Sulla “clausola sociale” e sull'assunzione del personale da parte di una società in house

Diego Campugiani
05 Ottobre 2018

I principi elaborati dalla giurisprudenza sulla “clausola sociale” trovano applicazione anche in caso di “internalizzazione” del servizio mediante affidamento a società in house.

Il caso. Il Collegio chiamato a pronunciarsi – seppur in via indiretta - sulla legittimità della determinazione della stazione appaltante di “internalizzare” il servizio in precedenza appaltato ad impresa terza, sì da affidarlo ad una propria società in house, in relazione all'assunzione da parte di quest'ultima dei dipendenti già impiegati dall'appaltatore uscente, ha avuto modo di ribadire che, anche in caso di “internalizzazione”, la “clausola sociale” deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti lesiva della concorrenza, nonché atta a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 Cost.. Anche laddove la “clausola sociale” debba essere applicata dall'impresa in house, che subentra nell'erogazione del servizio all'originario operatore di mercato, essa deve essere interpretata in modo che l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell'appaltatore uscente nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, sia armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante (Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078). Ne costituirebbe prova la circostanza che oltre alla possibilità di distrarre un lavoratore, assunto in virtù della clausola sociale, in altra commessa, la giurisprudenza (Cons. St., sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078) ha affermato che i lavoratori, che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (Cons. St., sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255).

Ciò chiarito, il Collegio ha rilevato che nel caso in esame l'assunzione è avvenuta per tutta la durata del servizio svolto dalla società in house, anche se il rapporto è stato definito “a tempo indeterminato”, volendo con tale interlocuzione intendere che non avrà termine prima della conclusione della gestione del servizio. In tal modo sarebbero stati fugati i dubbi, avanzati dall'appellata, in relazione alla stabilizzazione del rapporto di lavoro in presunto contrasto con le regole che disciplinano la materia. Siffatta assunzione da parte della società in house, inoltre è stata ritenuta conforme con la pronuncia della Corte costituzionale n. 68 del 3 marzo 2011, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 30, l. reg. Puglia 25 febbraio 2010, n. 4, quanto al comma 1 del sostituito art. 25, l. reg. Puglia 3 agosto 2007, n. 25, limitatamente alle parole “a tempo indeterminato” e, quanto al comma 4 del medesimo art. 25, nella parte in cui prevede la stabilizzazione di personale della precedente impresa o società affidataria dell'appalto, senza alcuna forma selettiva.

In conclusione, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima, anche sotto il profilo dell'assunzione dei dipendenti dell'appaltatore uscente, l'internalizzazione del servizio affiato alla società in house.