza ha sovente affermato che l'intervenuta non pretestuosa proposizione di ricorso avvero il d.u.r.c. innanzi al giudice ordinario impedisca di qualificare il debito contributivo come definitivamente accertato (v ad es Tar Lazio, Roma, Sez. II^, n. 4938 del 27 aprile 2017; Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3375; Cons. Stato, V, 30 giugno 2011, n. 3912). Successivamente alla pronuncia dell'Ad. Plen. 25 maggio 2016 n. 10 (v. nota di S. Calvetti, Regolarizzazione del durc negativo: giurisdizione - e ammissibilità, in Urbanistica e appalti n. 11/2016), il giudice amministrativo sembra essersi invece decisamente orientato nel senso di comprendere nella propria giurisdizione l'accertamento inerente alla validità del d.u.r.c..

Richiesta di chiarire se l'accertamento della regolarità del documento unico di regolarità contributiva possa rientrare nella giurisdizione del giudice amministrativo adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l'aggiudicazione di un appalto pubblico, nella pronuncia 25 5 2016 n. 10 l'Adunanza Plenaria ha ritenuto possibile la cognizione del giudice amministrativo, circa la regolarità del d.u.r.c, quando questi è adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l'aggiudicazione di un appalto pubblico, valorizzando il fatto che in tal caso l'accertamento riguarda un atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara.

A tal fine l'Adunanza Plenaria ha sottolineato che nelle controversie in materia di contratti pubblici il d.u.r.c. viene in rilievo non in via principale, ma in qualità di presupposto di legittimità di un provvedimento amministrativo adottato dalla stazione appaltante, con conseguente possibilità, per il giudice amministrativo, di compiere un accertamento puramente incidentale, ai sensi dell'art. 8 c.p.a., sulla regolarità del rapporto previdenziale; che implica che la relativa statuizione abbia efficacia esclusivamente in relazione alla controversia concernente gli atti di gara e non esplichi i suoi effetti nei rapporti fra l'ente previdenziale e l'operatore coinvolto.

Ferma in ogni caso la natura di dichiarazione di scienza attribuibile al d.u.r.c., che si colloca fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, l'Ad. Plen. ritiene che ciò non osti all'esame, da parte del giudice amministrativo, della regolarità delle risultanze della documentazione prodotta dall'ente previdenziale in un giudizio avente ad oggetto l'affidamento di un contratto pubblico di lavori, servizi o forniture perché l'ambito della cognizione del giudice amministrativo avrebbe un oggetto diverso; concernerebbe cioè solo l'attività provvedimentale successiva e consequenziale alla produzione del d.u.r.c. da parte dell'ente previdenziale. Nel giudizio instaurato dinanzi all'autorità giudiziaria amministrativa, l'operatore privato non censurerebbe direttamente l'erroneità del contenuto del d.u.r.c., ma le statuizioni successive della stazione appaltante, derivanti dalla supposta erroneità del d.u.r.c. che sarebbe oggetto non già di annullamento ma di disapplicazione (sulla disapplicazione da parte del giudice amministrativo v. R. Di Pace, La disapplicazione nel processo amministrativo, Torino, 2011; R. Rolli, La disapplicazione giurisdizionale dell'atto amministrativo. Tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, Roma, 2005; sul problema della disapplicazione più in generale v. da ultimo F. Francario, Note minime sul potere di disapplicazione del giudice civile, in Riv giur. ed., 2018 ed ivi ulteriori riferimenti a dottrina e giurisprudenza).

Nel ragionamento dell'Adunanza Plenaria decisiva appare la considerazione che, se si costringesse il privato a contestare, dinanzi al giudice ordinario, la regolarità del d.u.r.c. e, successivamente, dopo aver ottenuto l'accertamento dell'errore compiuto dall'ente previdenziale, la illegittimità delle determinazioni della stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo, un tale iter processuale risulterebbe eccessivamente gravoso per il privato ed incompatibile con i termini di decadenza e la celerità che il c.p.a. impone per il rito degli appalti.; considerazione che porta l'Adunanza Plenaria a concludere nel senso che “la concentrazione della verifica circa la regolarità della documentazione contributiva viene ritenuta doverosa”, nell'ottica dell'effettività della tutela. Al contempo, per l'Adunanza Plenaria, rimarrebbe ferma la possibilità dell'operatore privato di impugnare autonomamente il d.u.r.c. con gli ordinari strumenti predisposti dall'ordinamento, poiché in tal caso ci si troverebbe al di fuori della cognizione del Giudice Amministrativo, per il dirimente motivo che una tale controversia concernerebbe il rapporto obbligatorio che lega l'operatore privato all'ente previdenziale e non le decisioni della stazione appaltante (tra le pronunce successive v Cons. St., Sez. V, 21 febbraio 2017, n. 777 con nota di V. Di Iorio, Sull'accertamento in via incidentale del g.a. circa la regolarità del DURC, in Lamministrativista.it, 2017).

Merita segnalare che l'orientamento espresso dall'Adunanza Plenaria è condiviso anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali ritengono doveroso che il giudice amministrativo eserciti il proprio sindacato sul d.u.r.c. e che, in caso contrario, la pronuncia debba ritenersi viziata per rifiuto di giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 31 marzo 2017 n. 8117).

Conclusioni

Allo stato attuale si deve pertanto registrare un possibile concorso della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa nelle controversie aventi ad oggetto la regolarità contributiva attestata dal d.u.r.c.. Se la controversia verte tra l'operatore economico e l'ente previdenziale e richiede che venga operato un accertamento con forza di giudicato tra le parti sulla sussistenza o meno della regolarità contributiva, la domanda va necessariamente rivolta al giudice ordinario. Se invece la questione si pone nell'ambito del giudizio amministrativo che abbia ad oggetto la legittimità del provvedimento di esclusione adottato sul presupposto dell'esistenza di una irregolarità contributiva, si ritiene che la controversia possa essere conosciuta incidenter tantum, senza cioè forza di giudicato, dal giudice amministrativo, impiegando l'istituto della disapplicazione.

Sommario