Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 9 - Gestione delle partecipazioni pubblicheGestione delle partecipazioni pubbliche
1. Per le partecipazioni pubbliche statali i diritti del socio sono esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri Ministeri competenti per materia, individuati dalle relative disposizioni di legge o di regolamento ministeriale. 2. Per le partecipazioni regionali i diritti del socio sono esercitati secondo la disciplina stabilita dalla regione titolare delle partecipazioni. 3. Per le partecipazioni di enti locali i diritti del socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato. 4. In tutti gli altri casi i diritti del socio sono esercitati dall'organo amministrativo dell'ente. 5. La conclusione, la modificazione e lo scioglimento di patti parasociali sono deliberati ai sensi dell'articolo 7, comma 1. 6. La violazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 e il contrasto con impegni assunti mediante patti parasociali non determinano l'invalidità delle deliberazioni degli organi della società partecipata, ferma restando la possibilità che l'esercizio del voto o la deliberazione siano invalidate in applicazione di norme generali di diritto privato. 7. Qualora lo statuto della società partecipata preveda, ai sensi dell'articolo 2449 del codice civile, la facoltà del socio pubblico di nominare o revocare direttamente uno o più componenti di organi interni della società, i relativi atti sono efficaci dalla data di ricevimento, da parte della società, della comunicazione dell'atto di nomina o di revoca. E' fatta salva l'applicazione dell'articolo 2400, secondo comma, del codice civile. 8. Nei casi di cui al comma 7, la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo interno di nomina o di revoca rileva come causa di invalidità dell'atto di nomina o di revoca anche nei confronti della società. 9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle partecipazioni di pubbliche amministrazioni nelle società quotate. 10. Resta fermo quanto disposto dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56. InquadramentoL'art. 9 del d.lgs. n. 175 ha disciplinato la gestione delle partecipazioni pubbliche, stabilendo le modalità di esercizio dei relativi diritti. Il decreto legislativo ha inteso anzitutto precisare quale sia l'organo dell'ente pubblico cui è rimessa la competenza per la amministrazione della partecipazione sociale. La governance della quota ammette, inoltre, la stipula di patti parasociali. Sempre a fini di chiarezza applicativa e per evitare dubbi in proposito, che potrebbero al solito essere causati dalla commistione dei profili pubblicistici dell'ente con la disciplina privatistica societaria, la norma chiarisce che la nomina diretta degli organi, ai sensi dell'art. 2449 c.c., diviene efficace nel momento in cui la società riceve la relativa comunicazione formale. Di rilievo pure l'espressa salvezza del meccanismo di cui all'art. 2400, comma 2, c.c., in caso di revoca dei sindaci, norma posta a tutela della funzione primaria di controllo sulla gestione loro demandata, che impone l'attivazione del procedimento camerale volto all'approvazione della revoca, perché abbia effetto, da parte del tribunale, pure in presenza di una giusta causa. Ulteriori profili relativi agli organi sociali saranno esaminati nel commento all'art. 11. La gestione delle partecipazioni pubbliche.La norma dunque regola la c.d. gestione delle partecipazioni pubbliche, con riguardo all'esercizio dei relativi diritti del socio. Si tratta dei diritti che spettano al socio in quanto tale e che, come è noto, si distinguono tra quelli a contenuto amministrativo, come il diritto di intervento e di voto in assemblea e di impugnazione delle relative decisioni, e quelli a contenuto patrimoniale, come il diritto agli utili e alla quota di liquidazione. In particolare, l'esercizio dei diritti relativi alle partecipazioni statali spetta, in linea di principio, al Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con altri ministeri competenti per materia, individuati dalle relative disposizioni di legge o di regolamento ministeriale (comma 1). L'esercizio dei diritti relativi alle partecipazioni regionali spetta al soggetto determinato dalle singole regioni (comma 2). Per le partecipazioni di enti locali, i diritti del socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato (comma 3). In tutti gli altri casi, i diritti del socio sono esercitati dall'organo amministrativo dell'ente (comma 4). Naturalmente, trattandosi di pubbliche amministrazioni che partecipano in società di capitali, occorre tener conto dell'ambito organizzativo in cui deve formarsi la volontà di esercitare tali diritti e in che modo: gli enti pubblici, infatti, non sono titolati all'esercizio di diritti se non attraverso la regolare formulazione per legge e/o regolamento delle modalità e del contenuto di tali diritti, per cui occorre distinguere tra la decisione relativa all'esercizio dei diritti stessi da parte dell'organo dell'ente socio che, in base alle norme che lo riguardano, ne abbia il potere giuridico, e la manifestazione esterna della volontà dell'ente, così assunta, da chi, in base alla norma in esame (ed a quelle cui la stessa fa rinvio), ne abbia la rappresentanza verso la società partecipata. La conclusione, la modificazione e lo scioglimento di patti parasociali richiede la deliberazione prevista dall'art. 7, comma 1 (comma 5), vale a dire, in relazione agli enti locali, la delibera del consiglio comunale o provinciale. La violazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5, vale a dire l'individuazione del soggetto che esercita i diritti di socio e di quello abilitato a stipulare o modificare i patti parasociali nonché il compimento di attività in contrasto con impegni assunti mediante patti parasociali «non determinano l'invalidità delle deliberazioni degli organi della società partecipata, ferma restando la possibilità che l'esercizio del voto o la deliberazione siano invalidate in applicazione di norme generali di diritto privato» (comma 6). La norma costituisce l'espressione del principio di netta distinzione fra il profilo pubblicistico, che riguarda l'osservanza delle norme sull'organo competente all'esercizio dei diritti spettanti ai soci, e quello privatistico, che riguarda la validità degli atti compiuti dagli organi della società, e risponde all'esigenza di evitare che le delibere assunte da quest'ultimi possano essere pregiudicate dalle violazioni compiute dal socio pubblico nella sfera di sua stretta competenza. Costituisce, tuttavia, come si vedrà oltre, eccezione a tale principio la norma, contenuta nell'art. 9, comma 8, per la quale, nei casi in cui lo Stato o l'ente pubblico socio hanno la facoltà, per disposizione dello statuto sociale, di nominare o revocare amministratori o sindaci, ai sensi dell'art. 2449 c.c., «la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo interno di nomina o di revoca rileva come causa di invalidità dell'atto di nomina o di revoca anche nei confronti della società». Le disposizioni che precedono trova applicazione anche alle partecipazioni di pubbliche amministrazioni nelle società quotate (comma 9). |