Reato estinto: limiti degli obblighi dichiarativi in sede di gara

16 Luglio 2018

La questione affrontata dalla sentenza in commento concerne i presupposti in presenza dei quali un reato può considerarsi estinto e, dunque, essere omesso dalle dichiarazioni rese in sede di partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 80, co. 3, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
Massima

Anche ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, un reato accertato con sentenza di patteggiamento deve ritenersi estinto quando si verificano le condizioni stabilite dall'art. 445, co. 2, c.p.p. Pertanto, pur in assenza di una previa formale pronuncia di estinzione da parte del giudice dell'esecuzione penale, tale reato deve ritenersi escluso dall'obbligo dichiarativo di cui all'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 80, comma 3, del d.lgs.18 aprile 2016, n. 50).

Il caso

La vicenda trae origine da una procedura di gara volta ad affidare una concessione concernente la progettazione definitiva ed esecutiva, la realizzazione e la successiva gestione di attrezzature universitarie.

La società terza classificata in graduatoria impugnava l'avvenuta aggiudicazione e gli altri atti di gara, sostenendo – tra l'altro – che l'offerta della controinteressata aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per asserite false dichiarazioni rese circa la posizione dell'amministratore unico. In particolare, la ricorrente affermava che quest'ultimo avrebbe omesso di dichiarare una sentenza di applicazione della pena su richiesta, riportata per reati di corruzione propria e per violazione delle norme sul finanziamento ai partiti commessi fra il giugno 1991 e il dicembre 1992. Pur riconoscendo la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 445 c.p.p. circa l'estinzione dei reati ascritti, secondo la ricorrente l'omessa dichiarazione degli stessi rileverebbe ai fini della partecipazione alla gara.

Il TAR per il Lazio, sezione III-bis, con sentenza 29 maggio 2017 n. 6340, rigettava il ricorso.

La questione

La questione affrontata dalla sentenza in epigrafe concerne i presupposti in presenza dei quali un reato può considerarsi estinto e, dunque, essere omesso dalle dichiarazioni rese in sede di partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 80, co. 3, del d.lgs.18 aprile 2016, n. 50).

In particolare, il Consiglio di Stato è stato chiamato a chiarire se, ai fini dell'estinzione di un reato accertato con sentenza di patteggiamento, sia sufficiente che si verifichino i presupposti di cui all'art. 445, co. 2, c.p.p. ovvero sia necessaria una formale pronuncia dichiarativa dell'estinzione da parte del giudice dell'esecuzione penale. Nel primo caso, a prescindere dalla previa pronuncia del giudice penale, il reato non costituirebbe motivo di esclusione e, pertanto, sarebbe escluso dagli obblighi dichiarativi ai sensi dell'art. 38, co. 1, lett. c), del Codice abrogato. Nel secondo caso, invece, fino alla pronuncia del giudice penale, il reato rileverebbe quale motivo di esclusione e, pertanto, dovrebbe essere dichiarato in sede di partecipazione alla gara pubblica.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio ha preliminarmente individuato il quadro normativo applicabile alla fattispecie. In primo luogo, rileva l'art. 38, co. 1, lett. c), ultimo periodo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo cui “il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione” (norma applicabile ratione temporis). In secondo luogo, deve essere preso in considerazione l'art. 445, co. 2, c.p.p. circa l'estinzione del reato, ai sensi del quale, in caso di applicazione della pena su richiesta, “il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale”.

Ciò posto, il Collegio ha richiamato la più recente giurisprudenza penale in tema di estinzione del reato. Secondo le ultime pronunce, l'estinzione del reato oggetto di una sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445, comma 2 c.p.p. opera in via automatica, e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell'esecuzione (in questi termini, Cass. pen., sez. III, 12 aprile 2016, n. 30141).

In considerazione dell'orientamento della Corte di Cassazione, la sentenza in epigrafe ha ritenuto irrazionale una diversa considerazione dell'effetto estintivo in due rami diversi dello stesso ordinamento. Pertanto, il Consiglio di Stato ha affermato che, ove sussistano i presupposti di cui all'art. 445, co. 2, c.p.p, pur in assenza di una formale pronuncia di estinzione da parte del giudice dell'esecuzione penale, il reato accertato deve ritenersi escluso dall'obbligo dichiarativo di cui all'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato esprime un orientamento minoritario difforme rispetto alla giurisprudenza tradizionale da cui, consapevolmente, ritiene di doversi discostare. Secondo l'orientamento maggioritario, infatti, l'effetto estintivo del reato non si produce automaticamente al verificarsi dei presupposti di cui all'art. 445 c.p.p., ma solamente a seguito di una formale sentenza del giudice dell'esecuzione penale che accerti l'esistenza dei presupposti di cui al richiamato art. 445 c.p.p.. Il mero decorso del tempo previsto dall'art. 445 c.p.p. – unitamente alla mancata commissione di delitti o contravvenzioni della stessa indole di quello oggetto della condanna – costituisce il presupposto per richiedere al giudice dell'esecuzione penale la dichiarazione di estinzione del reato. È soltanto da quest'ultimo provvedimento giudiziale che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, scaturisce un effetto privativo che opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato. A ciò consegue che in mancanza di un provvedimento dichiarativo dell'estinzione, adottato prima della presentazione dell'offerta in gara, l'operatore economico è tenuto a dichiarare il reato accertato, giacché rilevante quale motivo di esclusione.

Osservazioni

La questione affrontata nella decisione in commento consente alcune brevi riflessioni in merito ai confini degli obblighi dichiarativi di fatti penalmente rilevanti in sede di gara.

Il vigente Codice dei contratti pubblici ha apparentemente circoscritto il perimetro dei fatti di rilievo penale che l'operatore economico è tenuto a dichiarare al momento della presentazione dell'offerta. Infatti, l'art. 38 del Codice abrogato lasciava aperto l'elenco dei reati accertati con sentenza irrevocabile rilevanti come motivo di esclusione e, dunque, oggetto di obbligo di declaratoria in sede di partecipazione alla gara. Ai sensi della citata disposizione, costituivano causa di esclusione obbligatoria non solo le condanne definitive per reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio,ma anche quelle per “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”. Da ciò conseguiva la sussistenza di un onere dichiarativo di tutte le condanne definitive potenzialmente incidenti sulla moralità professionale. L'omessa dichiarazione da parte del concorrente, infatti, ne avrebbe comportato senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutare la gravità della condanna riportata (in termini, da ultimo, Cons. St., sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548).

Il vigente art. 80, co. 1, del Codice dei Contratti pubblici, invece, non contiene una clausola generale di riferimento ad ogni reato incidente sulla moralità professionale, ma individua specifiche fattispecie di reato rilevanti. L'unica clausola generale residua attiene ai delitti da cui derivi, quale pena accessoria, l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. In ogni caso, si tratta di ipotesi determinabili, a dispetto del generico richiamo ai reati incidenti sulla moralità professionale. In questo senso, quindi, sembrerebbero definiti i reati da dichiarare in sede di gara.

Il problema circa l'individuazione dei confini dei suddetti obblighi dichiarativi, tuttavia, non è stato arginato dal Codice vigente. Infatti, le condanne penali – diverse da quelle definitive di cui all'art. 80, co. 1 – potrebbero rilevare quali gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia l'integrità o l'affidabilità dell'operatore, ai sensi dell'art. 80, co. 5, lett. c). Le linee guida n. 6 dell'ANAC recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice” prevedono che possono costituire grave illecito professionale le condanne non definitive per alcuni reati indicati a titolo esemplificativo (abusivo esercizio di una professione; reati fallimentari; reati tributari e societari ecc.). Alla luce di ciò, la giurisprudenza sembra orientata a ritenere che l'operatore economico debba dichiarare in sede di gara ogni situazione potenzialmente rilevante ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali, non essendo configurabile in capo all'impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (a titolo esemplificativo, si veda Cons. St., sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192).

Per quanto concerne specificamente gli obblighi dichiarativi di reati estinti, il d.lgs. 50 del 2016 non ha innovato la disciplina previdente. Per vero, il codice vigente non riproduce la previsione dell'art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che – come già detto – esonerava espressamente il concorrente dalla dichiarazione di condanne per reati dichiarati estinti. L'art. 80, co. 3, si limita a prevedere che «l'esclusione non va disposta (…) quando il reato è stato dichiarato estinto». La giurisprudenza finora pronunciatasi in materia, tuttavia, ha chiarito che, nonostante la diversa formulazione della norma, non occorre dichiarare in sede di gara le situazioni che, per espressa previsione legislativa, non rilevano più ai fini dell'affidabilità e dell'integrità morale del concorrente (TAR Campania, Napoli, sez. II, 30 giugno 2017, n. 3518).

La ratio dell'insussistenza di un obbligo in capo al concorrente di dichiarare le condanne per reati estinti può ravvisarsi nell'effetto privativo che il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato (così Cons. St., sez. V, 18 giugno 2015, 3105).

Con specifico riguardo ai confini degli obblighi dichiarativi in caso di reato estinto, la questione da dirimere è quella concernente i presupposti per considerare avvenuta l'estinzione del reato. Un'interpretazione formalistica dell'art. 80 del Codice lascerebbe propendere per l'orientamento tradizionale adottato dalla giurisprudenza. La citata disposizione, come il previgente art. 38, infatti, impone alla stazione appaltante di non escludere l'operatore economico se il reato è stato “dichiarato” estinto. Tuttavia, una interpretazione sistematica della richiamata disposizione, che tenga conto dell'orientamento del giudice penale circa il fenomeno estintivo, impone di considerare irrilevante la pronuncia dichiarativa del giudice dell'esecuzione. Infatti, secondo la Corte di Cassazione, quando un determinato effetto giuridico si determina per decorso inattivo del tempo, esso si verifica ope legis al momento in cui siano per legge maturate le condizioni cui è condizionato l'effetto. A ciò consegue che il provvedimento dichiarativo dell'estinzione si pone in funzione ricognitiva di un effetto già verificato (Cass. pen., V, 14 maggio 2015, n. 20068).

In definitiva, l'orientamento inaugurato dalla pronuncia in commento ha il pregio di fornire una lettura unitaria dell'ordinamento giuridico: una diversa considerazione dell'effetto estintivo del reato in due rami diversi dello stesso ordinamento sarebbe certamente inopportuna e irrazionale.

Guida all'approfondimento

A. Amore, Le cause di esclusione di cui all'art. 80 D,Lgs, n. 50/2016 tra Linee Guida dell'ANAC e principi di tassatività e legalità, in Urbanistica e Appalti, 6/2017, p. 763.

V. Di Iorio, Requisiti: assenza di condanne penali, in lamministrativista.it.

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