Rito speciale: il termine per ricorrere decorre dalla piena conoscenza

28 Giugno 2018

In caso di censure vertenti, principalmente o esclusivamente, su profili contenutistici o formali dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria, i cui presunti vizi si riflettono sull'aggiudicazione, profili che, di regola, non sono conoscibili con la mera lettura del testo della comunicazione di aggiudicazione ex art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, il dies a quo del termine per ricorrere, ex art. 120, co. 5, c.p.a. va posticipato al momento dell'effettiva cognizione dell'effetto lesivo e, quindi, decorre dall'accesso agli atti di gara da cui esso è reso percepibile, a meno di non volere imporre alla parte ricorrente un problematico ricorso "al buio".

La questione. Ai fini dell'eccezione di irricevibilità del ricorso proposto avverso l'aggiudicazione di un appalto, con cui il ricorrente censurava principalmente o esclusivamente profili contenutistici o formali dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria, il Collegio ha valutato se il dies a quodel termine per l'impugnazione decorra o meno dall'effettiva cognizione dell'effetto lesivo e, quindi, dall'accesso agli atti di gara che hanno consentito la piena conoscenza (o comunque la piena conoscibilità) dell'atto censurato.

La soluzione. A tal fine, il TAR ha evidenziato la necessità di «un'interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata della disposizione di cui all'art. 120, comma 5, c.p.a.», in virtù del principio di effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del «consolidato principio secondo il quale solo dalla piena conoscenza dell'atto censurato (o comunque dalla sua piena conoscibilità) inizia a decorrere il termine per la sua impugnazione».

Di conseguenza, nel caso in cui le censure investano principalmente o esclusivamente profili contenutistici o formali dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria, i cui presunti vizi si riflettono sull'aggiudicazione, profili che, di regola, non sono conoscibili con la mera lettura del testo della comunicazione di aggiudicazione ex art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, il dies a quo del termine per ricorrere va posticipato al momento dell'effettiva cognizione dell'effetto lesivo e, quindi, decorre dall'accesso agli atti di gara «da cui esso è reso percepibile, a meno di non volere imporre alla parte ricorrente un problematico ricorso "al buio"».

A tal fine, il Collegio ha richiamato i principi affermati dalla CGUE, V, 8 maggio 2014 (in causa C-161/13), secondo cui «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37); «una possibilità, come quella prevista dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 104 del 2010, di sollevare "motivi aggiunti" nell'ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell'appalto non costituisce sempre un'alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva...». Del resto, la stessa CGUE ha anche affermato che, «in applicazione del principio della certezza del diritto, in caso di irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell'appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, salvo espressa disposizione del diritto nazionale a garanzia di tale diritto di ricorso, conformemente al diritto dell'Unione».

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