L'illegittimità della revoca della procedura di gara per difetto di motivazione e il divieto di integrazione postuma

05 Settembre 2018

La revoca dell'intera procedura di gara è legittima soltanto in presenza di documentate e obiettive esigenze di interesse pubblico opportunamente e debitamente esplicitate dalla stazione appaltante, che rendano evidente l'inopportunità o l'inutilità della prosecuzione della gara stessa.

Il caso. La questione posta all'attenzione del Collegio concerne la valutazione circa la legittimità o meno del provvedimento adottato dalla resistente Amministrazione (Aeroporti di Puglia S.p.A, di seguito anche solo AdP), in sede di autotutela, teso alla revoca della gara bandita per l'affidamento del servizio di manutenzione, assistenza e servizi accessori delle macchine operatrici aeroportuali degli aeroporti di Bari, Brindisi, Foggia e Grottaglie. La revoca veniva motivata da AdP alla luce di un complessivo riesame delle modalità di gestione del servizio, da cui sarebbe emersa la convenienza, per la stazione appaltante, di provvedere differentemente rispetto alla prestazione inizialmente richiesta. In sede di ricorso, l'impresa destinataria della proposta di aggiudicazione – lamentando la violazione dell'art. 21-quinquies l. 241/90 – chiedeva l'annullamento del provvedimento e il risarcimento del danno oltre che l'indennizzo ex art. 21-quinquies l. 241/90, oppure, in via gradata, il risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale.

Le questioni controverse:

(i) La previsione di cui all'art. 33 d. lgs n. 50/2016 non consente la formazione tacita dell'aggiudicazione. Preliminarmente all'esame della legittimità o meno del provvedimento di revoca, il Collegio si è soffermato sul rapporto tra proposta di aggiudicazione e silenzio qualificato. La società ricorrente assumeva di essere divenuta aggiudicataria definitiva dell'appalto in ragione del decorso del termine di trenta giorni previsto dall'art. 33, comma 1, d.lgs n. 50/2016, a seguito del quale l'aggiudicazione sarebbe divenuta definitiva per effetto del meccanismo di silenzio assenso configurato dalla disposizione.

Il Collegio ha precisato, invece, che la ricorrente non può ritenersi aggiudicataria “definitiva”, bensì solamente destinataria di una proposta di aggiudicazione “consolidata” poiché, dal tenore del testo normativo (in particolare dal combinato dell'art. 32, comma 5, e dell'art. 33, comma 1, d.lgs n. 50/2016) e dalla consolidata giurisprudenza in materia emerge, chiaramente, che dalla mera inerzia della stazione appaltante non può desumersi il perfezionamento dell'aggiudicazione che richiede, invece, una manifestazione di volontà espressa dell'Amministrazione, ossia un provvedimento, a conclusione dell'esercizio dei poteri generali di controllo spettanti alla stazione appaltante.

Il Collegio ha comunque sottolineato che sia la proposta di aggiudicazione che l'aggiudicazione definitiva non costituiscono un rapporto obbligatorio tra ente appaltante e operatore economico, bensì producono solo l'effetto di concludere formalmente la procedura di gara con l'individuazione del miglior offerente.

(ii) L'illegittimità della revoca per difetto di motivazione e il divieto di integrazione postuma. Il TAR ha richiamato l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui la revoca della gara può “ritenersi legittimamente disposta dalla stazione appaltante soltanto in presenza di documentate ed obiettive esigenze di interesse pubblico che siano opportunamente e debitamente esplicitate e rendano evidente l'inopportunità o comunque l'inutilità della prosecuzione della gara stessa, oppure, quando, anche in assenza di ragioni sopravvenute, la revoca sia il risultato di una rinnovata e differente valutazione dei medesimi presupposti”. Nel caso di specie, la stazione appaltante si è unicamente limitata a sostenere di aver compiuto un complessivo riesame delle modalità di gestione del servizio alla luce del quale sarebbe emersa la convenienza per la stazione appaltante di provvedere in maniera differente rispetto alla prestazione inizialmente richiesta, non specificando in alcun modo le ragioni pe le quali il modello operativo posto a base della gara (bandita e poi revocata) sia inadatto o inadeguato rispetto al nuovo modello, peraltro non chiarendo neppure la natura sopravvenuta delle nuove esigenze.

Il TAR ha, inoltre, condiviso la posizione della giurisprudenza secondo cui nel processo amministrativo la motivazione deve precedere e non seguire il provvedimento. Il Collegio ha evidenziato come il divieto di integrazione postuma non sia assoluto, in quanto il relativo vizio può essere dequotato: (i) tutte le volte in cui il difetto di motivazione (successivamente esternata) non abbia leso il diritto di difesa dell'interessato; (ii) nei casi in cui in fase infraprocedimentale risultano percepibili le ragioni sottese all'emissione del provvedimento; (iii) nelle ipotesi di atti vincolati. Ad avviso del Collegio le argomentazioni dell'Amministrazione contenute nella nota con cui è stata comunicata alla società ricorrente l'avvenuta revoca e le ulteriori ragioni addotte negli scritti difensivi, non risultavano riconducibili a nessuna delle suddette ipotesi e dunque – afferendo ad un provvedimento discrezionale – configurano un'inammissibile integrazione postuma della motivazione.

In conclusione: la soluzione raggiunta dal TAR.

Il TAR, per le ragioni suesposte, ha ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca della procedura di gara per difetto di motivazione.

All'annullamento, tuttavia, non è seguito né l'accoglimento della domanda risarcitoria né della richiesta di indennizzo. Con riferimento a quest'ultima il Collegio ha infatti escluso che la fattispecie fosse riconducibile al paradigma di cui all'art. 21-quinquies l. 241/90, il quale si riferisce alla diversa fattispecie della “rimozione del provvedimento amministrativo ad efficacia durevole”.

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