Sulla decorrenza del termine per impugnare le ammissioni e sull'incompatibilità eurounitaria di ricorsi “al buio”

01 Agosto 2018

Il termine per l'impugnazione dell'ammissione o dell'esclusione, previsto dal comma 2-bis dell'art. 120 c.p.a., decorre dalla pubblicazione del relativo provvedimento sul profilo del committente della stazione appaltante o dalla comunicazione o notificazione individuale del provvedimento, purché completa di ogni elemento utile a farne apprezzare la lesività da parte di un operatore di normale diligenza, e non anche dalla seduta pubblica in cui è stata decisa l'ammissione o l'esclusione, nonostante la presenza del rappresentante della società ricorrente.

Il caso. Il Collegio è chiamato a verificare la fondatezza delle eccezioni di rito sulla tardività della notifica del ricorso di cui all'art. 120, comma 2-bis, c.p.a. (c.d. rito super-speciale). Secondo l'amministrazione resistente e la controinteressata, infatti, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla data in cui si è svolta la seduta pubblica nella quale erano presenti i due rappresentanti della ricorrente, che avevano avuto cognizione dell'ammissione della controinteressata e, in ogni caso, in tale data era stata proposta la prima istanza di accesso (non riscontrata) della ricorrente che, presentandola, ha dimostrato di avere avuto “illo tempore” piena cognizione dell'avvenuta ammissione (anche) della controinteressata.

La soluzione. Il TAR ha ritenuto infondate le eccezioni di tardività del gravame.

A ben vedere, infatti, depone in senso sfavorevole alla declaratoria di inammissibilità del ricorso il dato testuale dell'art. 120, comma 2-bis, c.p.a., secondo cui il termine di trenta giorni decorre “dalla sua (riferita al provvedimento che determina le ammissioni, ndr) pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'art. 29, comma 1, codice dei contratti pubblici adottato in attuazione, della l. 28 gennaio 2016, n. 11”. Di conseguenza, l'individuazione puntuale del “dies a quo” per la decorrenza del termine impugnatorio, eccezionalmente riferito alla pubblicazione (doverosa) sul profilo del committente e non a una comunicazione individuale, fa sorgere un legittimo affidamento in capo all'impresa interessata sulla data da cui decorre il termine per impugnare l'ammissione di un'altra concorrente.

Di regola, pertanto, il “dies a quo” per l'impugnazione coincide con la data di tale pubblicazione. Secondo il TAR, tuttavia, ai fini della decorrenza del termine impugnatorio, la pubblicazione sembra poter trovare un momento cognitivo equivalente soltanto in una comunicazione o notificazione individuale del provvedimento, purché completa di ogni elemento utile per apprezzarne la lesività da parte di un operatore di normale diligenza.

Nella specie, tuttavia, la ricorrente non aveva ricevuto una comunicazione individuale del provvedimento di ammissione della futura aggiudicataria.

Al contempo, la mera presenza dei due delegati della ricorrente alla seduta pubblica, anche se ha consentito all'impresa di apprendere la notizia dell'avvenuta ammissione (propria e delle altre concorrenti) al proseguimento della procedura selettiva, non ha certo permesso di poterne rilevare, “neanche in via astratta o approssimativa, la possibile illegittimità, la cui verifica, dipendendo dalla mancanza di un requisito di capacità tecnica (sotto i plurimi profili denunziati con il primo motivo di ricorso), non poteva prescindere da una approfondita disamina della documentazione amministrativa proveniente dalla controinteressata, adempimento impossibile in sede di seduta pubblica e che, viceversa, postulava l'esauriente e completo esercizio del diritto di accesso agli atti di gara” (che, nella specie, in un primo momento, è stato espressamente negato e poi successivamente consentito).

Secondo il TAR, pertanto, è da quest'ultima data che decorre il termine breve per l'impugnazione, per evitare ricorsi “al buio”.

Tale conclusione è coerente con i principi affermati dalla CGUE, sez. V, 8 maggio 2014 (in causa C-161/13), secondo cui i «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37) e che «una possibilità, come quella prevista dall'art. 43, d.lgs n. 104/2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell'ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell'appalto non costituisce sempre un'alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell'appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso» (punto 40). La stessa CGUE ha evidenziato, inoltre, che «in applicazione del principio della certezza del diritto, in caso di irregolarità asseritamente commesse prima della decisione di aggiudicazione dell'appalto, un offerente è legittimato a proporre un ricorso di annullamento contro la decisione di aggiudicazione soltanto entro il termine specifico previsto a tal fine dal diritto nazionale, salvo espressa disposizione del diritto nazionale a garanzia di tale diritto di ricorso, conformemente al diritto dell'Unione».

A ben vedere, infatti, tali principi, seppur affermati nella vigenza del “vecchio” Codice Appalti, meritano di essere confermati anche nel nuovo contesto codicistico, “con riguardo alle esigenze di tutela che debbono comunque essere riconosciute al partecipante alla gara e che non possono essere completamente sacrificate a tutto favore delle contrapposte esigenze acceleratorie sottese al rito “super speciale” di cui all'art. 120, comma 2-bis, c.p.a.”.

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