Riconoscimento dell'adozione parentale pronunciata all'estero nei confronti di single
04 Settembre 2018
Massima
La sentenza straniera che pronuncia l'adozione di minorenni da parte di persona singola deve essere riconosciuta come adozione “piena”, e non come adozione in casi particolari ex art. 44 l. n. 184/1983, in quanto solo tale soluzione consente di dare effettività al principio per cui il figlio adottivo deve avere il medesimo status in tutti gli ordinamenti che hanno riconosciuto la sua adozione, a tutela del suo interesse e della sua identità personale, in particolare conservando il cognome spettante in forza del titolo straniero. Il caso
Tizia, cittadina italiana stabilmente residente in Kenya, otteneva nel Paese dell'Africa orientale una sentenza di adozione di una minorenne in stato di abbandono, avente effetti assimilabili a quelli di cui all'art. 27 l. n. 184/1983. Dimostrando che la legislazione straniera attribuisce alla minore uno status equiparato a quello di figlia matrimoniale, domandava il riconoscimento del provvedimento straniero come adozione “piena”, per tale intendendo quella che si diceva “legittimante” e oggi parentale, piuttosto che ex art. 44 lett. d), l. n. 184/1983. Il Tribunale, pur ritenendo che anche l'adozione in casi particolari faccia sorgere legami di parentela e diritti successori tra l'adottato e la famiglia dell'adottante, accoglie la domanda in funzione della tutela dell'interesse del minore a conservare lo status e l'identità personale acquisiti in dipendenza del titolo straniero riconosciuto. La questione
Il provvedimento straniero che pronunci, nei confronti di un cittadino italiano stabilmente residente all'estero, l'adozione “piena” di un minore in stato di adottabilità deve essere riconosciuta come adozione parentale, ai sensi dell'art. 27 l. n. 184/1983, ovvero come adozione in casi particolari, ai sensi del titolo IV, l. n. 184/1983? Le soluzioni giuridiche
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che il provvedimento che pronunci l'adozione parentale di minori in stato di abbandono da parte di persona singola, in uno Stato che ammetta e disciplini il caso (al contrario della legge sull'adozione che fissa tra i requisiti della coppia adottante il vincolo matrimoniale stabile), possa essere riconosciuto e produrre effetti in Italia unicamente ex art. 44 l. n. 184/1983, sebbene non vi osti l'art. 6 Conv. di Strasburgo del 1967 (Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2011, n. 3572; Cass. civ., sez. I, 18 marzo 2006, n. 6078,). La norma convenzionale, nel rinviare alla legge nazionale la scelta di consentire anche l'adozione da parte di una persona singola, non consentirebbe di ottenere gli effetti dell'adozione parentale attraverso la pronunzia giudiziale di riconoscimento di un provvedimento straniero, a ciò necessitando una legge nazionale interposta. Di tale discrezionalità sarebbe espressione la legge sull'adozione, ammettendola solo nelle circostanze di cui all'art. 25, commi 4 e 5, l. n. 184/1983 ovvero in casi particolari (art. 44 l. n. 184/1983), in quanto troverebbe applicazione il canone fondamentale dettato dall'art. 35, commi 5 e 6, l. n. 184/1983, per cui è preclusa la trascrizione dell'adozione nei registri dello stato civile italiano quando risulti «contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori». In specie confliggerebbe con l'art. 6 l. n. 184/1983, che richiede lo status coniugale degli adottanti, al quale è possibile derogare solo quando la separazione o lo scioglimento del matrimonio intervenga dopo l'instaurazione di solidi rapporti affettivi, con l'affidamento preadottivo. Parte della giurisprudenza di merito ha accolto l'opposto indirizzo, confermato dal decreto, secondo il quale la clausola generale dell'art. 35 l. n. 184/1983 deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della CEDU che fonda sulla tutela offerta al diritto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU) l'obbligo di garantire la continuità transnazionale degli status familiari validamente e stabilmente costituiti all'estero, in conformità all'ordinamento di origine. Non costituirebbe principio di ordine pubblico la scelta del legislatore italiano di riservare l'adozione “piena” alle coppie coniugate, posto che molti Stati del Consiglio d'Europa consentono l'adozione piena da parte di persone singole, e che la clausola generale dovrebbe interpretarsi alla luce del preminente interesse del minore a conservare lo status legittimamente acquisito all'estero e corrispondente alla consolidata affettività (App. Torino 30 ottobre 2000; Trib. min. Firenze 8 marzo 2017; Trib. min. Genova 8 dicembre 2017; sulla nozione di ordine pubblico cfr. Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599, su cui S. Stefanelli, Status, discendenza ed affettività nella filiazione omogenitoriale, in Fam. e dir., 2017, 83 ss.; Cass. civ. sez. I, 22 febbraio 2018, n. 4382, in Foro it., 2018, I, 1616, con nota di G. Casaburi). Con riguardo agli effetti dell'adozione in casi particolari, l'orientamento maggioritario in giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962) e nella dottrina ritiene che si tratti di un'adozione “genitoriale”, nel senso che la costituzione dello stato produce effetti limitati al genitore che l'adozione ha richiesto, con la conseguenza che il figlio conserva i rapporti con la famiglia di origine: ciò in forza del richiamo contenuto nell'art. 55 l. n. 184/1983 alla disciplina codicistica dell'adozione di maggiorenni, e così in particolare all'art. 300 c.c., a mente del quale l'adottato conserva tutti i diritti e i doveri nei confronti della propria famiglia di origine, e non acquista legami di parentela con la famiglia dell'adottante. In questo senso si è espressa anche Corte. cost. 18 dicembre 2017, n. 272, affermando che l'adozione in casi particolari costituisce tra il figlio ed il genitore «un legame giuridico (…) diverso da quello derivante dal riconoscimento». Ne è conferma la disciplina del cognome dell'adottato: a norma dell'art. 299 c.c., richiamato dall'art. 55 l. n. 184/1983, il minore mantiene il cognome familiare che porta in conseguenza, e vi antepone quello del genitore adottivo, mentre nell'adozione “parentale” perde, assieme ai legami familiari, anche il cognome originario, per assumere quello degli adottanti. Osservazioni
Fondamento del provvedimento in commento è l'apprezzamento concreto dell'interesse del minore a conservare, assieme agli effetti del provvedimento straniero di adozione, anche l'identità personale che il bambino si è costituito nel tempo, in dipendenza del titolo costitutivo dello status e della sperimentata affettività, della quale è testimonianza il cognome (cfr. Corte. cost. 21 dicembre 2016, n. 286). L'adozione in casi particolari è un prototipo alternativo rispetto all'adozione parentale (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962), ispirato all'esigenza di conservazione dei legami con la famiglia di origine, come testimonia la disciplina del cognome. Recisi i legami con la famiglia di origine, per effetto della sentenza straniera, non vi sarebbe ragione per penalizzare il minore adottato all'estero da persona singola attribuendogli, ex artt. 44 ss. l. n. 184/1983, uno status più limitato (per l'opinione prevalente), con irragionevole disparità di trattamento di dubbia costituzionalità (cfr. A. Palazzo, La riforma dello status di filiazione, in Riv. dir. civ., 2013, 245). Coerentemente, si legge nella motivazione del provvedimento impugnato: «Riconoscere in Italia l'adozione “piena” straniera come adozione ex art. 44 l. n. 183/1984 potrebbe determinare una incertezza giuridica sullo status dell'adottato, il quale all'estero sarebbe equiparato al figlio nato in matrimonio (o da madre biologica), con la conseguente interruzione di rapporti giuridici di parente con la famiglia d'origine, mentre in Italia conserverebbe tali rapporti. Il diverso status in due diversi ordinamenti potrebbe incidere negativamente sulla definizione dell'identità personale dell'adottato e quindi sull'“interesse del minore” tutelato dai trattati internazionali e principio cardine anche della Convenzione richiamata dall'art. 36 l. n. 184/1983». Inoltre, «il riconoscimento della sentenza come adozione “piena” in Italia ha per l'adottata anche il vantaggio di veder riconosciute in Italia le medesime generalità indicate nella sentenza di adozione straniera, evitando di anteporre il cognome della madre adottiva al cognome della bambina risultante dall'atto di nascita, così come sarebbe previsto dal combinato disposto degli art. 55 l. n. 184/1983 e art. 299 c.c., in ipotesi di riconoscimento della sentenza straniera a norma dell'art. 44 l. n. 184/1983». Ritiene comunque il Tribunale che «il vigente art. 74 c.c., così come modificato dall'art. 1 l. n. 219/2012, riconosce il medesimo legame di parentela sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno o fuori del matrimonio che nel caso di figlio adottivo. Poiché il figlio adottato con adozione c.d. legittimante da persone coniugate (con adozione nazionale o internazionale) ha lo status di figlio nato all'interno del matrimonio (art. 27 l. n. 184/1983) il richiamo al figlio adottivo contenuto nell'art. 74 c.c. ha un senso solo se riferito al figlio adottato fuori del matrimonio, ad esempio nei casi particolari disciplinati dall'art. 44 l. n. 184/1983».
A. Sassi, F. Scaglione, S. Stefanelli, La filiazione e i minori, in Trattato di diritto civile (diretto da) R. Sacco, Torino, 2018, 340. P. Morozzo della Rocca, Il nuovo status di figlio e adozione in casi particolari, in Fam. e dir., 2013, 202. |