Sull'esclusione dalla gara d'appalto per conflitto d'interesse

24 Settembre 2018

La questione giuridica affrontata nel merito dalla decisione in commento ruota attorno alla definizione di “conflitto d'interesse” ai fini dell'operatività della causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016.
Massima

È illegittimo il provvedimento di esclusione dalla gara per conflitto d'interesse che non motivi puntualmente sulle ragioni che determinano, nel caso concreto, un'indebita posizione di vantaggio suscettibile di alterare la par condicio competitorum.

Il caso

La sentenza in commento concerne una procedura di gara per l'affidamento di un appalto di fornitura indetta da un'Azienda sanitaria.

La società Alfa ha partecipato alla suddetta procedura inserendo nel gruppo di lavoro per l'esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto anche un medico dipendente della stazione appaltante.

L'Azienda sanitaria in questione ha escluso la società Alfa dalla competizione, ritenendo che la presenza del dipendente de quo nel suddetto gruppo di lavoro potesse determinare, «anche in via teorica», una distorsione della concorrenza e potesse inficiare la par condicio: il professionista possedeva, infatti, un know-how informativo (determinato dalla possibilità dello stesso di accedere ai dati della A.s.l.) «potenzialmente» in grado d'influire – secondo la stazione appaltante – sulla predisposizione dell'offerta tecnica ed economica della ditta partecipante.

La società Alfa ha avversato la suddetta esclusione.

In fase cautelare, il Tar ha accolto la richiesta di sospensione dei provvedimenti impugnati inquadrando la fattispecie nella disposizione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, la quale esclude il concorrente che tenta di «ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio»: nella fattispecie la p.A. non aveva fatto «alcun riferimento alla natura riservata, né al tipo di informazioni che la concorrente potrebbe aver acquisito dal predetto professionista organico della ASL»; pertanto, l'esclusione risultava prima facie illegittima.

Nel merito, il Tribunale territoriale, ha accolto il ricorso, ritenendo, melius re perpensa, che la fattispecie dovesse essere sussunta, non – come ritenuto in fase cautelare – nella causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, bensì nell'ipotesi di cui all'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016, concernente il conflitto d'interesse, e che, nel caso in parola, la p.A. non avesse congruamente motivato il proprio provvedimento con l'indicazione delle informazioni fornite dal proprio dipendente che avrebbero “concretamente” determinato un'indebita posizione di vantaggio del partecipante, suscettibile di alterare la par condicio competitorum.

La questione

La questione giuridica affrontata nel merito dalla decisione in commento ruota attorno alla definizione di “conflitto d'interesse” ai fini dell'operatività della causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016.

In particolare, la decisione ha risposto al quesito sulla natura – astratta e potenziale o concreta e verificata – del conflitto d'interesse che la suddetta disposizione pone a fondamento dell'estromissione del concorrente dalla procedura selettiva e ha valutato, di conseguenza, l'onere motivazionale che grava sulla stazione appaltante nel momento in cui adotta un simile provvedimento di esclusione.

Le soluzioni giuridiche

Nella sentenza in esame il Tar pugliese ha risolto la questione sottopostagli affermando che, ai fini dell'esclusione dell'impresa dalla gara d'appalto, per conflitto d'interesse deve intendersi non una qualsiasi situazione che, in astratto e solo potenzialmente, possa far temere che un concorrente goda di una posizione di vantaggio rispetto agli altri, bensì soltanto quella situazione che, ad una concreta valutazione dell'offerta e dell'offerente, risulti falsare la par condicio competitorum e violare il principio di trasparenza dell'azione amministrativa.

Secondo il Tribunale pugliese, è, pertanto, illegittimo il provvedimento di esclusione del concorrente per conflitto d'interesse che non fondi sull'accertamento della sussistenza “in concreto” di un indebito vantaggio competitivo e non specifichi puntualmente le circostanze di fatto che hanno “effettivamente” prodotto il vantaggio medesimo.

La decisione in commento richiama testualmente la sentenza del Tribunale UE, sez. II, 13 ottobre 2015, n. 403/12, la quale, muovendo dalla considerazione secondo cui la nozione di conflitto d'interesse «ha carattere oggettivo e per definirla occorre prescindere dalle intenzioni degli interessati, e in particolare dalla loro buona fede (v. sentenza del 20 marzo 2013, Nexans France/Impresa comune Fusion for Energy, T-415/10, Racc., EU:T:2013:141, punto 115 e giurisprudenza ivi citata)», ha affermato che «Alle autorità aggiudicatrici non incombe un obbligo assoluto di escludere sistematicamente gli offerenti in situazione di conflitto di interessi, dato che siffatta esclusione non sarebbe giustificata nei casi in cui si potesse dimostrare che tale situazione non ha avuto alcuna incidenza sul loro comportamento nella procedura di gara, e non determina alcun rischio reale di pratiche atte a falsare la concorrenza tra gli offerenti» e ha concluso che «il ragionamento in termini di rischio di conflitto di interessi impone una valutazione concreta, da un lato, dell'offerta e, dall'altro, della situazione dell'offerente interessato», configurando l'esclusione dell'offerente come l'extrema ratio a cui ricorrere esclusivamente nel caso in cui siano “effettivamente” violati i principi di trasparenza e di parità di trattamento tra gli offerenti.

Osservazioni

La decisione in commento accoglie la tesi secondo cui il conflitto d'interessi, anche quello derivante dalle cause d'incompatibilità di cui all'art. 7, d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, sia configurabile esclusivamente nell'ipotesi in cui una determinata situazione, puntualmente e concretamente valutata, risulti falsare la par condicio competitorum e non invece nel caso in cui la situazione medesima possa, soltanto in astratto e in via potenziale, far temere l'indebito vantaggio di un concorrente rispetto agli altri.

La soluzione adottata dalla sentenza sembrerebbe propendere, dunque, per un'interpretazione “sostanzialistica” delle disposizioni applicabili alla fattispecie, che vede come bene direttamente tutelato dalle disposizioni medesime il buon andamento (nelle sue varie declinazioni e sfaccettature) della singola gara d'appalto.

Accanto a questa interpretazione, però, ve ne è almeno un'altra: quella che vuole le norme de quibus dirette a tutelare, non solo la singola gara, ma anche, e più in generale, il prestigio della p.A. e che, di conseguenza, impone alla stazione appaltante non solo di essere terza e imparziale a salvaguardia del buon andamento della singola procedura selettiva, ma anche di apparire tale a garanzia del proprio prestigio e della propria immagine.

A supporto di questa seconda interpretazione possono richiamarsi alcuni dati normativi e giurisprudenziali.

Sul piano normativo, l'art. 24, direttiva 2014/24/UE (di cui l'art. 80, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016 costituisce attuazione) dispone che: «Gli Stati membri provvedono affinché le Amministrazioni aggiudicatrici adottino misure adeguate per prevenire, individuare e porre rimedio in modo efficace a conflitti di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici. Il concetto di conflitti di interesse copre almeno i casi in cui il personale di un'amministrazione aggiudicatrice o di un prestatore di servizi che per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti o può influenzare il risultato di tale procedura ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto»; allo stesso modo, secondo l'art. 42, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 (a cui lo stesso art. 80 rinvia) si ha conflitto d'interesse quando «il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltane, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazioni di conflitto d'interesse, quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62».

A queste disposizioni potrebbe aggiungersi, in un contesto più generale, anche l'art. 6-bis, l. n. 241 del 1990, ai sensi del quale «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto d'interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».

Le disposizioni a cui si è fatto cenno – come si vede – si premurano di evidenziare la rilevanza del conflitto «anche potenziale», che «può influenzare» la gara e che «può essere» anche solo «percepito come una minaccia»all'imparzialità e all'indipendenzadella p.A..

Sul piano giurisprudenziale, il G.a., trattando d'incompatibilità e di conflitto d'interesse, ha valorizzato l'aspetto della tutela del prestigio della p.A., ritenendo che: «le situazioni di conflitto di interessi, nell'ambito dell'ordinamento pubblicistico non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite» (Cons. Stato, Sez. V, 19 settembre 2006, n. 5444); che«al di là delle singole disposizioni normative, ogni situazione che determini un contrasto, anche solo potenziale, tra il soggetto e le funzioni attribuitegli, deve comunque ritenersi rilevante a tal fine: invero, secondo consolidata giurisprudenza, ogni Pubblica Amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione, al principio generale di imparzialità e di trasparenza ex art. 97 Cost. (Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giur., 26 aprile 1996, n. 83; Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1995, n. 775), tanto che le regole sull'incompatibilità, oltre ad assicurare l'imparzialità dell'azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della Pubblica Amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato illegittimo (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563)”» (Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415); che «in quest'ottica si [colloca, n.d.r.], senza soluzione di continuità, il principio adesso normativamente espresso dall'art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016. In effetti, le ipotesi ivi previste (in termini generali ed astratti) si riferiscono a situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l'imparzialità richiesta nell'esercizio del potere decisionale. Si verificano quando il “dipendente” pubblico (ad esempio, il Rup ed i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale, esecuzione contratto e collaudi) ovvero colui (anche un soggetto privato) che sia chiamato a svolgere una funzione strumentale alla conduzione della gara d'appalto, è portatore di interessi della propria o dell'altrui sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l'esercizio imparziale ed obiettivo delle sue funzioni. La definizione normativa, del resto, appare coerente con lo ius receptum per cui le regole sull'incompatibilità, oltre ad assicurare l'imparzialità dell'azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della pubblica amministrazione, ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o meno un risultato illegittimo (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2004, n. 563)» (Cons. Stato, n. 3415/2017 cit.) e che «la nozione di “conflitto di interesse” delineata all'art. 24 della direttiva 2014/24/UE (che […] prevede solamente un livello minimo ed essenziale di tutela, lasciando agli Stati membri la possibilità di predisporre forme più anticipate ed estese di protezione) ha […] una portata più indiretta ed ipotetica, essendo integrata allorché il soggetto interveniente – su cui si discute – può già solo “influenzare il risultato di tale procedura o ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità”» (Cons. Stato, n. 3415/2017 cit.).

Guida all'approfondimento

P. Cosmai – R. Iovino, Il nuovo codice degli appalti pubblici, Assago, 2016, pagg. 141 ss..

S. Martino, Commento all'art.42, in R. Garofoli – G. Ferrari, Codice dei Contratti pubblici, VII ed., tomo I, 2017, pagg. 807 ss..

G. Margiotta, Commento all'art. 80, in R. Garofoli – G. Ferrari, Codice dei Contratti pubblici, VII ed., 2017, tomo I, pagg. 1324 ss..

O. Marongiu, Selezione delle offerte,in R. Garofoli – G. Ferrari, La nuova disciplina dei contratti pubblici,II ed., 2017, pagg. 644 ss..

R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, 2018, pagg. 770 ss..

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