Nullità della notificazione non effettuata presso il domicilio digitale

Giuseppe Vitrani
17 Luglio 2018

La Cassazione ha affrontato la questione sulle comunicazioni o notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale".
Massima

In materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, previsto dal d.l. n. 179 del 2012, art. 16-sexies, (conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), come modificato dal d.l. n. 90 del 2014 (conv., con modif., dalla L. n. 114 del 2014), non è più possibile procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario".

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione trae origine da un contenzioso relativo ad una richiesta di risarcimento danni avanzata dall'esercente la potestà genitoriale su di un minore nei confronti di una compagnia assicuratrice, radicato presso l'ufficio del Giudice di Pace di Torre Annunziata, la cui pronuncia era stata oggetto di gravame innanzi al Tribunale della medesima città.

Il giudizio di appello era stato celebrato in contumacia della compagnia assicuratrice in quanto la notifica del gravame era stata effettuata presso la cancelleria del Giudice di Pace, in ossequio al disposto dell'art. 82 R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, e non presso la PEC dell'avvocato difensore della compagnia, come previsto dall'art. 16-sexies d.l. 179 del 2012.

Proprio tale modalità di notificazione veniva quindi fatta valere come motivo di nullità della sentenza nel giudizio di Cassazione.

La questione

La questione giuridica che merita di essere approfondita verte dunque intorno ad un punto essenziale e cioè quale sia la sanzione che consegue alla mancata osservanza del disposto dell'art. 16 sexies d.l. 179 del 2012 il quale, come noto, prevede che in tutti i casi in cui è previsto che una notificazione debba essere effettuata presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, si possa procedere con tale incombente solo nel caso in cui, per causa imputabile al destinatario, non si sia potuto provvedere alla notificazione a mezzo PEC ad indirizzo estratto dai pubblici registri previsti dalla legge.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione giuridica cui perviene la Corte di Cassazione è una logica conseguenza di quanto è ormai chiaramente previsto dall'art. 16 sexies d.l. 179 del 2012.

È stato invero semplice per la Suprema Corte affermare la vigenza dell'obbligo per le parti di notificare gli atti giudiziari presso un indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi previsti per legge (INI PEC o ReGIndE), escludendo che tale notificazione possa avvenire presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, salvo nei casi di impossibilità a procedersi a mezzo PEC, per causa da addebitarsi al destinatario della notificazione.

La Corte di Cassazione ha poi opportunamente ribadito che la prescrizione dell'art. 16-sexies d.l. n. 179 del 2012 prescinde dalla indicazione dell'indirizzo di posta elettronica ad opera del difensore, trovando applicazione direttamente in forza dell'indicazione normativa degli elenchi/registri da cui è dato attingere l'indirizzo PEC del difensore, stante l'obbligo in capo ad esso di comunicarlo al proprio Ordine e dell'Ordine di inserirlo sia nel registro INI PEC, che nel ReGIndE.

Si afferma così che la norma in esame non solo depotenzia la portata dell'elezione di domicilio fisico, la cui eventuale inefficacia (ad es. per mutamento di indirizzo non comunicato) non consentirà la notificazione dell'atto in cancelleria, ma la imporrà pur sempre e necessariamente alla PEC del difensore domiciliatario (salvo l'impossibilità per causa al medesimo imputabile).

Inoltre, l'attuale assetto normativo svuota di efficacia prescrittiva anche l'art. 82 r.d. n. 37 del 1934, posto che, stante l'obbligo di notificazione tramite PEC presso gli elenchi/registri normativamente indicati, la norma in questione potrà avere un rilievo unicamente in caso di mancata notificazione via PEC per causa imputabile al destinatario della stessa, quale localizzazione dell'ufficio giudiziario presso il quale operare la notificazione in cancelleria.

Osservazioni

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione è certamente corretta e condivisibile; si tratta invero di un'ulteriore occasione per affermare principi sui quali la giurisprudenza pare essersi consolidata.

Si è avuto così anche occasione di ribadire che l'eventuale mancata indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata all'interno dell'atto introduttivo del processo non ha alcuna rilevanza, essendo necessario (e sufficiente) unicamente che tale indirizzo sia ricompreso in uno dei pubblici elenchi previsti dalla legge (INI-PEC e ReGIndE).

Inoltre si è correttamente affermato che il vizio insito nell'erronea adozione della forma di notifica prevista dal secondo comma dell'art. 82 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, in spregio del disposto dell'art. 16-sexies l. n. 179/2012, rientra nella categoria della nullità e non dell'inesistenza, non trattandosi di assenza materiale dell'atto notificatorio né di carenza degli elementi essenziali idonei ad includerlo nel genus “notificazione”.

L'attuale assetto normativo e giurisprudenziale consente dunque di ben schematizzare le alternative che si pongono allorché si debba procedere con la notificazione di un atto giudiziario:

1) se il difensore costituito, esercente dinanzi ad autorità giurisdizionale che abbia sede fuori dal circondario dell'ufficio giudiziario di riferimento del proprio consiglio dell'ordine, ha eletto domicilio “fisico” nel luogo di detto tribunale, le altre parti avranno facoltà di notificare gli atti – a loro piacimento – presso detto domicilio o alla casella PEC del destinatario risultante dal ReGIndE o dall'INI-PEC, ovvero – nei procedimenti avanti la Corte di Cassazione – all'indirizzo di posta certificata indicato negli scritti del destinatario (e previamente comunicato all'ordine di appartenenza);

2) ove invece non si sia eletto domicilio “fisico” dinanzi all'autorità adìta esterna alla circoscrizione di pertinenza, le notificazioni andranno eseguite esclusivamente al domicilio digitale e – pertanto – solo con modalità telematica, salvo che (a) la casella PEC sia non funzionante per causa imputabile al destinatario e (b) nei procedimenti di cassazione il difensore abbia omesso di indicare il proprio indirizzo di posta certificata comunicato all'ordine;

3) la notifica via PEC è divenuta l'unico (o quasi) modo possibile di instaurare l'opposizione a decreto ingiuntivo, quando a richiedere il provvedimento monitorio sia stata una persona (fisica o giuridica) assistita da un avvocato che, avendo il proprio studio in località estranea al circondario del giudice adìto, non abbia alcun interesse né utilità ad avvalersi dell'opera di un domiciliatario, potendo curare da solo l'intera fase ingiunzionale (salva l'estrazione della/e copia/e esecutiva/e del decreto, ove concesso con la clausola ex art. 642 c.p.c.).
Si tenga conto che la notifica effettuata in forma non telematica a domicilio “fisico” extra circondario sarebbe invalida, giacché in una siffatta situazione (di omessa elezione del domicilio “fisico” all'interno del circondario dell'autorità giurisdizionale) verrebbero infranti il disposto dell'art. 82, comma 2, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (il quale prescrive in tal caso la notifica in cancelleria), e quello dell'art. 16-sexies d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (che antepone alla notifica in cancelleria quella al domicilio digitale).

Conclusioni

La Corte di Cassazione, affermando che la notifica eseguita in cancelleria anziché al domicilio digitale è nulla e non inesistente (in motivazione si dice chiaramente che siffatto istituto può configurarsi nei soli casi in cui “venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione”), recepisce pienamente l'insegnamento consolidatosi con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 14916 del 20 luglio 2016, in forza del quale la categoria dell'inesistenza si può configurare solo laddove manchi nella sua materialità l'atto o la relativa attività s'appalesi priva degli elementi costitutivi essenziali del procedimento notificatorio, mentre ogni altra difformità dallo schema legale ricade nell'alveo della nullità; e in esso va ricompreso il vizio di cui si è occupata l'ordinanza in commento, in quanto attiene al luogo della notificazione, il quale non rientra fra gli elementi costitutivi essenziali del procedimento notificatorio, nemmeno laddove difetti qualsiasi collegamento tra detto luogo e il destinatario dell'atto

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