Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 24 - Revisione straordinaria delle partecipazioni

Giuseppe Dongiacomo

Revisione straordinaria delle partecipazioni

1. Le partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del presente decreto in società non riconducibili ad alcuna delle categorie di cui all'articolo 4, [commi 1, 2 e 3,] ovvero che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 5, commi 1 e 2, o che ricadono in una delle ipotesi di cui all'articolo 20, comma 2, sono alienate o sono oggetto delle misure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2. A tal fine, entro il 30 settembre 2017, ciascuna amministrazione pubblica effettua con provvedimento motivato la ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla [medesima] data di entrata in vigore del presente decreto, individuando quelle che devono essere alienate. L'esito della ricognizione, anche in caso negativo, è comunicato con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Le informazioni sono rese disponibili alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, e alla struttura di cui all'articolo 15 1 .

2. Per le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il provvedimento di cui al comma 1 costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del comma 612 dello stesso articolo, fermi restando i termini ivi previsti.

3. Il provvedimento di ricognizione è inviato alla sezione della Corte dei conti competente ai sensi dell'articolo 5, comma 4, nonché alla struttura di cui all'articolo 15, perché verifichi il puntuale adempimento degli obblighi di cui al presente articolo.

4. L'alienazione, da effettuare ai sensi dell'articolo 10, avviene entro un anno dalla conclusione della ricognizione di cui al comma 1.

5. In caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti all'articolo 2437-ter, secondo comma, e seguendo il procedimento di cui all'articolo 2437-quater del codice civile.

5-bis. A tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, fino al 31 dicembre 2021 le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano nel caso in cui le società partecipate abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione. L'amministrazione pubblica che detiene le partecipazioni è conseguentemente autorizzata a non procedere all'alienazione.2

5-ter. Le disposizioni del comma 5-bis si applicano anche per l'anno 2022 nel caso in cui le società partecipate abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio 2017-20193.

6. Nei casi di cui al sesto e al settimo comma dell'articolo 2437-quater del codice civile ovvero in caso di estinzione della partecipazione in una società unipersonale, la società è posta in liquidazione.

7. Gli obblighi di alienazione di cui al comma 1 valgono anche nel caso di partecipazioni societarie acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

8. Per l'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1, si applica l'articolo 1, commi 613 e 614, della legge n. 190 del 2014.

9. All'esclusivo fine di favorire i processi di cui al presente articolo, in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell'affidamento in favore della società a controllo pubblico interessata da tali processi, il rapporto di lavoro del personale già impiegato nell'appalto o nella concessione continua con il subentrante nell'appalto o nella concessione ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile.

[3] Comma inserito dall'articolo 16, comma 3-bis, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 luglio 2021, n. 106.

Inquadramento

Il legislatore ha previsto ex ante l'esigenza di procedere, in via ordinaria o straordinaria, alla revisione del novero delle società partecipate dal singolo ente.

Peculiare, nell'art. 20, il riferimento ad una valutazione «razionale» delle partecipazioni pubbliche possedute: il legislatore ha infatti previsto che sia necessario procedere ad un quadro periodico di «razionalizzazione» delle partecipazioni pubbliche, previa indagine delle situazione societaria, in via diretta o indiretta, facente capo all'ente.

Le operazioni a tal fine menzionate sono quelle della fusione, dello scoglimento o della vendita delle partecipazioni, ma anche altri metodi non sono preclusi. Si tratta di veri e propri «piani di razionalizzazione», corredati di un'apposita relazione tecnica, che dovranno indicare le modalità ed i tempi di attuazione.

I presupposti che rendono obbligatorio, come palesa la sanzione prevista dal comma 7, il piano sono l'esistenza di: a) partecipazioni fuori dalle finalità sopra commentate (cfr. sub art. 4); b) società senza dipendenti, oppure, secondo un fenomeno davvero irrazionale non di rado verificatosi, abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; c) società «doppione» di altre che svolgono le stesse attività; d) società dal fatturato inferiore un milione di euro nell'ultimo triennio; e) società a risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, salvo l'esclusione di quelle per legge erogatrici di servizi d'interesse generale; f) necessità di contenere i costi; g) necessità di aggregare più società.

È espresso il richiamo alla disciplina del codice civile, salvo deroga espressa.

Per quanto riguarda il ripianamento delle perdite nelle società partecipate, si veda pure il § 6 nel commento all'art. 14 d.lgs. n. 175.

È, inoltre, richiamata la disciplina procedimentale dell'art. 24, concernente la revisione delle partecipazioni al momento di entrata in vigore del decreto n. 175.

Una revisione straordinaria delle partecipazioni è disposta dall'art. 24, infatti, subito dopo la data di entrata in vigore del decreto, anche in tal caso previa idonea ricognizione di tutte le partecipazioni possedute; entro un anno, poi, quelle per le quali sia necessario procedere alla dismissione dovranno essere alienate.

E viene in tal caso disposto che, in mancanza, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società; è richiamato il procedimento civilistico in tema di recesso.

La cancellazione ad opera del conservatore del registro delle imprese.

L'art. 20, che disciplina la revisione ordinaria delle partecipazioni, prevede, al comma 9, che, entro un anno dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 175, il conservatore del registro delle imprese cancella d'ufficio dal predetto registro, con gli effetti previsti dall'art. 2495 c.c., le società a controllo pubblico che, per oltre tre anni consecutivi, non abbiano depositato il bilancio d'esercizio ovvero non abbiano compiuto atti di gestione.

Sul piano pratico, la disposizione – che si colloca in linea con quanto previsto dal diritto comune per le società di capitali in liquidazione (art. 2490, comma 6, c.c.), per le cooperative (artt. 2545-septesdecies c.c. e 223-septiesdecies disp. att. c.c.), per le società personali (artt.  3 d.P.R. 23 luglio 2004, n. 247) – potrebbe rivelarsi utile nel caso di società in protratto stato di liquidazione, che, appunto, pur approvando annualmente un bilancio, non compiono alcun atto di gestione, in attesa di una soluzione funzionale al pagamento dei debiti sociali e alla conseguente chiusura in bonis. Tuttavia, la congiunzione “ovvero” che lega i due presupposti dell'omessa approvazione dei bilanci o della mancata adozione di atti di gestione (entrambi per oltre un triennio) non permette di chiarire se questi ultimi siano alternativi (costituendo presupposto per la cancellazione d'ufficio l'uno ovvero l'altro, come preferibile ) o se, invece, debbano operare congiuntamente (posto che, in caso di sola omessa approvazione dei bilanci ma di presenza di atti di gestione, o viceversa, uno dei due presupposti individuati dal legislatore non ricorrerebbe).

Prima di procedere alla cancellazione, il conservatore deve comunicare l'avvio del procedimento agli amministratori o ai liquidatori della società interessata, che possono, entro sessanta giorni, presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell'attività.

In questo caso, tuttavia, non è sufficiente l'esternazione di una mera volontà oppositiva, ma è necessario che quest'ultima venga estrinsecata con un provvedimento avente tutti i requisiti, formali e sostanziali, prescritti, per l'atto con cui si decide di costituire una nuova società, dall'art. 5.

In caso di regolare presentazione della domanda, non si dà seguito al procedimento di cancellazione.

Criteri del riordino per gli enti territoriali.

La giurisprudenza contabile ha già precisato i criteri in base ai quali gli enti territoriali debbono procedere a riordinare le proprie partecipazioni societarie e a redigere i piani operativi per la gestione delle partecipazioni in loro possesso (c.d. piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie) (C. conti, sez. contr. reg. Umbria, 30 dicembre 2016, n. 130, in Riv. corte conti, 2016, fasc. 5, 256).

Essi sono stati così indicati, in dettaglio:

- definizione di un efficace sistema di controllo delle società partecipate, ai fini della preventiva acquisizione di dati e informazioni utili alla motivazione della scelta di mantenere o dismettere la partecipazione;

- relativamente alle partecipazioni da mantenere in quanto «indispensabili» al perseguimento dei fini tipici dell'ente, adeguata motivazione se non di un ritorno economico dell'investimento, almeno dell'economicità dell'operazione, anche con riferimento alle sue connessioni con lo sviluppo del territorio;

- elaborazione di un piano industriale per ciascuna società;

- nei confronti delle società in perdita strutturale, le cui partecipazioni si ritenga comunque di mantenere, motivazione degli eventuali interventi finanziari di sostegno, vincolati ad analitici piani di risanamento;

- previsione di un monitoraggio costante dei risultati economici conseguiti dalle società e di quelli indotti sul territorio;

- elaborazione dei piani sulla base di un'accurata analisi dei risultati economici e della gestione finanziaria delle società;

- in relazione alla scelta di effettuare interventi a ripiano delle perdite, preventiva acquisizione di validi indicatori circa la capacità della società di tornare in utile;

- ove siano previsti interventi di ricapitalizzazione, valutazione dell'efficacia del programma di rilancio;

- previsione, specie nei confronti delle società cui vengono trasferite consistenti quote di flussi finanziari, di penetranti controlli da parte dell'ente erogante, analoghi a quelli esercitati dall'ente sui propri servizi; in particolare, ai fini della corretta gestione dei rapporti di debito/credito con le società partecipate, predisposizione di appositi prospetti di riconciliazione delle reciproche poste attive e passive alla fine dell'esercizio;

- circa i costi gestionali, previsione di una specifica rendicontazione degli incarichi esterni e delle spese per l'acquisto di beni e servizi, con puntuali verifiche, da parte degli enti, dei costi sostenuti;

- indicazione, in apposita relazione tecnica, dei tempi, dei modi e degli effetti economici degli interventi attuativi del piano;

- esposizione in dettaglio dei risparmi attesi dagli interventi di riordino, considerando sia i risparmi derivanti dalle dismissioni e i presumibili introiti derivanti dalla vendita delle quote, sia quelli dovuti alla razionalizzazione dei costi economici delle partecipazioni mantenute (ad esempio, riduzione numero degli amministratori e relativi compensi, riduzione dei compensi del collegio sindacale, riduzione degli organici delle società);

- estensione dei piani alle partecipazioni in consorzi di servizi tra enti locali;

- aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione in presenza di novità o di più approfondite analisi che possano contribuire ad un più efficiente assetto complessivo delle partecipazioni;

- con riguardo alle società in liquidazione, definizione di tempi stringenti per il compimento delle operazioni di chiusura delle gestioni, affinché non abbiano a consolidarsi costi gestionali non rispondenti agli interessi dell'ente;

- con riguardo alla soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti, valutazione del rapporto tra costi di amministrazione e costi di gestione, affinché non vengano mantenute partecipazioni in società che presentano risultati economici e finanziari negativi; motivazione, fondata sulla economicità della gestione, della decisione di mantenere tali società, in assenza di compensi erogati agli amministratori ovvero qualora agli amministratori siano attribuiti anche compiti operativi analoghi a quelli dei dipendenti;

- con riguardo alle partecipazioni di minoranza, definizione di un sistema di monitoraggio e controllo delle società, atto a fornire gli elementi necessari per decidere circa la loro eventuale dismissione; ove sia decisa la dismissione, qualora i tentativi di cessione della quota di partecipazione non siano andati a buon fine, valutazione della possibilità di chiedere la liquidazione in denaro del relativo valore.

Si è osservato come l'art. 21, comma 3, laddove dispone dapprima che le società partecipate procedono alla riduzione del 30% del compenso degli amministrazioni, ove, nei tre esercizi precedenti, abbiano conseguito un risultato economico negativo e, poi, che un risultato economico negativo per due anni consecutivi integra giusta causa di revoca degli amministratori, è indirettamente sanzionatoria per la prima parte, mentre pare piuttosto costituire un trattamento di favore nella seconda: essendo diritto vivente che la giusta causa di revoca, di cui all'art. 2383 c.c., sia integrata da circostanze, oggettive o soggettive, tali da minare il pactum fiduciae, elidendo l'affidamento riposto dai soci nell'organo di gestione: onde la compromissione della fiducia nelle competenze o nei risultati può – per il diritto comune – integrarla pure se riferita ad un solo esercizio (Nazzicone, 2016, 10).

Il diritto di accesso civico.

L'art. 22 d.lgs. n. 175 ha imposto anche alle società a controllo pubblico la trasparenza con riguardo all'utilizzo dei loro fondi ed al conseguimento dei risultati, richiamando a tal fine, per intero, il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, sul riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

La trasparenza della pubblica amministrazione costituisce strumento di argine alla corruzione e di tutela dei diritti e degli interessi privati. Risponde ad una regola generale che un maggiore controllo diffuso possa costituire un argine agli abusi e agli illeciti all'interno della pubblica amministrazione: questa medesima ragione è alla base dell'estensione della disciplina alle società pubbliche.

Il d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 ha modificato il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, di cui ha riformulato anche il titolo.

In forza della riforma, ed al di là delle affermazioni di proclama, la posizione soggettiva del richiedente è stata alquanto rafforzata.

La disciplina ha voluto riaffermare i principî di trasparenza, di garanzia del diritto a «chiunque», non necessariamente parte del procedimento amministrativo, dei limiti alla trasparenza.

L'avere svincolato il diritto, attribuito a chiunque, da qualsiasi posizione soggettiva legittima richieste ad opera dei cittadini, così come della stampa o di qualunque interessato.

L'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013, come modificato nel 2016, prevede esclusioni e limiti al diritto di accesso, per quanto riguarda i dati e documenti ulteriori rispetto a quelli a pubblicazione obbligatoria. Gli interessi pubblici che, nel bilanciamento con il nuovo diritto di accesso civico, prevalgono su di esso sono quelli alla sicurezza pubblica e all'ordine pubblico, alla sicurezza nazionale, alla difesa ed altre questioni militari, alle relazioni internazionali, alla politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato, alla conduzione delle indagini sui reati ed al regolare svolgimento di attività ispettive. La tutela di interessi privati esclude parimenti il diritto, con riguardo alla protezione dei dati personali, alla libertà e segretezza della corrispondenza, agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali. In entrambi i casi, il diniego deve essere necessario ad evitare un pregiudizio concreto a detti interessi pubblici o privati.

L'art. 5-bis, comma 3, contiene ulteriori esclusioni generali, nelle quali l'amministrazione non è tenuta a valutare la concreta sussistenza del pregiudizio. Tali limiti al diritto di accesso sono posti dal segreto di Stato, nonché da tutti i casi di divieto di accesso o di divulgazione previsti dalla legge, nei quali il legislatore ha rinviato pure alle ipotesi di cui all'art. 24, comma 1, l. n. 241/1990: si ricordano, in particolare, i procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; l'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, ove restano parimenti in vigore le particolari norme che ne regolano la formazione; i procedimenti selettivi, quanto alle informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi.

È tuttora vigente l'art. 8 del d.P.R. n. 352/1991, di attuazione del comma 6 del citato art. 24, che ha rimesso alle singole pubbliche amministrazioni l'emanazione del regolamenti identificativi dei provvedimenti esclusi dall'accesso, con osservanza dei criteri ivi dettati.

Si dispone che «l'Autorità nazionale anticorruzione, d'intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative»: queste sono intervenute – dopo un periodo di consultazione pubblica – con provvedimento del 28 dicembre 2016, n. 1309, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 10 gennaio 2017, n. 7.

Bibliografia

V. subart. 2449 c.c.

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