Risarcimento da illegittima aggiudicazione: il giudice può stabilite i criteri che il debitore deve seguire nella proposta al creditore

Redazione Scientifica
23 Agosto 2018

E' ammissibile la proposizione mediante una nuova e diversa domanda la richiesta di risarcimento danni a fronte di illegittima aggiudicazione dell'appalto, laddove nel giudizio di impugnazione degli atti della gara il giudice amministrativo...

E' ammissibile la proposizione mediante una nuova e diversa domanda la richiesta di risarcimento danni a fronte di illegittima aggiudicazione dell'appalto, laddove nel giudizio di impugnazione degli atti della gara il giudice amministrativo non si sia pronunciato sulla richiesta risarcitoria e questa in sede di appello non sia stata riproposta ex art. 101 co. 2 c.p.a.

A prescindere dagli effetti caducanti eventualmente derivanti, ai sensi dell'art. 336, comma 1, c.p.c., dalla “riforma o dalla cassazione parziale sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata” e dalla applicabilità della norma al processo amministrativo (ai sensi dell'art. 39, comma 1, c.p.a., a mente del quale “per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali”), deve osservarsi che, in base al disposto di cui al già citato art. 101, comma 2, c.p.a., “si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello”: ebbene, proprio alla luce di tale ultima disposizione, è evidente che, anche ammesso che la domanda risarcitoria abbia costituito oggetto di rinuncia (ex lege, quale conseguenza della sua mancata riproposizione in appello), la rinuncia medesima non potrebbe costituire ostacolo alla ripresentazione della suddetta domanda nell'ambito di un autonomo giudizio, nel rispetto del termine di cui all'art. 30, comma 5, c.p.a..

Come statuito dal Consiglio di Stato (cfr. Sezione IV, n. 2666 del 4 maggio 2018), infatti, “nel processo amministrativo la rinuncia alla domanda non va confusa con la rinuncia agli atti del giudizio atteso che, nel caso di rinuncia agli atti del giudizio, si può parlare di estinzione del processo, cui consegue una pronuncia meramente processuale, potendo essere la domanda riproposta nel caso in cui siano ancora aperti i termini per far valere in giudizio la pretesa sostanziale; la rinuncia all'azione comporta, invece, una pronuncia con cui si prende atto di una volontà del ricorrente di rinunciare alla pretesa sostanziale dedotta in giudizio, con la conseguente inammissibilità di una riproposizione della domanda; in quest'ultimo caso non vi può essere estinzione del processo, in quanto la decisione implica una pronuncia di merito, cui consegue l'estinzione del diritto di azione, atteso che il giudice prende atto della volontà del ricorrente di rinunciare alla pretesa sostanziale dedotta nel processo” (ex multis, di recente, Consiglio di Stato sez. III 21 giugno 2017 n. 3058)”.

Ebbene, non può revocarsi in dubbio che una volontà rinunciativa ex lege, quale quella derivante dall'applicazione dell'art. 101, comma 2, c.p.a., non può assumere di per sé valenza di volontà di rinunciare alla pretesa sostanziale, con la conseguente limitazione dei relativi effetti al processo nell'ambito del quale si sia perfezionata e senza preclusioni di sorta in ordine alla riproposizione della relativa domanda in un altro contesto processuale.

Quanto all'an della pretesa risarcitoria, essa è insita, dal punto di vista oggettivo, nella indubbia spettanza del bene della vita rappresentato dall'aggiudicazione del contratto, essendone risultata meritevole la sua offerta, sulla base dell'applicazione del criterio di aggiudicazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa: aggiudicazione, già ottenuta in via provvisoria, di cui solo l'adozione dell'illegittimo provvedimento di esclusione ha impedito il consolidamento nella forma definitiva.

Quanto invece all'elemento soggettivo della fattispecie risarcitoria, non può non richiamarsi, per dimostrare l'irrilevanza di una sua specifica dimostrazione da parte del soggetto interessato, quanto statuito da questo Consiglio di Stato (cfr., ad es., Sez. V, n. 772 del 25 febbraio 2016), nel senso che “la giurisprudenza ormai consolidata di questo Consiglio di Stato esclude che tale questione (della colpa: n.d.e.) abbia rilievo ai fini dell'affermazione della responsabilità delle stazioni appaltanti per i danni da illegittima aggiudicazione (da ultimo, tra le numerosissime: Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839; Sez. IV, 18 febbraio 2014, n. 802, 13 dicembre 2013, n. 6000; Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285, 31 dicembre 2014, n. 6450, 21 giugno 2013, n. 3397, 18 febbraio 2013, n. 933; Sez. VI, 15 settembre 2015, n. 4283, 28 luglio 2015, n. 3728). Ciò in conformità ai vincolanti principi di diritto espressi nella sentenza della Corte di giustizia sopra citata, nella quale è specificato che nei giudizi sugli appalti pubblici il rimedio del risarcimento per equivalente monetario "può costituire, se del caso, un'alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività, sotteso all'obiettivo di efficacia dei ricorsi perseguito dalla citata direttiva (...) soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata - così come non lo sono gli altri mezzi di ricorso previsti dal citato art. 2, n. 1 - alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice" (§ 39). In ragione di ciò e del vincolo di conformarsi alle decisioni della Corte cui è tenuto il giudice nazionale, ogni questione relativa all'elemento soggettivo diviene irrilevante”.

Nel caso di contestazione del quantum può essere rimesso alle parti ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a. la definizione del suindicato aspetto della controversia risarcitoria, ordinando all'Amministrazione di proporre a favore della parte da risarcire una somma a titolo risarcitorio nel rispetto dei criteri di seguito indicati:

- preliminare determinazione del corrispettivo che sarebbe spettato all'impresa, tenendo conto dei prezzi da essa offerti in gara, in relazione alle forniture/servizi eseguite dall'impresa aggiudicataria, in tale sua qualità, sulla scorta del contratto stipulato con la stazione appaltante e per l'intero periodo della sua efficacia;

- successiva determinazione della percentuale di utile che l'impresa avrebbe conseguito qualora fosse stata dichiarata aggiudicataria della gara, sulla scorta degli elementi informativi in ordine alla composizione della sua offerta ricavabili dalla documentazione da essa depositata in sede di gara;

- maggiorazione dell'importo così determinato, con decorrenza dalla data di stipula del contratto, di rivalutazione monetaria secondo l'indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall'ISTAT, che attualizza il danno al momento della sua liquidazione concordata, e con gli interessi dalla data della liquidazione concordata fino alla data del soddisfo, nella misura del tasso legale.

E' fatta salva, nell'ipotesi di mancato raggiungimento di un accordo o di inadempimento degli obblighi da esso scaturenti, la facoltà per la parte interessata di adire il giudice amministrativo con il ricorso di ottemperanza, ai sensi della disposizione citata.