Trascrivibilità del matrimonio samesex contratto all'estero tra un cittadino italiano e uno straniero
24 Agosto 2018
Massima
In tema di riconoscimento e trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all'estero tra un cittadino italiano e un cittadino straniero, si applica l'art. 32-bis l. n. 218/1995, con la conseguenza che detto matrimonio produce in Italia gli effetti di un'unione civile. Tale previsione non è discriminatoria per ragioni di orientamento sessuale né è in contrasto con gli artt. 2, 3, 29 e 117 Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, poiché la scelta del modello di unione omoaffettiva riconosciuta negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d'Europa è rimessa al libero apprezzamento degli Stati membri, purché garantisca uno standard di tutele coerenti con il diritto alla vita familiare ex art. 8 CEDU come interpretato dalla Corte EDU. Il caso
Un cittadino italiano e uno brasiliano, sposati in Brasile nel 2012 e successivamente in Portogallo nel 2013, con ricorso ex art. 95 d.P.R. n. 396/2000, hanno chiesto al Tribunale di Milano di dichiarare l'illegittimità del rifiuto alla trascrizione del loro atto di matrimonio e di ordinare all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Milano di effettuarne la trascrizione negli appositi registri. Il Tribunale di Milano, con decreto del 17/23 luglio 2014, ha respinto il ricorso. Tale pronuncia è stata confermata dalla Corte di Appello di Milano con il decreto depositato il 6 novembre 2015, nel quale è stato affermato che alla luce del complessivo quadro costituzionale e convenzionale, i singoli Stati membri del Consiglio d'Europa conservano la libertà di scegliere il modello di unione tra persone dello stesso sesso giuridicamente riconosciuta nell'ordinamento interno e che il matrimonio same sex non corrisponde alla tipologia di matrimonio delineato dall'ordinamento italiano e non è, perciò, trascrivibile. I ricorrenti hanno, quindi, proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione sulla base di due motivi: 1) violazione e falsa applicazione del principio generale del favor matrimonii in relazione agli artt. 2, 3, 29 Cost., del principio di tassatività e tipicità delle fattispecie, del principio della conservazione degli atti, del diritto alla vita familiare e del divieto di discriminazione. In particolare, i ricorrenti hanno dedotto che mancherebbe nell'ordinamento italiano una norma che indichi la diversità di sesso dei coniugi quale requisito di validità del matrimonio e che, di conseguenza, una volta soddisfatti i requisiti sostanziali di stato e capacità previsti dalla legge italiana, il matrimonio del cittadino italiano celebrato nel rispetto della lex loci avrebbe immediata validità nel nostro ordinamento; 2) violazione del divieto di discriminazione in ordine alla asserita intrascrivibilità del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Nelle more del giudizio è entrata in vigore la legge sulle unioni civili (legge 20 maggio 2016, n. 76) e i d.lgs. nn. 5/2017 e 7/2017, che hanno apportato significative modifiche rispettivamente all'ordinamento dello stato civile e al sistema di diritto internazionale privato. In particolare, il d.lgs n. 7/2017 ha introdotto l'art. 32-bis l. n. 218/1995, il quale statuisce che «il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana». Nella propria memoria difensiva, i ricorrenti hanno insistito nella richiesta di trascrizione del loro matrimonio nel registro dei matrimoni celebrati all'estero, ex art. 125, comma 5, R.D. n. 1238/1939, affermando che il sopracitato art. 32-bis l. n. 218/1995 non dovesse applicarsi alle cd. coppie miste (ossia composte da un cittadino italiano e un cittadino straniero), ma bensì solo alle coppie formate da cittadini entrambi italiani. Le ragioni dei ricorrenti sono state rafforzate dal controricorso adesivo presentato dall'Associazione Rete Lenford. La Corte di Cassazione, alla luce della nuova disciplina normativa in tema di unioni omoaffettive, ha rigettato la domanda di trascrizione dei ricorrenti, sul presupposto che la fattispecie dedotta in giudizio rientrasse nella previsione di cui all'art. 32-bis l. n. 218/1995 e che, di conseguenza, il matrimonio contratto dai ricorrenti fosse riconosciuto dall'ordinamento italiano producendo gli effetti di un'unione civile. La questione
È trascrivibile e quali effetti produce nel nostro ordinamento il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero tra un cittadino italiano e un cittadino straniero? Le soluzioni giuridiche
Come si è detto, nella more del giudizio de quo è mutato il quadro normativo di riferimento, essendo entrata in vigore la legge sulle unioni civili e, in particolare, l'art. 32-bis legge n. 218/1995, che prevede il regime di conversione in unione civile del matrimonio omosessuale celebrato all'estero (cd. downgrading). La Corte di Cassazione ha dovuto, pertanto, verificare se l'art. 32-bis l. n. 218/1995 si applicasse al matrimonio oggetto del ricorso. Sul punto, i ricorrenti hanno sostenuto che il regime di conversione in unione civile non riguardasse il loro caso, sostenendo che l'art. 32-bis l. n. 218/1995 si applicasse esclusivamente al matrimonio omosessuale tra due cittadini italiani. Tale interpretazione restrittiva del campo di applicazione soggettivo della norma sarebbe suggerita dal confronto tra lo schema di decreto legislativo (che si riferiva genericamente a tutti i matrimoni omosessuali celebrati all'estero indipendentemente dalla nazionalità dei nubendi) e il testo definitivo dell'art. 32-bis l. n. 218/1995 che, invece, si riferisce solo ai matrimoni celebrati da cittadini italiani. Una formulazione ampia come quella contenuta nello schema d decreto legislativo, come rilevato dalla Commissione affari costituzionali del Senato e le Commissioni Giustizia di Camera e Senato, avrebbe violato i principi generali in materia di diritto internazionale privato. La Corte, preliminarmente, affronta la questione dell'efficacia temporale del meccanismo di conversione, chiarendo che le nuove norme in tema di riconoscimento degli effetti dei matrimoni omosessuali e delle unioni civili contratte all'estero si applicano anche ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore e, pertanto, anche alla fattispecie dedotta nel giudizio de quo. Ciò non costituirebbe una deroga al principio di irretroattività della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e legittima circolazione degli status posta alla base dell'introduzione delle nuove norme. L'esigenza primaria della delega nel comma 28 dell'art. 1 legge n. 76/2016 deve, infatti, rinvenirsi nella necessità di fornire un regime giuridico alle coppie che abbiano (già) contratto matrimonio all'estero. I giudici precisano, quindi, che il giudizio di riconoscimento di un atto straniero è rivolto agli effetti che possono prodursi nel nostro ordinamento a causa del riconoscimento, effetti che non devono essere contrari all'ordine pubblico internazionale, da intendersi nei rapporti di famiglia come il «complesso di principi anche di natura valoriale, costituzionale e convenzionale che, sul fondamento della dignità della persona, della uguaglianza di genere e della non discriminazione tra generi ed in relazione all'orientamento sessuale». Ebbene, la Suprema Corte rileva che nel caso di specie, la non contrarietà all'ordine pubblico internazionale del riconoscimento del matrimonio omosessuale è consacrato proprio dall'art. 32-bis l. n. 218/1995. Pertanto, non vi sono dubbi che i matrimoni omosessuali celebrati all'estero producano effetti giuridici nel nostro ordinamento. Ma ciò entro i limiti delineati proprio dall'art. 32-bis l. n. 218/1995, ovverosia quelli del regime di conversione in unione civile. Sotto il profilo dell'applicabilità soggettiva dell'art. 32-bis l. n. 218/1995, la Corte esclude che esso si applichi anche ai matrimoni contratti all'estero tra due cittadini stranieri dello stesso sesso, ipotesi nella quale non può ravvisarsi alcun intento di aggiramento della legge n. 76/2016 e caratterizzata da un sufficiente grado di estraneità rispetto al nostro ordinamento, con conseguente operatività dei criteri di collegamento stabiliti dagli artt. 26 a 30 l. n. 218/1995 o, ove applicabili, dei regolamenti UE in materia matrimoniale. In questo caso, pertanto, il matrimonio dovrebbe essere trascritto come tale senza operare alcuna conversione, anche se viene rilevato che, verosimilmente per un difetto di coordinamento tra i d.lgs. n. 5/2017 e d.lgs. n. 7/2017, esso dovrebbe comunque essere trascritto nel registro delle unioni civili. Tornando all'oggetto del giudizio, la Corte rileva come il testo dell'art. 32-bis l. n. 218/1995 lasci irrisolta la questione relativa alla trascrizione in Italia del matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso, di cui una sia cittadino italiano e l'altro cittadino straniero. Tuttavia,dall'analisi delle norme in tema di riconoscimento del matrimonio omosessuale e delle unioni civili contratti all'estero (artt. 32-bis e 32-quinquies l. n. 218/1995), è possibile ricavare, da un lato, il principio del netto favor in ordine al riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive, dall'altro, il principio della preminenza del modello dell'unione civile. La Corte di legittimità ritiene che il legislatore italiano abbia esercitato pienamente il “potere di apprezzamento degli Stati” indicato dalla giurisprudenza della Corte EDU 3 giugno 2010 e Corte cost., sent., n. 170/2014) nella scelta del modello di riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive coerentemente con il quadro convenzionale (artt. 8 e 12 CEDU) e con quello comunitario (art. 9 Carta diritti fondamentali dell'Unione Europea). Sul piano testuale, si osserva che l'art. 32-bis l. n. 218/1995 si riferisce in generale al matrimonio contratto all'estero “da cittadini italiani” (a differenza dell'art. 32-quinquies l. n. 218/1995 che invece concerne solo le unioni civili costituite all'estero “tra cittadini italiani”), con ciò testimoniando la nettezza della scelta legislativa verso il modello dell'unione civile, limitando gli effetti della circolazione di atti matrimoniali relativi ad unioni omoaffettive solo a quelle costituite da cittadini entrambi stranieri. Pertanto, il matrimonio contratto all'estero da un cittadino italiano con un cittadino straniero dello stesso sesso rientra nel campo di applicazione soggettivo dell'art. 32-bis l. n. 218/1995, con la conseguenza che esso è riconosciuto come unione civile. La Corte rigetta, pertanto, sia il ricorso sia le questioni di legittimità costituzionale sollevate dall'Associazione Rete Lenford, relativamente all'art. 1, comma 28, lett. b, legge n. 76/2016 nella parte in cui prevede l'applicazione della normativa sulle unioni civili ai matrimoni omosessuali celebrati all'estero da una coppia cd. mista, e dell'art. 134-bis R.D. n. 1238/1939 nella parte in cui prevede che nel registro delle unioni civili debbano trascriversi tutti gli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero. La Corte di legittimità osserva che il modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d'Europa è rimessa al libero apprezzamento del legislatore nazionale, salvo il rispetto di un quadro di tutela coerente con l'art. 8 CEDU e che l'applicabilità dell'art. 32-bis l. n. 218/1995 alle coppie miste non é discriminatoria né nei confronti dei cittadini italiani né in ne confronti dei cittadini stranieri e che, anzi nei confronti dei primi un profilo di discriminazione inversa ravvisarsi nella scelta ermeneutica contraria. Osservazioni
La Cassazione, con una lunga e complessa sentenza, ha affrontato per la prima volta, dopo l'introduzione della legge n. 76/2016 e dei successivi decreti delegati, il tema del riconoscimento e della trascrivibilità dei matrimoni omosessuali contratti all'estero. In primis, la sentenza ha il pregio di chiarire che le nuove norme in tema di riconoscimento e trascrizione si applicano anche ai rapporti sorti prima dell'entrata in vigore della legge n. 76/2016. Essa, inoltre, precisa che il regime di conversione in unione civile non interessa i matrimoni omosessuali costituiti all'estero da cittadini entrambi stranieri. Altro passaggio significativo è quello in cui viene riconosciuta l'esistenza nel nostro ordinamento di un principio di favor in ordine al riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive, pur con i limiti di cui si è detto. Dopo aver esaminato la nuova normativa, la Corte sostiene che il matrimonio omosessuale contratto all'estero da un cittadino italiano e un cittadino straniero rientri nel campo di applicazione dell'art. 32-bis l. n. 218/1995 e che, di conseguenza, esso produca in Italia gli effetti di un'unione civile. La pronuncia rigetta quindi la domanda di trascrizione dell'atto di matrimonio rivolta dai ricorrenti (trascrizione nei registri dei matrimoni), ma non chiarisce espressamente se tale matrimonio sia comunque trascrivibile nei registri delle unioni civili. Da un lato, infatti, la Suprema Corte sostiene genericamente (punto 13.5) la «non trascrivibilità dell'atto di matrimonio formato da un cittadino straniero ed un cittadino italiano», dall'altro, sembra ammettere implicitamente tale possibilità, ad esempio quando (punto 13.2.) afferma che la peculiarità della domanda dei ricorrenti è quella di non volere la trascrizione nel registro delle unioni civili o quando (punto 13.4) chiarisce che occorre stabilire se l'atto di matrimonio in oggetto possa essere trascritto come unione matrimoniale e non come unione civile. In ogni caso, non dovrebbero sussistere dubbi circa la possibilità di trascrivere il matrimonio omosessuale contratto all'estero da un cittadino italiano e da un cittadino straniero nel registro delle unioni civili, in virtù dell'art. 134-bis, comma 3, lett. a), R.D. n. 1238/1939 introdotto dal d.lgs. n. 5/2017.
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