Le Tabelle di Milano quale parametro di liquidazione del “danno terminale”
13 Agosto 2018
Massima
Qualora intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è risarcibile iure hereditatis sia il danno biologico terminale, sempre presente, da liquidarsi secondo i valori tabellari relativi alla inabilità temporanea assoluta, che il danno morale catastrofale, presente solo in caso di cosciente attesa della morte, da liquidarsi secondo i parametri elaborati dall'Osservatorio del Tribunale di Milano. Il caso
Tizio, unico erede della madre, adiva il Tribunale di Rimini chiedendo la condanna della struttura sanitaria e del medico al risarcimento sia dei danni patiti iure proprio,per la perdita del rapporto parentale e per le spese funerarie, che dei danni patiti dalla de cuius nell'intervallo temporale intercorso tra le lesioni conseguenti all'imperito intervento chirurgico cui si era sottoposta, in data 17 dicembre 2009, e la morte, avvenuta il 31 dicembre 2009.
La questione
Quali parametri assumere per la liquidazione della componente del pregiudizio subito dal de cuius relativa alla sofferenza interiore durante l'agonia in consapevole attesa della fine? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Rimini, premesso il certamente apprezzabile lasso temporale di 14 giorni tra le lesioni ed il decesso, per quanto qui di interesse, ha liquidato al figlio, iure hereditatis, oltre al danno biologico terminale, in relazione alla lesione dell'integrità fisica patita dalla madre sino al decesso e commisurata alla sola inabilità temporanea assoluta, anche la sofferenza psichica (danno catastrofale) da questa patita nell'unico giorno, come accertato dal CTU, di coscienza della gravità delle lesioni e di consapevolezza della propria fine imminente. Richiamando il consolidato orientamento della Suprema Corte, il Tribunale di Rimini ha precisato che il presupposto per il riconoscimento, agli eredi, del danno catastrofale, ossia del danno conseguente alla sofferenza patita dal de cuius che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, è la sussistenza di uno stato di coscienza dello stesso nel breve intervallo tra le lesioni e la morte da esse determinate. Diversamente, in caso di apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte, sarà configurabile solo un danno biologico terminale, che è sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza, da liquidarsi in relazione alla inabilità temporanea assoluta secondo i valori tabellari, adeguando, tuttavia, la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte. Per la liquidazione del danno catastrofale, il Tribunale di Rimini ha indicato, quali parametri da assumere, quelli recentemente licenziati dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano che prevedono, per i primi 3 giorni, un tetto massimo convenzionale di € 30.000,00 e, dal quarto al centesimo giorno, un importo giornaliero progressivamente diminuito, in ragione del decrescere dell'intensità della sofferenza con il passare del tempo, compreso tra € 1.000,00 ed € 98,00 personalizzabile, in relazione alle circostanze del caso concreto ed al particolare sconvolgimento patito, fino ad un massimo del 50%. Sulla base di detti parametri, il Tribunale di Rimini ha liquidato al figlio, iure hereditatis, considerato che la madre ha subito un danno biologico terminale da inabilità temporanea, intesa come incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, di 14 giorni, e che la componente della sofferenza interiore (danno catastrofale) è configurabile relativamente ad un solo giorno, la somma, rispettivamente, di € 8.241,50 e di € 11.333,33 e, così, per complessivi € 19.574,83. Osservazioni
Per la liquidazione del danno catastrofale, il Tribunale di Rimini ha indicato, quali parametri da assumere, quelli recentemente elaborati dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano giorni facendo, tuttavia, erronea applicazione dei criteri sottesi alla tabella del “danno terminale”. Ed, invero, il Tribunale di Rimini, premesso che i predetti criteri prevedono: (i) l'unitarietà ed omnicomprensività di tale tipologia di pregiudizio; (ii) la fissazione convenzionale della durata massima della sopravvivenza rilevante ai fini del risarcimento in 100 giorni, dopo la quale il danno riprende a essere risarcito alla stregua di danno biologico ordinario; (iii) l'idea che il danno decresca col passare del tempo, dal momento che la massima sofferenza è usualmente percepita nel periodo immediatamente successivo all'evento lesivo per poi scemare nella fase successiva; (iv) la possibilità, per i primi tre giorni, di una liquidazione ampiamente discrezionale da parte del giudice, ma nel rispetto di un tetto massimo convenzionalmente stabilito in €. 50.000,00 (non ulteriormente personalizzabile); (v) la possibilità di “personalizzare” in aumento (fino al 50% in relazione alle circostanze del caso concreto e del particolare sconvolgimento che risulti di volta in volta provato) gli importi giornalieri a partire dal quarto giorno, il cui valore è di €. 1.000,00, mentre la progressiva diminuzione giornaliera è calcolata, con i necessari arrotondamenti, in modo tale da giungere, alla fine del periodo, ad un valore di €. 98,00, di poco superiore al valore giornaliero tabellare standard per l'invalidità temporanea ha liquidato sia il danno biologico terminale che il danno catastrofale parametrando, il secondo, su un tetto massimo di €. 50.000,00 anziché di €. 30.000,00. Con riferimento alla liquidazione del danno patito dalla de cuius, il Tribunale di Rimini ha, evidentemente, disatteso il principio di unitarietà ed omnicomprensività della tabella milanese che, nella voce “danno terminale”, ha ricompreso al suo interno ogni aspetto biologico e sofferenziale connesso alla percezione della morte imminente, al fine di evitare il pericolo di duplicazione di medesime poste di pregiudizio. Infatti, il Tribunale di Rimini ha liquidato, non solo la sofferenza connessa all'agonia di dover morire provata nell'unico giorno in cui la de cuius è stata in grado di comprendere che la propria fine era imminente, ma anche i successivi giorni di incoscienza ed inconsapevolezza fino all'exitus. Del resto, poiché detto danno non è in re ipsa, occorrendo la prova della cosciente percezione della fine imminente, il Tribunale di Rimini non avrebbe dovuto liquidare alcun “danno terminale” per il periodo di tempo trascorso dalla de cuius in stato di incoscienza prima del decesso. Nondimeno, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, presupposti per la liquidazione del danno terminale saranno, da un lato, che tra lesioni ed il decesso sia intercorso un apprezzabile lasso temporale affinché la coscienza elabori e rappresenti il rischio di morte, e, dall'altro, che in tale lasso temporale vi sia una sofferenza psicologica per detto rischio. Si segnala, infine, l'errore in cui è incorso il Tribunale di Rimini nel ritenere che la proposta di tabellazione della liquidazione del “danno terminale” preveda che, nei primi tre giorni, il Giudice possa liquidare il danno muovendosi liberamente, secondo la propria valutazione personalizzata ed equitativa, nel rispetto di un tetto massimo convenzionalmente stabilito in €. 50.000,00, quando la predetta tabellazione prevede, invece, che, nei primi tre giorni, il tetto massimo convenzionalmente stabilito è di €. 30.000,00; si deve tuttavia segnalare che la Tabella in esame è stata definitivamente approvata nel marzo scorso con l'Edizione 2018.
Tribunale Milano, sentenza 9/3/2018 n. 2814 ; Cass. Civ., Sez. III, sentenza 30/10/2009 n. 23053; Cass. Civ., Sez. III, sentenza 23/02/2004 n. 3549. |