Risarcibile il danno da lesione del diritto di autodeterminazione in ordine al proprio ruolo genitoriale
05 Ottobre 2018
Massima
Va risarcito il danno da lesione del diritto di autodeterminazione in ordine al ruolo genitoriale per avere il marito scoperto, a distanza di parecchi anni, che la figlia, nata in costanza di matrimonio, era il frutto di una relazione extraconiugale della moglie.
Il caso
La presente controversia trae origine dalla domanda proposta da F.T., ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c., al fine di ottenere il risarcimento del danno patito per avere scoperto che la bambina, nata durante il matrimonio con la sig.ra I.P., non era sua figlia naturale. L'attore deduceva che, successivamente alla separazione consensuale dalla moglie, egli aveva rinvenuto, nella buca delle lettere, una lettera manoscritta in cui si parlava di rivelazioni dirompenti riguardo alla moglie; che, nei giorni successivi, aveva appreso da tale sconosciuto dettagli circa una lunga relazione, durata oltre dieci anni, intrattenuta con la sig.ra I.P., a seguito della quale era nata la piccola E. L'attore dava atto di non avere avuto in passato conoscenza e neppure sospetti in ordine alla relazione extraconiugale della moglie e della effettiva paternità della piccola E. L'attore, poi, allegava che, nonostante le vicissitudini passate, il rapporto con la bambina non aveva subito modifiche e, richiamati gli artt. 2043 e 2059 c.c., chiedeva il risarcimento del danno non patrimoniale patito a causa della condotta illecita della convenuta, rappresentata non solo dall'infedeltà coniugale, ma anche dall'avere concepito un bambino al di fuori del matrimonio e dall'avere portato avanti la gravidanza, celando al marito il dubbio sul fatto che tale creatura avrebbe potuto non essere stata concepita insieme a lui. La domanda attorea era contestata da I.P., la quale, pur riconoscendo di avere intrattenuto una relazione extraconiugale, deduceva di non avere mai nutrito dubbi sul fatto che la bambina fosse figlia del marito e di avere appreso solo nell'autunno 2015 che potesse essere la figlia biologica dell'uomo con cui aveva avuto una relazione in costanza di matrimonio. La questione
La questione che il Tribunale si trova a dover risolvere è se sia risarcibile il danno patito dal marito in conseguenza del fatto che la moglie gli aveva colposamente taciuto la possibilità che egli non fosse il padre naturale della bambina nata nel corso del matrimonio. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale risponde affermativamente al quesito. A tale conclusione il Tribunale perviene sulla base dell'orientamento giurisprudenziale che, superando la tradizionale impostazione contraria a qualsivoglia tutela risarcitoria all'interno della famiglia, riconosce ormai da tempo la figura del cosiddetto illecito endofamiliare. In particolare si fanno rientrare nella definizione di illecito endofamiliare tutte le ipotesi in cui all'interno della famiglia si sia realizzata una lesione ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, in conseguenza di una violazione dei doveri familiari. Come affermato dalla Suprema Corte, «i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio non sono soltanto di carattere morale, ma hanno natura giuridica, come può desumersi dal reiterato riferimento contenuto nell'art. 143 c.c. alle nozioni di dovere, di obbligo e di diritto, dall'espresso riconoscimento nell'art. 160 c.c. della loro inderogabilità, dalle conseguenze che l'ordinamento giuridico fa derivare dalla loro violazione, onde è certamente ravvisabile un diritto soggettivo di un coniuge nei confronti dell'altro a comportamenti conformi a detti obblighi» (cfr. Cass. civ., n. 9801/2005). Inoltre, «perchè possa sussistere una responsabilità risarcitoria, accertata la violazione del dovere di fedeltà, al di fuori dell'ipotesi di reato dovrà accertarsi anche la lesione, in conseguenza di detta violazione: di un diritto costituzionalmente protetto. Sarà, inoltre, necessaria la prova del nesso di causalità fra detta violazione ed il danno, che per essere a detto fine rilevante non può consistere nella sola sofferenza psichica causata dall'infedeltà e dalla percezione dell'offesa che ne deriva - obbiettivamente insita nella violazione dell'obbligo di fedeltà - di per sè non risarcibile costituendo pregiudizio derivante da violazione di legge ordinaria, ma deve concretizzarsi nella compromissione di un interesse costituzionalmente protetto. Evenienza che può verificarsi in casi e contesti del tutto particolari, ove si dimostri che l'infedeltà, per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge (lesione che dovrà essere dimostrata anche sotto il profilo del nesso di causalità). Ovvero ove l'infedeltà per le sue modalità abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell'offesa di per sè insita nella violazione dell'obbligo in questione, si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto» (Cass. civ., n. 18853/2011). Ciò premesso, il Tribunale piemontese ritiene evidente come l'attore sia stato leso a causa della condotta illecita della convenuta nella propria dignità e nel diritto di autodeterminazione con riferimento al proprio ruolo genitoriale. Appare sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo rilevante ai sensi dell'art. 2043 c.c. la condotta della convenuta, consistita non solo nell'aver violato l'obbligo di fedeltà, ma anche nel non essersi minimamente preoccupata della possibilità (anche se remota, ma comunque sussistente) che la figlia potesse non essere stata concepita col marito e nell'avere taciuto al coniuge di avere avuto, nel periodo del concepimento, rapporti sessuali con un altro uomo: tale condotta ha così indotto l'attore a credere di essere il padre biologico della bambina e instaurare con essa un rapporto affettivo, unico ed esclusivo quale è il rapporto che normalmente si instaura tra un papà e la propria figlia, per poi scoprire a distanza di dieci anni di non esserne il padre naturale. Per quanto concerne i danni eziologicamente riconducibili a quella condotta colposa attribuita alla convenuta, il Tribunale prende in considerazione la violazione del diritto di autodeterminazione dell'attore in ordine al proprio ruolo genitoriale: in altre parole, se la convenuta, non appena venuta a conoscenza della gravidanza, avesse rivelato al marito la propria relazione extraconiugale e la possibilità che non fosse lui il padre naturale del nascituro, l'attore avrebbe potuto determinarsi diversamente, non instaurando con la bambina un intenso legame affettivo. La scoperta di non essere il padre biologico della bambina, con la quale ha più che comprensibilmente compiuto un “investimento” emotivo, rappresenta un danno non patrimoniale, conseguenza immediata e diretta del fatto illecito più volte sopra descritto. Non può non tenersi conto – osserva il Tribunale - della sofferenza che può avere causato la scoperta della verità avvenuta tra l'altro quando la bambina aveva già dieci anni, così come della comprensibile ansia per il futuro, in relazione a quella che potrà essere la reazione della bambina il giorno in cui verrà a scoprire che il sig. T. non è suo padre. Per le considerazioni tutte sopra esposte, il Giudice liquida equitativamente il danno non patrimoniale patito dall'attore in complessivi € 50.000,00. Osservazioni
Come si è detto all'inizio, la sentenza qui annotata si pone in linea di continuità con quell'orientamento giurisprudenziale che, ormai da anni, ammette la configurabilità del danno da illecito endofamiliare. La tradizionale impostazione escludeva qualsivoglia forma di tutela risarcitoria all'interno della famiglia. In un primo momento, a tenere separati la responsabilità civile dalla disciplina della famiglia era la visione pubblicistica di quest'ultima; in un secondo momento - nonostante l'affermarsi di una considerazione della famiglia come luogo di espressione e sviluppo della persona, in aderenza ai valori della Costituzione - la disciplina della responsabilità civile non era, comunque, applicata ai rapporti familiari, in forza del principio lex specialis derogat generali. Secondo detta impostazione, infatti, la presenza di specifiche norme, deputate a sanzionare i comportamenti posti in essere dai familiari in violazione dei doveri nascenti dai vincoli parentali, precludeva la concomitante tutela risarcitoria. Tale orientamento è mutato. Secondo la dottrina e la giurisprudenza oggi prevalenti, la tutela della persona non può ammettere una limitazione e/o sospensione all'interno di quello che è il luogo principale di espressione della personalità di ciascun individuo. I diritti inviolabili della persona rimangono tali anche nell'ambito della famiglia, «cosicché la loro lesione da parte di altro componente della famiglia può costituire presupposto di responsabilità aquiliana». Un ruolo importante in questo percorso è stato svolto dalla giurisprudenza di merito, a partire dai primi anni del 2000, con particolare riguardo a fattispecie nelle quali veniva in rilievo la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio. In queste fattispecie si è riconosciuto, oltre alla separazione con addebito, anche il risarcimento del danno extracontrattuale. Tale ricostruzione ha ricevuto un definitivo riconoscimento da parte della Suprema Corte, prima con la pronuncia Cass. civ., 10 maggio 2005, n. 9801 e poi con l'arresto Cass. civ., 15 settembre 2011, n. 18853. Al contempo, lo stesso legislatore non è rimasto insensibile al cd. illecito endofamiliare, a conferma di una sostanziale privatizzazione delle relazioni familiari e di un conseguente processo di valorizzazione della sfera individuale dei singoli componenti del nucleo familiare; infatti, la norma di cui all'art. 709-ter c.p.c. (introdotta con la l. 8 febbraio 2006, n. 54 , in tema di affidamento condiviso dei figli) ha attribuito al giudice, in caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, la possibilità di disporre il risarcimento dei danni a carico del genitore inadempiente nei confronti del minore oppure nei confronti dell'altro genitore. La sentenza in rassegna ammette la risarcibilità del danno da lesione del diritto di autodeterminazione genitoriale. Questo specifico punto merita qualche considerazione critica. La fattispecie in esame è riconducibile a quella disegnata, sia pure ad altri fini, dal legislatore nell'art. 244, comma 2, c.c., nella quale si prevede appunto che il marito, ignaro della relazione extraconiugale della moglie al tempo del concepimento, possa disconoscere il figlio nel termine di un anno dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza. Nella sentenza viene, peraltro, chiarito che l'attore non ha alcuna intenzione (e anche in presenza di una sua volontà in tal senso la nuova normativa non glielo consentirebbe, essendo decorso il termine massimo di cinque anni ex art. 244, comma 4, c.c.) di disconoscere la figlia. Si tratta allora di comprendere meglio che cosa si intenda per «violazione del diritto di autodeterminazione in ordine al proprio ruolo genitoriale». Il Giudice torinese scrive che il marito, se fosse stato a conoscenza della relazione extraconiugale della moglie e avesse potuto valutare l'evenienza che non fosse lui il padre naturale del nascituro, «avrebbe potuto determinarsi diversamente, non instaurando con la bambina quell'intenso legame affettivo». Ora, delle due l'una: a) o il marito, consapevole dell'adulterio della moglie, avrebbe scelto se esercitare o meno l'azione di disconoscimento; b) il marito, ancorché consapevole della relazione adulterina del coniuge, avrebbe, comunque, deciso di non esercitare l'azione di disconoscimento, accettando, quindi, il ruolo di genitore, a tutti gli effetti, di una figlia “non sua” dal punto di vista biologico. Non mi paiono configurabili ipotesi ulteriori rispetto a quelle di cui sopra. Nell'ipotesi sub a) è certamente configurabile la lesione del diritto di autodeterminarsi in ordine all'esercizio dell'azione di disconoscimento: in tal caso, infatti, la condotta della moglie non avrebbe consentito al marito di scegliere se disconoscere oppure no. Non sono indicati, tuttavia, concreti elementi dai quali poter desumere che il marito, ove si fosse trovato in quella condizione, si sarebbe posto il problema se esercitare o meno l'azione ex art. 243-bis c.c. Ciò sembrerebbe, anzi, escluso da quanto affermato dallo stesso attore in corso di causa: egli «non ha alcuna intenzione …omissis… di ottenere una decisione giurisprudenziale che accerti la mancata paternità nei confronti di una minore che egli sente e sempre sentirà come figlia propria». Nell'ipotesi residuale sub b), invece, non si ravviserebbe alcuna violazione dell'autodeterminazione, considerato che il marito, anche se fosse stato messo a parte della relazione adulterina della morte, non avrebbe disconosciuto la figlia. Con questo non si vogliono, certo, trascurare le indubbie ricadute sul piano emotivo che può avere avuto la scoperta da parte del marito che la figlia, nata in costanza di matrimonio, era in realtà stata concepita dalla moglie con un altro uomo. Si vuole semplicemente evidenziare la superfluità del richiamo alla violazione del diritto di autodeterminazione, che non sembra concretamente configurabile nel caso di specie. Tali ricadute, infatti, ben possono trovare adeguato ristoro in termini di danni non patrimoniali risarcibili ex artt. 2 e 29 Cost. e 2059 c.c. verificatisi in conseguenza della condotta della moglie violativa dell'obbligo di fedeltà matrimoniale. A. D'ANGELO, La liquidazione del danno da illecito endofamiliare, in Danno e Resp., 2016, 5, 546; G. FACCI, L'illecito endofamiliare al vaglio della Cassazione, in Fam. e dir., 2005, 365; D. MARCELLO, Responsabilità genitoriale e danno endofamiliare - la responsabilità genitoriale e il danno endofamiliare, in Giur. it., 2015, 11, 2333; A. MENDOLA, Responsabilità endofamiliare - violazione del diritto di visita tra regime sanzionatorio e strumenti processuali, in Giur. It., 2015, 12, 2589; M. SESTA, Diritti inviolabili della persona e rapporti familiari: la privatizzazione arriva in Cassazione, in Fam. e dir., 2005, 365; M. SESTA, Il danno delle relazioni familiari tra risarcimento e finalità punitiva, in Fam. e dir., 2017, 3, 289.
(FONTE: ilfamiliarista.it) |