Codice Civile art. 2466 - Mancata esecuzione dei conferimenti (1).

Guido Romano

Mancata esecuzione dei conferimenti (1).

[I]. Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano il socio moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni.

[II]. Decorso inutilmente questo termine gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere azione per l'esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci in proporzione della loro partecipazione la quota del socio moroso. La vendita è effettuata a rischio e pericolo del medesimo per il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l'acquisto, se l'atto costitutivo lo consente, la quota è venduta all'incanto.

[III]. Se la vendita non può aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente.

[IV]. Il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci.

[V]. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nel caso in cui per qualsiasi motivo siano scadute o divengano inefficaci la polizza assicurativa o la garanzia bancaria prestate ai sensi dell'articolo 2464. Resta salva in tal caso la possibilità del socio di sostituirle con il versamento del corrispondente importo di danaro.

(1) V. nota al Capo VII.

Inquadramento

L'articolo in commento introduce una esecuzione coattiva in danno del socio inadempiente (Santini, 260) e si applica a diverse ipotesi e, precisamente, al socio che: non esegua l'obbligo di versamento dei centesimi ancora dovuti del capitale sociale sottoscritto all'atto della costituzione della società; non esegua i versamenti dei centesimi dovuti in caso di aumento di capitale regolarmente sottoscritto; non consegni alla società il bene conferito in natura.

Agli amministratori viene attribuito un potere di sostituirsi al titolare della quota e di disporre di essa (Santini, 263).

Il procedimento.

Il procedimento previsto dall'articolo in esame inizia con una diffida, rivolta dagli amministratori al socio moroso, di provvedere al pagamento entro il termine di trenta giorni. La diffida non può essere omessa ed è obbligatoria per tutte le successive iniziative; il termine, poi, potrà essere ampliato (o prorogato), ma mai ridotto (Santini, 262, Bertolotti, 258, Zanarone, 398 il quale però ritiene che il termine non potrebbe neppure essere allungato).

La diffida degli amministratori di società a responsabilità limitata al socio moroso, ad eseguire, nel termine di trenta giorni, il pagamento della quota di capitale sottoscritta, non rappresenta un atto di costituzione in mora nei confronti del socio, agli effetti della sospensione dall'esercizio del diritto di voto, in quanto essa può rivolgersi soltanto al socio già moroso ed ha l'unico fine di dare inizio alla procedura di vendita in suo danno della quota da lui sottoscritta, vendita della quale costituisce il presupposto indispensabile (Cass. n. 1874/1995 e, recentemente, Cass. n. 585/2015).

Secondo la maggioranza degli autori, la diffida condiziona la stessa efficacia dei successivi atti: conseguentemente, la sua omissione o la concessione di un termine inferiore importerebbero l'invalidità e l'inefficacia della successiva vendita (Santini, 263).

Successivamente al decorso del termine indicato nella diffida e, ovviamente, sempre che il socio non abbia proceduto al pagamento dovuto, gli amministratori possono scegliere tra l'azione di adempimento e la vendita agli altri soci della quota. Mentre secondo la maggioranza degli autori, l'opzione per l'adempimento costituisce una mera facoltà per la società (Santini, 261), secondo altri, la non opportunità di procedere all'azione di esecuzione appare un vero e proprio presupposto di legittimità per la vendita della partecipazione del socio moroso (Tassinari, 139).

Sempre il secondo comma della disposizione in commento prevede che la vendita è effettuata «a rischio e pericolo» del socio moroso: tale dizione implica che gli amministratori non agiscono quali mandatari del socio, ma esclusivamente nell'interesse della società ed il socio moroso non potrà respingere il loro operato (Santini, 264, Pasquariello, 55). La vendita deve essere effettuata al valore contabile di bilancio della quota: sebbene la norma sembri sul punto rigida, si ritiene sulla base della possibilità che la vendita si abbia all'incanto che il valore di bilancio sia il prezzo minimo al quale gli amministratori devono attenersi nel mettere in vendita la quota (Valzer, 224; Tassinari, 1801; parzialmente diverso, Bertolotti, 259 che ritiene che il valore di bilancio come valore minimo si riferisce solo, dal punto di vista letterale della norma, alla vendita in danno a favore degli altri soci; mentre nella vendita all'incanto, se quel valore minimo fosse fuori mercato, negare la facoltà di ridurlo significherebbe frustrare l'esito della procedura, con pregiudizio della società e dei creditori sociali).

La quota deve essere, in prima battuta, offerta in vendita ai soci «in proporzione alla loro partecipazione» (sul punto, Zanarone, 411 il quale ricava dalla previsione in esame l'attuale persistenza del principio di normale divisibilità della quota che, altrimenti, non potrebbe essere offerta agli altri soci in proporzione alla partecipazione di questi al capitale sociale). Ciò rende i soci, in questa fase, i soli possibili acquirenti della quota: la norma introduce, dunque, un vero e proprio diritto di opzione a loro favore (Valzer, 225).

Gli importi ricavati dalla vendita andranno imputati (dagli amministratori) alle spese, agli interessi moratori e, quindi, alla somma capitale dovuta: se il prezzo realizzato sarà maggiore del debito del socio a questi andrà restituita l'eccedenza; viceversa, se il corrispettivo della vendita non copre l'intero importo dovuto, la società potrà continuare ad agire per il pagamento (Santini, 265) ovvero ridurre il capitale sociale in misura corrispondente alla quota non coperta con ripercussioni unicamente sulla partecipazione sociale del socio inadempiente (Masturzi, 42).

La vendita all'incanto sarà poi possibile soltanto in mancanza di offerte per l'acquisto e sempre che l'atto costitutivo lo consenta. La norma, infatti, vuole tutelare la compagine sociale originaria (Santini, 270 nt. 2) impedendo l'ingresso di soggetti ad essa estranei senza il consenso di tutti i soci. Anche in tal caso il prezzo base d'asta dovrà essere pari al valore risultante dall'ultimo bilancio approvato (Zanarone, 417; Santini, 271).

In giurisprudenza, si osserva che è legittima la vendita, in danno del socio moroso, di una porzione della sua partecipazione complessiva, in quanto nella disciplina della s.r.l. non si rinviene nessuna norma di legge che sancisca un principio di infrazionabilità della quota, né questo principio può desumersi dal complesso delle disposizioni che disciplinano l'assetto e l'attività societaria (App. Palermo, 5 aprile 2011, in Banca, borsa, tit. cred., 2012, II, 744). La medesima decisione ha, altresì, precisato che la vendita all'incanto della quota del socio moroso presuppone la mancanza di offerte da parte degli altri soci non morosi e dei terzi e che, nella vendita della quota in danno del socio moroso, con la locuzione «i soci» il legislatore ha inteso riferirsi agli altri soci, ovverosia ai soci non morosi, essendo evidente che la diversa interpretazione condurrebbe al paradosso dell'acquisto da parte del socio moroso della sua quota o di frazioni della sua quota, là dove invece è evidente che qualora questi avesse voluto mantenere le partecipazioni avrebbe potuto adempiere all'obbligo del versamento dei decimi mancanti, al fine di evitare la vendita in danno.

L'esclusione del socio.

Qualora la vendita all'incanto non sia stata possibile (non essendo prevista nell'atto costitutivo) ovvero sia andata deserta, gli amministratori hanno l'obbligo di escludere il socio trattenendo le somme riscosse.

La decisione di esclusione deve essere portata a conoscenza del socio moroso, acquisendo in tale momento efficacia (Zanarone, 422, Santini, 273): il socio potrà contestare giudizialmente l'esclusione deducendo l'assenza dei presupposti e, cioè, la stessa morosità e l'omessa o l'invalidità della diffida ad adempiere.

In giurisprudenza si è affermato che la decisione di esclusione del socio moroso (e di esclusione parziale – riduzione della quota), adottata dall'amministratore unico di società a responsabilità limitata ben può essere impugnata dal socio stesso, dovendo ritenersi applicabile analogicamente l'art. 2388 che consente al socio di impugnare le deliberazioni dell'organo amministrativo (potenzialmente) lesive dei suoi diritti. Lo schema di tutela applicabile è quello di cui all'art. 2378 c.c. (Trib. Palermo, 9 giugno 2015, in IlSocietario.it).

La decisione di esclusione del socio moroso, ex art. 2466 c.c., adottata dall'organo gestionale monocratico di una s.r.l. può essere impugnata nel termine di novanta giorni, dovendosi applicare analogicamente l'art. 2388 c.c.; il termine per impugnare, in assenza di specifica comunicazione, decorre dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese del trasferimento della quota del socio moroso (Trib. Catania, 10 aprile 2013, in Giur. comm., 2014, II, 1055).

La posizione del socio moroso.

La norma in argomento esclude il socio moroso dal diritto di partecipare alle decisioni dei soci, autorizzando così gli organi della società a rifiutare l'esercizio di tali diritti (Santini, 275). La perdita riguarda tutti i diritti sociali a contenuto amministrativo in senso lato, anche ove collegati non tanto alla qualifica di socio, ma a quella di amministratore (Masturzi, 43).

Il socio moroso di s.r.l. ha diritto di intervento in assemblea e deve essere computato per il calcolo del quorum costitutivo, ancorché la sua presenza non debba essere computata per il calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle deliberazioni, in quanto è da ritenersi applicabile in via analogica alle società a responsabilità limitata l'art. 2368 comma 3 c.c. (Trib. Bari, 10 luglio 2013, in Soc., 2014, 1352).

Bibliografia

Bertolotti, Sub art. 2466, Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2452-2510, a cura di D.U. Santosuosso, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Milano, 2015; Guidotti, Pederzini, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 2012; Mangano, Sub artt. 2464-2466, in Codice delle società, a cura di Abriani, Torino, 2016, 1812; Masturzi, Sub art. 2466, in La riforma delle società, a cura di M. Sandulli, V. Santoro, III, Torino, 2003; Pasquariello, I conferimenti, in Aa.Vv., La nuova società a responsabilità limitata, a cura di Bione, Padova, 2012; Guidotti, Pederzini, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 2012; Santini, Sub art. 2466, in Santini, Salvatore, Benatti, Paolucci, Società a responsabilità limitata, in Comm. S.B., Bologna, 2014; Tassinari, I conferimenti e la tutela dell'integrità del capitale sociale, in La riforma della società a responsabilità limitata, a cura di Caccavale, Magliulo, Maltoni, Tassinari, Milano, 2007; Valzer, La mancata esecuzione dei conferimenti, in S.r.l. Commentario, a cura di Dolmetta e Presti, Milano, 2011, 214;

Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Comm. S., diretto da Busnelli, Milano, 2010.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario