Le parti private non possono trasmettere via PEC l’opposizione al decreto penale di condanna

Redazione scientifica
10 Settembre 2018

La Corte di Cassazione ribadisce che, nel processo penale, le parti private non possono trasmettere l'atto di opposizione a decreto penale di condanna a mezzo PEC.

Opposizione a decreto penale di condanna trasmessa via PEC. Il GIP del Tribunale di Vicenza ha dichiarato inammissibile l'opposizione al decreto penale di condanna effettuata a mezzo PEC, ritenendo tale modalità non consentita dall'art. 461 c.p.p.. Avverso tale ordinanza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione censurando l'affermazione di inammissibilità dell'opposizione mediante posta elettronica certificata, facendo leva sul disposto del d.l. n. 82/2005.

Niente invii telematici per le parti private. I Giudici ricordano sul punto che nel processo penale non è consentito alle parti inviare a mezzo PEC atti di nessun genere, dunque neppure l'atto di opposizione a decreto penale.
Precisa la Cassazione che ai sensi della l. n. 221/2012 nel processo civile le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate solo per via telematica. Allo stesso modo, nel processo penale, è consentito procedere in via telematica ma solo per la notificazione a persona diversa dall'imputato (ai sensi degli art. 148, 149, 150, 151 c.p.p.).
Da ciò consegue, quindi, che la parte privata (e quindi l'imputato) nel processo penale non può utilizzare lo strumento telematico per la comunicazione o la notificazione.
Per queste ragioni, nel caso di specie, l'atto di opposizione al decreto penale di condanna risulta non trasmesso regolarmente e dunque è da considerarsi come non depositato.
In conclusione, secondo la Cassazione, il ricorso è manifestamente inammissibile.

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