Il rapporto di lavoro giornalistico tra subordinazione attenuata e lavoro autonomo

Marta Filippi
04 Luglio 2018

Nel rapporto di lavoro giornalistico il carattere della subordinazione risulta attenuato posto che esso si caratterizza in base all'inventiva e all'autonomia del prestatore di lavoro nonché per la natura prettamente intellettuale dell'attività stessa. Per tanto ai fini del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro in esame assumono particolare rilievo l'inserimento continuativo ed organico di tali prestazioni nell'organizzazione dell'impresa dell'editore, l'obbligo di essere sempre a disposizione e l'assunzione delle responsabilità del servizio.Per tali motivi la figura del collaboratore fisso si distingue da quella del collaboratore autonomo. La prima, infatti, ai sensi dell'art. 2 C.N.L.G, si caratterizza per un'attività giornalistica continuativa che si esplica in varie fasi tra cui: il controllo della notizia, la sua predisposizione e la stesura dell'articolo su un particolare tema, operazioni che non necessariamente devono essere espletate in redazione.
Massima

Nel rapporto di lavoro giornalistico il carattere della subordinazione risulta attenuato posto che esso si caratterizza in base all'inventiva e all'autonomia del prestatore di lavoro nonché per la natura prettamente intellettuale dell'attività stessa. Per tanto ai fini del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro in esame assumono particolare rilievo l'inserimento continuativo ed organico di tali prestazioni nell'organizzazione dell'impresa dell'editore, l'obbligo di essere sempre a disposizione e l'assunzione delle responsabilità del servizio.

Per tali motivi la figura del collaboratore fisso si distingue da quella del collaboratore autonomo. La prima, infatti, ai sensi dell'art. 2 C.N.L.G, si caratterizza per un'attività giornalistica continuativa che si esplica in varie fasi tra cui: il controllo della notizia, la sua predisposizione e la stesura dell'articolo su un particolare tema, operazioni che non necessariamente devono essere espletate in redazione.

Il caso

Con ricorso per Cassazione l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani impugnava la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma, con la quale, confermando l'esito del giudizio di primo grado, aveva disconosciuto la natura subordinata di un rapporto di lavoro intercorso tra una giornalista ed un'impresa, negando dunque la conseguente omissione contributiva in danno all'INPG.

Sosteneva l'Ente previdenziale come nei fatti, invece, tra le parti si fosse instaurato un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato riconducibile alla figura del collaboratore fisso come disciplinata dall'art. 2 C.N.L.G, dolendosi di una non corretta individuazione dei criteri sintomatici della subornazione, per come individuati ed interpretai dalla giurisprudenza, avendo attribuito la Corte d'Appello ed il Tribunale di prime cure vale decisivo alle modalità retributive, ovvero la percezione di un compenso percepito dalla giornalista in base al numero di articoli accettati e pubblicati dal datore di lavoro, nonché alla prevalente iniziativa della giornalista nel proporre gli articoli da pubblicare e la conseguente possibilità in capo alla stessa di rifiutare quelli invece avanzati dalla datrice di lavoro.

La Questione

La problematica giuridica sottesa al caso di specie riguarda la corretta qualificazione del rapporto di lavoro giornalistico spesso in bilico tra subordinazione e autonomia.

Al centro del dibattito si pone la figura del collaboratore fisso, qualificata come subordinata nonché descritta e disciplinata dall'art. 2 C.N.L.G.

L'individuazione del vincolo di subordinazione con contestuale applicazione al lavoratore di tutte le norme a tutela di tale status lavorativo come noto passa attraverso l'analisi e il peso attribuito dal giudice ai vari criteri sintomatici della subordinazione, come elaborati dalla giurisprudenza, tra cui appunto le modalità retributive fisse, l'inserimento stabile del prestatore nell'organizzazione datoriale, e la sottoposizione al potere direttivo e di controllo esercitato dall'impresa.

Le soluzioni giuridiche

Sulla base delle valutazioni dei giudici di merito, la Corte di cassazione nel caso di specie premette come il rapporto di lavoro giornalistico sia caratterizzato da una subordinazione così detta “attenuata” a causa del prevalente carattere intellettuale della prestazione lavorativa e della creatività del giornalista. Da tali premesse discende che l'applicazione di determinati criteri sintomatici della subordinazione devo escludersi dando, invece, rilievo all'inserimento continuativo ed organico della prestazione all'interno dell'organizzazione aziendale, al vincolo di dipendenza inteso quale permanente disponibilità del professionista ed alla presa in carico della responsabilità di un servizio continuativo.

Per tali motivi la Corte passando ad analizzare la figura del collaboratore fisso, evocata dal Istituto previdenziale ricorrente, evidenzia come la giurisprudenza maggioritaria ritinga che essa si caratterizzi per un'attività giornalistica costante che ha per oggetto il controllo della notizia, la sua elaborazione e la scrittura dell'articolo su un particolare tema, operazioni che non necessariamente devono essere espletate in redazione.

In oltre, sottolineano i giudici di ultima istanza come proprio in virtù della subordinazione attenuata, la figura del collaboratore fisso non sia incompatibile con più prestazione lavorative svolte a favore di altri soggetti.

In merito alla responsabilità del servizio gli ermellini evidenziano poi come tale si contraddistingue proprio per la continuità delle prestazioni rese e relative ad uno specifico settore o specifici argomenti d'informazione.

Argomenta, infine, la Corte affermando che detta continuità si esplica attraverso la redazione incessante di articoli o con la tenuta persistente di rubriche, comportamento questo che suscita l'affidamento datoriale sulla piena disponibilità del lavoratore così da permettergli la diffusione delle notizie nelle modalità previste dal piano editoriale.

Osservazioni

Sicuramente il rapporto di lavoro giornalistico, così come quello dell'informatore scientifico o del professore impiegato presso un istituto privato, a causa del loro contenuto altamente intellettuale e per le modalità di svolgimento, sono spesso oggetto di cause volte alla corretta qualificazione del rapporto lavorativo, nella maggior parte definito come autonomo dalle parti ma in realtà eseguito con vincolo di subordinazione.

In tema di lavoro giornalistico la giurisprudenza maggioritaria è comunque ormai ferma nel ritenere che la prestazione di lavoro del giornalista sia caratterizzata da una subordinazione attenuata per cui rilevano quali indici a favore della subordinazione la continuità del rapporto lavorativo, la responsabilità del servizio e la disponibilità alla redazione degli articoli.

Da questo punto di vista la sentenza in esame non si discosta dall'orientamento prevalente formatosi in seno alla Suprema Corte.

Certo è che il riconoscimento del vincolo di subordinazione, è ovviamente nell'interesse del lavoratore in quanto comporta l'applicazione di una serie di norme inderogabili che accrescono le sue tutele e i suoi diritti, quali il pagamento dei contributi pensionistici con aliquote maggiori, il riconoscimento del trattamento di fine rapporto, o ancora in caso di lavoratrici una forte tutela della maternità.

In particolare l'accertamento della subordinazione pesa sull'aspetto contributivo. Infatti, mentre i giornalisti autonomi versano un'aliquota contributiva pari al 10% alla gestione separata dellI'npgi, calcolata sul reddito professionale netto di lavoro autonomo giornalistico prodotto nell'anno, quelli subordinati sono iscritti alla gestione principale dello stesso Ente, il quale opera in regime di sostitutività delle forme di previdenza obbligatoria ai sensi dell'art. 6, l. n. 1122 del 1955, godendo di una contribuzione con aliquota del 31,83%, per il 2017, complessiva tra parte a carico del datore di lavoro e quella a carico del lavoratore.

Appare evidente l'interesse del professionista a vedersi qualificato il proprio rapporto lavorativo in forma subordinata.