Affidamento diretto ad una società “mista”: a quali condizioni è ammissibile?

10 Luglio 2018

La differenza tra la società in house e la società mista consiste nel fatto che mentre la prima la prima agisce come un vero e proprio organo della p.a. la seconda - in cui il socio privato viene scelto con una procedura ad evidenza pubblica - presuppone la creazione di un nuovo soggetto nel quale, interessi pubblici e privati, trovino pinea convergenza. Ciò chiarito, l'affidamento diretto di un servizio ad una società mista è ammissibile solo a condizione che vi sia stata un'unica gara sia per la scelta del socio (provato) che per l'individuazione del determinato servizio da svolgere (delimitato sia temporalmente che con riferimento all'oggetto).

Il caso. La sentenza in commento affronta il tema dei limiti dell'affidamento diretto ad una società c.d. “mista” pubblico/privata.

Nel caso all'esame del Collegio, il socio privato di una “società mista” – composta da un'amministrazione comunale e, per l'appunto, dalla società ricorrente – impugnava i provvedimenti con i quali il medesimo Comune indiceva una gara (procedura negoziata) sulla base di una duplice circostanza: i) si sarebbe trattato di una procedura che avrebbe “sottratto” parte del servizio già affidato alla società mista di cui faceva parte, come detto, anche lo stesso Comune appaltante; ii) in ogni caso, sarebbe stata del tutto omessa la preventiva indagine di mercato propedeutica alla individuazione dei soggetti a cui trasmettere la lettera di invito.

Quanto al primo profilo, sul quale si è focalizzata l'attenzione del Collegio, il ricorrente lamentava che le opere oggetto della procedura “impugnata” dovessero esserle affidategli “in via diretta” poiché ricompresi nell'oggetto della gara espletata per la scelta del suo socio privato.

L'iter argomentativo del TAR: la gara cd. “a doppio oggetto” e le differenze tra la società in house e quella c.d. mista.

Per la soluzione del caso in questione, il Collegio ha ritenuto necessario porre l'accento sulle regole che presiedono all'affidamento diretto a società miste pubblico-private per le quali vi sia stata, come nel caso in esame, una gara cd. “a doppio oggetto” ovverosia una procedura volta non solo alla scelta del socio privato ma, anche, all'affidamento del servizio.

A tal riguardo, il Collegio ha precisato che – come chiarito dalla giurisprudenza (anche comunitaria) – l'analisi deve partire dalle differenze che intercorrono tra una società in house ed una società mista.

La più importante di esse consiste, secondo l'adito TAR, nella circostanza secondo cui la prima agisce come un vero e proprio “organo” dell'Amministrazione mentre con la società mista a partecipazione pubblica - in cui il socio privato è scelto con una procedura ad evidenza pubblica – si determina necessariamente la creazione di un soggetto del tutto nuovo nel quale, cioè, trovano convergenza interessi pubblici e privati.

In buona sostanza, come ha chiarito anche la Corte di Giustizia, l'affidamento diretto di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile solo a condizione che si sia svolta un'unica procedura per la scelta del socio e l'individuazione del determinato servizio da svolgere, delimitato in sede di gara (sia temporalmente che con riferimento all'oggetto).

La soluzione adottata. Secondo il Collegio, pertanto, dovrà valutarsi – caso per caso – se l'oggetto “sociale” della gara per la scelta del socio privato sia sufficientemente predeterminato e non genericamente descritto in quanto, ragionando a contrario, si determinerebbe un aggiramento delle regole a tutela della concorrenza.

Nel caso di specie,il TAR ha rilevato che l'oggetto sociale della gara europea con la quale si era proceduto alla scelta del socio privato era del tutto generico ed “onnicomprensivo” e pertanto idoneo a ricomprendere, seppur astrattamente, qualsiasi servizio da appaltare con la conseguenza che, difettando tale specificità, l'affidamento diretto in suo favore sarebbe risultato illegittimo.

Difatti, ha concluso il TAR, l'oggetto della gara “a doppio oggetto” non poteva ricomprendere anche i lavori oggetto della procedura di gara impugnata a nulla rilevando, tra l'altro, che vi fossero solo mere indicazioni esemplificative indicate nell'oggetto sociale, nello statuto e nell'atto costitutivo della società mista.

In conclusione, poiché la gara a “doppio oggetto” aveva un oggetto eccessivamente ampio, non delimitabile e non facilmente determinabile ai fini della tutela della concorrenza, il Collegio ha ritenuto carenti le necessarie specificazioni ai fini dell'affidamento diretto dei lavori oggetto della gara impugnata.

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