Codice Civile art. 2250 - Indicazione negli atti e nella corrispondenza (1).

Lorenzo Delli Priscoli
Francesca Rinaldi

Indicazione negli atti e nella corrispondenza (1).

[I]. Negli atti e nella corrispondenza delle società soggette all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese [2200] devono essere indicati la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso il quale questa è iscritta e il numero di iscrizione.

[II]. Il capitale delle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata deve essere negli atti e nella corrispondenza indicato secondo la somma effettivamente versata e quale risulta esistente dall'ultimo bilancio.

[III]. Dopo lo scioglimento delle società previste dal primo comma deve essere espressamente indicato negli atti e nella corrispondenza che la società è in liquidazione [2627].

[IV]. Negli atti e nella corrispondenza delle società per azioni ed (2) a responsabilità limitata deve essere indicato se queste hanno un unico socio (3).

[V]. Gli atti delle società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi V, VI e VII del presente titolo, per i quali è obbligatoria l’iscrizione o il deposito, possono essere altresì pubblicati in apposita sezione del registro delle imprese in altra lingua ufficiale delle Comunità europee, con traduzione giurata di un esperto (4).

[VI]. In caso di discordanza con gli atti pubblicati in lingua italiana, quelli pubblicati in altra lingua ai sensi del quinto comma non possono essere opposti ai terzi, ma questi possono avvalersene, salvo che la società dimostri che essi erano a conoscenza della loro versione in lingua italiana (5).

[VII]. Le società di cui al quinto comma che dispongono di uno spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato ad una rete telematica ad accesso pubblico forniscono, attraverso tale mezzo, tutte le informazioni di cui al primo, secondo, terzo e quarto comma (6).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 1 d.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127.

(2) Le parole «per azioni ed» sono state inserite dall'art. 6 3 d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

(3) Comma aggiunto dall'art. 2 d.lg. 3 marzo 1993, n. 88.

(4) Comma aggiunto dall'art. 42, comma 1, della l. 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008).

(5) Comma aggiunto dall'art. 42, comma 1, della l. 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008).

(6) Comma aggiunto dall'art. 42, comma 1, della l. 7 luglio 2009, n. 88 (Legge comunitaria 2008).

Inquadramento

Il testo originario della disposizione in esame è stato modificato, una prima volta, dall'art. 1 d.P.R. 29 dicembre 1969 n. 1127 (con il quale è stata data attuazione alla Direttiva CEE n. 68/151), che ha introdotto l'obbligo di indicare negli atti e nella corrispondenza anche il numero di iscrizione nel registro delle imprese; in un secondo momento, dall'art. 2 d.lgs. 3 marzo 1993, n. 88 (di attuazione alla Direttiva CEE n. 89/667), che, per le società a responsabilità limitata, ha posto l'ulteriore obbligo di segnalare, negli atti e nella corrispondenza, l'esistenza di una situazione di unipersonalità; infine, dall'art. 6.3 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che ha inserito un obbligo analogo per le società per azioni: le modifiche apportate, rispettivamente, dall'art. 2, d.lgs. n. 88/1993 e dall'art. 6.3 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 vi si collegano: questo in relazione alla possibilità che le società a r.l. e per azioni mantengano il beneficio della responsabilità limitata anche quando tutte le quote (o le azioni) appartengano ad un solo socio.

La Cassazione ha stabilito che la violazione amministrativa consistente nell'omessa indicazione negli atti e nella corrispondenza delle società di capitali, dell'ammontare del capitale sociale effettivamente versato, prevista dagli artt. 2250, comma 2, e 2627 c.c. (nel testo anteriore alla novella recata dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61), tutela l'esigenza (derivante da obblighi comunitari) di mettere in condizione i clienti di conoscere la consistenza patrimoniale della società, sicché l'illecito si consuma non già nella predisposizione unitaria e generalizzata di stampati e atti per una serie indeterminata di contrattazioni, bensì ogni qual volta, per una operazione commerciale, i singoli stampati ed atti vengano utilizzati senza le indicazioni anzidette. Ne consegue che, in tali ipotesi, non è applicabile né l'art. 8 l. 24 novembre 1981, n. 689, in quanto relativo alla diversa fattispecie del concorso formale, eterogeneo od omogeneo, che postula l'unicità dell'azione o omissione produttiva di una pluralità di violazioni, né l'istituto della continuazione, previsto soltanto per gli illeciti previdenziali (Cass. I, n. 6194/2011; nonché Cass. II, n. 3879/2012 e Cass. II, n. 3878/2012, in motivazione).

La Cassazione ha inoltre precisato che l'assenza delle indicazioni prescritte dall'art. 2250 c.c. non rende invalidi gli atti della società, unica sanzione per l'incorsa inosservanza essendo quella comminata dall'art. 2627 c.c. (Cass. I, n. 1851/1943). Secondo la stessa corte, tale omissione non è tuttavia priva di conseguenze giuridiche: infatti, perché possa trovare applicazione il principio per cui, nelle relazioni tra società e terzi, la sede sociale è quella che risulta dal contratto, occorre che la società manifesti la sua esatta identità nei luoghi ove opera (Cass. I, n. 3059/1960).

È stato infine affermato che la notificazione di atti a soggetti diversi dalle persone fisiche (nella specie, società in accomandita semplice, priva di personalità giuridica) deve eseguirsi, di regola, nella sede indicata nell'atto costitutivo e nella registrazione (essendo questa senz'altro opponibile ai terzi) ovvero nella sede effettiva dell'impresa, ma nulla osta a che essa avvenga in quella indicata nella corrispondenza della società, come indirettamente desumibile dal disposto dell'art.  2250 c.c. (a norma del quale devono essere indicati, negli atti e nella corrispondenza delle società soggette all'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, la sede della società e l'ufficio del registro presso il quale questa è iscritta, con il relativo numero di iscrizione) (Cass. III, n. 7279/1997).

Un giudice di merito ha stabilito che, nel caso di aumento di capitale non ancora sottoscritto, non può essere indicata nello statuto la nuova misura del capitale, per contrasto con l'art.  2250 c.c. (Trib. Vicenza, 7 luglio 1994); più appropriatamente, altro giudice ha richiamato anche l'art. 2444, secondo cui, fino a che non sia avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese dell'attestazione secondo cui l'aumento del capitale è stato eseguito, esso non può essere menzionato negli atti della società (Trib. Monza 26 febbraio 1997).

In dottrina l'art. 2250 c.c. viene confrontato con l'analoga norma in tema di s.r.l. (art. 2482-bis c.c.), con la quale ha in comune la funzione informativa nei confronti dei terzi e in genere del mercato. L'art. 2482-bis, comma 4, c.c. in presenza di perdite di capitale superiori a un terzo per due esercizi consecutivi, obbliga l'assemblea ad aggiornare il «biglietto da visita» della società per mezzo dell'adeguamento della cifra del capitale all'attuale valore del patrimonio netto; come anche all'art. 2482-ter c.c., che individua nell'erosione del capitale minimo il momento in cui l'assunzione di nuovi conferimenti diventa condizione di sopravvivenza della società. Si tratta di regole che probabilmente testimoniano la persistente rilevanza dell'interesse dei terzi a ricevere informazioni sulla qualità dell'impresa per il tramite (o su impulso) del capitale sociale (indipendentemente – allora – dalla consistenza iniziale della dotazione di mezzi propri). Allo stesso tempo, però, quelle regole si prestano ad essere riguardate anche solo per la loro idoneità a provocare una ponderazione delle strategie di investimento e di disinvestimento che competono ai soci: ai soci come collettività, e in ogni caso (e perlomeno) ai soci come singoli investitori. L'interesse del mercato ad acquisire informazioni sulla situazione patrimoniale della società è successivo (cronologicamente e assiologicamente) rispetto all'interesse dei soci a conoscere la situazione attuale (e le prospettive future) del proprio investimento (e a riorganizzare l'impresa in crisi) (Della Tommasina, 365; Montagnani, 181).

D'altra parte, la riduzione nominale del capitale può essere differita al momento dell'approvazione del bilancio relativo all'esercizio successivo a quello in cui la perdita superiore al terzo viene segnalata dagli amministratori all'assemblea (De Luca, 567). Di contro, una più sollecita tutela dell'interesse informativo dei terzi potrebbe provenire dall'art. 2250, comma 2, c.c., che prescrive l'indicazione del capitale sociale negli atti e nella corrispondenza secondo la somma effettivamente versata e quale risulta esistente dall'ultimo bilancio: e ciò, laddove si ritenessero rilevanti non solo il bilancio d'esercizio ma anche situazioni patrimoniali aggiornate da redigersi secondo le stesse regole previste per il bilancio, quale – appunto – la situazione patrimoniale di cui agli artt. 2446, comma 1, e 2482-bis, comma 2, c.c. (Abbadessa, 45; Spolidoro, 310).

Bibliografia

Abbadessa, Le disposizioni generali sulle società, Impresa e lavoro, in Tr. Res., 16, II, Torino, 1985; Della Tommasina, S.r.l. con capitale simbolico e «opportuni provvedimenti» per la gestione dell'impresa in perdita, in Riv. soc. 2017; De Luca, Riduzione del capitale ed interessi protetti. Un'analisi comparatistica, in Riv. dir. civ. 2010, II, 559; Montagnani, Disfunzione degli organi collegiali e impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale, Milano, 1993; Sandei, Globalizzazione del mercato e nuove misure pubblicitarie: l'integrazione dell'art. 2250 c.c., in Riv. dir. civ. 2010, II, 189; Spolidoro, Indicazione obbligatoria del capitale negli atti e nella corrispondenza, in Giur. comm. 1989, I, 304.

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