Luogo pubblico e privata dimora. La definizione dei confini nella giurisprudenza di legittimità

Giuseppe Sgadari
20 Agosto 2018

L' individuazione di un luogo come pubblico o di privata dimora è questione giuridica dibattuta, che, allo stato, è stata composta dalla decisione delle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 31345 del 23 marzo 2017.
Abstract

L' individuazione di un luogo come pubblico o di privata dimora è questione giuridica dibattuta, che ha impegnato la più recente giurisprudenza di legittimità e che, allo stato, è stata composta dalla decisione delle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 31345 del 23 marzo 2017, D'Amico; successivamente, si sono registrate molte decisioni delle Sezioni semplici della Suprema Corte, per lo più non massimate, che hanno applicato, ai singoli casi concreti, i principi di diritto fissati in quella decisione, senza discostarsene ma fornendo importanti puntualizzazioni.

La problematica

La questione, come è noto, rileva nell'ordinamento giuridico penale sotto diversi profili, poiché, definire un luogo (o un locale) come di privata dimora, è necessario per delimitare l'ambito dei reati di violazione di domicilio (anche laddove commesso da pubblico ufficiale, artt. 614 e 615 c.p.), di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.). A tale concetto è legata anche l'applicazione di una delle aggravanti del reato di rapina (art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p.), ovvero il giudizio sulla sussistenza del rapporto di proporzionalità in tema di legittima difesa (art. 52, commi 2 e 3, c.p.).

In queste norme di diritto sostanziale, il luogo di privata dimora viene richiamato espressamente o per relazione.

Ma alla sua definizione ed estensione è correlata, di rimando, quella di luogo aperto al pubblico, che rileva, ad esempio, per delineare il reato di porto di armi o delle altre cose di cui all'art. 4 l. 865/1967, di tolleranza della prostituzione (art. 3, comma 2, n. 3, l. 58/1958), di offese ad una confessione religiosa (art. 404 c.p.).

Sul fronte processuale, l'art. 266, comma 2 c.p.p., che stabilisce i limiti di ammissibilità delle intercettazioni, richiama i luoghi indicati dall'art. 614 del codice penale e, quindi, anche quelli di privata dimora.

Già da questa breve e neanche esaustiva elencazione, non può che avvertirsi la necessità di una definizione unitaria di questi concetti giuridici, applicabile senza confusione alle pur diversissime materie di rilevanza penale nelle quali essi vengono in gioco.

Di tale esigenza, come si dirà, si può ritenere che le Sezioni unite della Cassazione si siano fatte carico ed è questa la linea interpretativa che, a parere di chi scrive, deve allo stato essere consegnata agli operatori del diritto.

Privata dimora, domicilio e abitazione

Che il luogo di privata dimora sia concetto diverso e più ampio di quello di abitazione, prima che dalla giurisprudenza, si evince dal testo dell'art. 614 c.p., che lo indica come luogo altro rispetto all'abitazione.

Vi è concordanza interpretativa sul fatto che esso, al pari dell'abitazione, è un luogo dove si svolgono atti (“manifestazioni”) della vita privata, in tale definizione comprendendosi, attività di «riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere».

Le Sezioni Unite, con la sentenza del 2017, hanno voluto delineare il concetto di luogo di privata dimora rifacendosi alla nozione base che si era strutturata, anche a seguito di interventi della Corte costituzionale, sul reato di violazione di domicilio e sulla previsione della inviolabilità del domicilio alle condizioni previste dall'art. 14 della Costituzione; in proposito, è stata espressamente richiamata, nel corpo della motivazione, la sentenza della Corte costituzionale, n. 149/2008 e quella delle Sezioni unite n. 26795 del 28 marzo 2006, Prisco.

Si tratta dell'esempio più tangibile del tentativo di costruire una definizione unitaria del concetto di cui prima si diceva.

Le “linee guida” delle Sezioni unite

Il caso concreto portato all'attenzione delle Sezioni unite nel 2017, era quello di un soggetto che si era introdotto in un ristorante durante l'orario di chiusura pomeridiana, per appropriarsi di cose altrui; ciò, ai fini di stabilire se si fosse o meno in presenza del reato di cui all'art. 624-bis c.p. e, quindi, se il ristorante – in quanto luogo di lavoro compreso tra quelli nei quali la persona svolge tale attività della sua vita privata, l'ambito più problematico ed alla base del quesito posto alle Sezioni unite – potesse definirsi come luogo di privata dimora in orario di chiusura.

Dalla nozione base prima richiamata, le Sezioni unite, adottando una interpretazione restrittiva, hanno indicato gli altri necessari requisiti perché un luogo di lavoro possa definirsi di privata dimora: occorre che in esso, tale manifestazione della vita privata si svolga in «modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne», che vi sia una «durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità» e, infine, che il luogo non sia accessibile «da parte di terzi senza il consenso del titolare».

In applicazione di tali principi, le stesse Sezioni unite hanno delineato un quadro, con esempi concreti, idoneo a guidare l'interprete; in primo luogo distinguendo, all'interno del luogo di lavoro, spazi nei quali l'attività privata non avviene al riparo da intrusioni esterne e spazi dove, invece, terzi soggetti non possono accedere senza il consenso del titolare.

Soltanto questi ultimi sono luoghi di privata dimora.

L'assenza “fisica” di tali spazi, da accertare caso per caso nel merito, determina l'impossibilità di classificare il luogo di lavoro come luogo di privata dimora; allo stesso modo, una condotta commessa fuori da siffatti luoghi, pur presenti, esclude l'applicazione del concetto e delle sue conseguenze giuridiche.

Ciò appare in linea con la previsione di cui all'art. 624-bis c.p. (richiamata per relazione dall'art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p.), secondo cui il luogo di interesse ai fini della configurazione del reato (o della aggravante) può essere destinato in tutto o “in parte” a privata dimora.

Gli esempi posti dalla sentenza delle Sezioni unite, sono quelli dei «retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento».

È in linea con tali conclusioni quella giurisprudenza, precedente alla sentenza delle Sezioni unite, che aveva messo in risalto come non potessero essere definiti luoghi di privata dimora gli spazi di un ufficio postale o bancario di fronte agli sportelli, ove un indeterminato numero di persone può accedere senza il consenso del titolare (il cosiddetto ius excludendi alios) e dove le attività della vita privata non si svolgono con riservatezza (Cass. pen., Sez. II, 21 aprile 2016, n. 20200, Ademaj; Cass. pen., Sez. II,16 marzo 2016, n. 30419, Favano).

È utile sottolineare – per mettere ulteriormente a fuoco i concetti da altra angolazione, in uno con la auspicata necessità di una definizione unitaria di essi nel sistema penale – la conformità di tale assunto delle Sezioni unite alla pacifica giurisprudenza che, a proposito del reato di tolleranza alla prostituzione o di porto illegale di arma da fuoco, ha individuato come luogo aperto al pubblico, quello al quale chiunque può accedere a determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto (Cass. pen., Sez. III, n. 29586/2017, C; Cass. pen., Sez. V, 10 aprile 2013, n. 22890, Ambrosio).

I principi affermati dalle Sezioni unite portano, in secondo luogo, a escludere rilevanza, come si è visto, sia al tempo in cui avviene la condotta (se di notte o di giorno), sia alla presenza o meno, nei frangenti decisivi in cui si consuma l'azione, del titolare dello ius excludendi alios o di altre persone.

A questo proposito, la sentenza rifiuta quella che, con incisiva espressione, definisce “tutela ad intermittenza”, con ciò intendendosi la tutela che verrebbe accordata, a seconda dei casi, in relazione alla presenza o meno di tali elementi, ritenuti come «accidentali, estranei alla fattispecie, incerti».

Quel che, invece, è ritenuto necessario è che si possa individuare – secondo quello che era stato l'orientamento espresso dalle richiamate Sez. unite, n. 2006/26795 a proposito del concetto di domicilio e della sua violazione – una stabilità nel rapporto tra il luogo e la persona, intesa in senso relativo (senza che la presenza debba essere continua); vale a dire che, invertendo il ragionamento, non può essere individuato come luogo di privata dimora quello nel quale il soggetto eserciti atti della vita privata in maniera transitoria o contingente o occasionale, come pure era stato ritenuto da alcune precedenti decisioni di legittimità.

E qui si tratta di un accertamento rimesso all'esame del singolo caso concreto, potenzialmente idoneo a sfociare in soluzioni di diverso segno ed originali; poiché la relazione stabile tra la persona ed un determinato luogo o spazio potrebbe intervenire in situazioni tra le più svariate e non catalogabili in astratto; come – ad esempio e per ricordare una sentenza di legittimità assurta agli onori della cronaca, la n. 45512/2014 – tra la persona e l'automobile, allorché quest'ultima sia strutturata ed utilizzata come abituale dimora, alla stregua di una abitazione (nella stessa direzione, si pensi ad una tenda, a una barca, alle “capanne” dei senzatetto, ecc…).

Nel che, si connota, in fin dei conti, quanto sostenuto dalle Sezioni unite: i luoghi di privata dimora, sebbene diversi dall'abitazione, devono mutuare le caratteristiche di questa; devono essere luoghi funzionalmente dedicati ad attività assimilabili a quelle che la persona potrebbe svolgere all'interno della sua abitazione.

Dopo le Sezioni unite…

La giurisprudenza della Corte di cassazione successiva alla sentenza delle Sezioni Unite del 2017, si è conformata a tali principi, richiamandoli più o meno esplicitamente.

Si è così ritenuto che non possano essere classificati come luoghi di privata dimora:

a) le scale condominiali ed i relativi pianerottoli (Cass. pen., Sez. V, n. 34151/2017, Tinervia, relativa ad un caso di interferenze illecite nella vita privata, laddove si è precisato che tali luoghi non assolvono alla funzione di consentire l'esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, essendo destinati all'uso di un numero indeterminato di soggetti. Fa da pendant con tale decisione, quella in cui il porto di coltello è stato qualificato come illecito in quanto commesso in un pianerottolo, qualificato come luogo aperto al pubblico, sentenza n. 24755/2018, non massimata);

b) una abitazione nella quale il proprietario locatore non possa svolgere atti della vita privata per effetto del mancato perfezionamento di una procedura di sfratto del conduttore che si era reimmesso nel possesso dell'immobile (Cass. pen., Sez. V, n. 52749/2017, Kotsan. La sentenza, in tema di violazione di domicilio, al di là del caso specifico, è interessante perché richiama il concetto di attualità dell'uso del luogo, quale esplicazione della stabilità del rapporto tra la persona e la cosa, necessario requisito fissato dalla sentenza delle Sezioni unite del 2017 e, prima ancora, dalla sentenza del 2006, Prisco, nei termini più sopra indicati);

c) il corridoio di un istituto scolastico (Cass. pen., Sez. V, n. 5113/2017, Capizzano, relativa ad un caso di furto contestato ex art. 624-bis c.p., nel quale la Corte richiama espressamente i principi fissati dalle Sezioni Unite, non ritenendo configurabile il reato);

d) la sede di un istituto scolastico (si enucleano le stesse ragioni della precedente decisione, sia pure a proposito di un caso di violazione di domicilio; Cass. pen., Sez. V, n. 10498/2018, Sarchi);

e) un immobile in fase di ristrutturazione non abitato dai proprietari (Cass. pen., Sez. V n. 32681/2018, non massimata);

f) un circolo sportivo, uno studio di consulenza automobilistica, un'azienda, un'agenzia di scommesse, una tabaccheria, un bar, allorquando, quand'anche oggetto di attenzioni furtive in tempo di notte, non vi sia prova della esistenza di locali privati esclusi al pubblico (retrobottega e simili) o del fatto che l'azione delittuosa fosse stata commessa all'interno di tali locali (Cass. pen., n. 33835/2018; Cass. pen., n. 32684/2018; Cass. pen., n. 32245/2018; Cass. pen., n. 31610/2018; Cass. pen., n. 27156/2018; Cass. pen., n. 24377/2018; Cass. pen., n. 18786/2018, tutte non massimate);

g) la camera di un ospedale, non potendo il paziente esercitarvi lo ius excludendi alios, almeno nei confronti del personale sanitario e, negli orari di visita, anche nei confronti di terzi estranei (Cass. pen., n. 20758/2018, non massimata).

Al contrario, ma sempre in applicazione dei medesimi principi, sono stati ritenuti luoghi di privata dimora:

a) la camera di albergo, il cliente potendo esercitarvi lo ius excludendi alios (Cass. pen., n. 34310/2018, non massimata);

b) parte dei locali di una guardia medica adibita anche a residenza del sanitario (Cass. pen., n. 29386/2018, non massimata).

Sono da segnalare, ancora, due sentenze non massimate, l'una a proposito di un caso di violazione di domicilio (Cass. pen., n. 53438/2018), l'altra in materia di intercettazioni (Cass. pen., n. 52762 del 2017), nelle quali si fa espresso rinvio ai principi fissati dalle Sezioni unite, a dimostrazione della necessità di una applicazione unitaria del concetto di luogo di privata dimora, espressamente ritenuta quale operazione interpretativa corretta dalla prima delle due sentenze.

Infine, sembra utile sottolineare un ultimo aspetto, che può trarre spunto dalle sentenze n. 31614/2018 e 17403/2018. In esse, la maggior tutela apprestata dall'ordinamento penale in relazione al luogo dove viene consumata la condotta criminosa di cui all'art. 624-bis c.p., ha come riferimento il magazzino od un garage, quali pertinenze dell'abitazione o del luogo di privata dimora.

In effetti, l'art. 624-bis c.p. (richiamato dall'art. 628, comma 3, n. 3-bis c.p.) ma anche l'art. 614 c.p., quando indicano l'abitazione o il luogo di privata dimora, fanno riferimento anche alle loro pertinenze (o appartenenze, secondo la più antica dizione che si ritrova nell'art. 614 c.p.).

Tuttavia, le questioni che si agitano a proposito della individuazione di un luogo come di privata dimora, secondo quanto fin qui sintetizzato, non intervengono e non vanno evocate se il luogo viene (o può essere) classificato giuridicamente, sulla base di un giudizio di merito, come pertinenza dell'abitazione. In questo caso, si tratta di luogo da tenere concettualmente distinto rispetto a quello di privata dimora, che è, come si è detto all'inizio, “altro” rispetto alla abitazione e – ora possiamo aggiungere – alle pertinenze di essa.

Al contrario, se si tratta di un luogo definibile tecnicamente come pertinenza di un luogo di privata dimora, entreranno in gioco le regole interpretative proprie di quest'ultima categoria di luoghi, con tutte le conseguenze giuridiche del caso.

In conclusione

Può dirsi che la sentenza n. 31345 del 2017 delle Sezioni unite della Corte di cassazione, ridefinendo in senso restrittivo i confini del concetto di luogo di privata di dimora (e, di converso, di luogo aperto al pubblico), ha individuato principi dotati di un alto margine di obbiettività, che si sono rivelati facilmente applicabili per la decifrazione dei singoli casi concreti da parte della giurisprudenza successiva a quella decisione, che non ha rilevato, fin qui, particolari criticità, al contrario di quella precedente.

Inoltre, i principi fissati dalle Sezioni Unite, sebbene inevitabilmente riferibili al caso specifico sottoposto alla loro attenzione, sono stati applicati e più o meno espressamente richiamati dalle successive pronunce di legittimità, anche con riguardo alle materie nelle quali ha rilevanza la definizione del luogo come di privata dimora o come aperto al pubblico; nella auspicata interpretazione unitaria di questi concetti all'interno dell'ordinamento penale, esigenza già avvertita e deducibile dalla sentenza del 2017.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario