Concessioni demaniali: l'autorizzazione al subingresso nel rapporto concessorio

03 Agosto 2018

L'autorizzazione da parte dell'amministrazione concedente rappresenta un requisito necessario ai fini del subentro di un soggetto terzo in un rapporto concessorio?

Come noto, la concessione di beni e servizi rientra nella categoria definitoria dei cosiddetti «contratti accessivi a provvedimento», essendo costituita da:

a) un atto concessorio avente natura autoritativa e mediante la quale l'amministrazione concede al privato la gestione di un bene e/o l'attribuzione del diritto-dovere di organizzare un servizio di rilevanza pubblica;

b) un regolamento convenzionale delle posizioni giuridiche soggettive delle parti (concedente e concessionario) in rapporto di accessorietà o, meglio, di strumentalità con l'atto concessorio di cui al punto (a).

Nell'ambito del suddetto iter procedimentale, assume quindi il massimo rilievo la conclusione di un accordo che – seppur caratterizzato da evidenti riflessi sul piano pubblicistico – è di natura chiaramente privatistica. Si tratta della c.d. convenzione di concessione la quale ha per oggetto la concreta disciplina del rapporto fra l'amministrazione ed il privato in merito all'utilizzo del bene o alle modalità di erogazione del servizio.

L'atto unilaterale di natura provvedimentale ha la funzione di instaurare un rapporto tra l'ente pubblico ed il concessionario mentre l'accordo negoziale (rectius la convenzione) di carattere bilaterale, interviene successivamente a regolamentarlo.

Minimo comune denominatore tanto della fase provvedimentale quanto della fase negoziale è il perseguimento da parte della pubblica amministrazione di uno specifico interesse pubblico che giustifica costantemente l'attività concessoria di beni demaniali.

Andando avanti, ai fini della risoluzione del quesito in commento, è opportuno evidenziare che - alla pari di tutti i rapporti negoziali instaurati dalla pubblica amministrazione con contraenti privanti - anche le convenzioni di concessione riposano sulla fiducia che il soggetto pubblico deve avere nei confronti del concessionario.

Più nel dettaglio, prima di addivenire alla stipula della convenzione di concessione, proprio perché essa ha ad oggetto il perseguimento di uno specifico interesse pubblico (e.g. gestione del verde pubblico di un determinato Comune), la pubblica amministrazione è tenuta, nell'esercizio della propria discrezionalità, a svolgere una serie di verifiche e di controlli sull'idoneità soggettiva della propria controparte contrattuale, ovverosia sull'effettivo possesso da parte di quest'ultima dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativi ed economico-finanziari necessari per garantire alla collettività il servizio pubblico che giustifica quella determinata attività concessoria di beni demaniali.

Ebbene, così riepilogati i tratti essenziali dell'istituto in commento, è possibile fornire un riscontro al quesito oggetto di esame, la cui risposta – come si evince dalle considerazioni sopra passate in rassegna – è positiva.

Ed infatti, se è vero che tutti i contratti sottoscritti dalla pubblica amministrazione (tra cui, inter alia, le convenzioni di concessione) poggiano su un elemento fiduciario e che ad ogni rapporto negoziale corrisponde il perseguimento di un preciso interesse pubblico, va da sé che per trasferire la titolarità del rapporto giuridico in fieri con la pubblica amministrazione in ragione di eventuali modifiche soggettive (ad esempio, a causa di cessioni di azienda, atti di trasformazione, fusione e scissione) sia necessario richiedere una preventiva autorizzazione al contraente pubblico.

L'amministrazione deve, infatti, verificare se il subentro di un soggetto terzo, autonomo e distinto rispetto all'originario contraente, possa o meno pregiudicare il corretto e regolare perseguimento dell'interesse pubblico sotteso al rapporto concessorio.

Quindi, il mutamento del contraente privato senza il previo assenso da parte della pubblica amministrazione a tale modifica soggettiva del rapporto negoziale non spiega alcun effetto nei confronti della controparte pubblica.

In tal senso si è d'altra parte espressa anche la recente giurisprudenza secondo cui nel caso di affidamento in concessione, un soggetto terzo non può subentrare nella concessione stessa ovvero in parte di essa senza la preventiva autorizzazione dell'autorità concedente.

In tal caso, prosegue la giurisprudenza, attraverso la preventiva autorizzazione dell'atto di cessione del ramo d'azienda o di qualsiasi altro titolo idoneo a determinare il subingresso nella concessione demaniale, spetta all'Amministrazione verificare se il subentro continui ad assicurare l'interesse pubblico che giustifica costantemente l'attività concessoria di beni demaniali, la quale non può dar luogo ad una mera disponibilità individuale del bene pubblico, non connotata da un preciso titolo giustificativo che la renda meritevole di pervenire alla sottrazione del bene stesso al libero uso della collettività (cfr. in tal senso, TAR Roma, Sez. II, 19 giugno 2018, n. 6855; Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 marzo 2007, n. 1320).

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