Crediti prededucibili: categorie (l. fall.)

Francesco Dimundo
18 Luglio 2018

La categoria dei crediti prededucibili (o di “massa”) – denominazione sconosciuta alla legge fallimentare del 1942, sorta come “invenzione del linguaggio pratico” ed utilizzata per la prima volta dal legislatore negli artt. 20 e 52 del d. lgs. 270/99 - ha trovato espressa definizione nel nuovo art. 111, comma 2, l. fall., il quale stabilisce che “sono considerati prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”.

Inquadramento

La categoria dei crediti prededucibili (o di “massa”) – denominazione sconosciuta alla legge fallimentare del 1942, sorta come “invenzione del linguaggio pratico” (Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Milano, 2006, 217) ed utilizzata per la prima volta dal legislatore negli artt. 20 e 52 del d. lgs. 270/1999 - ha trovato espressa definizione nel nuovo art. 111, comma 2, l. fall., il quale stabilisce che “sono considerati prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”.

La norma indica quindi con chiarezza il particolare trattamento riservato all'insieme dei crediti prededucibili, distinguendoli in tre macro-categorie e superando, in tal modo, l'originaria dicotomia, sancita dal testo previgente, tra “spese” e “debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa”: distinzione cui taluno aveva tentato di attribuire fondamento razionale, ma che dai più era considerata priva in realtà di effettivo rilievo pratico (v. in argomento Vivaldi, La ripartizione dell'attivo, in Trattato delle procedure concorsuali, dir. da L. Ghia, C. Piccininni, F. Severini, III, Torino, 2010, 273).

I crediti prededucibili ex lege

La prima categoria – che in sé non dà luogo a particolari problemi interpretativi - comprende i crediti che siano qualificati prededucibili da una specifica disposizione di legge, anche con l'uso di una terminologia diversa ma di significato equivalente (quale, ad es., “il credito è regolato dall'art. 111” l. fall., ovvero è “da corrispondere” ai sensi di tale disposizione).

Guardando alle norme della legge fallimentare, rientrano in tale ambito, ad esempio, il credito del terzo avente titolo alla restituzione all'integrale pagamento del controvalore della cosa, quando quest'ultima, già in possesso del fallito all'atto dell'apposizione dei sigilli, sia andata successivamente persa dal curatore (art. 103 l. fall.); il credito del conduttore all'“equo indennizzo” nel caso in cui il curatore del fallimento del locatore receda anticipatamente dal contratto di locazione (art. 80, comma 4, l. fall.); l'analogo credito all'equo indennizzo spettante alla controparte del curatore il quale sia receduto dal contratto di affitto di azienda (art. 79 l. fall.); i crediti sorti nel corso dell'esercizio provvisorio (art. 104, comma 8, l. fall.); i crediti di terzi sorti per effetto “degli atti legalmente compiuti” (in quanto atti di ordinaria amministrazione ovvero atti urgenti di straordinaria amministrazione autorizzati dal Tribunale) dal debitore che abbia presentato domanda di concordato preventivo “con riserva” (art. 161, comma 7, l. fall.).

Non mancano peraltro diverse disposizioni contenute in leggi speciali che qualificano espressamente determinati crediti come prededucibili. Tali, sempre in via meramente esemplificativa, l'art. 30 della l. 11 dicembre 2012, n. 220 (recante “modifica alla disciplina del condominio negli edifici”), che, per il caso di fallimento di un condomino, attribuisce rango prededucibile ai sensi dell'art. 111 l. fall. ai contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni; l'art. 52, comma 5, del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. codice antimafia), che attribuisce rango prededucibile all'equo indennizzo spettante ai titolari di diritti personali o reali di godimento su beni sottoposti a confisca definitiva; l'art. 1, lett. c), del d.l. 6 luglio 2010, n. 103 (convertito con modificazioni in L. 4 agosto 2010, n. 127), che ha “equiparato” ai crediti prededucibili di cui all'art. 111 l. fall. quelli vantati da banche ed intermediari finanziari per l'erogazione di nuovi finanziamenti a favore di Nuova Tirrenia s.p.a.; l'art. 20 del d. lgs. 8 luglio 1999, n. 270, secondo cui sono soddisfatti in prededuzione i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa e la gestione del patrimonio del debitore dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza.

I crediti prededucibili “sorti in occasione o in funzione” di procedure concorsuali

Le ulteriori categorie di crediti prededucibili, foriere invece dei maggiori problemi esegetici, comprende i crediti “sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge.

L'interpretazione della portata di tale locuzione – non poco generica - ha visto invero interpreti e giurisprudenza subito dividersi in due fronti contrapposti.

Secondo una prima corrente di pensiero, senza dubbio più “tradizionalista”, il legislatore della riforma non avrebbe inteso apportare significative novità per quanto attiene alla individuazione della categoria dei crediti prededucibili, ma si sarebbe piuttosto limitato a codificare risultati interpretativi già acquisiti in materia nel vigore della legge fallimentare del 1942 (v. al riguardo Ruggiero, Sub artt. 111 e 111-bis, in Il nuovo dir. fallimentare. Commentario dir. da A. Jorio e coord. da M. Fabiani, II, Bologna, 2006, 1833). Muovendo dal presupposto che le norme relative alla prededucibilità dei crediti rivestano carattere eccezionale (in quanto introducono una deroga al principio della par condicio creditorum), e devono pertanto essere interpretate restrittivamente, si è sostenuto che il secondo comma del novellato art. 111 l. fall. assumerebbe, in tale prospettiva, un “significato minimale” (così Trib. Udine, 6 marzo 2010, in Il caso). Più in particolare, si è ritenuto che le espressioni “in occasione” e “in funzione” ivi richiamate debbano essere considerate sostanzialmente equivalenti, nel senso che:

  • la prima di esse, facendo chiaro riferimento ad un criterio temporale, consente di qualificare prededucibili i crediti sorti nel corso di una procedura concorsuale, anche se non necessariamente nell'interesse della massa dei creditori;
  • l'espressione “in funzione”, pur facendo testuale ed esclusivo riferimento ad un criterio meramente finalistico (e non anche cronologico), non per questo autorizzerebbe ad estendere l'area della prededuzione sino a ricomprendervi anche i crediti che, seppur funzionali agli interessi del fallimento o di altra procedura, siano maturati in epoca anteriore all'apertura dell'uno o dell'altra. La locuzione de qua sarebbe stata piuttosto introdotta dal legislatore al diverso scopo di superare la vecchia concezione liquidatoria del concordato preventivo, la quale portava negare la prededuzione anche al credito vantato dalla banca che avesse mutuato le somme fissate dal Tribunale ai fini del deposito delle spese di giustizia di cui all'art. 163, comma 3, n. 4 l. fall., così come al credito del terzo che, dopo l'omologa del concordato, avesse effettuato finanziamenti per consentire la corretta esecuzione della procedura.

In altri termini, secondo questa lettura i parametri della “occasionalità” e della funzionalità, richiamati dalla norma in esame, non rappresenterebbero requisiti selettivi autonomi, ed il secondo comma dell'art. 111 l. fall. dovrebbe pertanto essere letto come se recitasse “in occasione e in funzione” di una procedura concorsuale. Con l'ulteriore corollario che il trattamento proprio della prededuzione dovrebbe quindi essere riservato soltanto alle pretese creditorie che al contempo risultino inerenti con le esigenze funzionali della procedura e siano sorte nel corso della stessa, in modo tale che la relativa congruità ed utilità risultino sottoposte al controllo del giudice (v. in questo senso Petrucco Toffolo, L'accertamento del credito risarcitorio nella procedura fallimentare, in Resp. civ. prev., 2011, 2088, Calo', Virgintino, I crediti prededucibili, in Le procedure concorsuali, a cura di A. Caiafa, I, Padova, 2011, 1037).

Gli argomenti invocati per accedere a tale restrittiva lettura sono stati in particolare rinvenuti, da un lato, nella ratio della prededuzione, il cui presupposto risiederebbe nel sistema di controlli e di garanzie diretti ad accertare l'effettiva coerenza dell'atto con le finalità della procedura, e funzionali ad assicurare la stabilità degli atti di colui che entra in rapporto con gli organi della procedura medesima. Sistema che non tollererebbe quindi l'estensione indiscriminata del beneficio della prededuzione anche ai crediti che, pur funzionali rispetto alla procedura, siano sorti anteriormente alla sua apertura, perché ciò spalancherebbe le porte ad un incontrollato proliferare di pretese prededucibili sottratte ad ogni controllo di legittimità, con conseguenti abusi a danno dei creditori [Calò, Virgintino, I crediti prededucibili, cit., 1037; D'Amora, Prededuzione e par condicio: riflessione sulle disuguaglianze funzionali, in Crisi di impresa ed economia criminale, a cura di G. Minutoli, Milano, 2011, 363-364; in motivazione, Trib. Varese, 11 aprile 2011, in Unijuris; Trib. Firenze, 26 marzo 2008, in Foro tosc., 2008, Trib. La Spezia, 5 aprile 2012, Trib. Bolzano, 14 febbraio 2014, in questo portale).

A conforto di tale impostazione si è inoltre invocato un passaggio motivazionale di una decisione della Suprema Corte (Cass., 14 febbraio 2011, n. 3582), laddove si è affermato che, ai fini dell'individuazione dei debiti di massa, “non è determinante il profilo temporale, bensì quello funzionale: e cioè, la genesi del debito per atto degli organi fallimentari – e non certo di un terzo creditore - in occasione e per le finalità della procedura”: si tratterebbe infatti di una rilettura del precedente sistema alla luce di quello attuale, con una quanto mai significativa adozione della congiunzione “e” in luogo della disgiuntiva “o” ed il richiamo al necessario intervento degli organi della procedura nella fase genetica del credito, a conferma del fatto che, isolati e decontestualizzati, nessuno dei due termini bastano di regola ad integrare un criterio autonomo e sufficiente della prededuzione, e che la formula disgiuntiva “o” adottata dal legislatore si è resa necessaria per ricomprendere fra i crediti di massa anche quelli sorti in occasione (nel corso) della procedura ma ad essa non funzionali, cioè non collegati ad un interesse dei creditori concorrenti (così, in motivazione, Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011, in Il caso; per identico rilievo v. anche Trib. Trento, 25 ottobre 2012, in Osservatorio OCI, e Trib. Prato, 14 giugno 2012, in Il caso).

Per altro verso si è osservato che, se è vero che “l'espressione ‘in funzione', adottata dall'art. 111 di per sé non contiene un sicuro riferimento temporale, tuttavia esso lo riceve aliunde, ovvero dal sistema” (così D'Amora, La prededuzione fra presente e futuro, in Osservatorio OCI). In questa prospettiva si è valorizzato in primo luogo il rapporto intercorrente tra il riconoscimento della prededuzione e l'ipotesi di esenzione dalla revocatoria sancita dall'art. 67, comma 3, lett. g), l. fall. Tale ultima disposizione sancisce infatti la non revocabilità dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali e di concordato preventivo. Per i crediti antecedenti all'apertura del concordato, e ad esso strumentali, il legislatore accorderebbe quindi già l'esenzione da revocatoria, e riconosce così una condizione di stabilità rispetto alla quale il riconoscimento della prededuzione sarebbe del tutto contraddittorio: e ciò – si è ragionato – perché se un credito è prededucibile, è privo di senso parlare di esonero da revocatoria, posto che la prima presuppone ed assorbe la seconda, non essendo possibile e logico configurare un credito di massa ma al tempo stesso revocabile quanto al pagamento effettuato (Castiello D'Antonio, 2011, I nuovi incentivi per le procedure di composizione negoziale delle crisi: profili civilistici, in La ristrutturazione dei debiti civili e commerciali, a cura di S. Bonfatti e G. Falcone, Milano, 2011, 63; Costa, Esenzione dall'azione revocatoria e prededuzione nelle procedure stragiudiziali di risanamento delle imprese, in Dir. fall., 2010, I, 2010, 536; per questa lettura v. altresì Calo', Virgintino, I crediti prededucibili, cit., 1037, e Didone, Il controllo giudiziale sulla nuova prededuzione del finanziamento dei soci “postergabile”, in Società, 2011, 1087).

A sostegno della lettura restrittiva dell'art. 111 si è invocato poi l'art. 167 l. fall., il cui secondo comma, nel ribadire che il debitore ammesso a concordato preventivo può liberamente compiere gli atti di ordinaria amministrazione, dispone che gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, se compiuti senza l'autorizzazione del Giudice Delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato. Da tale disposizione si ricaverebbe infatti il principio che i debiti di massa, meritevoli di soddisfazione in via prioritaria, sono soltanto quelli sottoposti al vaglio degli organi della procedura, posto che, a ritenere diversamente, risulterebbe incomprensibile la ragione per cui gli atti sorti nel corso della procedura sono sottoposti a tale controllo, mentre per quelli compiuti prima sarebbero invece prededucibili senza alcun previo controllo (in giurisprudenza v. Trib. Pordenone, 8 ottobre 2009, in Il caso; Trib. Udine, 15 ottobre 2008, in Fall., 2009; Trib. Bari, 17 maggio 2010, in Dir. fall., 2012; Trib. Terni, 22 marzo 2012, in Fall., 2012).

All'orientamento appena illustrato se ne contrappone un secondo, decisamente più innovativo, secondo il quale l'art. 111 l. fall., nel testo novellato dalla riforma del 2006, ha per contro “significativamente ampliato la categoria della prededuzione” (così Trib. Milano, 26 giugno 2009, in causa Arlenghi c. Fall. C.S.I. – Computer Support Italcard s.r.l., inedita; analogamente Trib. Milano, 20 agosto 2009, in Fall., 2009, e Trib. Prato, 24 giugno 2011, in Il caso), ed “impone una interpretazione maggiormente ampia rispetto all'orientamento dottrinale e giurisprudenziale consolidatosi sotto il precedente sistema legislativo” (Trib. Treviso, 16 giugno 2008, in Fall., 2008).

Il capoverso di tale norma dispone infatti, come si é visto, che sono prededucibili non solo i crediti “sorti in occasione”, ma anche quelli sorti “in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”. Le espressioni così utilizzate dal legislatore devono intendersi – secondo questa diversa lettura - come comprensive sia dei crediti sorti in pendenza della procedura concorsuale (e dunque identificati in base ad un criterio temporale), sia dei crediti strumentali alla stessa, individuati sulla sola base della loro caratterizzazione funzionale e non anche cronologica; e ciascuna delle due fattispecie è autonoma rispetto all'altra, nel senso che è sufficiente la rispondenza ad una sola di esse per il riconoscimento della prededuzione, dal momento che il legislatore ha utilizzato la disgiunzione “o”, ponendole così quali alternative, vale a dire come necessarie ed autosufficienti una rispetto all'altra (v. in questo senso Fabiani, Diritto fallimentare. Un profilo organico, Bologna, 2011, 299; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 774; Didone, La prededuzione dei crediti tra nuovo art. 111 e nuovo art. 182-quater l. fall. prima e dopo la l. n. 134 del 2012, in Giust. civ., 2013, I, 63 ss.; Vitiello, Attestazione di veridicità e fattibilità nelle soluzioni concordate della crisi d'impresa: profili problematici, in questo portale, 2011 e Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182 quater l. fall., in Fall., 2011; Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 207 ss.; per un riscontro giurisprudenziale v. Trib. Salerno, 19 luglio 2012, in Il caso).

Il differente, più restrittivo, indirizzo in precedenza illustrato, che circoscrive la portata del novellato art. 111 l. fall., d'altro canto, presta il fianco ad obiezioni critiche non facilmente superabili, ove si consideri che:

a) diversamente da quanto diffusamente sostenuto, le norme in materia di prededuzione non segnano alcuna deroga alla par condicicio creditorum, e come tali non rappresentano norme eccezionali tali da esigere una interpretazione restrittiva: come insegna autorevole dottrina, il principio della par condicio opera solo nei confronti dei creditori del fallito relativamente ai debiti sorti prima dell'apertura della procedura, e non anche nei confronti divenuti tali dopo la dichiarazione di fallimento con riguardo ad obbligazioni assunte dall'ufficio fallimentare per il compimento di atti necessari per perseguire le finalità della procedura (così Frascaroli Santi, La ripartizione dell'attivo, in Diritto fallimentare, coord. da A. Maffei Alberti, Bologna, 2002, 356);

b) l'esclusione della prededuzione in virtù dell'assenza di un vaglio giudiziale sulla natura ed utilità della prestazione che ne costituisce il titolo trascura di considerare che la legge fallimentare prevede in realtà la prededuzione di crediti sorti prima dell'apertura del fallimento nel caso in cui il curatore subentri in taluni rapporti contrattuali pendenti (artt. 74 e 82, comma 2, l. fall.), e che anche la giurisprudenza ha ammesso il pagamento in prededuzione dei crediti per indennità di preavviso maturati prima del fallimento (Consiglio nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, La prededucibilità nel fallimento dei crediti professionali sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla legge fallimentare, 2010, 13);

c) la pretesa inconciliabilità tra prededuzione ed esenzione da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. g) l. fall. per i pagamenti di debiti contratti per ottenere servizi strumentali all'accesso al concordato preventivo, non è fondatamente predicabile, posto che il concetto di prededucibilità attiene ai crediti, mentre quello di revocabilità/irrevocabilità riguarda il pagamento (così, ancora, Consiglio nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, La prededucibilità, cit., 14);

d) pretendere, ai fini del riconoscimento della prededuzione, che il credito sia non solo funzionale alle esigenze della procedura, ma anche sorto dopo l'apertura di quest'ultima, contrasta chiaramente con il dato testuale dell'art. 111 l. fall. (rivelato dall'uso della congiunzione “o”), e si risolve in una abrogazione implicita dello stesso, obliterando la scelta del legislatore di attribuire alla funzionalità il ruolo di titolo autonomo di prededucibilità della pretesa creditoria (Boggio, Crediti sorti “in funzione” del concordato preventivo: prededuzione … ma non troppo, in Fall., 2009);

e) il paventato timore che la lettura più estensiva dell'art. 111 l. fall. possa aprire la strada ad una incontrollata proliferazione di crediti (“in funzione”) prededucibili, al di fuori di qualsiasi vaglio degli organi della procedura, non ha in realtà ragion d'essere, posto che l'attribuzione del beneficio in questione nell'ambito del successivo fallimento spetta in ogni caso al Giudice Delegato, il quale, in sede di verifica del passivo fallimentare, deve previamente valutarne, sia pure a posteriori, la strumentalità e la funzionalità rispetto agli interessi della massa dei creditori (Ciervo, Prededucibilità dei crediti sorti “in funzione” della procedura concorsuale, in Giur. comm., 2013, II, 779; D'Orazio, Nuovi orizzonti della prededuzione del professionista nel concordato preventivo, in Giur. mer., 2011, 1304 ss.);

In questa nuova prospettiva parte della dottrina e della giurisprudenza di merito hanno così riconosciuto carattere prededucibile anche “ai crediti che siano venuti ad esistenza al di fuori dei limiti temporali della procedura, purché legati ad essa da un nesso di propedeuticità” (così Ambrosini, La ripartizione dell'attivo, in S. Ambrosini, G. Cavalli, A. Jorio, Il fallimento, in Tratt. di dir. commerciale, dir. da G. Cottino, XI, Padova, 2009, 662-663), vale a dire ai crediti “non sorti per effetto di attività degli organi del fallimento ma funzionali alla massa in quanto destinati ad apportare vantaggi a tutti i creditori” (Mattei, Della ripartizione dell'attivo, in Fallimento e altre procedure concorsuali, dir. da G. Fauceglia e L. Panzani, II, Torino, 2009, 1282; Trib. Prato, 24 giugno 2011, cit.).

Un decisivo contributo a favore dell'impostazione più liberale può senz'altro essere rintracciato anche nella motivazioni di alcune sentenze della Suprema Corte (Cass., 24 gennaio 2014, n. 1531; Cass., 5 marzo 2014, n. 5098; Cass., 17 aprile 2014, n. 8958), le quali, dopo aver rimarcato il carattere innovativo dell'art. 111 l. fall., per un verso hanno affermato in termini netti che i parametri della funzionalità e dell'occasionalità, utilizzati in tale disposizione, devono intendersi quali criteri alternativi ed autonomi, argomentando anche dalla ratio della norma di favorire l'accesso alla procedura concordataria; per altro verso hanno evidenziato la fragilità della contraria tesi, laddove questa vorrebbe trarre dagli artt. 167 e 168 l. fall. argomento per subordinare il riconoscimento della prededuzione alla circostanza che il credito sia sorto nell'ambito di una procedura concorsuale aperta, e che quindi sìa stato sottoposto ad un controllo del giudice sulla congruità ed utilità dell'obbligazione.

Come é agevole intuire, e come risulterà ancora più chiaro nel prosieguo dell'analisi, nonostante l'introduzione di una definizione normativa di prededuzione, il dibattito sulla individuazione degli esatti contorni della categoria è comunque destinato a protrarsi anche dopo la riforma del 2006.

L'unico dato certo, sul quale gli interpreti mostrano anche oggi di convergere, riguarda invece la natura dei crediti prededucibili, essendo indiscusso, come in passato, che non si tratta di crediti verso la persona giuridica- fallimento quale soggetto autonomo, rappresentando piuttosto debiti verso il fallito dei quali quest'ultimo, una volta tornato in bonis, risponde in proprio qualora il fallimento si sia chiuso senza disponibilità liquide per il loro soddisfacimento (Frascaroli Santi, La ripartizione, cit., 356). Sotto questo profilo la scelta del legislatore del 2006 di discorrere di crediti “prededucibili” si lascia quindi apprezzare, posto che la denominazione di “debiti di massa”, tradizionalmente utilizzata nel vigore della legge fallimentare del 1942, era in realtà tecnicamente inesatta, in quanto la stessa – per diffuso giudizio - evocava un inaccettabile dualismo (fallito o massa) nel soggetto passivo dell'obbligazione, mentre i debiti della massa rimangono pur sempre debiti del fallito, posto che la procedura non è un autonomo soggetto di diritto [così Ruisi, Gli effetti del fallimento rispetto ai creditori, in G. Ruisi, A. Jorio, A. Maffei Alberti, G.U. Tedeschi, Il fallimento, I, in Giur. sist. di dir. civ. e comm., fond. da W. Bigiavi, Torino, 1978, 1978, 585; analogamente Gualandi, Gli effetti del fallimento per i creditori, in E. Bertacchini, L. Gualandi, S. Pacchi, G. Pacchi, G. Scarselli, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, 177, e Maffei Alberti, Commentario breve, cit., 773; secondo Cavalaglio, I crediti prededucibili nelle procedure concorsuali (parte prima: la disciplina previgente), in Dir. fall., 2010, I, 450, sarebbe stato più esatto indicare i crediti in questione come “crediti non concorrenti” o “fuori concorso”; in giurisprudenza v. Cass., 12 novembre 1994, n. 9526, in Fall., 1995, 722].

Era rilievo altrettanto diffusamente condiviso, anche dopo la riforma, quello che sottolineava la diversità concettuale tra prededuzione e privilegio. Come ancora di recente ha ribadito la Cassazione, riprendendo letteralmente i rilievi di autorevole dottrina (Bozza, Conflitti tra cause di prelazione, in Contr. e impr., 1996, 697 ss.), prededuzione e prelazione esprimono infatti “concetti eterogenei ed inconfondibili: la prededuzione è una qualità meramente procedurale dei cd. crediti ‘verso la massa' che fa sì che, all'interno del processo fallimentare, essi debbano essere soddisfatti con priorità rispetto a quelli concorsuali, mentre la prelazione è una qualità sostanziale dei crediti, che esprime il titolo di preferenza che va ad essi accordato sia all'interno che fuori da detto processo” (Cass., 3 marzo 2011, n. 5141). La diversa natura – rispettivamente, sostanziale e procedurale – del privilegio e della prededuzione importa quindi che quest'ultima si sovrappone al privilegio senza estinguerlo, e che i crediti prededucibili possono assumere natura chirografaria ovvero privilegiata (così Vivaldi, La ripartizione, cit., 270; per analoghe considerazioni v. anche Patti, La prededuzione, cit., 1342). Un esempio di credito prededucibile collocato al privilegio si trova ora, del resto, nella stessa legge fallimentare, ed in particolare nel quarto comma dell'art. 80, il quale stabilisce che il credito per l'indennizzo che sorge a seguito del recesso dal contratto di locazione immobiliare é soddisfatto in prededuzione ai sensi dell'art. 111 l. fall. con il privilegio di cui all'art. 2764 c.c.; senza considerare poi che, già in via generale, l'art. 111-bis, comma 2, l. fall, ammette la graduazione anche all'interno dei crediti prededucibili, laddove dispone che detti crediti “vanno soddisfatti (…) tenuto conto delle rispettive cause di prelazione”.

Occorre peraltro considerare che anche la consolidata visione processualistica della prededuzione ha mostrato segni di cedimento, osservandosi che nell'attuale contesto normativo un credito può essere qualificato come prededucibile nella sua stessa fase genetica, per effetto di un provvedimento esplicito del giudice o attraverso un controllo giurisdizionale di legittimità della procedura in cui la maggioranza dei creditori ha espresso il consenso alla prededuzione del credito (esplicitata nel piano): sicchè il beneficio della prededuzione viene conferito ex ante (e non ex post) all'esito di una valutazione prognostica di funzionalità con carattere di stabilità, e diviene pertanto una qualità del credito fin dalla sua nascita, delineandosi in tal modo una sua dimensione sostanziale non dissimile da quella del privilegio (D'Amora, La prededuzione nell'anno di grazia 2013, in Osservatorio OCI).

I crediti prededucibili sorti “in occasione” del fallimento o di altra procedura concorsuale

Chiarito quanto sopra in linea generale, e scendendo all'analisi casistica della categoria, in forza del parametro normativo della “occasionalità” possono quindi considerarsi prededucibili, in primo luogo, tutti i crediti che sorgono nel corso del fallimento (o di altra procedura concorsuale regolata dalla legge fallimentare), e quindi dopo la sua apertura, per effetto dell'operato degli organi della procedura.

Il parametro assunto dal legislatore è, quindi, quello della contestualità di carattere cronologico e soggettivo (Ruggiero, Sub artt. 111, cit., 1842; D'Amora, La prededuzione, cit., 3). Come puntualizzato dalla Cassazione (Cass., 15 gennaio 2014, n. 1531), il criterio cronologico dell'occasionalità, di cui all'art. 111, comma 2, l. fall.,“deve essere integrato, per avere senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito all'attività degli organi della procedura; in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa (…)”.

Si tratta, in altri termini, di pretese creditorie che derivano, sotto il profilo genetico, dall'attività – indifferentemente negoziale o non negoziale - del curatore e degli altri organi del fallimento, senza che assuma rilievo, ai fini del riconoscimento della prededucibilità, la circostanza che i crediti che ne derivano siano anche in concreto funzionali al conseguimento degli scopi della procedura. Secondo quanto precisato ancora dai giudici di legittimità (Cass., 24 gennaio 2014, n. 1531, cit.), la funzionalità alle esigenze della procedura non può infatti“costituire un criterio integrativo di quello cronologico, poiché tale funzionalità è autonomamente considerata come causa della prededucibilità dei crediti”. E' evidente invero che “nella maggior parte dei casi, i debiti riconducibili ad atti degli organi del fallimento sono anche (almeno astrattamente) idonei al conseguimento degli scopi della procedura concorsuale”, ma non si possono d'altro canto escludere “casi in cui l'attività del curatore comporti soltanto costi, senza alcun vantaggio per i creditori” (in questi termini Forgillo, La ripartizione dell'attivo, in Fallimento e concordati, a cura di P. Celentano e E. Forgillo, Torino, 2008, 957; analogamente Vivaldi, La ripartizione, cit., 274, Silvestrini, La ripartizione dell'attivo dopo la riforma della legge fallimentare, in Fall., 2006, 1481), come avviene ad es. per i debiti derivanti da fatto illecito verificatosi in corso di procedura ed a causa del suo svolgimento (Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna, 2007, 286).

Ciò che conta, in buona sostanza, è che si tratti quindi di obbligazioni che, oltre ad insorgere nel corso della procedura, ineriscano effettivamente alla stessa, e non soddisfino invece esigenze diverse, come quelle personali del fallito (Fabiani, Diritto fallimentare, cit., 299). Nelle parole della giurisprudenza, i crediti sorti “in occasione” riflettono “oneri da sopportare, anche se non deliberati, quali conseguenze di circostanze coinvolgenti la procedura” (Trib. La Spezia, 5 aprile 2012, in Osservatorio OCI), ed il criterio dell'occasionalità “evidenzia che il credito sorge nel corso della procedura concorsuale (criterio temporale) o comunque in relazione ad essa”, e consente quindi di considerare come prededucibili “i crediti sorti in conseguenza dell'attività gestionale della curatela fallimentare, ossia le obbligazioni conseguenti all'attività negoziale posta in essere dal curatore in relazione all'amministrazione della massa attiva” (Trib. Salerno, 19 luglio 2012, in Il caso).

Nella subcategoria in questione rientrano in particolare molte fattispecie che, nel vigore della legge fallimentare del 1942, erano comunemente ascritte al novero delle “spese e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa”, di cui faceva parola il vecchio art. 111 l. fall. Si tratta in buona sostanza di tutti quegli oneri, spese e costi rivenienti dall'attività degli organi del fallimento, in relazione ai quali si pone l'esigenza di assicurare un regime di stabilità, necessario per rendere possibile lo stesso svolgimento della procedura, essendo inimmaginabile che i terzi possano accettare di intrattenere rapporti con curatore e Giudice Delegato sapendo che le proprie pretese sarebbero soggette alla falcidia concorsuale.

Procedendo in via - necessariamente - esemplificativa, e seguendo l'ordine classificatorio adottato da una dottrina (cfr. Bozza, Schiavon, L'accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992, 481 ss.), possono ricordarsi a questo riguardo:

(A) le spese affrontate dal curatore per la gestione della procedura, quali:

  • le spese per la registrazione della sentenza di fallimento, per l'apposizione dei sigilli, per la redazione dell'inventario, per l'invio ai creditori dell'avviso ex art. 92 l. fall. e della comunicazione ex art. 97, comma 1, l. fall., per il procedimento di verifica del passivo, per le stime, per la pubblicità delle vendite fallimentari, per la procedura di riparto;
  • le spese per il funzionamento del comitato dei creditori e, se deliberato ai sensi dell'art. 37-bis u.co. l. fall., per il pagamento del relativo compenso;
  • il compenso del curatore ai sensi dell'art. 39 l. fall.;
  • il compenso dei professionisti (legali, geometri, architetti, ecc.) nominati dal curatore per adempiere agli obblighi assegnatigli in tale veste dalla legge;
  • il compenso del coadiutore del curatore, da quest'ultimo nominato previa autorizzazione del comitato dei creditori (art. 32, comma 2, l. fall.);
  • le spese per la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni sull'immobile trasferito in sede di vendita fallimentare (Cass., 28 giugno 1969, n. 2237, in Foro it., 1969, I, 2135; Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, Padova, 1998, 24);

(B) le spese dei giudizi in cui il curatore é parte, ed in particolare:

  • le spese per compensi degli avvocati e procuratori dallo stesso nominati, e degli altri collaboratori – diversi dal coadiutore – incaricati di svolgere attività in senso tecnico nell'interesse del fallimento (ad es., consulenti tecnici di parte nominati in giudizi per revocatoria o in procedimenti di accertamento tecnico preventivo promossi dalla curatela).

Diversa è tuttavia la soluzione prospettata in ordine al credito del difensore per l'assistenza prestata prima al debitore in bonis e poi, su autorizzazione del Giudice Delegato, al curatore: occorre cioè distinguere tra prestazioni anteriori e prestazioni successive al fallimento, riservando solo a queste ultime il pagamento in prededuzione (v. in proposito Marinucci, I crediti, cit., 30; Bozza, Schiavon, L'accertamento dei crediti, cit., 487; contra Trib. Trieste, 18 agosto 1954, in Giust. civ., 1954, I, 1661);

  • le spese per il giudizio di rendiconto ex art. 116 l. fall., se il conto viene approvato dal Giudice Delegato senza contestazioni, ovvero se le contestazioni, una volta sollevate, siano composte bonariamente dalle parti (Trinchi, Sub art. 111 e 111-bis, in Commentario alla legge fallimentare, dir. da C. Cavallini, I, Milano, 2010, 1191; Vitale, I debiti di massa nel fallimento. Individuazione della fattispecie, Milano, 1975, 111; Cass., 17 aprile 1968, n. 1132, in Giur. it., 1968);
    • le spese per il giudizio di omologazione del concordato fallimentare;
    • le spese per la prosecuzione exart. 107, comma 3 l. fall. dei giudizi di esecuzione in corso (Cass., 8 maggio 2009, n. 10599; cfr. anche Cass., 10 dicembre 2008, n. 28984);

(C) le obbligazioni tributarie il cui presupposto sia maturato dopo la dichiarazione di fallimento o nella antecedente procedura di concordato preventivo, come quella relativa all'I.C.I. dovuta per ciascun anno di possesso dell'immobile inerente al periodo di durata della procedura concorsuale (Trib. Mantova, 4 dicembre 2003, in Fall., 2004; Cass., 28 marzo 2012, n. 5035; Cass., 28 febbraio 2013, n. 5015); l'obbligo di pagamento della tassa di possesso di cui all'art. 5, comma 31 e ss. d.l. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito nella L. 28 febbraio 1983, n. 53), relativa a veicoli di proprietà della fallita (Cass., 9 settembre 2004, n. 18194); le spese per la registrazione della sentenza dichiarativa di fallimento (Bozza, Schiavon, L'accertamento dei crediti, cit., 494);

(D) le spese legali liquidate alla controparte nei giudizi avviati dal o contro il curatore, all'esito dei quali il curatore medesimo sia risultato soccombente (Limitone, 2014, 1), compresi i giudizi di opposizione allo stato passivo (Trib. Genova, 30 maggio 1995, in Gius, 1995, 4121), nonché le spese legali (incluse quelle maturate in epoca anteriore al fallimento) relative ai giudizi promossi da o contro il fallito prima del fallimento nei quali la curatela sia poi subentrata e sia risultata parimenti perdente (Bozza, Schiavon, L'accertamento dei crediti, cit., 498; Miele, Sub art. 111, in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, a cura di M. Ferro, Padova, 2011, 1320; Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, Padova, 1998, 30; in giurisprudenza v. Trib. Milano, 18 ottobre 1962, in Mon. trib., 1963, 905; Trib. Milano, 20 gennaio 2010, in causa United Salvage Ltd. c. Micoperi Offshore s.p.a. in a.s., inedita, il quale – ragionando a contrario - ha escluso che potessero farsi gravare in prededuzione sulla massa le spese processuali relative a giudizi promossi da terzi contro una società prima della sua ammissione all'amministrazione straordinaria, nei quali gli organi della procedura non si erano costituiti e rispetto ai quali la procedura era quindi rimasta sempre estranea).

Secondo un giudice di merito, avrebbe carattere prededucibile anche il credito per prestazioni professionali vantato dal difensore del fallito, risultato vittorioso in un procedimento giudiziale da questi azionato in costanza di fallimento e nell'inerzia del curatore al fine di contestare un'illegittima pretesa di terzi, trattandosi di credito collegato al venir meno di un'obbligazione del fallito (e quindi della procedura), qualificabile come spesa della procedura medesima (Trib. Palermo, 20 aprile 2012, in Osservatorio OCI).

Come anticipato, la prededuzione assiste non solo le spese di controparte successive al fallimento, ma anche quelle anteriori, perché il credito sorge con la sentenza di condanna (Cass., 7 febbraio 1961, n. 249, in Dir. fall., 1961); non, invece, le spese poste a carico del debitore poi fallito da una sentenza che definisce una fase di giudizio, quando la curatela sia subentrata al fallito nella fase successiva (App. Lecce, 22 novembre 1954, in Dir. fall., 1954, II, 656).

Sono senz'altro da pagarsi in prededuzione, per contro, le somme che il curatore si è impegnato a riconoscere alla controparte a seguito della definizione, da parte della curatela medesima, di una lite in via transattiva, posto che la fonte dell'obbligo è, in questo caso, un contratto stipulato da un organo della procedura e finalizzato alla tutela degli interessi della massa (Trib. Salerno, 19 luglio 2012, cit.; in dottrina v. Calo', Virgintino, I crediti prededucibili, cit., 1033, e Marinucci, I crediti prededucibili, cit., 1998, 27);

(E) le spese sostenute e debiti contratti dal curatore per la individuazione, acquisizione, gestione e conservazione dei beni facenti parte dell'attivo fallimentare, compresi i costi di bonifica ambientale che avvantaggiano gli immobili acquisiti alla massa (Cass., 7 marzo 2013, n. 5705, in Fall., 2013);

(F) i debiti derivanti da rapporti contrattuali instaurati ex novo dal curatore con terzi(ad es., gli oneri condominiali non pagati da colui che abita l'immobile in forza di contratto stipulato con il curatore: Trib. Palermo, 26 settembre 2003, in Fall., 2004);

(G) i debiti contratti dal curatore per effetto della prosecuzione di rapporti contrattuali pendenti che non si sciolgono per effetto del fallimento, ovvero a seguito del volontario subentro in rapporti giuridici pendenti, se maturati dopo la dichiarazione di fallimento. In relazione a taluni contratti di durata la legge fallimentare e il legislatore speciale prevedono peraltro che debbano essere soddisfatti in prededuzione anche oneri maturati prima del fallimento: ciò si verifica in particolare per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, per quelli di assicurazione, di locazione, di leasing, e di factoring;

(H) i debiti derivanti dalla decisione del curatore di sciogliersi da rapporti giuridici pendenti;

(I) i debiti derivanti dall'acquisizione di beni sopravvenuti ex art. 42 l. fall., ed in particolare le passività del complesso aziendale che la curatela abbia acquisito ai sensi di tale norma, anche quando non direttamente collegate all'acquisto ed alla conservazione di singoli beni aziendali (v. in argomento Sacchi, I crediti prededucibili, in Gli effetti del fallimento sui crediti. Novità nelle proposte di riforma delle procedure concorsuali, Milano, 2004, 2004, 37 ss., ove riferimenti);

(L) i debiti contratti dal curatore per la prosecuzione dell'attività in presenza di esercizio provvisorio dell'impresa.

Deve peraltro escludersi la prededuzione per i crediti maturati prima della dichiarazione di fallimento nell'ambito di contratti pendenti e per quelli successivi al termine dell'esercizio provvisorio. Questi ultimi sorgono infatti solo se il curatore, al termine dell'esercizio provvisorio, ha optato per il subentro del contratto, ed in tal caso assumono natura prededucibile; i crediti ante fallimento assumono o meno natura prededucibile a seconda che, sempre al termine dell'esercizio provvisorio, il curatore abbia scelto di subentrare o di sciogliersi dal contratto, posto che l'art. 104, comma 9, l. fall. prescrive che la disciplina dettata dagli artt. 72 e ss. – la quale prevede che in caso di subentro nei contratti pendenti il curatore ne assuma i relativi obblighi – trovi applicazione solo dopo la cessazione dell'esercizio provvisorio (v. in questo senso Trib. Busto Arsizio, 3 dicembre 2010, in Il caso, confermato sul punto da Cass., 19 marzo 2012, n. 4303; cfr. anche Trib. Busto Arsizio, 18 gennaio 2012, ibidem, per il quale lalettera dell'art. 104 l.fall. è inequivoca nel riconoscere la prededuzione soltanto ai crediti sorti in pendenza dell'esercizio provvisorio, e non anche a quelli sorti precedentemente, anche se relativi a contratti pendenti ad esecuzione periodica o continuata);

(M) i debiti derivanti dall'attività latu sensu non negoziale del curatore, essendo sufficiente, ai fini del riconoscimento della prededuzione, “una apprezzabile connessione causale” dell'obbligazione “con l'attività funzionale dell'ufficio fallimentare” (così Cass., 11 novembre 1998, n. 11379; conf. Cass., 23 aprile 1998, n. 4190; in dottrina v. Frascaroli Santi, La ripartizione, cit., 356). Tali, quindi:

i debiti risarcitori derivanti da fatto illecito del curatore (Cass., 18 novembre 2010, n. 23353; Cass., 11 novembre 1998, n. 11379; Cass., 25 luglio 1997, n. 6976; Trib. Trento, 4 ottobre 2001, in Giur. mer., 2002, 356; in dottrina v. Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna, 2007, 287). Rientrano in tale categoria, in particolare, i debiti risarcitori – a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale – per danni derivanti dalla prosecuzione dell'attività imprenditoriale dopo l'apertura della procedura concorsuale (v. in argomento, diffusamente, Sacchi, I crediti prededucibili, cit., 43 ss.); il debito risarcitorio da occupazione abusiva, da parte del fallimento, di un immobile già occupato a titolo di locazione dal fallito per l'esercizio dell'impresa, ed in relazione al quale era stata pronunciata sentenza di sfratto definitiva in epoca antecedente all'apertura della procedura concorsuale (Cass., 11 novembre 1998, n. 11379); il debito risarcitorio derivante dalla circolazione, post fallimento e per iniziativa o con il consenso del curatore, di un veicolo della società fallita (Cass., 18 novembre 2010, n. 23353); il debito risarcitorio verso il terzo proprietario per la perdita di beni di quest'ultimo acquisiti all'attivo fallimentare (Cass., 8 maggio 2009, n. 10599; Cass., 10 dicembre 2008, n. 28984);

  • il debito derivante da gestione di affari altrui svolta da un terzo a favore della procedura e da cui l'amministrazione abbia tratto vantaggio ai sensi dell'art. 2028 c.c.;
  • il debito derivante da arricchimento senza causa conseguito dalla procedura a danno di un altro soggetto che subisca una corrispondente diminuzione patrimoniale ai sensi dell'art. 2041 c.c. (v. sul punto Marinucci, I crediti, cit., 90 ss., ove ulteriori riferimenti).

Non si può parlare invece di prededuzione:

  • per il creditore che, in sede di espropriazione presso terzi, sia risultato assegnatario di un credito verso il fallito, vantando egli un credito concorsuale che dovrà quindi essere insinuato al passivo (Cass., 4 maggio 1966, n. 1118, in Dir. fall.; Cass., 19 aprile 1966, n. 989, in Giust. civ. Mass., 1966);
  • nelle ipotesi in cui il curatore abbia ricevuto un pagamento poi assoggettato ad azione revocatoria ex art. 67 l. fall., esercitata con successo dal curatore del solvens, a sua volta dichiarato fallito: secondo la Suprema Corte, tale circostanza non vale infatti a trasformare il conseguente credito restitutorio, in capo alla parte vittoriosa, in obbligazione prededucibile, posto che ai fini del riconoscimento di tale qualità, infatti, costituiscono debiti di massa, ex art. 111 l. fall., “solo le spese di procedura e le obbligazioni contratte dall'amministrazione del fallimento e per la continuazione autorizzata dell'esercizio dell'impresa, mentre non rileva che il credito tragga origine da un versamento effettuato in favore dell'organo concorsuale, limitandosi questi a subentrare nella posizione sostanziale e processuale del fallito ed in tale veste conseguendo un pagamento lecito, reso inefficace con la predetta azione costitutiva” (così Cass., 19 marzo 2009, n. 6709; in senso sostanzialmente conf. Cass., 8 ottobre 1974, n. 2691, in Giust. civ. Mass., 1974);
  • per il credito del compratore alla restituzione del prezzo pagato nel caso in cui la risoluzione di un contratto di compravendita venga pronunciata, dopo il fallimento del venditore, per inadempimento di quest'ultimo anteriore al fallimento medesimo: detto credito – secondo la giurisprudenza di legittimità - non è prededucibile ai sensi dell'art. 111 l. fall., ma deve trovare collocazione, previa insinuazione nello stato passivo, secondo la disciplina della par condicio creditorum, in quanto, pur avendo titolo nella sentenza di risoluzione emessa in corso del fallimento del venditore - debitore, ha causa in un fatto anteriore all'apertura della procedura concorsuale e si traduce in un obbligo, da parte degli organi di questa, di restituire una somma corrispondente a quella ricevuta (Cass., 3 febbraio 2006, n. 2349; conf. Cass., 13 giugno 1990, n. 5751);
  • per il credito per il prezzo di una vendita coattiva, nel caso in cui la citazione per l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre, in relazione al contratto preliminare stipulato quando le parti erano in bonis, sia stata notificata al debitore anteriormente all'apertura del concordato, mentre la sentenza costitutiva sia sopravvenuta quando il concordato era stato già omologato ed era aperta la fase di liquidazione (Cass., 25 luglio 2007, n. 16426).
I crediti prededucibili sorti “in funzione” del fallimento o di altra procedura concorsuale

Il parametro della “funzionalità”, cui fa riferimento l'art. 111 l. fall., consente di valutare la sussistenza o meno della prededucibilità in relazione agli oneri connessi ad attività o iniziative poste in essere da terzi anteriormente alla dichiarazione di fallimento o all'apertura di altra procedura concorsuale, e senza quindi il diretto controllo degli organi di quest'ultima. In altri termini, “ogni qualvolta gli oneri sopportati da terzi siano relativi ad atti i cui effetti ridondano a vantaggio di tutti i creditori (e non soltanto ad una parte cospicua di essi), appare del tutto razionale riconoscere a quei crediti il rango e la qualità di crediti prededucibili” (così Silvestrini, Sub art. 111, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, II, Torino, 2010, 1555; analogamente Vivaldi, La ripartizione, cit., 274; in giurisprudenza v. Trib. Prato, 24 giugno 2011, in Il caso, per il quale il nessodi funzionalità fra credito e procedura concorsuale è“ravvisabile quando la spesa sostenuta per l'attività che è fonte del credito, sia definibile come utile per la massa dei creditori”).

In prospettiva più prudente, ed a nostro avviso più condivisibile, in quanto finalizzata ad evitare l'eccessiva dilatazione della categoria, si è suggerito che, ai fini del riconoscimento della prededuzione, non basta tuttavia che l'obbligazione sia contratta al servizio della procedura, ma occorre altresì che sussista un rapporto di inerenza necessaria, “e cioè che quel risultato non possa essere diversamente perseguito, ovvero possa essere sì perseguito ma con minore efficienza e con minori benefici collettivi” (così Fabiani, Diritto fallimentare, cit., 299-300). In sostanza, il parametro della funzionalità non può esaurirsi nella semplice inerenza del credito rispetto ad una procedura concorsuale, ma “va ancorato al requisito della utilità per la stessa da intendersi come necessaria strumentalità rispetto alla procedura e come rispondenza al suo scopo ed all'interesse della massa dei creditori” [Lamanna, I crediti prededucibili perché “funzionali” alle procedure concorsuali previste dall'art. 111, comma 2, l. fall., in questo portale, 2013, 2; sul punto cfr. anche Patti, La prededuzione, cit., 1344, per il quale la locuzione “in funzione” consente di qualificare come prededucibili i crediti “sorti in necessaria (nel senso, s'intende, della corrente prassi operativa) correlazione, tanto strumentale (quale mezzo di predisposizione all'accesso) quanto finalistica (in vista del conseguimento dell'accesso), con la presentazione della domanda di ammissione a concordato preventivo”; in giurisprudenza v. Trib. Prato, 14 giugno 2012, in Fall., 2012, 1479, per il quale il criterio dell'”occasionalità”, “pur afferendo l'aspetto temporale dell'atto potenzialmente prededucibile, deve in ogni caso interpretarsi in senso restrittivo: deve cioè trattarsi di atto comunque inerente in modo necessario, funzionale alla procedura, nel senso di comportare un'utilità per la procedura stessa e quindi, quantomeno indirettamente, per tutti i creditori concorsuali”].

Ispirate a cautela appaiono d'altro canto anche le prime specifiche prese di posizione che - dopo la riforma - la Cassazione ha assunto sull'argomento, laddove essa ha affermato che, “al di fuori dell'ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazione contratta direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento ‘occasionale' ovvero ‘funzionale' posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra terzo e l'organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alla gestione fallimentare” (Cass., 5 marzo 2012, n. 3402; contra Trib. Bolzano, 14 febbraio 2014, in questo portale, e Trib. Pavia, 26 febbraio 2014, in Il caso).

Sempre la Suprema Corte ha poi affermato, in altra occasione, che ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, di cui all'art. 111 l. fall., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa, e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare. Ciò perché la prededuzione – secondo i giudici di legittimità - attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono sugli interessi dell'intero ceto creditorio (in questi termini Cass., 13 dicembre 2013, n. 27926).

In altra fattispecie, pur regolata dalle norme previgenti, i giudici di legittimità hanno precisato che al credito derivante dall'attività professionale prestata per l'ammissione alle procedure di amministrazione controllata e concordato preventivo, può essere riconosciuta la collocazione in prededuzione, ove nel concreto risultino sia il nesso di funzionalità fra la detta attività ed il buon esito della procedura, che l'effettiva utilità per i creditori che da ciò abbiano tratto giovamento (Cass., 8 aprile 2013, n. 8534),

Nelle ipotesi ora in esame, trattandosi di oneri non assunti direttamente dagli organi della procedura, la valutazione sulla prededucibilità o meno della pretesa, ed in particolare sulla sua idoneità a soddisfare gli interessi generali della massa dei creditori nella sua globalità, è condotta ex post dal Giudice Delegato in sede di verifica ovvero dal Tribunale in sede di opposizione allo stato passivo (in questo senso v. in giurisprudenza Trib. Prato, 14 giugno 2012, cit., il quale ha affermato che la circostanza che il credito sia considerato nella proposta di concordato preventivo tra le passività prededucibili non comporta che, nel successivo fallimento, esso conservi tale natura, “spettando al giudice delegato, nel contraddittorio tra il curatore e con gli altri creditori, verificarne in sede di accertamento del passivo la natura e la collocazione”).

Rientrano nella categoria dei crediti prededucibili in senso funzionale, ad esempio:

(a) gli obblighi indennitari per le migliorie e le addizioni su immobili acquisiti dal fallimento, apportate dal promissario acquirente in bonis o dal compratore il cui acquisto sia stato revocato o sia inopponibile alla massa per tardività della trascrizione [Miele, Sub art. 111, cit., 874; Vivaldi, La ripartizione, cit., 275; Silvestrini, Sub art. 111, cit., 1481; Trinchi, Sub art. 111 e 111-bis, cit., 1196; in giurisprudenza v. Cass., 6 marzo 1958, n. 751, in Dir. fall., 1958, II, 22, e Trib. Catania, 30 luglio 1982, ivi, 1983, II, 582];

(b) le spese per il ricorso tributario proposto dall'amministratore della società fallita nell'inerzia del curatore (Lo Mundo, Sub art. 111, in Codice commentato del fallimento, dir. da G. Lo Cascio, Milano, 2008, 1054; Trinchi Sub art. 111 e 111-bis, cit., 1196);

Senza dubbio maggiormente controversa é invece la collocazione fra i crediti prededucibili di altre pretese creditorie, quali:

(c) gli oneri (spese borsuali e spese legali) sostenuti dal creditore che abbia vittoriosamente presentato istanza per la dichiarazione di fallimento del proprio debitore;

(d) le spese sostenute dal creditore che ha chiesto il fallimento nell'ambito del successivo giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, nel caso – ovviamente – in cui tale giudizio si sia concluso con il rigetto dell'opposizione e con la condanna alle spese del fallito soccombente;

(e) i compensi spettanti a professionisti per incarichi conferiti dal debitore nel corso della procedura di concordato preventivo o ai fini del deposito dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 l. fall.

I crediti prededucibili sorti in funzione o in occasione di “procedure concorsuali”

L'attuale formulazione dell'art. 111 l. fall. subordina il riconoscimento della prededuzione alla circostanza che il credito sia sorto in occasione o in funzione delle “procedure concorsuali della presente legge”, cioè previste e disciplinate dalla legge fallimentare.

L'indiscutibile natura di “procedura concorsuale” propria del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa non pone problemi di sorta in merito alla natura prededucibile delle pretese creditorie sorte in funzione o in occasione di una di tali procedure.

E' altrettanto certo che il problema della prededuzione non si pone più per l'amministrazione controllata, abrogata dalla riforma del 2006, e resta del tutto estraneo all'ipotesi di fallimento dichiarato successivamente ad un piano di risanamento attestato ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., essendo pacifico che detto piano – istituto introdotto ex novo dal legislatore al fine di agevolare i tentativi di salvataggio dell'impresa in crisi al di fuori delle aule giudiziarie – non é in alcun modo riconducibile ad una delle procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare, di cui fa parola il novellato art. 111 l. fall., mancando sia qualsiasi effetto distintivo tra la massa delle obbligazioni precedenti il piano e quelle successive, sia qualsiasi divieto di azioni esecutive o cautelari per i creditori pregressi, sia qualsiasi sanzione di inopponibilità ai creditori concorsuali di atti dispositivi compiuti dal debitore in favore dei singoli creditori pregressi (così Bonfatti Il sostegno finanziario dell'impresa nelle procedure di composizione negoziale delle crisi, in Il caso, 2010; nella medesima direzione, fra gli altri, Fabiani, Diritto fallimentare, cit., 717-718; Stanghellini, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fall., 2010, 1347; Costa, Esenzione dall'azione revocatoria e prededuzione nelle procedure stragiudiziali di risanamento delle imprese, in Dir. fall., 2010, I, 539, il quale si interroga se l'esclusione della prededuzione in presenza di piani attestati non segni quindi la “morte” di questo istituto).

Quanto all'amministrazione straordinaria, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che il riferimento testuale dell'art. 111 alle procedure concorsuali “di cui alla presente legge” fallimentare osti al riconoscimento della prededuzione ai crediti sorti in occasione o in funzione dell'amministrazione straordinaria, la quale “è disciplinata da una legge diversa” (il d.lgs. 8.7.1999 n. 270) che contiene, all'art. 20, una disciplina speciale della prededuzione “non compatibile con l'altra dianzi richiamata” (così Trib. Pordenone, 4 settembre 2014, in Fallimenti e società, il quale soggiunge che, sebbene tale art. 20 rinvii all'art. 111, comma 1, l.fall., tale rinvio ha la sola funzione “di richiamare l'ordine di graduazione dei crediti, restando estranea al rinvio, per quanto sopra, la sopravvenuta estensiva disciplina dei presupposti della prededuzione per le procedure di cui alla legge fallimentare”).

I ripetuti interventi di modifica della legge fallimentare, susseguitisi tra il 2007 ed il 2013, consentono invece di estendere il tema della prededuzione anche ai debiti contratti dall'imprenditore nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis l. fall.

All'indomani del varo della riforma del 2006 si dubitava per il vero della possibilità di considerare l'accordo di ristrutturazione quale “procedura concorsuale” ai sensi e per gli effetti dell'art. 111 l. fall., ed i più lo negavano recisamente, attribuendo all'istituto de quo natura squisitamente contrattuale, sia in virtù di ragioni di ordine formale, quale il tenore delle rubriche del titolo III (“del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione”) e del capo V (“dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione dei debiti”); sia in considerazione di ragioni di carattere sostanziale, che avevano riguardo, fra l'altro, ai diversi presupposti oggettivi e soggettivi degli accordi e del concordato preventivo, alla possibilità di riservare un trattamento differenziato a ciascun creditore aderente all'accordo, all'efficacia di quest'ultimo limitata ai soli creditori aderenti, nonché all'assenza di effetti dell'iniziativa del debitore sulle azioni esecutive e cautelari dei singoli creditori (v. in questo senso, fra gli altri, Terranova, I nuovi accordi di ristrutturazione: il problema della sottocapitalizzazione dell'impresa, in Dir. fall., 2012, I, 1 ss.; Nigro, Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2012, 392; Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Tratt. di dir. commerciale, dir. da G. Cottino, XI.1, Padova, 2008, 168; per una completa rassegna dei vari argomenti spesi a supporto della tesi autonomista v. Valensise, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella legge fallimentare, Torino, 2012, 125 ss.).

Del tutto minoritaria rimaneva invece l'opinione contraria, che riteneva prededucibili i crediti sorti in occasione o in funzione dell'accordo di ristrutturazione, sul presupposto della sua riconduzione al genus del concordato preventivo, fondata anch'essa su elementi di ordine formale e sostanziale (in questa direzione, fra gli altri, Forgillo, La ripartizione dell'attivo, cit., 959; Vivaldi, La ripartizione, cit., 277).

La contrapposizione tra tesi autonomista e tesi processual-pubblicistica si è riproposta sostanzialmente immutata nel corso degli ultimi anni, anche se la prima prospettiva ha progressivamente raccolto tra gli interpreti sempre maggiori consensi, in considerazione del susseguirsi dei molteplici recenti interventi del legislatore, che hanno modificato l'originaria fisionomia dell'istituto in senso sempre più prossimo ad una vera e propria procedura concorsuale. Senza con ciò pretendere di affrontare in questa sede la complessa problematica (che meriterebbe un discorso a parte), basterà infatti qui ricordare che, a favore dell'inclusione degli AdR nell'area della concorsualità, depongono sia la previsione, introdotta dal d.l. 83/2012, della dilazione forzosa dei creditori non aderenti (art. 182-bis, comma 1, l. fall.); sia quella forma di spossessamento attenuato prevista dall'ultimo comma dell'art. 182-quinquies, in virtù della quale il debitore che presenta l'AdR o il pre-accordo, qualora intenda pagare creditori anteriori per prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività, e ciò sia certificato da un professionista, deve munirsi della preventiva autorizzazione del Tribunale (Fabiani, Riflessioni precoci sull'evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d'impresa, in Il caso, 2012); sia, in caso di transazione fiscale o previdenziale, dalle regole di tutela dei crediti fiscali e contributivi stabilite dall'art. 182-ter l. fall. (Boggio, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e prededuzione: crediti professionali e oltre, in Giur. it., 2013, 1828).

Pur dopo le riforme del 2012 e del 2013, la ritrosia a riconoscere agli AdR la natura di procedura concorsuale non sembra peraltro conoscere cedimenti, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

Sul primo versante, si è infatti autorevolmente ribadito che continuano a difettare, per gli accordi in questione, i requisiti propri della concorsualità, considerata l'assenza di un provvedimento giudiziale di apertura della procedura, con la nomina di organi destinati a gestirla; l'idoneità dell'AdR a rimuovere lo stato di crisi anche in assenza dell'omologazione del Tribunale; l'assenza di universalità degli effetti prodotti dall'accordo, tanto sul piano soggettivo quanto sul piano oggettivo; la mancata apertura del concorso formale tra i creditori ed il mancato blocco degli interessi sui debiti chirografari; la possibilità di riservare ai creditori chirografari un trattamento migliore di quello contemplato a certi privilegiati, in deroga alla par condicio creditorum (Inzitari, Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis legge fallim.: natura, profili funzionali e limiti dell'opposizione degli estranei e dei terzi, in Dir. fall., 2012, I, 14 ss.; Ambrosini, Accordi di ristrutturazione dei debiti e finanziamenti alle imprese in crisi. Dalla “miniriforma” del 2005 alla l. 7 agosto 2012, n. 134, Bologna, 2012, 108; Giorgi, “Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali” ed accordi di ristrutturazione del debito, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 1235 ss., e Trib. Ravenna, 10 ottobre 2013, in Il caso).

In termini analoghi si è pronunciata anche la giurisprudenza, la quale ha definito gli AdR come “un insieme di contratti, qualificati dalla loro ‘comprensione' in un procedimento, non assimilabile alle procedure concorsuali, se non per la sua funzione di disciplinare la soluzione ad una temporanea o definitiva crisi dell'impresa”, rimarcando che, in assenza di un concorso dei creditori e quindi di par condicio tra gli stessi, deve ritenersi non significativo della natura concorsuale dell'istituto né la previsione del c.d. automatic stay, né la trasversalità al concordato ed agli accordi delle norme di cui agli artt. 182-quater, quinquies e sexies l. fall. (Trib. Milano, 2 marzo 2013, in Giur. it., 2013; v. altresì Trib. Verona, 16 febbraio 2015, in Unijuris)

E' evidente che, negando la natura di procedura concorsuale degli AdR, si deve coerentemente escludere la possibilità di applicare la consecuzione fra procedure, così come la prededuzione dei crediti maturati in funzione dell'accesso ad un AdR (Ambrosini, Accordi di ristrutturazione, cit., 110).

Resta da esaminare la questione se la prededuzione prevista dall'art. 111 l. fall. per i crediti sorti “in funzione” di una delle procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare operi solo nell'ambito del successivo fallimento che dovesse eventualmente far seguito all'esito infausto della prima procedura, ovvero anche all'interno di quest'ultima.

Il problema è stato affrontato soprattutto in sede di analisi dell'art. 182-quater l. fall., che ha introdotto specifiche ipotesi di crediti prededucibili, con particolare riguardo ai crediti funzionali ad una procedura di concordato preventivo.

In proposito parte della dottrina ha sostenuto che la prededuzione di cui all'art. 182-quater l. fall. assumerebbe rilievo soltanto nell'ipotesi e nel contesto del fallimento susseguente all'esito infausto della procedura concordataria. In tal senso deporrebbero vari argomenti, ed in particolare sia quello desumibile dall'inciso, presente nell'art. 182-quater l. fall., “ai sensi e per gli effetti dell'art. 111”, che si occupa della prededuzione nell'ambito del fallimento (Armeli, I finanziamenti dei soci in esecuzione di concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, in Fall., 2011, 890; analogamente Nigro, Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali. Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2012, conv. dalla l. n. 134/2012, Bologna, 2013, 5); sia lo stesso concetto di prededuzione, “da riferire principalmente al processo di fallimento, costituendo peculiare connotazione dei crediti di massa, che in esso trovano una sistematica definizione e regolamentazione” (così Patti, La prededuzione, cit., 1342; conf. Rossi, Capitale di rischio e capitale di credito nel fallimento delle società, in Judicium, 2013).

L'opinione ha trovato seguito anche presso un giudice di merito, il quale ha affermato che “la prededucibilità è istituto proprio del fallimento dichiarato in consecutio del concordato preventivo non andato a buon fine”, e su tale premessa ha concluso che i crediti relativi al compenso del commissario giudiziale e del perito stimatore, nominati nell'ambito di una precedente procedura di concordato fatta oggetto di rinuncia, godono nel successivo concordato del privilegio ex artt. 2775 e 2770 c.c. (Trib. Isernia, 11 ottobre 2013, in Il caso).

Si tratta peraltro, a nostro avviso, di tesi che si espone a diversi rilievi critici. Anche a non voler dare eccessivo risalto, per contrastarla, alla rubrica dell'art. 182-quater (“disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo, negli accordi di ristrutturazione dei debiti”) ed al tenore letterale dei suoi primi due commi, dove l'art. 111 l. fall. viene ivi richiamato senza riguardo all'eventuale successivo fallimento (in questo senso Ambrosini, Accordi, cit., 137), pare infatti che l'operatività della prededuzione anche in sede concordataria possa contare su argomenti difficilmente contestabili, posto che: “1) il quinto comma della norma in commento esclude genericamente dal voto nel concordato tutti i crediti derivanti da finanziamenti-ponte che sarebbero prededucibili nel fallimento, la qual cosa rende manifesto che il finanziatore non é interessato al (dal) concordato; 2) un trattamento del finanziamento-ponte migliore nel fallimento rispetto al concordato indurrebbe il finanziatore a votare contro la proposta di concordato anche quando questa fosse favorevole per tutti gli altri creditori, all'unico fine di poter godere della prededucibilità; 3) la stessa norma consente il finanziamento-ponte in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo, e sarebbe illogico che questo finanziamento desse diritto ad un pagamento integrale solo nel fallimento e non nel concordato che ha contribuito a rendere possibile” (così Stanghellini, Finanziamenti-ponte, cit., 1351; adesivamente Didone, Il controllo giudiziale sulla nuova prededuzione del finanziamento dei soci “postergabile”, in Società, 2011, 1089, Ambrosini, Accordi, cit., 138, e Bozza, Il rispetto della par condicio creditorum nelle soluzioni della crisi dell'impresa, in Fallimenti e società, 2014).

Prescindendo dalle specifiche ipotesi di prededuzione di cui all'art. 182-quater l. fall., e ragionando in termini generali, si è inoltre condivisibilmente soggiunto, in chiave critica, che la tesi che limita il beneficio della prededucibilità all'esclusivo ambito del fallimento non è attendibile anche perché, a ben vedere, la prededuzione spiega in realtà effetti ed utilità proprio all'interno della procedura concordataria per il creditore cui è attribuita, consentendo un pagamento immediato, integrale e fuori concorso, senza soggiacere – qualora si tratti di crediti in origine privilegiati – ai limiti di capienza dei beni oggetto della prelazione ex art. 160, comma 2, l. fall. (in questi termini Lamanna, I crediti prededucibili perché “funzionali” alle procedure concorsuali previste dall'art. 111, comma 2, l. fall., in questo portale, 2013, 2).

Indubbiamente più persuasiva pare invece la diversa impostazione, secondo la quale il beneficio della prededuzione è fruibile non solo nel fallimento, ma anche nella diversa procedura concorsuale aperta anteriormente a quest'ultimo.

Non sembrano infatti ravvisabili ostacoli logici al riconoscimento della prededuzione tanto in ambito concordatario, ove il beneficio de quo assume un significato particolare, indicando l'attitudine dei crediti che ne sono muniti ad essere soddisfatti prima e fuori dei riparti stabiliti dal commissario giudiziale o dal liquidatore, e ad essere tutelati con azioni giudiziarie ordinarie di cognizione, di esecuzione e cautelari (in questi termini Bassi, La illusione della prededuzione, in Giur. comm., 2011, I, 356; analogamente Ambrosini, Accordi, cit., 137); quanto nell'ambito dell'AdR, dove la prededuzione del credito si traduce nella sua sottrazione alla moratoria di 120 giorni normativamente prevista per i crediti rimasti estranei all'accordo, posto che il negozio di finanziamento funzionale all'apertura del procedimento di omologa degli accordi dà diritto al creditore all'integrale restituzione del prestito con relativi interessi (Vitiello, Prededuzione da funzionalità negli accordi di ristrutturazione, nel concordato preventivo e nell'eventuale fallimento “in consecuzione”, in questo portale, 2013, 1; in termini perplessi v. però Ambrosini, Accordi, cit., 136). Per i crediti sorti prima dell'apertura della procedura si dovrebbe più propriamente parlare, secondo taluni, di “prededuzione di fatto”, perché il regime appena illustrato deriva a ben vedere, a prescindere dalla qualificazione come prededucibili, dall'estraneità di tali crediti agli effetti anche interinali del concordato a norma degli artt. 168 e 184 l. fall. e dalla loro necessaria estraneità all'accordo di ristrutturazione, e quindi, in definitiva, dalla loro extraconcorsualità (Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2013, 1152).

Il riconoscimento dell'operatività della prededuzione tanto nel fallimento quanto nella diversa procedura che lo ha preceduto presuppone peraltro che il primo e la seconda si susseguano senza apprezzabile soluzione di continuità, e sia pertanto ravvisabile fra le procedure una consecutio logico-funzionale che consenta di rendere configurabile una sola super-procedura unitaria, e quindi riferibile anche al fallimento la funzionalità riguardante i crediti relativi alla pregressa procedura di concordato (in questi termini Lamanna, I crediti prededucibili, cit., 2; conf. Vitiello, Prededuzione, cit., 1).

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