Si può revocare il consenso nel divorzio congiunto?
31 Luglio 2018
Uno dei coniugi, prima dell'udienza presidenziale in un procedimento di divorzio congiunto, decide di revocare il proprio consenso, avendo avuto un ripensamento e intendendo richiedere un assegno, che nel ricorso non era previsto. Che fare?
Il problema è alquanto dibattuto. Una risalente pronuncia di legittimità (Cass. 8 luglio 1988, n. 6664) aveva affermato che l'accordo tra i coniugi, nella parte disponibile, relativa proprio ai reciproci rapporti patrimoniali, ha natura contrattuale. Ad esso i coniugi potrebbero derogare solo congiuntamente, non essendo invece ammissibile revoca unilaterale. Unica deroga sarebbe costituita dal caso in cui il coniuge, che revochi il consenso, deduca e provi di essere incorso in un vizio del volere o di essersi trovato in condizioni di incapacità naturale al momento della sottoscrizione del ricorso. A tale indirizzo si è uniformata la prevalente giurisprudenza di merito (App. Catania 26 luglio 2008; Trib. Lamezia Terme 23 novembre 2010). Il Tribunale dovrebbe allora recepire con sentenza l'accordo originario. In diversa prospettiva, si è affermato che la domanda di divorzio deve essere congiunta, sia nel momento del deposito in cancelleria, sia in quello successivo in cui è prevista la cognizione della stessa da parte del giudice. Il coniuge potrebbe revocare il consenso prima dell'udienza presidenziale, ovvero rifiutare di sottoscrivere il relativo verbale; solo una revoca successiva all'udienza sarebbe irrilevante (cfr. Trib. Milano 10 ottobre 2012). Conseguentemente si è precisato che il procedimento non potrebbe trasformarsi da camerale in contenzioso, dovendone dichiarare l'improcedibilita, con condanna alle spese della parte che abbia revocato il consenso senza giustificato motivo. È comunque verosimile pensare che il giudice, successivamente adito con un ricorso contenzioso, ben possa indurre elementi di prova dal precedente ricorso congiunto. |