Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 13 - Controllo giudiziario sull'amministrazione di societa' a controllo pubblico

Giuseppe Dongiacomo

Controllo giudiziario sull'amministrazione di società a controllo pubblico

 

1. Nelle società a controllo pubblico, in deroga ai limiti minimi di partecipazione previsti dall'articolo 2409 del codice civile, ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall'entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale.

2. Il presente articolo si applica anche alle società a controllo pubblico costituite in forma di società a responsabilità limitata.

Inquadramento

L'art. 13 del d.lgs. n. 175, allo scopo di garantire un maggiore controllo dell'attività degli amministratori (e più in generale degli organi sociali) delle società a controllo pubblico, amplia le possibilità di denunciare al tribunale, ai sensi dell'art. 2409 c.c., le gravi irregolarità amministrative.

Tra di esse, si ricorda che l'art. 14, comma 4, d.lgs. n. 175 comprende la mancata adozione di provvedimenti adeguati a prevenire l'aggravamento della crisi, così come l'art. 25, comma 6, d.lgs. n. 175, nel sanzionare con la nullità i rapporti di lavoro stipulati in violazione delle disposizioni del medesimo articolo, stabilisce che i relativi provvedimenti costituiscono grave irregolarità ai sensi dell'art. 2409 c.c.

La denuncia di gravi irregolarità amministrative.

La norma, in particolare, per quanto riguarda le società per azioni a controllo pubblico, consente ai (soli) soci pubblici di presentare al tribunale la denuncia di gravi irregolarità nella gestione indipendentemente dalla misura della partecipazione sociale detenuta. Ed infatti, in deroga rispetto alla norma comune, la quale prevede che la denuncia dei fatti può essere presentata solo dai soci che rappresentino almeno un decimo del capitale sociale ovvero, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, un ventesimo del capitale sociale (art. 2409, comma 1, c.c.), nelle società per azioni a controllo pubblico, invece, ciascuna amministrazione pubblica socia può legittimamente avanzare denuncia per gravi irregolarità al tribunale, a prescindere dall'ammontare della sua partecipazione. I limiti generali, invece, continuano ad applicarsi ai soci privati.

 Per quanto riguarda le società a responsabilità limitata a controllo pubblico, invece, la deroga prevista era, in origine, più radicale poiché, a differenza di quanto stabilito per le società a responsabilità limitata di diritto comune, in cui tale rimedio era tato abrogato (Cass. n. 403/2010), la norma dell'art. 13 consentiva al socio pubblico la denunzia di gravi irregolarità amministrative.La nuova formulazione dell'art. 2477, ult.comma, c.c. consente, invece, l'applicazione dell'art. 2409 c.c. indipendentemente dalla sussistenza dell'organo di controllo per cui, in sostanza, la norma sulle società a controllo pubblico ha perso, sul punto, l'originaria natura derogatoria.La formulazione della norma, peraltro, limitandosi a disporre che «il presente articolo si applica anche alle società a controllo pubblico», non chiarisce se la deroga ivi prevista si traduce solo nella proponibilità del rimedio da parte del socio pubblico, indipentemente dalla misura della sua partecipazione sociale, come prevede il comma 1, ovvero se comporti l'applicabilità generale dell'art. 2409 c.c. in tali società, consentendo la denuncia da parte di soci privati che raggiungano un decimo del capitale (ovvero un ventesimo nelle società aperte).

L’ufficio di controllo interno.

L'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 175 dispone che, ferme restando le funzioni degli organi di controllo, le società a controllo pubblico possono fare ricorso (oltre che a regolamenti interni volti a garantire la conformità dell'attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale ed a codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori , nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell'attività della società, nonché ai programmi di responsabilità sociale d'impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell'Unione Europea) ad ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell'impresa sociale che collabora con l'organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all'organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l'efficienza della gestione. La norma è integrata dall'art. 11, comma 13, il quale dispone che “le società a controllo pubblico limitano ai casi previsti dalla legge la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta” e che “per il caso di loro costituzione, non può comunque essere riconosciuta ai componenti di tali comitati alcuna remunerazione complessivamente superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell'organo amministrativo e comunque proporzionata alla qualificazione professionale e all'entità dell'impegno richiesto”.

Nella vigenza dell'art. 3, commi 12 e 12-bis, della l. n. 244 del 24 dicembre 2007, gli statuti delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1), c.c.,potevano prevedere un apposito comitato, eventualmente all'interno dell'organo di amministratore, quale referente degli organi di controllo interno (art. 3, comma 12, lett. f). Era, inoltre, possibile, sia pur nei casi in cui era strettamente necessario, la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta, con riconoscimento a ciascuno dei componenti di "una remunerazione complessivamente non superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell'organo amministrativo", anch'essa demandata all'autonomia statutaria, nei soli "casi strettamente necessari" (art. 3, comma 12-bis).

La disciplina introdotta dal d.lgs. n. 175 ha confermato la possibilità di costituire, nelle società a controllo pubblico, uffici interni per il controllo, che collaborano con l'organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmettono periodicamente all'organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l'efficienza della gestione, ed ha consentito la costituzione di comitati con funzione consultive o di proposta limitatamente “ai casi previsti dalla legge”. In questo caso, peraltro, non può comunque essere riconosciuta ai componenti di tali comitati una remunerazione complessivamente superiore al 30% del compenso deliberato per i componenti dell'organo amministrativo, e va comunque proporzionata alla qualificazione professionale e all'entità dell'impegno richiesto. Gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 dell'art. 6 sono indicati, analogamente a quanto accade per le società quotate ai sensi dell'art. 123-bis del d.lgs. n. 58 del 1998, nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente, a chiusura dell'esercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d'esercizio. Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3 cit., danno conto delle ragioni all'interno della predetta relazione (art. 6, commi 4 e 5).

Le società pubbliche sono, infine, obbligate a dotarsi dell'organismo di vigilanza previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001 (Cass. pen. n.  28699 / 2010, per la quale “gli enti pubblici che svolgono attività economica e le società commerciali a capitale "misto", pubblico e pri vato, che svolgono servizi pubblici rispondono dei reati commessi nel loro interesse o vantaggio ai sensi delle disposizioni del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231”).

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