Impugnazione del diniego di autotutela dell’aggiudicazione non è sufficiente a rimettere in termini rispetto all’impugnazione dell'originario provvedimento

18 Settembre 2018

È inammissibile l'impugnazione del diniego espresso di autotutela dell'aggiudicazione in caso di omessa impugnazione dell'aggiudicazione stessa. Il diniego infatti è un atto meramente confermativo dell'originario provvedimento, che non compie alcuna nuova valutazione degli interessi in gioco e che, pertanto, non può essere un mezzo per una sostanziale rimessione in termini quanto alla contestazione dell'originario provvedimento.

Il caso. L'Anas indiceva procedura negoziata, ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett c), del D.Lgs. 50/2016 per l'affidamento dell'appalto avente ad oggetto lavori di manutenzione periodica e di ripristino funzionale degli impianti di illuminazione e di ventilazione esistenti lungo la rete stradale di competenza compartimentale.

In seguito alla aggiudicazione definitiva, la seconda classificata, segnalava alla stazione appaltante l'irregolarità contributiva dell'aggiudicataria di cui aveva avuto contezza in sede di accesso agli atti.

La stazione appaltante, quindi, dopo la conferma dell'irregolarità contributiva da parte dell'INPS, avviava la procedura di revoca dell'aggiudicazione. Tale procedura tuttavia si concludeva con l'archiviazione sul presupposto di una rilevata continuità del requisito della regolarità contributiva dell'aggiudicataria. La società controinteressata dunque impugnava gli atti di gara chiedendo, tra le altre, la dichiarazione di inefficacia del contratto di appalto.

La soluzione. Il TAR dichiara tardiva l'impugnazione dell'aggiudicazione e inammissibile l'impugnazione del diniego di autotutela per difetto d'interesse. La ricorrente infatti ha omesso di impugnare il provvedimento di aggiudicazione definitiva proponendo ricorso solo dopo che è stato archiviato il procedimento di annullamento. La sentenza si conforma ad una giurisprudenza costante che esclude che il diniego di autotutela abbia una autonoma portata lesiva, mancando un interesse concreto e attuale a contestarlo. Infatti il diniego espresso di autotutela rispetto all'aggiudicazione non può essere un mezzo per una rimessione in termini rispetto all'impugnazione dell'originario provvedimento che è il vero atto lesivo. A tal proposito il Collegio sottolinea che il sindacato del giudice amministrativo non può spingersi fino a una valutazione di merito circa l'esercizio da parte della pubblica autorità di annullare in autotutela i propri provvedimenti. Il rischio è quello di esorbitare dai limiti della giurisdizione in violazione dell'art. 134 c.p.a.

A conferma di quanto detto il TAR richiama anche una giurisprudenza civilistica che, nella materia tributaria, ammette l'impugnazione del diniego di autotutela per fatti sopravvenuti. Questa giurisprudenza tuttavia precisa che: i) l'autotutela per fatti sopravvenuti è cosa diversa dall'annullamento dell'atto per vizi originari; ii) avverso l'atto con il quale l'amministrazione manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo non è esperibile un'autonoma tutela giurisdizionale “sia per la discrezionalità propria dell'attività di autotutela, sia perché, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso a una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo” (cfr.: Cass. civile, S.U. nn. 16776/2005 e 7388/2007).

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