Responsabilità professionale del notaio per omesse o errate visure nei pubblici registri

27 Luglio 2018

Presupposto del danno da perdita di chance è l'incertezza relativa alla possibilità di conseguire un vantaggio economico, ove non fosse stata sussistente la causa produttiva del danno lamentato. Difettando la situazione di incertezza, non può prospettarsi un danno da perdita di chance, ma solamente un danno in concreto che, come tale, deve essere allegato e provato.
Massima

Presupposto del danno da perdita di chance è l'incertezza relativa alla possibilità di conseguire un vantaggio economico, ove non fosse stata sussistente la causa produttiva del danno lamentato. Difettando la situazione di incertezza, non può prospettarsi un danno da perdita di chance, ma solamente un danno in concreto che, come tale, deve essere allegato e provato.

Il caso

La Banca I aveva incaricato il notaio MC di predisporre la consueta relazione ipotecaria finalizzata all'erogazione di mutui fondiari, al fine di accertare che sugli immobili da costituire in garanzia ipotecaria a favore della Banca mutuante non fossero presenti formalità pregiudizievoli anteriori. Solo successivamente alla regolare erogazione dei muti, era al contrario emerso che gli immobili su cui era stata iscritta ipoteca a favore della Banca erano gravati da iscrizione ipotecarie, pignoramenti, o addirittura risultavano di proprietà di soggetti precedentemente dichiarati falliti.

All'esito del giudizio di primo grado instaurato dalla Banca, il Tribunale condannava il notaio al risarcimento del danno, commisurato nella medesima misura corrispondente all'importo del capitale che la Banca aveva concesso a mutuo.

La Corte d'Appello riformava integralmente la sentenza evidenziando in primo luogo che la circostanza relativa all'adempimento o meno dei mutuatari rispetto alle loro obbligazioni contrattuali non poteva considerarsi indifferente ai fini della quantificazione del danno; d'altra parte, la domanda giudiziale proposta dalla Banca, qualificata come danno da perdita di chance, mal si conciliava con la fattispecie concreta in cui si trattava di mutui fondiari erogati da quasi vent'anni; con la conseguenza che il rigetto della domanda risarcitoria veniva motivato con il mancato assolvimento dell'onere della prova relativa al quantum del danno.

Avverso questa pronunzia proponeva ricorso principale la Banca e ricorso incidentale il notaio.

La questione

Dato per presupposto (anche se oggetto di ricorso incidentale da parte del professionista) che le relazioni formate dal notaio non tenessero conto della presenza di formalità pregiudizievoli antecedenti i mutui, la questione giuridica portata all'attenzione della Suprema Corte è se la domanda giudiziale proposta dalla Banca potesse legittimamente attenere ad un risarcimento del danno da perdita di chance.

Le soluzioni giuridiche

La pronunzia in commento risolve il caso sottoposto al suo esame –nemmeno particolarmente complesso, in verità- dichiarando esplicitamente di condividere i principi che avevano costituito l'asse portante della decisione della Corte d'Appello, ossia che:

1) il pregiudizio patito dalla Banca per la mancata o inesatta refertazione da parte del notaio circa la presenza di formalità pregiudizievoli anteriori all'erogazione del mutuo non può che coincidere, quantitativamente, con l'eventuale mancato recupero del credito derivante dal mutuo;

2) non può, invece, essere ancorato all'insufficiente garanzia patrimoniale fornita dall'immobile cauzionato.

Posta l'anteriore premessa sub 1), giacché i mutui fondiari per cui era causa risalivano ai primi anni 90 (la pronunzia in grado di appello si colloca nel 2015; quella del Tribunale nel 2011), la Cassazione condivide ancora una volta le osservazioni della Corte territoriale, la quale aveva osservato che erroneamente la Banca aveva impostato la propria azione come finalizzata a conseguire il risarcimento di un danno da perdita di chance.

Il fondamento ontologico di tale lamentato danno –che implica non già una già verificatasi diminuzione patrimoniale o la perdita di un vantaggio economico (secondo la dommatica distinzione tra danno emergente e lucro cessante), ma la definitiva perdita della possibilità di conseguire il secondo- va dunque individuato, secondo la Corte di legittimità, in una situazione di incertezza; rappresentativa, appunto, della chance. L'illecito civile –in questo caso costituito dall'inadempimento del professionista- farebbe dunque venir meno l'apprezzabile e seria possibilità del conseguimento di un vantaggio.

Difettando l'incertezza, osserva la Corte, non può “predicarsi” il danno da perdita di chance.

In sostanza la Corte di Cassazione censura l'impostazione della domanda giudiziale proposta dalla Banca, sottolineando come quest'ultima fosse in grado, proprio per la vetustà dei mutui fondiari erogati quasi due decenni prima della conclusione del giudizio di primo grado, di esercitare la domanda risarcitoria afferente ad un pregiudizio concretamente patito, corrispondente al mancato introito da parte degli obbligati mutuatari, al netto dei ricavi da eventuali azioni esecutive volte al recupero del credito. A proposito di queste ultime, la Corte, dando continuità al proprio orientamento (Cass. civ., 25 febbraio 2012 n. 8293), evidenzia come esse debbano considerarsi doverose, non solo in virtù dell'obbligo di non aggravare il danno di cui all'art. 1227 c.c., ma quale vero e proprio presupposto del danno risarcibile.

La conclusione appare scontata: sgombrato il campo dalla categoria del danno da perdita di chance per difetto dell'elemento dell'incertezza, il danno –concreto ed effettivo- avrebbe dovuto essere prima allegato e poi provato dalla Banca.

Osservazioni

Benché possa apparire ovvio, al fine di prevenire equivoci o letture interessate della pronunzia in esame, va innanzitutto premesso che essa non statuisce affatto alcun principio di esonero di responsabilità professionale in capo al notaio. Il nucleo portante della statuizione sfavorevole alla Banca è infatti costituito dall'affermazione secondo cui la stessa non aveva soddisfatto il proprio onere probatorio relativo alla sussistenza ed alla quantificazione del danno per cui chiedeva il risarcimento.

Per contro, la Suprema Corte dà continuità al proprio orientamento (Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2013 n. 14865) secondo cui l'inadempimento nell'esecuzione delle visure ipotecarie da parte del notaio integra una ipotesi di responsabilità contrattuale.

Tuttavia –anche se il richiamo non è esplicito nella pronunzia in commento- la soluzione adottata tiene conto del costante orientamento in tema (anche) di responsabilità professionale, secondo cui non è sufficiente la dimostrazione dell'inadempimento, ma occorre comprovare anche la sussistenza di un pregiudizio, legato in stretta correlazione causale con il primo (ex multis: Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2010 n. 9917).

Cionondimeno, se con riguardo per esempio alla responsabilità professionale dell'avvocato, la valutazione circa la sussistenza del lamentato pregiudizio non può che essere prognostica (ragionevole probabilità di esito favorevole di un giudizio, ove la condotta del professionista non fosse stata negligente o addirittura omessa), nel caso specifico che ha costituito la regiudicanda il danno si era già verificato; e, molto semplicemente, la Banca avrebbe dovuto quantificarlo e provarlo, non ricorrendo alle categorie probabilistiche della perdita dell'opportunità.

Ciò posto, detta qualche perplessità l'affermazione contenuta in sentenza secondo cui l'obbligo del creditore di attivarsi (nel caso di specie: l'obbligo della Banca di promuovere le azioni esecutive volte al recupero forzoso dei crediti nei confronti dei mutuatari) non limiterebbe il proprio campo di operatività alla previsione dell'art. 1227 c.c., ma costituirebbe un “presupposto di esistenza del danno”.

A parte il risalente precedente costituito da Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 1992 n. 320 secondo cui al creditore non può essere richiesto, nemmeno ex art. 1227, comma 2, di attivarsi promuovendo un'azione esecutiva, non è criticabile, ad avviso di chi scrive, l'affermazione contraria rinvenibile nella pressoché unanime giurisprudenza successiva: ciò da cui si dissente è il principio (peraltro riportato in sentenza mediante citazione di un precedente) secondo cui l'esito della condotta attiva del debitore costituirebbe un “presupposto di esistenza del danno”. Più correttamente, secondo le categorie concettuali generali, pare doveroso inquadrare il danno nella complessiva conseguenza dell'inadempimento del debitore; e la quantificazione oggetto della domanda risarcitoria nel differenziale al netto dell'esito dell'attività doverosamente posta in essere dal creditore ex art. 1227, comma 2, c.c.

Da ultimo –ma ovviamente occorre verificare se la questione sia stata mai prospettata nel corso del giudizio, non potendo ovviamente essere rilevata d'ufficio- occorre considerare che i mutui oggetto di causa avevano la natura fondiaria, che per espressa definizione normativa (art. 38 d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 – TUB) non può che comportare l'iscrizione di un'ipoteca di primo grado. Il che pone il problema, che attiene anche all'entità del danno, che la Banca non avrebbe erogato i mutui fondiari (non avrebbe potuto farlo) se avesse conosciuto l'esistenza di formalità pregiudizievoli anteriori.

Guida all'approfondimento

FORTINGUERRA F., La responsabilità del notaio, in Codice della Responsabilità Civile e RC Auto, a cura di Bonilini G. ed altri AA., Torino 2016;

MARTINI F. ED ALTRI AA., La responsabilità civile del professionista, Torino 2007.

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