Costo orario “medio” del lavoro e sua (in)derogabilità: è nulla la clausola che esclude automaticamente l’offerta.

29 Settembre 2018

Viola il principio di tassatività delle cause di esclusione - e pertanto va dichiarata nulla - la clausola della lex specialis che sanziona con l'inammissibilità le offerte economiche che prevedono un “costo medio orario” del lavoro inferiore a quello ricavabile dal relativo CCNL e dalle Tabelle ministeriali di cui all'art. 23, co. 16, D.Lvo n. 50/2016. L'anomalia dell'offerta è limitata alla sola ipotesi del costo del personale inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali e non anche all'ipotesi in cui il costo medio orario del lavoro risulti inferiore a quello stabilito da un determinato CCNL (ipotesi di portata più ampia).

Il caso Il Consiglio di Stato si è pronunciato su un caso in cui veniva invocata la nullità di una clausola del disciplinare di gara che sanzionava con l'inammissibilità, l'offerta economica presentata dai concorrenti che avessero indicato un "costo medio" orario del lavoro inferiore a quello ricavabile dal relativo CCNL ovvero dalle Tabelle ministeriali di cui all'art. 23, comma 16, del Codice.

L'iter argomentativo del Collegio: la portata della clausola in esame e la violazione delle norme di legge.

La clausola in esame – il cui tenore era chiarissimo nel sancire l'esclusione dei concorrenti che avessero indicato un costo medio orario del lavoro inferiore ai parametri ministeriali – a giudizio del Collegio è apparsa affetta da nulla, rilevabile d'ufficio, in ragione di una duplice circostanza.

Il Consiglio di Stato, difatti, ha anzi tutto rilevato che tale clausola si pone in aperto contrasto con l'art. 83, comma 8, del Codice dei Contratti il quale espressamente dispone che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti”.

Sempre secondo il Collego, poi, tale clausola risulta comunque nulla per violazione dell'art. 97, comma 5, lett. d) del medesimo Codice secondo cui “l'offerta è anormalmente bassa in quanto il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'art. 23, comma 16”.

La norma, difatti, nel sancire l'esclusione del concorrente laddove il costo del personale risulti inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali, delimita una fattispecie diversa e ben più ristretta da quella prospettata dalla clausola “incriminata” che riguarda, viceversa, l'ipotesi in cui il costo medio orario del lavoro risulti inferiore a quello stabilito da un determinato CCNL.

Il richiamo al “costo medio orario” contenuto nella clausola, dunque, rappresenta un palese ampliamento della portata della norma (cui la lex specialis intendeva, invece, dare applicazione), e si pone in evidente contrasto con il concetto di “trattamento retributivo minimo” previsto dall'art. 97, comma 5, lett. d) del D.Lgs. 50/2016.

Le conclusioni del Collegio.

A giudizio del Collegio, quindi, è evidente la non assimilabilità del concetto di “trattamento retributivo minimo” – di carattere “originario” e desumibile direttamente dal relativo CCNL – con quello di “costo medio orario del lavoro” che rappresenta, viceversa, il frutto dell'attività di elaborazione del competente Ministero, ricavato dall'analisi e dall'aggregazione di diversi dati relativi ad una molteplicità di tipologie contrattuali, con conseguente contrasto - risolvibile con la declaratoria di nullità della clausola del disciplinare - tra la norma primaria e la lex specialis di gara, per aperta violazione dell'art. 83, comma 8, D.Lvo n. 50/2016.

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