L’invio delle sentenze da parte della Cancelleria tra comunicazione e notificazione
26 Settembre 2018
Massima
“La notifica della sentenza eseguita dalla Cancelleria è idonea a determinare la decorrenza del termine breve per l'impugnazione ai sensi dell'art. 325, comma 2, c.p.c.”. Il caso
Nell'ambito di un giudizio riguardante un minore, la Corte d'Appello riforma la decisione del Tribunale dei Minorenni, revocando lo stato di adottabilità del bambino ed emanando ulteriori determinazioni per la regolamentazione dei rapporti tra i genitori ed il figlio. La Cancelleria della Corte invia a mezzo PEC la sentenza, tra gli altri, al curatore del minore, costituito in proprio in quanto avvocato. Segue il ricorso per cassazione, proposto dallo stesso curatore, rispetto al quale viene evidenziata dal controricorrente la tardività rispetto al termine breve per la proposizione del gravame. La Corte di Cassazione accoglie questa tesi, e dichiara inammissibile il ricorso. La questione
Il profilo da valutare investe la valenza dell'invio della sentenza, da parte della Cancelleria, in relazione alla decorrenza dei termini per la proposizione delle impugnazioni. Inoltre, investe la qualificazione dell'invio, rispetto alle categorie della notificazione e della comunicazione. Nello specifico ambito processuale, rileva l'art. 17 della legge n. 184/1983 (Diritto del minore ad una famiglia), il quale ai commi 1 e 2 stabilisce, per quello che qui interessa, dapprima che avverso la sentenza di primo grado il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione, e che la Corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in Cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia, e quindi che la sentenza è notificata d'ufficio al pubblico ministero e alle altre parti, e che avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione.
Le peculiarità processuali, nel caso in esame, sono pertanto tre. La prima riguarda l'impulso della notificazione della sentenza della Corte d'Appello, attribuito dalla legge alla iniziativa dell'ufficio di Cancelleria; la seconda riguarda il termine per la proposizione del ricorso, che a decorrere dalla notificazione è in questo caso di trenta giorni; la terza riguarda il valore della notifica eseguita ad iniziativa della Cancelleria, rispetto alla decorrenza del termine breve per la impugnazione. Sotteso a tali profili vi è poi, sullo sfondo ma ben centrale, il problema della valenza dell'invio, in vista della qualificazione dello stesso alla stregua di una notifica piuttosto che di una mera comunicazione. Le soluzioni giuridiche
La questione è stata già oggetto di prese di posizione, sia nello specifico, e sia più in generale in relazione al rapporto tra gli invii della Cancelleria e la decorrenza dei termini brevi per l'impugnazione.
Quanto al caso specifico, va richiamata la Cass. civ. Sez. I, 4 dicembre 2014, n. 25662, secondo la quale «In tema di notificazioni disposte d'ufficio dalla legge, con riferimento alla notifica d'ufficio della sentenza della Corte d'Appello Sezione minori, non è idonea a far decorrere - per la proposizione del ricorso per cassazione - il termine dimidiato di trenta giorni, di cui all'ultimo comma dell'art. 17 della legge adozioni n. 184 del 1983, la comunicazione della sentenza per posta elettronica certificata (PEC) effettuata dalla Cancelleria del giudice, quand'anche essa sia eseguita (anteriormente alla vigenza del nuovo testo dell'art. 133 c.p.c.) con l'invio del testo dell'intero provvedimento, ai sensi dell'art. 45 disp. att. c.p.c., atteso che la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 17 della legge n. 184, menzionata, richiede espressamente l'esecuzione formale della notifica senza che questa possa essere surrogata da una comunicazione (non importa se per estratto o per intero) della sentenza».
In senso difforme con l'adozione dell'orientamento ora in commento, Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 29302 del 6 dicembre 2017 (Rv. 647285 - 01), secondo cui «In tema di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notificazione d'ufficio della sentenza della Corte d'appello, effettuata ai sensi dell'art. 17, comma 1, della l. n. 184 del 1983, è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione di cui al successivo comma 2 del medesimo articolo, tenuto conto che la natura di "lex specialis", da riconoscere alla previsione di detto termine, porta ad escludere l'applicabilità della norma generale, posta dall'art. 133 c.p.c. (sia nell'originaria formulazione, sia in quella introdotta dall'art. 45, comma 1, del d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., nella l. n. 114 del 2014), senza che abbia alcun rilievo la circostanza che la notificazione sia avvenuta per via telematica, atteso il chiaro tenore dell'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif., nella l. n. 221 del 2012, posto che il principio accelleratorio, sotteso alla disciplina in esame, trova la sua "ratio" nella preminente esigenza di dare la più rapida definizione all'assetto relativo allo stato del minore, senza sacrificare in modo apprezzabile il diritto di difesa delle parti ricorrenti, sottoposto, in definitiva, solo ad un modesto maggior impegno» (analogamente Sez. 1, Sentenza n. 16857 del 26 giugno 2018, Rv. 649783 - 01).
Più in generale deve richiamarsi Cass. civ, sez. 1, 20 maggio 2016, n. 10525 (Rv. 639848 - 01), secondo cui «La notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell'art. 18, comma 13, l.fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), ex art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif, dalla l. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in Cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall., non ostandovi il nuovo testo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.».
Deve infine richiamarsi Cass., sez. I, n. 14972 del 16 giugno 2017, che in motivazione ha chiarito la valenza sostanziale di notificazione della comunicazione formale dell'intero provvedimento («Con riguardo alla prima fattispecie (sul piano formale) comunicatoria ma, nella sostanza, notificatoria (avendo la Cancelleria trasmesso l'intero provvedimento, sebbene qualificando l'atto come una semplice comunicazione»), e ha sostenuto sia che «La sostanziale notificazione dell'atto, ovviamente, ove ritenuta regolare comporterebbe, di per sé stessa, la tardività dell'impugnazione odierna notificata assai oltre il termine di trenta giorni da essa», e sia che l'art. 133, comma 2, c.p.c. «non si applica ove norme speciali stabiliscano diversamente dalle norme di carattere generale, artt. 325 e 326 c.p.c., come per la sentenza di fallimento, ex art. 18, 14 e 15 l.f.», anche chiarendo che «nella ricostruzione sistematica, tale conclusione si ancora altresì al disposto dell'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, convertito nella l. n. 221 del 2012, che ha previsto che nei procedimenti civili le «comunicazioni e notificazioni da parte della Cancelleria» avvengano, per via telematica, all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni». Osservazioni
Pare necessario muovere dalla distinzione tra i concetti di comunicazione e di notificazione. Nel codice di rito essi sono disciplinati rispettivamente dagli artt. 136 e 137. Tradizionalmente la distinzione tra le stesse, sul piano del diritto sostanziale, era ancorata alla necessaria intermediazione di un soggetto nella notificazione (l'Ufficiale Giudiziario, operante peraltro, come si era osservato in dottrina, non in virtù di un potere trasmessogli dal soggetto richiedente bensì sulla base di un potere proprio, nell'esercizio di una pubblica funzione), previsione assente nel caso della comunicazione, pur se in ipotesi eseguita a mezzo di un soggetto terzo (che avrebbe rivestito il ruolo di semplice ausiliario, con potere derivato, alla stregua, come pure autorevolmente sostenuto in dottrina, di un nuncius).
Si tratta di una distinzione peraltro superata da quanto ora previsto dall'art. 16 comma 4 del d.l. n. 179/2012, che stabilisce come “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della Cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”, e come “La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla Cancelleria”.
Sotto un diverso profilo la distinzione della comunicazione, rispetto alla notificazione, era ancorata alla circostanza per la quale la prima non rispondeva alla finalità di assicurare la conoscenza integrale dell'atto o del provvedimento che ne era oggetto, bensì allo scopo di portare i destinatari a conoscenza della sua esistenza, mediante una notizia sintetica ed essenziale dello stesso. Le recenti modifiche dell'art. 45 disp. att. c.p.c., e dell'art. 133 c.p.c., hanno ridisegnato i confini tra i due istituti, poiché la prima norma ha ora previsto che il biglietto debba contenere l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore, il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato, e la seconda norma ha a sua volta stabilito che per le sentenze il cancelliere debba dare atto del deposito in calce alle stesse, debba apporvi la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, debba darne notizia alle parti che si sono costituite.
Come si vede, per le sentenze pur essendo prevista la comunicazione integrale del provvedimento (così equiparandosi la comunicazione e la notificazione sul piano contenutistico – sostanziale), non di meno è lasciata inalterata la differenza tra le due forme di invio sul piano formale, essendo previsto che la comunicazione non sia idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.. Quest'ultimo punto, a ben guardare, permette di distinguere i vari profili attinenti agli istituti della comunicazione e della notificazione, poiché impone di valorizzare ad un tempo i contenuti degli invii, e i dati normativi sottesi a ciascuna singola fattispecie. Ed infatti, se per effetto della nuova formulazione dell'art. 133 c.p.c. ha perso di rilievo la distinzione basata sul contenuto dell'invio, essendo ora previsto che le sentenze debbano essere comunicate nel testo integrale (come peraltro più in generale stabilito dall'art. 45 disp. att. c.p.c.), non di meno la differenza di effetti tra gli invii deve tener conto delle peculiarità tipiche dei diversi contesti processuali, valorizzando la qualificazione dell'invio in un senso piuttosto che nell'altro, a seconda del fatto che le norme, sul piano formale, prevedano la comunicazione ovvero la notificazione. In altre parole, se a fini di decorrenza del termine breve per l'impugnazione deve essere ritenuto comunque necessario l'invio dell'atto integrale (come ad esempio affermato da Cass. civ., sez. lav., 24 ottobre 2017, n. 25136, Rv. 646110 – 01, secondo cui «In tema di ricorso per cassazione avverso la sentenza che definisce il procedimento di reclamo ex art. 1, comma 62, della l. n. 92 del 1992, la comunicazione via PEC a cura della Cancelleria fa decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione ove risulti allegato il testo integrale della sentenza, senza che sia sufficiente il mero avviso del deposito, atteso che la parte deve essere posta in grado di conoscere le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza onde predisporne l'eventuale impugnazione»), esso sarà tuttavia sufficiente solo quando la singola fattispecie disponga tale effetto, rimanendo altrimenti irrilevante che la Cancelleria abbia inviato la copia integrale dell'atto (come ad esempio affermato da Cass. civ., sez. 1, 22 marzo 2018, n. 7154, Rv. 647842 - 01, secondo cui «In assenza di normativa speciale circa la decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza resa ex art. 702-quater c.p.c., non rileva che la comunicazione dell'ordinanza sia avvenuta in forma integrale a mezzo Pec, dovendo trovare applicazione la disposizione generale di cui all'art. 133, comma 2, c.p.c. (come modificato con l'art. 45, comma 1, lett. b) del d.l. n. 90/2014, conv. con modif. dalla l. n. 114/2014) secondo il quale la comunicazione da parte della Cancelleria del testo integrale della sentenza non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.».
In precedenza, rispetto ad una fattispecie analoga a quella in commento, la Corte di legittimità aveva adottato un indirizzo difforme, con il quale era stato sostenuto che la comunicazione, ancorché del provvedimento integrale, non fosse idonea ad integrare la notificazione. Quest'ultima decisione, relativa al periodo compreso tra la modifica dell'art. 45 disp. att. c.p.c., e la modifica dell'art. 133 c.p.c., era stata basata su due diversi profili. In primo luogo era stato valorizzato il dato, formale, della successiva introduzione dell'inciso dell'art. 133, che come visto esclude la valenza di notifica alla comunicazione integrale della decisione, a fini di decorrenza del termine breve per l'impugnazione; in secondo luogo era stato valorizzato lo stato non ancora generalizzato di applicazione del processo civile telematico (venendo all'attenzione una comunicazione eseguita a mezzo pec, ai sensi della norma di attuazione). L'approdo interpretativo raggiunto in quella prima occasione, pur non valorizzando appieno la portata distintiva tra la previsione codicistica generale (art. 133 c.p.c.) e le previsioni speciali (come ad esempio l'art. 17 della legge n. 184/1983, ma anche in diverso ambito come l'art. 18 della legge fallimentare), non potrebbe comunque essere sbrigativamente svalutato, poiché in realtà ispirato alla tutela sostanziale delle posizioni delle parti, rispetto a conseguenze processuali definitive, peraltro in un contesto temporale caratterizzato dalla introduzione del p.c.t., e dalle incertezze interpretative ed anche operative con le quali la comunità degli addetti doveva confrontarsi.
Pur essendo necessario operare al riguardo alcune considerazioni, va detto chiaramente che gli sviluppi della giurisprudenza successiva appaiono del tutto conformi sia al dato normativo, e sia alle esigenze di difesa delle parti processuali.
La cesura sistematica esistente tra la valenza attribuita alle comunicazioni, anche integrali, dall'art. 133 c.p.c., e il valore sostanziale di notifica che non di meno in particolari materie deve attribuirsi a tali comunicazioni, non è infatti frutto di valutazioni arbitrarie, adottate caso per caso, ma risponde a dati normativi specifici, peculiari delle singole fattispecie sostanziali. Si tratta di previsioni conoscibili anche quanto agli effetti che ad esse sono conseguenti, e che giustificano le conclusioni ormai acquisite dalla giurisprudenza. D'altra parte, se è innegabile che alcune materie, come quella della adozione, presentano profili di delicatezza particolarmente accentuate (Cass. civ., n. 25662/2014), è parimenti vero che il principio acceleratorio, sotteso alla relativa disciplina, trova la sua "ratio" nella preminente ed altrettanto meritevole esigenza di assicurare la più rapida definizione dello "status" del minore, senza sacrificare in misura apprezzabile il diritto di difesa delle parti, sottoposto, in definitiva, solo ad un modesto maggiore onere (così Cass. civ, n. 16857/2018).
Nel quadro così delineato, e sotto il profilo meramente operativo, ribadito il contenuto dell'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179/2012, già richiamato, va anche evidenziato come “quando viene trasmesso a mezzo posta elettronica certificata il biglietto di Cancelleria è costituito dal messaggio di posta elettronica certificata, formato ed inviato nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici” (art. 45, ultimo comma, disp. att. c.p.c.). In sostanza, soccorrono le ordinarie regole che disciplinano la posta elettronica certificata, con le usuali previsioni di perfezionamento dell'inoltro, sulla base delle ricevute generate dai gestori della posta elettronica certificata del mittente e del destinatario, e con gli usuali oneri di collaborazione gravanti sugli operatori, ciascuno nell'ambito della rispettiva qualifica professionale (come ad esempio si ricava da Cass. civ., 31 ottobre 2017, n. 25819, secondo cui “La semplice verifica dell'avvenuta accettazione dal sistema e della successiva consegna, ad una determinata data ed ora, del messaggio di posta elettronica certificato contenente l'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica. L'eventuale mancata lettura dello stesso da parte del difensore per eventuale malfunzionamento del proprio computer andrebbe imputato a mancanza di diligenza del difensore che nell'adempimento del proprio mandato è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l'efficienza”).
Il tema posto dalla decisione in commento è assai rilevante sotto il profilo sistematico. Esso passa dalla rivisitazione, in chiave sostanzialistica, delle disposizioni processuali inerenti alle comunicazioni e alle notificazioni, attribuendo il valore formale delle seconde anche alle prime, in presenza di determinati presupposti di fatto (l'invio del provvedimento integrale), e di diritto (la previsione normativa dettata nelle singole fattispecie, della notificazione a cura della Cancelleria). Non può poi sottacersi che il dato normativo non sempre sia congruente, contribuendo ad ingenerare un certo disorientamento, senza che emergano robuste ragioni giustificative della diversità di disciplina dettata volta per volta (ad esempio l'art. 1 comma 62 della n. 92/2012 individua il dies a quo del termine per l'impugnazione nella comunicazione, mentre l'art. 17 della legge 184/1983 nella notificazione). Sotto il piano formale, il sacrificio imposto alle parti risiede, in questo caso, nella attribuzione del valore di notificazione all'invio di un messaggio di posta elettronica, da parte della Cancelleria, pur quando privo di indicazioni in ordine alla natura giuridica dell'invio stesso (in altre parole, pur in assenza di qualunque formale indicazione dell'invio alla stregua di una notificazione). Vi è indubbiamente una chiara diversità di disciplina rispetto non solo alle notifiche eseguite dall'Ufficiale Giudiziario, ma anche rispetto a quanto previsto per le notifiche eseguite in proprio dagli avvocati, ai sensi della legge n. 53/1994 (della quale vanno rammentati gli adempimenti imposti a fini di rituale notifica telematica dai commi 4, 5 e 6 dell'art. 3-bis, e le conseguenze in termini di nullità ai sensi dell'art. 11 in caso di inosservanza delle disposizioni previste).
Nel caso in commento la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente, in fatto, che l'invio riportasse nell'oggetto la dicitura “deposito sentenza – pubblicazione”, e nella descrizione dell'atto l'indicazione “depositata (pubblicata) sentenza n. 44/2016 (esito Riforma totale)”. Non si dubita della diversità di prospettiva tra i diversi contesti, posto che altro è la notificazione eseguita dall'avvocato, rispetto alla quale si giustificano le cautele formali dettate dalla legge n. 53/1994, e altro è l'invio operato dalle Cancellerie. Nel primo caso l'onere di collaborazione del destinatario può ragionevolmente essere ritenuto di portata minore, tenuto conto della diversità di contesto tra le due situazioni (impulso di parte nel primo caso; impulso d'Ufficio nel secondo caso).
E tuttavia è bene dire che il compito gravoso della giurisdizione risiede, nella specie, nell'individuare correttamente il confine entro il quale contenere la valutazione in chiave sostanzialistica dell'invio, suscettibile di legittimare la decorrenza del termine breve per l'impugnazione anche rispetto a modalità prive di compiute garanzie formali. Se minimi scostamenti possono legittimare, nella comparazione tra i profili di delicatezza delle singole vicende giudiziarie, e il principio acceleratorio immanente all'ordinamento, un modesto maggiore onere in capo alle parti, ciò può giustificarsi solo nella misura in cui esso non pervenga ad integrare, come ben chiarito nella giurisprudenza richiamata in precedenza, un vero e proprio sacrificio apprezzabile del diritto di difesa delle parti. Guida all'approfondimento
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