Mauro Di Marzio
11 Settembre 2018

La comunicazione mira, a mezzo del cancelliere, a dare un'informazione «abbreviata» (così l'art. 136 c.p.c.), che il destinatario può approfondire prendendo poi diretta cognizione del provvedimento o, in generale, degli atti di causa.
Inquadramento

"In fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione"

La disciplina delle comunicazioni è dettata anzitutto dall'art. 136 c.p.c., il quale all'esito di numerosi interventi legislativi succedutisi negli ultimi anni, stabilisce che:

-) il cancelliere, con biglietto di cancelleria, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione;

-) il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici;

-) salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica.

Le comunicazioni si distinguono sotto due fondamentali aspetti dalle notificazioni: a) la comunicazione è atto del cancelliere — il quale può anche servirsi, allo scopo, dell'ufficiale giudiziario — mentre la notificazione è atto non del cancelliere, ma, almeno di regola, dell'ufficiale giudiziario; b) la comunicazione consiste in una dichiarazione del cancelliere diretta a portare a conoscenza di determinati soggetti del processo (le parti, il pubblico ministero, gli ausiliari del giudice, i testimoni), in forma semplificata, taluni provvedimenti, o fatti, che li interessano, mentre la notificazione si realizza mediante la consegna all'interessato, da parte dell'ufficiale giudiziario, della copia di un atto.

La comunicazione, dunque, mira, a mezzo del cancelliere, a dare un'informazione «abbreviata» (così l'art. 136 c.p.c.), che il destinatario può approfondire prendendo poi diretta cognizione del provvedimento o, in generale, degli atti di causa; la notificazione, invece, mira, a mezzo dell'ufficiale giudiziario, a dare un'informazione completa ed integrale dell'atto notificato. Tale distinzione, tuttavia, si è affievolita, dal momento che l'art. 45 disp. att. c.p.c., come meglio si dirà più avanti, stabilisce oggi che, in caso di comunicazione di un provvedimento, essa ha ad oggetto «il testo integrale del provvedimento comunicato».

In conseguenza dell'individuazione della PEC quale strumento prioritario di effettuazione delle comunicazioni, sono state effettuate ulteriori consequenziali modifiche normative volte al coordinamento della materia:

i) abrogazione degli artt. 133, comma 3, 134, comma 3, c.p.c. che prevedevano la comunicazione a mezzo telefax o posta elettronica (semplice) del deposito della sentenza e dell'ordinanza pronunciata fuori udienza;

ii) modificazione dell'art. 170, comma 4, c.p.c., nel quale è parimenti venuta meno la previsione secondo cui il giudice poteva autorizzare per singoli atti che lo scambio o la comunicazione potessero avvenire «anche a mezzo telefax o posta elettronica»;

iii) l'abrogazione dell'art. 183, comma 10, c.p.c., secondo cui l'ordinanza di ammissione delle prove emessa fuori udienza era comunicata «anche a mezzo telefax … nonché a mezzo di posta elettronica»

iv) la modificazione dell'art. 366, comma 4, c.p.c., secondo cui, con riguardo al ricorso per cassazione, le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli artt. 372 e 390 c.p.c. sono effettuate ai sensi dell'art. 136, commi 2 e 3, c.p.c..

Nella stessa prospettiva si muovono talune disposizioni estranee all'ambito delle comunicazioni in senso stretto: valga in particolare l'intimazione ai testimoni, ai sensi dell'art. 250 c.p.c., il quale stabilisce che essa possa essere effettuata dal difensore anche a mezzo posta elettronica certificata, oltre che con raccomandata con avviso di ricevimento o telefax.

Atti, provvedimenti ed eventi soggetti a comunicazione

In linea generale la comunicazione ad opera del cancelliere è prevista:

i) per tutte le sentenze (art. 133 c.p.c.), ma nei confronti delle sole parti costituite;

ii) per tutte le ordinanze pronunciate fuori udienza, salvo che la legge non ne prescriva la notificazione (art. 134, comma 2, c.p.c.); così accade, ad esempio, per le ordinanze di condanna a pene pecuniarie (art. 179 c.p.c.), per le ordinanze di nomina del consulente tecnico (art. 192, comma 1, c.p.c.), per l'ordinanza che ammette il giuramento decisorio, da notificarsi personalmente alla parte (artt. 237, comma 2, e 292, comma 1, c.p.c.), per l'ordinanza che ammette l'interrogatorio formale (art. 292, comma1, c.p.c.);

iii) per alcuni decreti, quali ad esempio il decreto di abbreviazione dei termini a comparire (art. 163-bis, comma 3, c.p.c.), il decreto di posticipazione fino ad un massimo di 45 giorni dell'udienza di prima comparizione (art. 168-bis, comma 5, c.p.c.), il decreto di integrazione dei provvedimenti istruttori (art. 289, comma 2, c.p.c.), il decreto emesso in camera di consiglio nei confronti di una sola parte (art. 739 c.p.c.), essendo altre volte prevista la notificazione a cura dell'istante (si pensi, per tutti, al decreto ingiuntivo).

Tra i provvedimenti maggiormente rilevanti, per i quali è prevista la comunicazione, disciplinati nella legislazione speciale, merita ricordare il provvedimento di sospensione di cui all'art. 108, comma 3, l. fall., avente ad oggetto la vendita immobiliare dopo l'aggiudicazione: in tal caso la comunicazione da luogo al decorso del termine per il reclamo; più in generale richiedono la comunicazione i provvedimenti del giudice delegato, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 183, comma 3, l. fall. nella parte in cui prevedeva la decorrenza del termine per impugnare la sentenza sul concordato preventivo dal momento dell'affissione (Cass. civ., 22 febbraio 2002, n. 2560).

Non vi è, viceversa, una regola in forza della quale ogni e qualunque provvedimento del giudice debba essere comunicato ai difensori delle parti. Così, ad esempio, in tema di riassunzione del processo interrotto, il codice di rito non prevede che il decreto di fissazione dell'udienza per la prosecuzione del giudizio e di assegnazione del termine per la relativa notificazione debba essere comunicato dalla cancelleria alla parte che ha proposto il ricorso per riassunzione, sicché è onere della parte stessa attivarsi presso la cancelleria per prendere conoscenza del provvedimento e ottemperarvi tempestivamente (Cass. civ., 16 novembre 2012, n. 20213).

La comunicazione, tuttavia, come accennato, non ha ad oggetto soltanto provvedimenti, ma anche eventi diversi del processo. Così, è ad esempio previsto che il giudice debba ordinare la comunicazione al pubblico ministero degli atti delle cause in cui egli può intervenire (art. 71 c.p.c.), ovvero che il cancelliere debba dare notizia alle altre parti dell'intervento del terzo (art. 267 c.p.c.), ovvero che lo stesso cancelliere debba dare notizia al creditore pignorante dell'intervento di altri creditori (art. 525 c.p.c.).

Perfezionamento e prova della comunicazione

Il cancelliere, nell'effettuare la comunicazione, deve operare in modo da procurarsi la prova della comunicazione avvenuta, con il che ha luogo il perfezionamento dell'adempimento (Cass. civ., 19 marzo 1979, n. 1606). A tale scopo l'art. 45 disp. att. c.p.c. stabilisce che:

i) quando viene redatto su supporto cartaceo il biglietto, col quale il cancelliere esegue le comunicazioni a norma dell'art. 136 c.p.c., si compone di due parti uguali, una delle quali deve essere consegnata al destinatario e l'altra deve essere conservata nel fascicolo d'ufficio;

ii) nella parte che viene inserita nel fascicolo d'ufficio deve essere stesa la relazione di notificazione dell'ufficiale giudiziario o scritta la ricevuta del destinatario; se l'ufficiale giudiziario si avvale del servizio postale, il cancelliere conserva nel fascicolo d'ufficio anche la ricevuta della raccomandata;

iii) quando viene trasmesso a mezzo posta elettronica certificata il biglietto di cancelleria è costituito dal messaggio di posta elettronica certificata, formato ed inviato nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Dunque, secondo che la comunicazione sia effettuata mediante consegna a mano, servizio postale o ufficiale giudiziario, ovvero PEC, la prova della comunicazione è data:

a) dalla sottoscrizione apposta dal destinatario per «ricevuta» della consegna sulla prima parte del biglietto di cancelleria;

b) dall'avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente il biglietto di cancelleria;

c) dalla relata redatta dall'ufficiale giudiziario in calce alla prima parte del biglietto di cancelleria;

d) dalla RAC (ricevuta di avvenuta consegna: si tratta della ricevuta sottoscritta con la firma del gestore di Posta Elettronica Certificata del destinatario, emessa dal punto di consegna al mittente, nel momento in cui il messaggio è inserito nella casella di Posta Elettronica Certificata del destinatario medesimo) relativa alla comunicazione effettuata telematicamente.

Quanto alla prova della comunicazione, inoltre, occorre dire che anche a tal riguardo trova applicazione il principio, formatosi in materia di notificazione, secondo cui, nel contrasto tra la copia conservata agli atti dell'ufficio della copia consegnata al destinatario prevale quest'ultima (Cass. civ., 17 novembre 1983, n. 6857). Il che riveste evidente rilievo nel caso — cui si accennerà dopo — in cui dalla comunicazione decorre il termine per lo svolgimento di successive attività processuali. Naturalmente, non può che ribadirsi che l'impiego tendenzialmente esclusivo della PEC quale strumento di effettuazione delle comunicazioni rende ormai obsoleto il transito del biglietto di cancelleria per le mani dell'ufficiale giudiziario, il quale procede alla notificazione nelle forme ordinarie di cui agli artt. 137 ss. c.p.c..

Il destinatario della comunicazione è di regola il difensore, dal momento che l'art. 170 c.p.c. stabilisce che notificazioni e comunicazioni si fanno a quest'ultimo salvo che la legge disponga altrimenti. Ma, come si è detto, possono essere destinatari di comunicazioni il pubblico ministero, gli ausiliari del giudice, i testimoni. Nel caso di parte dotata di più difensori è sufficiente che la comunicazione sia effettuata nei confronti di uno solo di essi (Cass. civ., 9 aprile 1975, n. 1311, che ha ritenuto tardiva l'istanza di regolamento proposta da quello dei due procuratori che non aveva ricevuto la comunicazione della sentenza).

Era in passato stabilito che, qualora il difensore esercitasse la propria attività al di fuori della circoscrizione di appartenenza, egli dovesse eleggere domicilio entro tale ambito; in mancanza avrebbe ricevuto le comunicazioni presso la cancelleria (Cass. civ., 16 giugno 1992, n. 7364; Cass. civ., 2 febbraio 2010, n. 2358). Si affermava inoltre che, in caso di trasferimento del difensore in uno studio professionale diverso da quello presso cui la parte abbia inizialmente eletto domicilio, egli ha l'onere di comunicare alla cancelleria del giudice adito, con mezzi idonei e tempestivi, la relativa variazione, per conferire ad essa rilevanza giuridica ai fini delle comunicazioni e/o delle notificazioni di pertinenza della cancelleria medesima; in mancanza, tali comunicazioni e/o notificazioni possono eseguirsi e perfezionarsi nel luogo risultante dagli atti del processo, senza che rilevi che della variazione sia stato informato il competente ordine professionale, e senza che la cancelleria del giudice adito sia previamente tenuta ad accertare se, medio tempore, essa sia eventualmente intervenuta, non essendo l'assolvimento di un siffatto onere di comunicazione — di estrema semplicità e rispondente anche a comuni canoni di prudenza — idoneo a pregiudicare l'esercizio del diritto di difesa (Cass. civ., 19 marzo 2004, n. 5556; per un caso di comunicazione, ritenuta valida, effettuata all'ex collega di studio, essendosi il destinatario trasferito in altro studio, v. Cass. civ., 25 settembre 2000, n. 12666).

I termini della questione si sono poi radicalmente modificati con l'introduzione del «domicilio digitale». Vige difatti oggi la regola secondo cui:

In evidenza

Le comunicazioni di cancelleria devono essere eseguite, per i processi cui risulta applicabile la disciplina dell'art. 16 del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. dalla l. n. 221/2012, esclusivamente presso l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del difensore della parte, senza che rilevi l'eventuale elezione di domicilio presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, salva la sola ipotesi in cui non sia possibile procedere, mediante PEC, ai sensi del comma 4 della citata norma, per causa non imputabile al destinatario, nel qual caso trova applicazione l'art. 136, comma 3, c.p.c. e può rilevare l'elezione di domicilio (Cass. civ., 15 settembre 2017, n.21519; v. pure Cass. civ., 11 luglio 2017, n.17048; Cass. civ., 14 dicembre 2017, n. 30139).

È invalida la comunicazione effettuata mediante la consegna del biglietto di cancelleria a persona che, in difetto di qualsiasi indicazione, non possa considerarsi legittimata a riceverla per conto destinatario: tale comunicazione è giudicata inesistente, data la sua assoluta inidoneità al raggiungimento dello scopo (Cass. civ., 2 dicembre 1992, n. 12842). È stata ritenuta nulla la comunicazione a «collega di studio», così genericamente indicato e non identificato (Cass. civ., 12 giugno 1987, n. 5152).

Quando la comunicazione era ancora effettuata in cartaceo, erano state ritenute ammissibili ai fini della prova forme di comunicazione equipollenti: sottoscrizione «per presa visione» (Cass. civ., 16 giugno 2004, n. 11319; Cass. civ., 29 aprile 2002, n. 6221; Cass. civ., 22 maggio 2001, n. 6967; Cass. civ., 8 ottobre 1983, n. 5861; Cass. civ., 28 novembre 1989, n. 5201; Cass. civ., 12 settembre 1992, n. 10422; Cass. civ., 22 maggio 2001, n. 6967; Cass. civ., 28 novembre 1981, n. 6365; Cass. civ., 14 aprile 1980, n. 2389), attestazione di «fatto avviso» con sottoscrizione per ricevuta (Cass. civ., 23 dicembre 2003, n. 19727), sottoscrizione da parte del difensore della certificazione di deposito (Cass. civ., 23 marzo 1977, n. 1139), dichiarazione di rinuncia alla notificazione (Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20279), rilascio di copia autentica del provvedimento da comunicare (Cass. civ., 27 maggio 1994, n. 5230; Cass. civ., 23 febbraio 2000, n. 2068), comunicazione di un atto effettuata mediante comunicazione di un atto successivo (Cass. civ., 19 marzo 1979, n. 1606) ecc..

Si richiedeva, in tal caso, che vi fosse certezza in ordine alla conoscenza, per il destinatario, dell'atto o fatto da comunicare (Cass. civ., 30 gennaio 1992, n. 1005), nonché alla data in cui la conoscenza era stata acquisita (Cass. civ., 20 maggio 2000, n. 6601; Cass. civ., 15 febbraio 1996; Cass. civ., 15 marzo 1995, n. 3025; Cass. civ., 27 maggio 1994, n. 5230; Cass. civ., 18 marzo 1975, n. 1051).

Si escludeva l'equipollenza in caso di comunicazione a mezzo fax (manca in tal caso la prova della consegna dell'atto e non viene raccolta la sottoscrizione per ricevuta: Cass. civ., 15 febbraio 2006, n. 3286); affissione di un avviso nei locali della cancelleria (modalità che non assicurano che le parti abbiano effettiva conoscenza del rinvio effettuato: Cass. civ., 11 novembre 2003, n. 16960; Cass. civ., 15 luglio 2003, n. 11070); annotazione «comunicato» in calce all'atto (non essendo essa idonea a fornire la certezza che l'atto abbia raggiunto lo scopo: Cass. civ., 25 maggio 1995, n. 5746; Cass. civ., 16 settembre 1982, n. 4909; Cass. civ., 5 agosto 1977, n. 3557); lettura dell'atto in udienza, ove non prevista dalla legge (manca la consegna alla parte di un documento che contenga il provvedimento: Cass. civ., 7 febbraio 1992, n. 1343); annotazione sul registro del cancelliere, quantunque sottoscritto ad altri fini dal difensore (Cass. civ., 21 maggio 1982, n. 3130); pubblicazione su quotidiani (Cass. civ., 12 ottobre 1999, n. 11441); notizia dell'atto comunque ottenuta (Cass. civ., 29 maggio 2001, n. 7280).

Contenuto della comunicazione

Quanto al contenuto, il biglietto di cancelleria non implica, per le sue caratteristiche, alcuna certificazione di conformità all'originale, mirando viceversa a porre le parti in condizioni di prenderne visione. Il biglietto di cancelleria deve a tale scopo indicare gli estremi necessari ad identificare l'atto oggetto di comunicazione: perciò, ai sensi dell'art. 45 disp. att. c.p.c., esso deve contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore, del nome delle parti.

In passato, considerato il carattere della comunicazione quale informazione «abbreviata» (art. 136 c.p.c.), essa, quando aveva ad oggetto un provvedimento, veniva realizzata attraverso l'invio al destinatario di un sunto di esso: per lo più, nella pratica, del dispositivo. Il contenuto della comunicazione si è però modificato per effetto della novella dell'art. 45 disp. att. c.p.c. intervenuta nel 2012 (ad opera dell'art. 16, comma 3, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con modif. in l. 17 dicembre 2012, n. 221), il quale oggi dispone che il biglietto contiene in ogni caso «il testo integrale del provvedimento comunicato». Il che rende ormai inattuale la stessa locuzione «forma abbreviata di comunicazione» che ancora compare nell'art. 136 c.p.c..

Nondimeno, sembra da ritenere che rimanga fermo l'onere del destinatario di prendere cognizione dell'atto in originale, dal momento che la comunicazione ha ad oggetto una copia mancante della certificazione di conformità. In tale prospettiva, in passato, in un caso in cui il giudice di appello aveva ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti di taluni litisconsorti necessari, ex art. 331 c.p.c., la Suprema Corte ha ritenuto costituisse mera irregolarità l'omessa menzione di alcuni di essi nel biglietto di cancelleria, poiché il procuratore destinatario della comunicazione (che aveva provveduto all'integrazione nei soli confronti di questi ultimi) ha, appunto, l'onere di prendere visione dell'originale del provvedimento e di verificarne l'esatto contenuto (Cass. civ., 28 marzo 1997, n. 2810).

Sebbene il biglietto di cancelleria fornisca, per definizione normativa, un'informazione «abbreviata», il codice di rito prevede espressamente, in taluni casi, che la comunicazione comporti il decorso del termine perentorio per lo svolgimento di una successiva attività processuale. Così, ad esempio, e senza pretesa di esaustività, l'art. 47 c.p.c. fa decorrere dalla comunicazione della sentenza il termine per il ricorso per regolamento di competenza; l'art. 72 c.p.c. fa decorrere dalla comunicazione della sentenza il termine per l'impugnazione da parte del pubblico ministero delle sentenze pronunciate in cause matrimoniali; l'art. 669-octies c.p.c. fa decorrere dalla comunicazione dell'ordinanza cautelare (salvo non si tratti di cautelare «anticipatorio») il termine per l'inizio del giudizio di merito; l'art. 669-terdecies c.p.c. fa decorrere (anche) dalla comunicazione il termine per il reclamo; l'art. 702-quater c.p.c. fa decorrere (anche) dalla comunicazione il termine per l'appello; l'art. 99 u.c. l. fall. fa decorrere dalla comunicazione del decreto reso dal tribunale sulle opposizioni allo stato passivo il termine per il ricorso per cassazione.

Merita infine un cenno, in questa sede, la questione della tutela della riservatezza del destinatario. A tal proposito l'art. 174 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 ha previsto l'estensione alle comunicazioni mediante biglietto di cancelleria dell'obbligo di consegna o deposito in busta sigillata, inserendo l'attuale comma 4 dell'art. 137 c.p.c..

Effetti della mancata comunicazione

Gli effetti della mancata comunicazione, naturalmente, variano al variare dell'oggetto della comunicazione: così, ad esempio, la mancata comunicazione al consulente tecnico dell'ordinanza che ne dispone la comparizione per il conferimento dell'incarico nessun altro effetto determinerà se non quello della necessità della fissazione di una nuova udienza ai fini del medesimo incombente.

Particolare gravità rivestono gli effetti della mancata comunicazione di provvedimenti i quali vadano a ripercuotersi sullo svolgimento del contraddittorio processuale. In particolare:

In evidenza

La mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti del giudizio di primo grado, dell'ordinanza pronunciata dal giudice fuori dell'udienza determina la nullità della sentenza (per violazione del principio del contraddittorio), ove la parte cui l'ordinanza non è stata comunicata sia assente nell'udienza di discussione; tale vizio può essere fatto valere soltanto mediante appello, con il conseguente obbligo per il giudice di secondo grado di decidere la causa nel merito, non ricorrendo una delle ipotesi di cui all'art. 354 c.p.c. (Cass. civ., 16 maggio 1983, n. 3377)

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