Quali sono i presupposti necessari affinché si possa determinare una compressione del diritto all’oblio?

16 Luglio 2018

La divulgazione di immagini relative ad un episodio avvenuto a notevole distanza di tempo deve essere considerata illegittima per violazione del diritto all'oblio e lesiva della reputazione per i commenti posti a corredo delle immagini?
Massima

Alla luce del quadro normativo nazionale ed europeo, nonché di quello giurisprudenziale sostanzialmente conforme, emerge che il diritto fondamentale all'oblio può subire una compressione, a favore del diritto di cronaca, solo in presenza di determinati presupposti, in assenza dei quali la pubblicazione di un'informazione relativa a fatti riconducibili ad una determinata persona ed avvenuti a notevole distanza di tempo, integra una violazione del diritto suesposto.

Tali presupposti sussistono dal momento in cui la diffusione di una determinata notizia od immagine relative a fatti avvenuti a notevole distanza di tempo contribuisce ad un dibattito di interesse pubblico, è di interesse effettivo ed attuale, è relativa ad una persona di elevato grado di notorietà per la posizione rivestita nella vita pubblica, specialmente quella politica ed economica, deriva da fonti affidabili e veritiere, non eccede lo scopo informativo, ed è priva di insinuazioni e considerazioni personali ed infine è preceduta da una preventiva informazione all'interessato in modo che lo stesso possa replicare prima che ne avvenga la divulgazione.

Il caso

Un noto cantante italiano conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Roma la RAI – Radiotelevisione Italiana SpA – per ottenere il risarcimento dei danni per l'utilizzazione non autorizzata della propria immagine, per violazione del diritto all'oblio e per la lesività dei commenti all'episodio andato in onda su Rai1 in data 27 aprile 2005.

Nello specifico, in data 12 dicembre 2000 il ricorrente all'uscita dal ristorante veniva avvicinato da una troupe della trasmissione televisiva “La vita in diretta” di Rai1 per un'intervista, a cui il medesimo si rifiutava di rispondere in modo perentorio.

Le immagini relative a tale episodio venivano mandate in onda corredate da un commento dell'inviato.

Successivamente in data 27 aprile 2005, quindi cinque anni dopo il predetto episodio, sempre nella trasmissione “La vita in diretta” di Rai1 veniva mandato in onda un secondo servizio in cui venivano riproposte le medesime immagini del 12 dicembre 2000, corredate da commenti considerati lesivi dal ricorrente.

Le domande del ricorrente sono state respinte sia in primo grado da parte del Tribunale di Roma, sia in secondo grado dalla Corte d'Appello.

In particolare la Corte d'Appello di Roma ha ritenuto che:

a) in merito al consenso richiesto ex art. 96 della l. 633/1941, sussistesse una deroga alla necessità del consenso fondata sulla notorietà del ricorrente e sull'interesse pubblico dei fatti oggetto del servizio;

b) il preteso diritto all'oblio non esistesse;

c) la trasmissione fosse lecita in termini di essenzialità della notizia;

d) in merito all'asserito carattere lesivo dei commenti sussistesse l'esimente del diritto di satira;

e) la domanda relativa all'utilizzo commerciale dell'immagine non potesse essere accolta in quanto domanda nuova.

Avverso tale decisione l'uomo ha proposto ricorso in cassazione.

La Suprema Corte, Sez. I, con sua ordinanza n. 6919/2018 ha accolto il ricorso cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d'Appello di Roma per la riforma della sentenza sulla base dei principi di diritto europeo e nazionale in tema di violazione del diritto all'oblio.

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione in esame è diretta a stabilire se la divulgazione di immagini relative ad un episodio avvenuto a notevole distanza di tempo, debba essere considerata illegittima per violazione del diritto all'oblio e lesiva della reputazione per i commenti posti a corredo delle immagini.

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte, al fine di decidere sulle domande proposte dal ricorrente, ha preliminarmente esaminato il secondo e il quarto motivo del ricorso, sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 2 Cost. e 97 l. n. 633/1941 da parte della Corte d'appello per aver ritenuto inesistente il diritto all'oblio e considerato scriminato il carattere lesivo dei commenti posti a corredo delle immagini andate in onda, dal diritto di satira; motivi ritenuti assorbenti rispetto alle altre domande relative alla diffusione dell'immagine senza autorizzazione, violazione del principio dell'essenzialità dell'informazione, rispetto della privacy e illegittimo utilizzo dell'immagine a fini commerciali.

In merito alla dedotta illegittimità della trasmissione di parte resistente per violazione del diritto all'oblio e per l'asserito carattere lesivo dei commenti posti a corredo delle immagini diffuse, la Cassazione ha provveduto ad illustrare il quadro normativo e giurisprudenziale, europeo e nazionale, in tema di diritto all'oblio.

Anzitutto vengono richiamati l'art. 2 Cost. (inviolabilità dei diritti fondamentali dell'uomo), l'art. 10 c.c. (abuso dell'immagine altrui) e l'art. 97 l. n. 633/1941 (pregiudizio all'onore, reputazione e decoro derivante dall'utilizzazione dell'immagine).

Per quanto riguarda invece il quadro normativo europeo, la Suprema Corte ricorda gli artt. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 10, comma 2 (libertà di espressione) CEDU e art. 8 (protezione dei dati di carattere personale) della Carta di Nizza.

La Cassazione dichiara dunque che la compressione del fondamentale diritto all'oblio, a favore del diritto di cronaca e all'informazione, può avvenire solo in presenza dei seguenti cinque presupposti:

«1) il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;

2) l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l'immagine;

3) l'elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;

4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l'informazione, che deve essere veritiera (poiché attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione;

5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico».

In assenza di tali presupposti, quindi, deve ritenersi sussistente una responsabilità per violazione del diritto all'oblio.

Nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto che non si potessero ritenere integrati i predetti presupposti perché l'episodio trasmesso nel programma “La vita in diretta” non può essere considerato un fatto idoneo ad aprire un dibattito di pubblico interesse, né tanto meno può integrare un interesse attuale la diffusione del medesimo in quanto il ricorrente, protagonista di tale episodio, per quanto possa essere un cantante conosciuto, non ricopre tuttavia quel ruolo primario nella realtà economica e politica del Paese enunciato al punto 3).

Su tale aspetto, è stata richiamata sia la sentenza Google Spain della CGUE, 13/05/2014, C-131/12 in virtù della quale l'unica eccezione alla prevalenza del diritto all'oblio è rappresentata dal ruolo ricoperto nella vita pubblica dalla persona interessata, e la sentenza della Corte EDU, 19 ottobre 2017, Fuschsmann c/o Germania, ove si legge che l'interesse pubblico all'informazione prevale su quello del singolo al diritto all'oblio, solo sulla base di criteri specifici e tassativi.

Anche in merito al punto 4), la Corte ritiene che i commenti posti a corredo delle immagini trasmesse non abbiano rispettato il criterio della continenza espressiva, rappresentando così un pregiudizio per l'identità del ricorrente.

Su tale questione, la Corte d'Appello di Roma aveva ritenuto che sussistesse la scriminante del diritto di satira; tuttavia la Cassazione ne ha escluso la sussistenza, considerando mancanti i connotati tipici della satira, quali espressioni paradossali, iperboliche e surreali, e di denuncia politica o sociale.

Nemmeno il punto 5) sulla preventiva informazione circa la pubblicazione sembra essere stato rispettato.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d'Appello di Roma per la riforma della sentenza, sulla base dei principi di diritto di cui al quadro normativo nazionale ed europeo sul diritto all'oblio richiamato.

Osservazioni

L'applicabilità (ed applicazione) del diritto all'oblio è un argomento di forte interesse proprio alla luce dell'odierna possibilità, grazie allo sviluppo di Internet e delle nuove tecnologie, di accedere in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, ad uno svariato numero di informazioni.

Tali informazioni, tuttavia, possono riguardare anche molti aspetti la cui diffusione può danneggiare l'immagine, l'identità e la reputazione dei soggetti coinvolti.

Il dibattito giuridico volto ad individuare un punto di equilibrio tra l'esigenza di mantenere la memoria ufficiale per garantire l'accessibilità dell'informazione da una parte, e l'esigenza di cancellare quelle informazioni che ledono quei diritti di pari rango costituzionale dall'altra, è risalente nel tempo.

Si inizia infatti a parlare di diritto all'oblio, sebbene non negli stessi termini letterali, già in relazione a quella che era la necessità di operare un bilanciamento tra vita privata e interesse pubblico legato al diritto di cronaca.

Sul punto, fu proprio la Suprema Corte con la sentenza n. 5259/1984 (la sentenza-decalogo) a fornire le prime linee guida da seguire per operare detto bilanciamento, in modo che solo in presenza di requisiti ben specifici, il diritto di cronaca potesse prevalere rispetto al diritto alla riservatezza, all'immagine e al buon costume.

Tale diritto ad essere dimenticati dopo un certo periodo di tempo, il diritto all'oblio, diviene di centrale importanza nel panorama europeo a seguito della famosa sentenza della CGUE Google Spain.

Anche dalle numerose sentenze della Corte di Cassazione in materia di diritto all'oblio (Cfr. Cass. civ., n. 19761/2017, Cass. civ., n. 1946/2017, Cass. civ., n. 13161/2016, Cass. civ., n. 16111/2013 e Cass. civ., n. 5525/2012) emerge chiaramente, in ogni questione analizzata, la necessità di operare un bilanciamento tra il diritto all'oblio e altri diritti ugualmente meritevoli di tutela (non solo il diritto di cronaca, all'interesse pubblico ma anche per esempio il diritto all'oblio della donna che ha partorito in anonimato) e che spesso si trovano in netto contrasto con quella necessità, dopo un certo periodo di tempo, ad essere dimenticati.