Riconoscimento delle adozioni omosessuali pronunciate all'estero: nessun contrasto con l'ordine pubblico

Francesca Romana Viccei
13 Luglio 2018

Il riconoscimento in Italia dell'efficacia delle sentenze di adozione pronunciate dai giudici stranieri nei confronti di coppie omosessuali non è contrario all'ordine pubblico internazionale stante il principio del superiore interesse del minore.
Massima

Il riconoscimento dell'efficacia in Italia delle sentenze di adozione piena pronunciate dal giudice francese, che riconosca a una coppia omosessuale coniugata per la legge francese l'adozione dei rispettivi figli biologici, non è contrario all'ordine pubblico, inteso come ordine pubblico internazionale, stante il principio del preminente interesse del minore integrante lo stesso concetto di ordine pubblico nella materia specifica.

Il caso

Due signore, entrambe cittadine francesi, la prima anche italiana jure sanguinis, unite da una relazione amorosa stabile sfociata nel matrimonio, in virtù di legge francese, e residenti dagli anni ‘90 anche in Italia, partorivano due bambini e ciascuna adottava il figlio biologico dell'altra, con adozione piena di diritto francese. Le signore vedevano rifiutarsi dall'Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza la trascrizione dei provvedimenti di adozione, sul presupposto dell'essere il matrimonio improduttivo di effetti in Italia ed il rifiuto veniva confermato anche dal Tribunale adito. La Corte di Appello, investita del gravame, inquadrava, il caso di specie, nell'ipotesi ex artt. 64 e 65 l. n. 218/1995, di riconoscimento dell'efficacia in Italia di una adozione nazionale francese, avvenuta al di fuori degli schemi dell'adozione internazionale, dei rispettivi figli biologici da parte di due donne coniugate per la legge francese. Affermava che le adozioni, pronunciate in Stato europeo, non erano contrarie all'ordine pubblico, inteso come ordine pubblico internazionale e, quindi, «come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo», considerato che il riconoscimento di tutti i diritti e doveri scaturenti dal rapporto di adozione corrisponde, secondo l'apprezzamento già operato dal giudice francese, all'interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita.

I Sindaci dei Comuni proponevano ricorso per cassazione.

La questione

In primo luogo, viene in rilievo il rapporto tra il l'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995 che, nel consentire il riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione, richiama la disciplina dettata dagli artt 64, 65 e 66 l. n. 218/1995 per il riconoscimento dell'efficacia delle sentenze e dei provvedimenti stranieri (compresi quelli di giurisdizione volontaria) secondo il modello di riconoscimento in via automatica, ed il comma 2, che fa salve le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori (artt. 29 e ss., l. n. 184/1983, i quali disciplinano l'adozione dei minori stranieri).

In secondo luogo, viene in rilievo il concetto di ordine pubblico internazionale come limite di riconoscimento nell'ordinamento interno delle sentenze e delle leggi straniere.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione nella ordinanza in commento, sulla eccezione di incompetenza ex art. 95 d.P.R. n. 396/2000, afferma che i rimedi previsti da detta legge (impugnazione dinanzi al Tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio di stato civile presso il quale si chiede l'adempimento rifiutato) e quelli previsti dall'art. 67 l. n. 218/1995 (impugnazione dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria della mancata ottemperanza o del riconoscimento della sentenza/provvedimento straniero), sono alternativi e possono essere coltivati in via autonoma.

Parimenti infondata ritiene l'eccezione di violazione delle norme sulla competenza ex art. 35, comma 5, l. n. 184/1983 (Tribunale per i Minorenni del distretto in cui gli adottanti hanno la residenza nel momento dell'ingresso del minore in Italia). L'intera disciplina dell'adozione di minori stranieri, contenuta nel Titolo III l. n. 184/1983, dedicato all'adozione internazionale, non è, per i giudici di legittimità, applicabile al caso in esame, poiché non si verte in ipotesi di coppia di coniugi, cittadini italiani, residenti in Italia ovvero all'estero, da almeno due anni, che intendono congiuntamente adottare, con effetti di adozione piena, un minore straniero in stato di abbandono, residente all'estero. Pur sussistendo collegamenti con l'ordinamento italiano (doppia cittadinanza di cui una Italiana, residenza in Italia di entrambe le adottanti), ciò non basta a ricondurre la specifica forma di adozione coparentale, pronunciata all'estero, nella nozione di adozione internazionale, disciplinata dalla l. n. 184/1983. Neppure è possibile rintracciare elementi di comunanza con la cosiddetta adozione in forme particolari, prevista dall'art. 44 l. n. 184/1983. La Corte conferma, pertanto, ai sensi dell'art. 41, comma 1, l. n. 218/1995, che il riconoscimento dell'adozione piena francese, nelle specifica fattispecie, sia soggetto alla disciplina prevista dagli artt. 64 ss. l. n. 218/1995.

Quanto al terzo motivo di censura, secondo cui il riconoscimento del provvedimento straniero di adozione avrebbe violato i principi fondamentali che regolano nello stato il diritto di famiglia e dei minori, la Corte osserva quanto segue. Ribadisce che il giudizio di compatibilità con l'ordine pubblico, secondo il diritto internazionale privato, ex artt. 64 ss. l. n. 218/1995, è finalizzato esclusivamente a riconoscere effetti in Italia ad uno specifico atto o provvedimento straniero relativo ad un particolare rapporto giuridico tra determinate persone e non a introdurre direttamente la Legge straniera, come fonte autonoma (Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599 v. A. Fasano, La Costituzione non vieta alle coppie dello stesso sesso di generare figli in ilFamiliarista.it). La nozione di ordine pubblico è circoscritta ai soli principi supremi o fondamentali e vincolanti della Carta Costituzionale, fra cui quello relativo all'interesse superiore del minore, non essendovi ricomprese, al contrario, norme costituenti esercizio della discrezionalità legislativa in materie connesse o direttamente implicate. Nella materia in oggetto, il principio del superiore interesse del minore opera necessariamente come un limite al pari della clausola di ordine pubblico, che va sempre valutata con cautela e alla luce del caso concreto. Il concetto di preminente interesse del minore, alla base della normativa nazionale ed internazionale in materia di adozione, e quindi il diritto del minore a vivere in modo stabile in un ambiente domestico armonioso e a essere educato e assistito nella crescita con equilibrio e rispetto dei suoi diritti fondamentali, vale a integrare lo stesso concetto di ordine pubblico nella materia specifica. Trattandosi di due donne coniugate, con atto trascritto in Italia, non vi é contrasto con quanto affermato in precedenza dalla stessa Corte circa il rispetto di quanto previsto dall'art. 6 l. n. 184/1983. Né rileva il fatto che si tratti di coppia omosessuale, sulla base di quanto già chiarito in ordine all'ininfluenza di meri pregiudizi e in ordine alla non incidenza dell'orientamento sessuale della coppia sull'idoneità dell'individuo all'assunzione della responsabilità genitoriale.

Osservazioni

L'ordinanza in commento impone una riflessione sul concetto di ordine pubblico. La nozione di ordine pubblico internazionale è relativamente nuova nel nostro sistema giuridico e si deve alla disciplina di diritto internazionale privato introdotta con l. n. 218/1995. Ora che le sentenze e i provvedimenti stranieri hanno efficacia in Italia «senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento» (artt. 64 e 66 l. n. 218/1995), il limite all'ingresso di provvedimenti e norme straniere è valutato sulla scorta di principi di più ampia portata. Si tratta dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelle altre regole che, pur non trovando in essa collocazione, rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo, o che informano l'intero ordinamento, in modo tale che la loro lesione si traduca in uno stravolgimento dei valori fondanti dell'intero assetto ordinamentale (Cass. civ., sez. lav., 26 novembre 2004, n. 22332; Cass. civ., sez. lav., 4 maggio 2007, n. 10215). È fondamentale richiamare il principio espresso dalla Corte di legittimità (Cass. civ., sez. I, 6 dicembre 2002, n. 17349),secondo cui il concetto di ordine pubblico di cui all'art. 64, lett. g), l. n. 218/1995 non si identifica più con il cd. ordine pubblico interno, e, cioè, con qualsiasi norma imperativa dell'ordinamento civile, bensì con quello di ordine pubblico internazionale, costituito dai principi fondamentali unanimemente riconosciuti a livello europeo e internazionale anche pattizio caratterizzanti l'atteggiamento etico - giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico. In sede di delibazione di sentenza straniera, il giudice deve valutare gli "effetti" della decisione nel nostro ordinamento e non la correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana, non essendo consentita un'indagine sul merito del rapporto giuridico dedotto (Cass. civ., sez. I, 18 aprile 2013, n. 9483). Si è giunti, pertanto, ad affermare il seguente principio di diritto: il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità con l'ordine pubblico dell'atto di stato civile straniero (nella specie, dell'atto di nascita), i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia ex artt. 16, 64 e 65 l. n. 218/1995, e art. 18 d.P.R. n. 396/2000, deve verificare non già se l'atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto ad una o più norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599). Si tratta, in particolare, della tutela dell'interesse superiore del minore, anche sotto il profilo della sua identità personale e sociale, e in generale del diritto delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia, valori questi già presenti nella Carta costituzionale (artt. 2, 3, 31 e 32 Cost.) e la cui tutela è rafforzata dalle fonti sovranazionali, che concorrono alla formazione dei principi di ordine pubblico internazionale.