Responsabilità precontrattuale P.A.: estesa a tutti i comportamenti posti in essere nella fase di evidenza pubblica

13 Luglio 2018

È configurabile la responsabilità precontrattuale con riferimento ai comportamenti tenuti dalla P.A. anteriormente alla scelta del contraente, ossia quando gli aspiranti alla posizione di contraenti sono ancora solo partecipanti ad una gara e possono vantare solo un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della P.A.?
Massima

Anche nello svolgimento dell'attività autoritativa, l'Amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico -la cui violazione implica, di regola, l'invalidità del provvedimento e l'eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell'interesse legittimo- anche le norme generali dell'ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull'interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell'altrui scorrettezza, sicché, nell'ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell'aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento, potendo la responsabilità precontrattuale della P.A. derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all'esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.

Il caso

La Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria (da qui, “SUA”) indice una gara per l'affidamento del servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere regionali. Un Raggruppamento Temporaneo di Imprese partecipante (da qui, “RTI”) impugna il provvedimento di esclusione motivato dall'aver presentato un'offerta superiore all'importo annuale dell'appalto. Il RTI presenta, infatti, un'offerta economica considerando una durata dell'appalto -desumibile dal bando di gara- di 3 anni, mentre, ad avviso della SUA, la durata era di 2 anni, essendo prevista nel disciplinare di gara la possibilità di una proroga per 12 mesi.

Il TAR accoglie il ricorso del RTI e, in sede di appello, il Consiglio di Stato conferma l'accoglimento del ricorso, annullando definitivamente l'atto di esclusione, giacché dalla disamina degli atti costituenti la lex specialis di gara -bando, disciplinare e capitolato speciale di appalto- si evince in modo palese, con riferimento alla durata dell'appalto, la contraddittorietà delle prescrizioni.

La SUA, anziché concludere la gara, dispone l'annullamento d'ufficio dei decreti di indizione della gara e di approvazione degli atti di gara.

Il RTI impugna il provvedimento deducendone l'illegittimità e chiedendone l'annullamento, oltre che la condanna della SUA al risarcimento dei danni. Il TAR respinge la domanda demolitoria e accoglie in parte la domanda tesa ad ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede incombenti sulle parti nel corso delle trattative.

Avverso la sentenza erano interposti separati appelli che, riuniti, erano decisi dal Consiglio di Stato con la conferma della reiezione della domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati e la rimessione all'Adunanza Plenaria dei motivi concernenti l'an e il quantum del disposto risarcimento.

La questione

Il punto è il seguente: è configurabile, e se sì a quali condizioni, la responsabilità precontrattuale con riferimento ai comportamenti tenuti dalla P.A. anteriormente alla scelta del contraente, ossia quando gli aspiranti alla posizione di contraenti sono ancora solo partecipanti ad una gara e possono vantare solo un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della P.A.?

Le soluzioni giuridiche

Oggetto della sentenza in commento è essenzialmente la questione riguardante la configurabilità o meno, in materia di contratti pubblici, di un'ipotesi di responsabilità precontrattuale in capo alla P.A. prima dell'effettiva individuazione del contraente privato.

Le soluzioni sostenute dagli opposti orientamenti richiamati dal rimettente prevedevano, l'una, la configurabilità della responsabilità precontrattuale anche nella fase che precede la scelta del contraente, dunque, prima e a prescindere dall'aggiudicazione, l'altra, successiva, la sua esclusione, muovendo dalla connessione tra la responsabilità precontrattuale e la violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto.

Il rimettente mostra di aderire alla seconda tesi sostenendo la qualificazione civilistica del bando di gara alla stregua di un'offerta al pubblico, rivolta ad una generalità indeterminata di destinatari, definendo la gara, nel suo esordio procedimentale, quale proposta di contratto in incertam personam.

Pur riconoscendo l'instaurazione di un “contatto sociale” tra l'aspirante appaltatore e la P.A. procedente, il rimettente ritiene che esso sarebbe unicamente governato da regole di procedura pubblicistiche, imposte dalla legge e dalla lex specialis di gara, non dalle norme privatistiche disciplinanti le trattative. In assenza dell'aggiudicazione, la buona fede del proponente potrebbe al più essere vagliata con esclusivo riguardo al momento della formulazione della proposta. Solo ove si dimostri che al momento del bando, la P.A. era già consapevole di non poter portare avanti la proposta di contratto ad incertam personam (e.g. per insussistenza dei fondi o per impossibilità della prestazione), il comportamento, in quanto afferente ad un elemento prenegoziale qual è la proposta, e quindi in ultima analisi alle trattative, potrebbe sussumersi nel disposto dell'art. 1337 c.c. ed estendersi a tutti i soggetti (inutilmente) partecipanti alla procedura.

L'Adunanza plenaria, invece, diversamente opinando, muove il proprio ragionamento dalla radicale trasformazione imposta dalla Costituzione alla clausola generale di correttezza e buona fede oggettiva e alla collegata disciplina della responsabilità precontrattuale.

La “funzione” del dovere di correttezza non è più tanto (o solo) quella di favorire la conclusione di un contratto (valido) e socialmente utile. Nel disegno costituzionale, che pone al centro l'individuo (art. 2 Cost.), l'attenzione si sposta dal perseguimento dell'utilità sociale alla tutela della persona e delle sue libertà e, tra queste, primaria importanza -anche alla luce dell'ordinamento europeo- va riconosciuta alla libertà di autodeterminazione negoziale.

Di qui, la perentoria affermazione che il dovere di correttezza e di buona fede oggettiva -e la conseguente responsabilità precontrattuale derivante dalla loro violazione- sia configurabile in capo alla P.A. anche prima e a prescindere dall'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Osservazioni

La sentenza in commento è particolarmente degna di nota per l'articolata e pregevolissima motivazione a sostegno degli innovativi principi di diritto ivi espressi.

La pronuncia, infatti, perviene alla soluzione delle questioni a lei rimesse non prima di aver ricostruito l'evoluzione della responsabilità precontrattuale prima e dopo l'entrata in vigore del Codice civile del 1942, attualizzato l'ordito codicistico alla luce dell'ultima giurisprudenza di legittimità, e, infine, contestualizzato il diritto vivente disciplinante la responsabilità precontrattuale nell'ambito del diritto amministrativo contemporaneo, per come questo oggi descrive l'agere della P.A. anche tenuto conto dei principi dell'ordinamento europeo.

Dall'articolatissima motivazione emerge, infatti, come l'Adunanza Plenaria motivi il proprio decisum valorizzando essenzialmente il nuovo modello di P.A. che si è andato evolvendo nel diritto vivente, permeato dai principi di correttezza e buona amministrazione, desumibili dall'art. 97 Cost. Un modello in cui, alla tradizionale ed imprescindibile funzione di garanzia di legalità nel perseguimento dell'interesse pubblico, la funzione amministrativa viene a rivestire anche un ruolo di preminente importanza per la creazione di un contesto idoneo a consentire l'intrapresa di iniziative economiche private, anche al fine di accrescere la competitività del Paese nell'attuale contesto internazionale.

In questo senso dopo aver dato ampio rilievo alla “tesi escludente” sostenuta dal rimettente - in primis, sottolineando il dato letterale delle norme codicistiche e della c.d. “trattativa affidante”, secondo cui è soltanto con l'aggiudicazione (definitiva) che il partecipante alla gara può fare ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, in secundis, richiamando la relativa interpretazione storico-sistematica di sostegno, a mente della quale la responsabilità precontrattuale descriveva la tutela apprestata alla trattativa affidante poiché utile a favorire gli interessi tutelati dall'ordinamento sottesi al contratto, nell'ambito dell'allora vigente solidarietà corporativa, in tertiis, ricordando come la disciplina della responsabilità de qua, positivizzata nel c.c. del 1942 fosse il segno del superamento del “dogma volontaristico” caratterizzante il c.c. del 1862 e della sua sostituzione con il “dogma produttivistico” tipico della società corporativa - la sentenza in commento ha il pregio di valorizzare i principi di diritto ivi espressi mediante la loro enucleazione dal processo di evoluzione caratterizzante l'ordinamento, il cui punto di svolta non poteva che essere ravvisato nell'entrata in vigore della Costituzione.

È noto, infatti, come il superamento dell'ordinamento corporativo e il successivo avvento della Costituzione repubblicana abbiano determinato l'avvio di un processo di rilettura e rivisitazione, in un'ottica costituzionalmente orientata, di numerose disposizioni codicistiche, specie di quelle che, come l'art. 1337 c.c. utilizzano “clausole generali” destinate, per loro stessa natura, ad adeguarsi ai mutamenti che interessano l'ordinamento giuridico e la società civile.

In questo senso, nel mutato quadro costituzionale, il dovere di comportarsi secondo correttezza e buona fede rappresenta una manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale ex art. 2 Cost., di guisa che il generale dovere di solidarietà che grava reciprocamente su tutti i membri della collettività, si intensifica e si rafforza, trasformandosi in dovere di correttezza e di protezione, quando tra i consociati si instaurano “momenti relazionali” socialmente o giuridicamente qualificati, tali da generare, unilateralmente o, talvolta, anche reciprocamente, ragionevoli affidamenti sull'altrui condotta corretta e protettiva.

Proseguendo nel proprio ragionamento, l'Adunanza Plenaria, nel richiamare la teoria del “contatto sociale qualificato”, enumera tutti gli arresti giurisprudenziali della Cassazione che hanno avuto il merito di unire il legame esistente tra l'ambito e il contenuto dei doveri di protezione e correttezza, da un lato, e il grado d'intensità del momento relazionale e del conseguente affidamento da questo ingenerato, dall'altro.

In particolare, il decisivo punto motivazionale della pronuncia in commento va individuato là dove si afferma che il dovere di correttezza è, nella maggior parte dei casi, strumentale alla tutela della libertà di autodeterminazione negoziale, cioè di quel diritto (espressione a sua volta del principio costituzionale che tutela la libertà di iniziativa economica) di autodeterminarsi liberamente nelle proprie scelte negoziali, senza subire interferenze illecite derivanti da condotte di terzi connotate da slealtà e scorrettezza.

Il nuovo legame che così s'instaura tra dovere di correttezza e libertà di autodeterminazione negoziale (che va a sostituire l'impostazione precedente che legava alla correttezza la tutela dell'interesse nazionale) impedisce allora di restringerne lo spazio applicativo alle sole situazioni in cui sia stato avviato un vero e proprio procedimento di formazione del contratto o, comunque, esista una trattativa che abbia raggiunto già una fase molto avanzata, tanto da far sorgere il ragionevole affidamento circa la conclusione del contratto.

Al contrario, la valenza costituzionale del dovere di correttezza impone di ritenerlo operante in un più vasto ambito di casi, in cui, pur eventualmente mancando una trattativa in senso tecnico-giuridico, venga, comunque, in rilievo una situazione “relazionale” qualificata, capace di generare ragionevoli affidamenti e fondate aspettative. Questo progressivo ampliamento del dovere di correttezza (anche a prescindere dall'esistenza di una trattativa precontrattuale in senso stretto) ha trovato poi riscontro anche rispetto all'attività autoritativa della P.A. sottoposta al regime del procedimento amministrativo, quando a dolersi della scorrettezza è proprio il privato che partecipa al procedimento.

La giurisprudenza, sia civile che amministrativa, ha, infatti, in più occasioni affermato che anche nello svolgimento dell'attività autoritativa, la P.A. è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l'invalidità del provvedimento e l'eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell'interesse legittimo), ma anche le norme generali dell'ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull'interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell'altrui scorrettezza.

Il punto qualificativo della sentenza in parola, a parere dello scrivente, sta proprio nel valorizzare l'iter motivazionale delimitando il percorso argomentativo, da una parte, con i molteplici arresti giurisprudenziali conformi della Suprema Corte e dello stesso Consiglio di Stato succedutisi nel tempo e, dall'altra, con il progressivo mutamento conosciuto dal parametro di legalità formale disciplinante l'agere della P.A. su stimolo dell'acquis europeo. È noto, infatti, che l'attività amministrativa sia assoggettata ai principi dell'ordinamento comunitario, tra i quali assume un rilievo primario la tutela dell'affidamento legittimo, giacché, sebbene non espressamente contemplato dai Trattati, è stato più volte affermato dalla Corte di giustizia che lo ha elevato al rango di principio dell'ordinamento stesso (v. in primis sent. Topfer C-12/77).

Da tale quadro giurisprudenziale e normativo emerge, quindi, che i doveri di correttezza, lealtà e buona fede hanno un ampio campo applicativo, anche rispetto all'attività procedimentalizzata della P.A., anche perché risulterebbe eccessivamente restrittiva, e per molti versi contraddittoria, la tesi secondo cui, nell'ambito dei procedimenti di evidenza pubblica, i doveri di correttezza (e la conseguente responsabilità precontrattuale della P.A. in caso di loro violazione) nascono solo dopo l'adozione del provvedimento di aggiudicazione.

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