Polizze assicurative quale strumento di protezione e segregazione patrimoniale
26 Luglio 2018
Nozione del contratto di assicurazione
A mente dell'art. 1882 c.c., con il contratto di assicurazione una parte (l'assicurato), dietro pagamento di un corrispettivo in denaro, trasferisce il rischio di un evento dannoso (assicurazione contro i danni) o di un evento attinente alla vita umana (assicurazione sulla vita) su un altro soggetto (assicuratore). Il legislatore individua, dunque, due ipotesi tipiche:
Le polizze assicurative sulla vita
Definizione A mente dell'art. 1919 c.c., l'assicurazione sulla vita è il contratto con il quale l'assicuratore si obbliga, in corrispettivo di un premio unico o periodico, a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (rectius alla durata della vita umana - morte o sopravvivenza ad una data età).
Natura giuridica L'assicurazione sulla vita è contratto consensuale, oneroso, sinallagmatico (v. Cass. 3096/1972), di durata. Esso è, altresì, aleatorio, in quanto il pagamento della somma assicurata è subordinato ad un evento futuro ed incerto - ossia il cd. “rischio demografico” -, ovvero ad un evento futuro di cui non si conosce preventivamente il momento della realizzazione (v. CTR Lombardia, Milano N. 267/8/2018). Per rischio demografico deve intendersi la differenza tra la durata della vita di una persona e la durata media della vita della popolazione. Esso si verifica, sia nel caso in cui la durata della vita dell'assicurato sia inferiore alla media statistica (rischio premorienza), sia nel caso in cui sia superiore (rischio longevità).
Causa Il contratto di assicurazione sulla vita svolge una funzione di previdenza o, più precisamente, di risparmio previdenziale, collegato ad un evento incerto attinente alla vita umana. Tale funzione si realizza per mezzo del trasferimento, dall'assicurato all'assicuratore – o, se si preferisce, dell'assunzione da parte dell'assicuratore – di un rischio attinente alla vita umana – con conseguente obbligazione di pagare una somma nell'ipotesi che l'evento si verifichi – e la sua eliminazione da parte dell'impresa assicurativa attraverso l'omogeneizzazione di tutti i rischi individuali assunti e la neutralizzazione degli stessi tramite la ripartizione su tutti gli assicurati per mezzo dei premi calcolati su base tecnico-attuariale.
Parti del contratto Parti del contratto sono, da un lato, l'assicuratore e, dall'altro, il contraente, l'assicurato ed il beneficiario. La qualifica di assicuratore può essere rivestita unicamente da un ente pubblico o da una società di un certo tipo (a norma dell'art. 5, 1° co., D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 174, può trattarsi di società per azioni, società cooperativa a responsabilità limitata, società di mutua assicurazione ovvero società europea, allorché tale forma societaria sarà istituita nell'Unione Europea).
Preme evidenziare che l'assicurazione sulla vita, può essere stipulata anche sulla vita di un terzo: in tale ipotesi è necessario il consenso del terzo. Il contratto di assicurazione sulla vita può essere stipulato a favore proprio o di terzi. L'art. 1920 c.c dispone, difatti, che essa può essere conclusa anche a favore di un soggetto terzo: designato nel contratto o con successiva dichiarazione trasmessa alla compagnia di assicurazione o per testamento. In seguito alla designazione, il terzo acquisisce il diritto ad ottenere i vantaggi derivanti dal contratto di assicurazione.
Tipologie di polizze vita In relazione alle differenti tipologie di rischio coperto, si individuano quattro fattispecie: a) assicurazioni per il caso vita, per tali intendendosi le polizze in cui la prestazione è erogata nell'ipotesi in cui l'assicurato risulti vivo (i.e.: sopravviva) ad una determinata scadenza; b) assicurazioni per il caso morte, per tali intendendosi le polizze in cui la prestazione è erogata nell'ipotesi di decesso dell'assicurato; c) assicurazione mista, ovverosia quel contratto che garantisce il pagamento di un capitale o di una rendita vitalizia se l'assicurato è in vita al termine della durata del contratto e, al tempo stesso, il pagamento di un capitale se l'assicurato muoia nel corso di tale arco di tempo; d) contratti di capitalizzazione, i quali sono caratterizzati da una natura tipicamente finanziaria, garantendo solamente l'ammontare dei premi pagati maggiorati degli interessi maturati.
Nell'ambito dei prodotti finanziari assicurativi rientrano, anche, le polizze legate a fondi comuni d'investimento mobiliare o indici. A tal fine, si distinguono le polizze unit linked, nelle quali i premi sono investiti in un paniere di fondi d'investimento diversamente composti (azionari, obbligazionari, monetari) e le polizze index linked, nelle quali il capitale assicurato, è rivalutato in relazione ad un indice di borsa individuato in contratto. Dette polizze, indipendentemente dal nomen iuris attribuito, costituiscono un investimento che ha ad oggetto la performance – fortemente altalenante – del prodotto finanziario acquistato, ribaltando in tal modo il rischio totalmente a carico dell'assicurato e facendolo dipendere, non dal fattore vita o morte dello stesso, ma dall'andamento delle fluttuazioni del mercato: di guisa, si tende a considerare tali negozi, come contratti a prevalente carattere finanziario (v. Trib. Torino 17 marzo 2016).
Tali ultime polizze, vanno considerati come prodotti finanziari e non potendo essere qualificati come contratti assicurativi puri, non sono insequestrabili ed impignorabili (v. Trib. Cagliari, n. 3233/2010).
Prestazioni delle parti Il contratto di assicurazione può prevedere il pagamento di un premio unico, che viene corrisposto in un'unica soluzione al momento della conclusione del contratto, oppure di premi periodici, il cui ammontare può essere costante o crescente. Riguardo sempre al pagamento del premio, l'art. 1924 c.c. prescrive l'obbligo in capo al contraente di versamento della prima annualità dello stesso premio, consentendogli, al tempo stesso, la facoltà di sospendere i premi successivi. Disciplina fiscale delle polizze assicurative
Imposte dirette Per ciò che attiene alle prestazioni erogate a scadenza, quali i proventi relativi alle polizze assicurative, essi sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, limitatamente alla parte riferibile alla componente demografica (i.e., di puro rischio). Il trattamento in questione scaturisce, sia dall'articolo 34, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, nel testo riformulato dall'anzidetto articolo 1, comma 658 della Legge di Stabilità 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190), secondo il quale i soli capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, a copertura del rischio demografico, sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, sia dall'art. 6, 2° comma, del d.P.R. n. 917/1986, ai sensi del quale non costituiscono reddito, le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dipendente da invalidità permanente o da morte. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la predetta esenzione è limitata ai soli capitali erogati, in dipendenza di contratti assicurativi per caso morte, a copertura del rischio demografico, e non anche ai relativi rendimenti di natura finanziaria.
Per contro, in presenza di polizze vita miste, che oltre alla componente demografica esente da IRPEF, recano anche una componente finanziaria, solo quest'ultima verrà assoggettata a tassazione.
Difatti per tale componente finanziaria, i rendimenti compresi nelle predette rendite, sono qualificabili come redditi di capitale ai sensi della lett. g-quinquies) dell'art. 44, comma 1, del TUIR, ex art. 26-ter comma 2 d.P.R. n. 600/1973, devono essere assoggettati ad imposta sostitutiva con l'aliquota del 26%, nel periodo d'imposta in cui siano corrisposti (v. Circ. Agenzia delle Entrate 8/E del 1° aprile 2016).
Pertanto, nel caso di polizze miste, è esente dall'IRPEF il solo capitale erogato a copertura del “rischio demografico”, mentre, la parte restante della prestazione corrisposta, qualificandosi come reddito rientrante nella categoria dei redditi da capitale, è imponibile secondo quanto predisposto dalle norme vigenti in materia, ai sensi dell'art. 44, 1° comma, lettera g-quater) del TUIR e del successivo articolo 45, 4° comma, per ciò che concerne la sua determinazione, a mente del quale «i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l'ammontare percepito e quello dei premi pagati».
Detto reddito di capitale imponibile, è soggetto all'imposta sostitutiva di cui all'art. 26-ter , 1° comma, del d.P.R. n. 600/1973, secondo le medesime regole disciplinanti le polizze “finanziarie”.
In ordine ai contratti a contenuto finanziario, le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso od il rimborso di contratti di assicurazione unit ed index linked, sono qualificabili come redditi diversi di natura finanziaria ai sensi della lett. c-quinquies) dell'art. 67, comma 1, del TUIR, mentre le minusvalenze sono indeducibili. Per ciò che attiene alla detraibilità dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi dell'd.P.R. n. 917/1986, i premi versati per i contratti di assicurazione aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente non inferiore al cinque per cento da qualsiasi causa derivante o di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, entro determinati limiti, sono detraibili dall'imposta lorda, in misura pari al 19 per cento del relativo ammontare.
L'art. 15 co. 2 primo periodo del TUIR stabilisce che le spese di cui al co. 1 lett. f), sono detraibili anche se sono state sostenute nell'interesse dei familiari fiscalmente a carico (es. figli).
La detrazione per i premi assicurativi spetta, sia nel caso in cui il familiare fiscalmente a carico sia solo l'“assicurato”, mentre il “contraente” è il soggetto di cui è fiscalmente a carico, sia nel caso in cui il familiare fiscalmente a carico risulti come “contraente” o come “assicurato”, poiché, anche in tale caso, l'onere economico è sopportato dal soggetto di cui è a carico (cfr. Circ. Agenzia delle Entrate 18 maggio 2006 n. 17).
Per ciò che attiene al limite della detrazione da imposta, l'art. 12 co. 1-2 del D.L. 31 agosto 2013 n. 102, conv. L. 28 ottobre 2013 n. 124, ha novellato la lettera f del citato art. 15 TUIR, riducendo l'importo detraibile da 1.291,14 euro in 630,00 euro, per il periodo d'imposta in corso alla data del 31.12.2013 e in 530,00 euro, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31.12.2014.
Limitatamente ai premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, è stabilito che a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31.12.2014 continua ad applicarsi il limite di detraibilità di 1.291,14 euro, calcolato però al netto dei premi aventi per oggetto il rischio di morte, o di invalidità permanente.
Al fine di predisporre adeguate misure volte a favorire l'assistenza, la cura e la protezione dei soggetti con grave disabilità, il comma 1 dell'art. 5 dalla Legge n. 112 del 22 giugno 2016 sul “Dopo di noi” (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare), il legislatore fiscale, anche al fine di promuovere la stipula di polizze di assicurazione in favore di persone con disabilità grave, ha stabilito un innalzamento della franchigia massima di detraibilità (da euro 530 ad euro 750) prevista dall' art. 15, 1° comma, lett. f), del TUIR, per gli oneri sostenuti in relazione ai premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio morte e finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave.
Appaiono chiaramente ferme le connotazioni agevolative della novella, disposta a tutela del patrimonio delle persone con disabilità grave. Non sono, invece, ammessi in detrazione i premi pagati per le polizze con capitalizzazione aventi contenuto finanziario e per le polizze sanitarie.
Imposta di successione I capitali rivenienti, in caso di morte, da polizze di assicurazione non concorrono a formare l'asse ereditario (e sono, anche, esclusi dall'imposta sulle donazioni). Difatti, l'art. 12, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ne prevede l'esclusione dall'asse ereditario: pertanto, le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto, non sono imponibili. Ciò sta a significare che non devono essere indicate nella dichiarazione di successione e non erodono le franchigie previste dall'art. 2 , comma 48, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 convertito con modificazioni dalla Legge 24 novembre 2006, n. 286.
Imposta di bollo Per le sole polizze di assicurazione a contenuto finanziario (cioè le polizze di cui ai rami vita III e V dell'art. 2, comma 1, del D.Lgs. 7 dicembre 2005, n. 209), l'art. 19 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto un prelievo a titolo di imposta di bollo.
Non sono assoggettate ad imposta di bollo le polizze di cui ramo I dell'art. 2 , comma 1, del D.Lgs. n. 209/2005, nonché le polizze assicurative con finalità previdenziali di cui al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252. Il prelievo è stabilito nella misura del 2% del valore di polizza, rilevato alla fine di ciascun anno (e parametrato al periodo di possesso) ed è dovuto all'atto del rimborso o del riscatto della polizza. Esso è operato dall'impresa emittente per le polizze emesse in Italia o emesse da imprese che operano in Italia in regime di libera prestazione dei servizi, per le polizze sottoscritte da soggetti residenti in Italia e sempreché l'impresa estera abbia esercitato la facoltà prevista dall'art. 26-ter , comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 di applicare l'imposta sostitutiva sui prodotti assicurativi. Negli altri casi l'imposta di bollo è applicata dall'intermediario finanziario residente che rientra i c.d. enti gestori. Assicurazione sulla vita e protezione patrimoniale
In ossequio alla funzione previdenziale (v. Trib. Milano 23.07.2010) e di risparmio dell'assicurazione sulla vita (v. Trib. Milano 01.03.2005), i creditori – Fisco incluso - non possono accampare pretese sulla somma assicurata, mentre gli eredi possono rivalersi soltanto sui premi pagati.
Difatti, a mente dell'art. 1923, 1° co., è disposta l'impignorabilità ed insequestrabilità delle somme dovute dall'assicuratore al contraente ed al beneficiario di un'assicurazione sulla vita (v. Cass. civ., n. 8676/2000). Tale divieto implica, quindi, una limitazione alla regola generale in tema di responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740, comma 1, c.c., costituendo un vantaggio solamente mediato ed indiretto, correlato al privilegio di non turbare il processo di raccolta e capitalizzazione del risparmio e di garantire il regolare svolgimento del contratto. Le assicurazioni sulla vita, quindi, rappresentano un patrimonio separato in grado di limitare la responsabilità debitoria.
La norma trova applicazione tanto nell'assicurazione a favore proprio, che in quella a favore di terzo; sono, pertanto, destinatari del divieto sia i creditori del contraente (ivi compresa l'Amministrazione Finanziaria) - rispetto alle somme dovute allo stesso contraente o al beneficiario -, sia quelli del beneficiario - rispetto alle somme a quest'ultimo dovute.
Preme segnalare che l'intangibilità da azioni esecutive o cautelari, afferisce alle sole somme dovute dall'assicuratore e non ancora riscosse, ossia a quelle non ancora materialmente corrisposte al beneficiario o ala contraente (v. Cass. civ., n. 1724/2014) e che le stesse, una volta avvenuta la percezione, si confondono con il restante patrimonio dell'avente diritto (seguendone le sorti) e rimarrebbero esposte, al pari degli altri beni, alle azioni esecutive e cautelari dei suoi creditori (v. Cass. civ., n. 2256/2015). Invero, come affermato dal Giudice di Legittimità, l'indennità percepita dall'assicurato o dal beneficiario, dopo il pagamento, si confonde nel patrimonio e ne segue le sorti senza potersi giovare di un particolare regime di separatezza (v. Cass. civ., n. 6548/1988); per cui il beneficio dell'intangibilità permane finché è in essere il negozio assicurativo. Per completezza di narrazione deve evidenziarsi che le polizze a contenuto finanziario (ossia le polizze index), sono assoggettabili a pignoramento, non potendosi applicare alle medesime l'esenzione di cui all'art. 1923 c.c. (v. Trib. Parma Sent. n. 1107 del 13 settembre 2010). In tali polizze, infatti, la causa giuridica non è assicurativa, trattandosi, in maniera di prevalente, di prodotti finanziari, che possono essere riscattati in qualsiasi momento e che nulla garantiscono all'assicurato, nemmeno il recupero del valore investito, contrariamente a quanto si verifica per le polizze tradizionali (v. Trib. Cassino Sent. 860 del 13.12.2010).
La disciplina di cui all'art. 1923 c.c. trova applicazione, anche, in tema di fallimento, ove la norma che prevede l'impignorabilità delle somme dovute all'assicuratore al contraente o al beneficiario, va coordinata con l'art. 46, co. 1, n. 5 della Legge Fallimentare, a mente del quale “non sono compresi sul fallimento le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge” (v. Cass. civ., n. 13342/2004). Ne consegue che il divieto di azioni esecutive o cautelari, si estende anche all'esecuzione concorsuale, per cui le somme dovute dall'assicuratore, devono ritenersi sottratte allo spossessamento fallimentare (v. Cass. civ., n. 8676/2000 e Cass. civ., n. 11975/2000). Sul punto, le Sezioni Unite hanno affermato che il curatore fallimentare non può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore del riscatto di una polizza vita e che le stesse somme dovute all'assicurato, non possono entrare nella massa fallimentare (v. Cassazione civ., SS.UU., 31 marzo 2008, n. 8271). Difatti, è precluso al curatore fallimentare richiedere lo scioglimento del contratto di assicurazione sulla vita (v. App. Firenze n. 868 del 19 giugno 2012 ) il quale, dopo la dichiarazione di fallimento, rimane in vigore.
Il curatore, all'opposto, relativamente ai premi pagati, può esclusivamente esercitare l'azione revocatoria, ovviamente allorché il contratto appaia stipulato, non già per reali finalità previdenziali, ma in pregiudizio dei creditori: in tale circostanza, è onere dello stesso curatore provare che l'altra parte (nella specie, l'assicuratore), conosceva lo stato d'insolvenza del debitore (il contraente).
Invero, contemperando l'esigenza di preservare le somme dovute dall'assicuratore da ogni azione cautelare ed esecutiva con quella di tutela degli interessi dei creditori, che siano stati defraudati dei loro diritti, è consentito a questi ultimi esperire l'azione revocatoria ordinaria (v. artt. 2901 e ss. c.c.) e fallimentare (v. artt. 64 ss. l. fall.), nei limiti dell'importo dei premi pagati (nei cinque anni precedenti la domanda - revocatoria ordinaria - ovvero nell'anno o nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento - revocatoria fallimentare) e sempre che sussistano i presupposti legislativamente prefissati. Sequestro penale e polizze vita
Va ricordato che il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare di cui all'art. 1923 c.c. (v. Cass. civ., n. 18736/2014 e Cass. civ., n. 12838/2011), non riguarda la disciplina della responsabilità penale (v. Cass. civ., n. 8584/2018), con la conseguenza che il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche una polizza assicurativa sulla vita (v. Cass. civ., n. 16658/2007). Ciò detto, in materia di sequestri penale occorre distinguere il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex. art. 321 e ss. c.p.p., dal sequestro conservativo ex art. 316 e ss. c.p.p.. In tema di reati tributari, l'art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000 prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, sia obbligatoria la confisca dei beni direttamente riconducibili al profitto del reato.
Quando non è possibile individuare le somme direttamente derivanti dall'illecito, la confisca ha ad oggetto beni (solitamente somme di denaro), di cui il reo ha la disponibilità, per un valore equivalente al profitto del reato. La confisca “per equivalente” colpisce beni non direttamente collegati al reato e ha, quindi, natura sanzionatoria (v. Cass. civ., n. 4097/2016 ).
La confisca per equivalente colpisce beni che sono nella “disponibilità” del responsabile del reato. Il concetto di disponibilità è da intendersi in senso ampio, in linea con la nozione civilistica di possesso: sono confiscabili anche quei beni su cui il reo esercita un potere dispositivo mediato o informale (Cass. civ. n. 15210/2012 e Cass. civ., n. 6290/2010). Tanto premesso, con una recente pronunzia di legittimità in tema di reati tributari, la Suprema Corte ha affermato che in tema di assicurazione sulla vita in favore di terzi, è sempre ammissibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, qualora il versamento di premi assicurativi, rappresenti un tentativo di trasformare e occultare le somme derivanti del reato (v. Cass. civ., n. 11945/2017).
Secondo la Cassazione, infatti, nel caso di stipula del contratto assicurativo - anche quando lo stesso vada a beneficio del terzo - il contribuente infedele che ha concluso tale negozio non ha perso la disponibilità delle somme versate all'assicuratore a titolo di premio, potendo egli, da un lato, riscattare o ridurre la polizza e, dall'altro, revocare il beneficio disposto a favore del terzo: la circostanza dunque che le somme versate a titolo di premio assicurativo rimangano comunque nella disponibilità dell'indagato per il reato tributario ne consente senz'altro - secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale (v. Cass. civ., n. 4097/2016) - la confisca per equivalente o il sequestro preventivo.
All'opposto, la tutela offerta dall'art. 1923 c.c., si applica in caso di sequestro conservativo ex art. 316 e ss. c.p.. Tale misura disposta dal giudice penale, corrisponde alla stessa misura civilistica, volta a tutelare la garanzia patrimoniale dei creditori.
A tal proposito, il Giudice di Legittimità sostiene che il sequestro ex art. 316 c.p., incontri lo stesso limite delle azioni cautelari civili e non possa avere ad oggetto le polizze vita (v. Cass. civ., n. 38670/2016 e Cass. civ., n. 43026/2009), ad eccezione di quelle polizze che, all'esito di un esame dei termini contrattuali, risulti avere natura e finalità finanziarie, e non previdenziali (v. Cass. civ., n. 43503/2014), per cui il sequestro conservativo risulta ammissibile (v. Cass. civ., n. 16750/2016). Il sequestro conservativo non può, quindi, colpire le polizze vita, a meno che le stesse abbiano una prevalente natura finanziaria. Polizze vita e redditometro
In tema di determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, ex art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, gli esborsi per l'acquisto di polizze vita sono considerati quali spese per investimenti (v. D.M. 24 dicembre 2012), rilevanti ai fini di una verifica redditometrica. Difatti, i premi assicurativi pagati a cadenza periodica, sono da intendersi quali indici di maggior capacità contributiva, giacché essi rappresentano degli esborsi effettuati periodicamente per ottenere un capitale futuro (v. CTR Milano n. 115/5/2010). È del medesimo avviso la Suprema Corte la quale, ha affermato che in tema di determinazione sintetica del reddito complessivo netto delle persone fisiche (redditometro), è legittimo l'accertamento fondato sul contenuto induttivo di elementi indicativi di maggiore capacità contributiva, quali la titolarità di polizze vita, correttamente inquadrate nell'ambito delle spese di investimento (v. Cass. civ., n. 17793/2017). Il possesso di polizze vita ed il relativo versamento periodico di premi assicurativi, invero, legittima la pretesa reddito metrica dell'Agenzia delle Entrate (v. CTR Brescia 2644/67/2015). Pertanto, ai soli fini redditometrici, è possibile riqualificare (o considerare) “le polizze vita” in “polizze di investimento”, quali veri e propri fatti-indici di maggior capacità contributiva. In conclusione
In conclusione, l'attuale normativa – civile e fiscale - in tema di polizze vita, ha contribuito a decretare lo sviluppo e la crescita di tale istituto. La polizza assicurativa sulla vita presenta, infatti, oltre all'effetto segregativo di cui al citato art. 1923 c.c., ulteriori vantaggi, in quanto trattasi di un contratto di stipula agevole e rapida (non necessita di forma notarile), flessibile (quanto a nomina dei beneficiari, modalità del riscatto, necessità del contraente), consente una gestione finanziaria piuttosto elastica del premio sottostante (che, sino all'avverarsi dell'evento dedotto in contratto, può formare oggetto di riscatto, essere incrementato o ridotto), entro certi limiti fissati ex lege, comporta la possibilità di detrarre dall'imposta reddituale il valore dei premi annui versati e per i capitali rinvenienti, offre l'esenzione dall'imposta di successione (nonché una tassazione sui rendimenti tuttora - per quanto meno che in passato - favorevole). Tanto premesso, lo strumento si presta, altresì, a evidenti forme di pianificazione successoria, soprattutto in ipotesi di consistenti patrimoni mobiliari. A titolo esemplificativo, in presenza di attivi su di un conto corrente, il saldo andrà sottoposto a tassazione al verificarsi dell'evento morte. All'opposto, laddove il de cuius andrà a disporre per tempo di tali asset con la stipula di polizze vita con relativi beneficiari, al verificarsi dell'evento attinente la vita dell'assicurato, la prestazione si trasferirà in capo al beneficiario, senza scontrare alcuna forma di tassazione.
In breve, l'assicurato può oggi disporre delle proprie risorse liquide, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, fruendo di un lecito risparmio d'imposta, conseguendo una detrazione da imposta, “scudando” le somme dal tributo sulla successione , al contempo, creando un patrimonio segregato al riparo da altrui azione esecutive. In conclusione, è grazie a vantaggi come la segregazione patrimoniale, la flessibilità nella scelta dei beneficiari e delle modalità di riscatto, all'ottimizzazione nel trasferimento generazionale e alla pianificazione successoria, ivi compresa la regolamentazione fiscale (esclusione delle somme dall'imposta di successione), che le polizze assicurative sulla vita hanno, oggi, raggiunto una rilevante diffusione, tale da diventare una delle principali forme di investimento mobiliare.
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