Simulazione del matrimonio e giurisdizione italiana
10 Settembre 2018
Massima
Il giudice italiano ha competenza giurisdizionale a conoscere della domanda di annullamento per simulazione del matrimonio celebrato in Italia, proposta da una cittadina italiana stabilmente residente all'estero nei confronti del coniuge straniero. Il caso
Una donna, cittadina italiana e anagraficamente residente in Italia, ma di fatto abitante stabilmente in Egitto, conosce via Skype uno straniero extracomunitario, irregolarmente entrato in Francia. I due decidono di sposarsi per consentire all'uomo di chiedere il permesso di soggiorno nel nostro Paese, dove celebrano le nozze. Non avendo mai convissuto dopo il matrimonio ed essendosi lo sposo reso irreperibile, la moglie chiede e ottiene dal Tribunale di Roma l'annullamento del matrimonio per simulazione. La questione
Due sono le questioni affrontate dalla sentenza in esame: i) come determinare la giurisdizione nelle controversie di annullamento del matrimonio per simulazione; ii) quali sono i presupposti per l'accoglimento della relativa domanda. Le soluzioni giuridiche
Come è noto una delle cause di annullamento del matrimonio, che il codice civile ricomprende nella sezione rubricata erroneamente «della nullità del matrimonio» è costituito dalla simulazione, contemplata nell'art. 123 c.c.. La disciplina diverge da quella prevista in ambito contrattuale, nel quale l'autonomia privata si esplica nella disponibilità degli effetti del contratto medesimo; nel matrimonio invece essa incide sulla libertà matrimoniale, essendo sottratta alla libera scelta degli sposi la determinazione del contenuto del rapporto. Il matrimonio è simulato quando i coniugi hanno deciso di non esercitare i diritti, né di adempiere agli obblighi da esso derivanti. Volendo far riferimento alla categorie contrattuali, può dirsi che rilevi solo la simulazione assoluta, posto che l'eventuale volontà dei coniugi di derogare solo ad alcuni dei diritti e doveri previsti ex lege (ad es. la fedeltà o la coabitazione) non integra la fattispecie di cui all'art. 123 c.c.. Una delle ipotesi più frequenti nella (pur contenuta) casistica in materia è quella che vede la celebrazione del matrimonio quale strumento utilizzato unicamente per attribuire a uno degli sposi privilegi di tipo pubblicistico (l'attribuzione automatica della cittadinanza, prima, ed ora il permesso di soggiorno) (cfr. per tutte, App. Firenze, 22 agosto 1988). Quasi mai la giurisprudenza si è posta la questione della competenza giurisdizionale del giudice italiano a conoscere delle domande in questione, ciò in quanto una delle parti risiedeva per lo più in Italia. Nel caso sottoposto al Tribunale di Roma invece, entrambi gli sposi risiedevano stabilmente all'estero, ivi compresa l'attrice, di nazionalità italiana, ma solo anagraficamente residente nel nostro Paese. Come è noto, l'art. 3 Reg. n. 2201/2003 individua il giudice avente giurisdizione a conoscere del divorzio, della separazione giudiziale e dell'annullamento del matrimonio, in situazioni coniugali caratterizzate da elementi di internazionalità. La norma contempla due criteri di collegamento, il primo dei quali legato alla residenza abituale dei coniugi o di uno di essi, al momento della domanda. Tale criterio non risulta applicabile nella fattispecie sottoposta all'esame dei Giudici romani, per le ragioni di fatto esposte in precedenza. Nemmeno l'ulteriore alternativo criterio territoriale della comune cittadinanza dei coniugi può operare, essendo gli stessi titolari di differenti cittadinanze. Come ricorda il Tribunale, qualora nessun giudice sia competente ai sensi del cit. art. 3, la giurisdizione dovrà essere determinata sulla base della residuale legge di diritto internazionale privato di ciascuno Stato membro della UE. Trova invero applicazione, per il tramite dell'art. 7 Reg. n. 2201/2003, l'art. 32 l. n. 218/1995, che attribuisce all'autorità giudiziaria italiana la competenza giurisdizionale a conoscere dell'annullamento del matrimonio, oltre che quando il convenuto è residente o domiciliato in Italia, quando uno dei coniugi è cittadino italiano, ovvero il matrimonio è stato celebrato nel nostro Paese. Nel caso di specie ricorrono entrambi questi due criteri e dunque il Tribunale di Roma afferma la propria giurisdizione. Per quanto riguarda i presupposti dell'azione di annullamento del matrimonio per simulazione, va rammentato che l'art. 123, comma 2, c.c. dispone che l'azione medesima debba essere proposta entro il termine decadenziale di un anno dalla celebrazione delle nozze. La domanda non può essere comunque proposta se le parti abbiano convissuto come coniugi dopo la celebrazione medesima. L'ordinamento intende dare stabilità al vincolo, in nome di principi di autoresponsabilità che devono necessariamente animare coloro che si approcciano al matrimonio. Un comportamento concludente successivo alle nozze contrastante con l'originaria pattuizione di attribuire al vincolo natura solo ed e esclusivamente formale, esclude poi la possibilità di invocare l'annullamento per simulazione. Osservazioni
La sentenza in commento pare molto interessante, perché consente in primis di ricordare l'ambito di operatività della giurisdizione italiana nelle controversie afferenti l'invalidità del matrimonio come atto (nullità ed annullamento), ovvero la crisi del matrimonio come rapporto (separazione e divorzio). Il concetto di “residenza abituale” di cui all'art. 3 Reg. n. 2201/2003 fa riferimento al luogo in cui il coniuge ha fissato, con carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi, con chiara natura sostanziale e non meramente formale o anagrafica, come ha avuto modo di affermare la Corte di giustizia UE, ripresa dalla Corte di Cassazione (Cass., S.U., 17 febbraio 2010, n. 3680; Cass., S.U., 25 giugno 2010, n. 15328). Correttamente il Tribunale di Roma richiama i criteri interni di attribuzione della giurisdizione al giudice italiano, non potendo indurre la propria giurisdizione dall'art. 3 Reg. n. 2201/2003. Quanto al merito della vicenda, a fronte della peculiarità della fattispecie, il Tribunale di Roma accoglie la domanda della moglie, una volta accertata che la domanda stessa era stata proposta prima dell'anno dalla celebrazione del matrimonio e che i coniugi nemmeno avevano convissuto dopo le nozze, intendendo attribuire valore al vincolo secondo la legge islamica. |