Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 10 - Alienazione di partecipazioni sociali

Giuseppe Dongiacomo

Alienazione di partecipazioni sociali

 

1. Gli atti deliberativi aventi ad oggetto l'alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche sono adottati secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 1.

2. L'alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell'organo competente ai sensi del comma 1, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l'alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. E' fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.

3. La mancanza o invalidità dell'atto deliberativo avente ad oggetto l'alienazione della partecipazione rende inefficace l'atto di alienazione della partecipazione.

4. E' fatta salva la disciplina speciale in materia di alienazione delle partecipazioni dello Stato.

Inquadramento

L'alienazione o la costituzione di vincoli su partecipazioni sociali delle amministrazioni pubbliche sono adottate secondo le modalità che l'art. 7, comma 1, prevede per la costituzione di società a partecipazione pubblica o l'acquisizione di quote di società già costituite.

L'art. 10 del d.lgs. n. 175, infatti, ha stabilito che i relativi atti deliberativi devono essere adottati con le stesse modalità previste dall'art. 7, già esaminati con riguardo alla costituzione di società a partecipazione pubblica ed all'acquisto di partecipazioni in società già esistenti.

L'art. 10, comma 2, fissa, poi, la regola generale secondo cui l'alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principî di pubblicità, trasparenza e non discriminazione (in tal senso, Cons. St. n. 4014/2016).

La cessione delle partecipazioni.

Soltanto in casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell'organo competente (quale definito dal comma precedente tramite rinvio all'art. 7, comma 1, analiticamente motivata in relazione alla convenienza economica dell'operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita), l'alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. La relazione illustrativa precisa, al riguardo, che «l'eccezionalità può riguardare non solo la convenienza economica ma altri fattori eccezionali, inerenti per esempio al contesto economico o sociali, alle prospettive del mercato o alle esigenze di aggregazione». La delibera di vendita dovrà riportare, in dettaglio, le motivazioni che rendono opportuno procedere con trattativa privata, escludendo procedure ad evidenza pubblica.

Al pari di quanto è stabilito in materia di costituzione di società a partecipazione pubblica e di acquisto di partecipazioni in società già costituite, l'art. 10, comma 3, dispone che la mancanza o invalidità dell'atto deliberativo avente ad oggetto l'alienazione della partecipazione rende inefficace l'atto di alienazione della partecipazione.

L'art. 10, comma 4, fa salva la disciplina speciale in materia di alienazione delle partecipazioni dello Stato, dettata dal d.l. n. 332 del 31 maggio 1994, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 474 del 30 luglio 1994, che ha dato avvio al processo di privatizzazione.

L'ultimo periodo del comma 2 fa salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto.

La norma costituisce una importante innovazione, se solo si considera che, nel regime anteriormente in vigore, la giurisprudenza ha ritenuto nulla la clausola statutaria di prelazione per violazione della regola dell'evidenza pubblica e dei principî di ordine pubblico. Il Consiglio di Stato, in particolare, con la sentenza del 28 settembre 2016, n. 4014, ha affermato il principio per cui la cessione da parte di un'amministrazione pubblica di una partecipazione in una società partecipata da altri soggetti privati deve avvenire necessariamente tramite l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica, come, del resto, stabilito dal comma 2 del d.lgs. n. 163/2006, ora trasfuso nel comma 9 dell'art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, il cui ambito di applicazione «stante la sua evidente valenza di principio, non può ritenersi limitato – in senso, per così dire, «statico» – al solo momento della costituzione della società mista, ma deve ritenersi altresì esteso alle ipotesi (quale quella che qui ricorre) in cui venga in rilievo l'alienazione di partecipazioni sociali detenute da un'amministrazione pubblica nell'ambito di una società che già risulti a composizioni mista». Ciò in quanto «l'obbligo di rispettare la regola dell'evidenza pubblica per l'alienazione delle quote sociali detenute in una società mista risponde ad un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice eurounitaria) presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principî di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra i potenziali concorrenti»: «procedure che resterebbero precluse laddove si consentisse l'operatività della clausola di prelazione ...», la quale, pertanto, al pari degli atti che ne hanno dato attuazione, come la delibera di indizione della gara ed il bando di gara che hanno fatto salvo il diritto di prelazione), sono nulli «per contrasto con i principî generali di ordine pubblico economico che postulano la messa a gara delle partecipazioni di società miste deputate (inter alia) alla prestazione di servizi».

La clausola di prelazione, infatti, in generale concreta una indebita posizione di vantaggio in capo al socio privato della società le cui partecipazioni sono poste in vendita dall'ente pubblico consentendogli, a differenza di tutti gli altri soggetti potenzialmente interessati all'acquisto, di non partecipare alla gara e pure di essere preferito all'aggiudicatario che ha offerto il prezzo più alto, frustrando il principio della libera concorrenza e violando il principio del necessario rispetto della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza, così come quello di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione.

Non è chiaro, tuttavia, l'ambito di applicazione delle norma.

Nel tentativo di escludere un frontale contrasto fra la riferita posizione giurisprudenziale e la disposizione di legge, alcuni interpreti suggeriscono di circoscrivere l'applicabilità della prelazione alla specifica ipotesi, delineata nel secondo periodo del comma 2, in cui l'alienazione delle partecipazioni avvenga tramite negoziazione diretta con un solo acquirente e, dunque, non possa esservi lesione dei principî di concorrenza e parità di trattamento (Sileoni-Archimi): si reputa, in tal caso, che la norma dev'essere interpretata nel senso che la cessione delle partecipazioni societarie da parte degli enti pubblici deve avvenire necessariamente tramite l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica e che solo eccezionalmente possa derogarsi a tale precetto e che solo in tal caso, ossia solo nel caso in cui (come è la regola nel caso di cessione di partecipazioni da parte di un soggetto privato) vi sia stata negoziazione diretta con un solo acquirente e, dunque, non possa esservi lesione dei principî di concorrenza e parità di trattamento, possa trovare applicazione la clausola statutaria di prelazione.

In una diversa impostazione, invece, premessa la distinzione tra la prelazione propria, che attribuisce agli altri soci di essere preferiti, a parità di condizioni economiche,  nella cessione dalla partecipazione della società di cui sono soci, e la prelazione impropria che, oltre ad attribuire un diritto di preferenza, attribuisce un diritto agli altri soci il potere di contestare il corrispettivo offerto e rimettere la valutazione ad un terzo arbitratore, si è osservato che le indicazioni espresse dal Consiglio di Stato siano limitate alla fattispecie delle clausole di prelazione “impropria”, la cui dichiarazione di nullità sarebbe ineludibile, essendo inammissibile che, in seguito alla procedura selettiva, si possa contestare il corrispettivo determinato dal “mercato”; per contro, le clausole di prelazione "proprie" ben potrebbero convivere con la regola dell'evidenza pubblica, contemperando sia esigenze pubblicistiche sia privatistiche (in tal senso, Camporesi,  per il quale, addirittura, sembra possibile una lettura interpretava che inverte gli ordine dei fattori, vale a dire, per la disposizione contenuta nel nuovo testo unico, il diritto di prelazione è un diritto assoluto inviolabile – per cui se previsto statutariamente debba in ogni caso essere applicato – mentre la procedura selettiva per la vendita, con i principî di rango comunitario invocati, diviene un obbligo relativo, possibile dunque di non applicazione).

Nelle società miste, in effetti, il primo interessato all'acquisto della partecipazione pubblica è il socio privato già presente nella compagine sociale, per cui gli elementi di favore, che consegna la prelazione al socio privato, e riconducibili alla possibilità di non partecipare alla gara ma ricevere ugualmente l'offerta in prelazione, sono ampiamente giustificabili con il fine perseguito.

Infatti, in presenza di prelazione propria, la coesistenza della procedura selettiva ad evidenza pubblica e diritto di prelazione è facilmente attuabile,  contemperando sia esigenze pubblicistiche che privatistiche.

L'avviso al pubblico, che introduce il processo selettivo di evidenza pubblica, dovrà contenere la enunciazione del diritto di prelazione di modo che, ricevute le offerte e quindi scelta quella che determina il miglior corrispettivo (il più elevato), si potrà procedere a sollecitare il socio privato offrendo allo stesso di esercitare la prelazione sul miglior prezzo spuntato dal mercato (Camporesi).

Bibliografia

Camporesi, La prelazione negli statuti delle società partecipazione pubbliche: note a sentenza, in dirittodeiservizipubblici.it.

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