Decreto legislativo - 4/03/2010 - n. 28 art. 16 - Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori1

Irene Ambrosi

Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori1

 

1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro.

1-bis. Ai fini dell'abilitazione di cui al comma 1 e del suo mantenimento, costituiscono requisiti di serietà:

a) l'onorabilità dei soci, degli amministratori, dei responsabili e dei mediatori degli organismi;

b) la previsione, per gli organismi costituiti da enti privati, nell'oggetto sociale o nello scopo associativo, dello svolgimento in via esclusiva di servizi di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie o di formazione nei medesimi ambiti 2;

b-bis) per gli organismi costituiti da enti pubblici, compresi gli ordini professionali, anche sotto forma di fondazioni o associazioni, la dichiarazione di compatibilità dell'attività istituzionale con lo svolgimento dei servizi di mediazione, conciliazione e risoluzione alternativa delle controversie o di formazione nei medesimi ambiti 3;

c) l'impegno dell'organismo a non prestare i servizi di mediazione, conciliazione e risoluzione alternativa delle controversie quando ha un interesse nella lite 4.

1-ter. Ai fini di cui al comma 1 costituiscono requisiti di efficienza dell'organismo l'adeguatezza dell'organizzazione, la capacità finanziaria, la qualità del servizio, la trasparenza organizzativa, amministrativa e contabile, nonché la qualificazione professionale del responsabile dell'organismo e quella dei mediatori 5.

2. Il registro degli organismi e tutti gli elenchi sono tenuti e gestiti mediante piattaforma informatica del Ministero della giustizia. La formazione del registro e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. [Fino all'adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall'articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.] 6

3. L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati e dei relativi criteri di calcolo, proposte per l'approvazione a norma dell'articolo 17. Ai fini dell'iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l'idoneità del regolamento7.

4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico.

4-bis. Gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 62 del codice deontologico forense. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica  8.

5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l'elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto, in conformità all'articolo 16-bis, stabilisce i criteri per l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell'attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all'attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale9.

6. L'istituzione e la tenuta del registro e dell'elenco dei formatori avvengono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza, e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato  10.

[1] Per il Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e la tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi di cui al presente articolo, vedi il D.M. 18 ottobre 2010, n. 180.

[8] Comma aggiunto dall' articolo 84, comma 1, lettera o) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, con la decorrenza indicata nell'articolo 84, comma 2, del medesimo decreto e successivamente modificato dall'articolo 7, comma 1, lettera v), numero 3), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 30 giugno 2023, come stabilito dall'articolo 41, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 1), della Legge 29 dicembre 2022, n. 197.

[10] Comma aggiunto dall' articolo 84, comma 1, lettera o) del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, con la decorrenza indicata nell'articolo 84, comma 2, del medesimo decreto.

Inquadramento

Occorre premettere che il decreto legislativo in commento (art. 23), emanato in attuazione dell'art. 60 l. 18 giugno 2009, n. 69, ha abrogato gli artt. 38-40 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 recanti le norme in tema di conciliazione stragiudiziale in materia societaria, stabilendo che «i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto» e ha dettato la disciplina generale avente ad oggetto la mediazione volta alla conciliazione delle controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili.

Ad opera di questo meccanismo di rinvio automatico, le regole speciali dettate in materia di conciliazione societaria vengono sostituite con quelle previste in via generale nell'ambito dei diritti disponibili in materia di mediazione per la composizione delle controversie in materia civile e commerciale (Dalfino, 447).

Merita di essere sottolineato, in proposito, che quello della conciliazione societaria ha costituito il modello di riferimento al quale si è ispirata la vigente disciplina della mediazione estesa alla più ampia gestione delle liti in materia civile e commerciale (Cuomo Ulloa, 46; Masoni, 342).

Invero, «sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 40 del d.lgs. n. 5/2003 in materia di conciliazione societaria» (così si esprimeva la relazione introduttiva all'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 28/2010 oggetto di esame) fu introdotta la previsione di una mediazione obbligatoria, fu riproposto il Registro degli organismi di conciliazione da istituirsi presso il Ministero della giustizia e sotto la vigilanza dal medesimo Ministero nonché la disciplina di agevolazione fiscale e l'attribuzione all'accordo sottoscritto (da tutte le parti e dagli avvocati) ed al verbale omologato dall'autorità giudiziaria, della natura di titolo esecutivo per l'esecuzione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12 comma 1).

La scelta operata dalla novella del 2010 di ritenere obbligatoria la mediazione non superò il vaglio della Corte costituzionale, la quale dichiarò l'illegittimità costituzionale degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 28/2010 per eccesso di delega in violazione degli artt. 76 e 77 Cost. (Corte cost. n. 276/2012).

Subito dopo, con legge n. 98/2013 di conversione del c.d. «decreto del fare» (decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69) il legislatore ne ripristinò il carattere obbligatorio per alcune tipologie di controversie civili e commerciali.

Il testo del d.lgs. n.28/2010 è stato, di recente, modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. decreto Cartabia), decreto attuativo della l. delega n. 206/2021, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata.

Come puntualmente osservato dalla dottrina, la legge delega non affronta il problema del rapporto fra processo e mediazione obbligatoria, che resta regolato secondo le linee del d.lgs. n. 28 del 2010, rinviando ai cinque anni successivi all'entrata in vigore dell'apposito decreto delegato la “verifica, alla luce delle risultanze statistiche, dell'opportunità della permanenza della mediazione come condizione di procedibilità”, come precisa il comma 3, lett. c) dell'articolo unico (per un panorama d'insieme sulle prospettive e criticità della l. delega: v. BIAVATI, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, Riv. Trim. dir. e proc. civ. , 2022, 45).

La finalità perseguita dal legislatore con l'introduzione della disciplina normativa in tema di mediazione obbligatoria è duplice, per un verso, tende a dare concreta attuazione alle soluzioni alternative e complementari all'attività giurisdizionale suggerite ed auspicate dall'Unione europea (Direttiva 2008/52/CE) al fine di contribuire a favorire il miglior funzionamento del mercato interno e, per l'altro, ad innescare un processo deflattivo del contenzioso giudiziario nazionale (Ruvolo, 2).

Dal punto di vista funzionale, la mediazione può essere ricondotta all'area dei metodi di risoluzione alternativa delle controversie (A.D.R. nell'acronimo anglosassone); in tale area, si rintracciano fenomeni fra loro molto eterogenei, accomunati dall'elemento comune di essere tutti esterni ed estranei all'esercizio della potestà giurisdizionale.

I modelli più frequentemente sperimentati si basano su espressa previsione normativa oppure si fondano sull'autonomia delle parti e, quanto alle forme, possono dare luogo o a negoziati diretti tra le parti (nella quale l'attività di mediazione è attività delle stesse parti sia pure con l'ausilio di un terzo, cfr. art. 155-sexies c.c.) ovvero ad una mediazione posta in essere da un soggetto terzo finalizzata alla conciliazione facilitativa (nella quale il mediatore aiuta le parti a raggiungere un accordo), e a quella valutativa (nella quale il mediatore formula una proposta che le parti possono decidere di accettare o meno al fine di raggiungere l'accordo, ove non venga raggiunto spontaneamente) (Punzi, 170).

La scelta del legislatore del 2013 di prevedere un tentativo negoziale di componimento della lite è stata dunque in linea con quanto già previsto dalla riforma della conciliazione societaria in conformità con i presupposti ed i requisiti della delega legislativa (art. 60, comma 3, lett. c della l. n. 69/2009) che prevedeva espressamente l'estensione generalizzata del modello di mediazione necessariamente amministrata mediante gli organismi di mediazione (Cuomo Ulloa, 46).

In proposito, la dottrina si era interrogata se la prevista necessità di ottenere l'iscrizione nel registro ministeriale valesse a rendere l'attività conciliativa un'attività protetta o se, viceversa, tale previsione non determinasse alcuna limitazione rispetto ad attività svolte da organismi o da persone fisiche che operano individualmente e non siano iscritti a mediazione e, con riferimento alla riforma societaria, la dottrina propendeva per quest'ultima soluzione, pur ritenendo che il procedimento speciale ivi delineato potesse essere intrapreso soltanto dinanzi ad un organismo iscritto nel registro (in tal senso, De Santis, 449).

Secondo la definizione contenuta nel decreto in commento, la mediazione consiste «nell'attività comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa» (art. 1, comma 1 lett. a del d.lgs. n. 28/2010) mentre la conciliazione rappresenta il risultato della mediazione data come strumento per raggiungere «la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione» (art. 1, comma 1 lett. c, d.lgs. n. 28/ 2010).

Pertanto, il decreto legislativo in esame traccia un quadro generale dell'istituto, pone la mediazione quale condizione di procedibilità per una serie di materie elencate nell'art. 5, comma 1-bis (v. infra), disciplina compiutamente le attribuzioni degli Organismi di mediazione e conferma l'accreditamento degli organismi di mediazione nel Registro istituito presso il Ministero della giustizia (v. infra).

Sotto il profilo dei rapporti con il processo, tre sono le tipologie di mediazione contemplate dalla disciplina in esame: quella volontaristica o facoltativa rimessa all’autonomia negoziale delle parti, purché abbia ad oggetto diritti disponibili, quella obbligatoria nelle materie previste dalla legge ai sensi dell’art. 5, comma 1, e quella delegata, su disposizione del giudice ex art. 5-quater, introdotto dal d.lgs. n.149/2020 (c.d. decreto Cartabia).

Con l’art. 8-bis del d.lgs. n.28/2010  dal decreto c.d. Cartabia prevede che la mediazione possa svolgersi anche secondo modalità telematica.

Sulla spinta dell’attuazione del diritto dell’Unione europea, nel contesto normativo vigente convivono forme eterogenee di strumenti negoziali di risoluzione alternativa delle controversie; difatti, oltre alla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in commento, è stato adottato il d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130 in tema di risoluzione extragiudiziale delle controversie dei consumatori, nonché, in materia di trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria e in materia di negoziazione assistita dagli avvocati, sono state assunte misure urgenti di cui al d.l. 12 settembre 2014, n. 132; sono previste altresì forme di mediazione e conciliazione facoltative o obbligatorie nei diversi ambiti settoriali, come le controversie del lavoro, la materia agraria, le controversie tributarie e la disciplina dell’arbitrato. In tale variegato quadro normativo, la Commissione ministeriale di studio per l’elaborazione di una ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato, a conclusione dei lavori nel gennaio 2017, aveva posto in evidenza la necessità di armonizzazione delle diverse discipline al fine di incrementare la capacità deflattiva del contenzioso dei vari strumenti, di contenere, da un lato, i costi delle liti e, dall’altro, di favorire la formazione e lo sviluppo di una cultura della conciliazione volta alla creazione di una giustizia di prossimità la quale, oltre a facilitare l’accesso a meccanismi di composizione amichevole delle controversie per i cittadini, funzioni quale deterrente rispetto al ricorso alla giurisdizione (v. nel testo integrale la Relazione della Commissione, sul sito web: mondoadr.it.). Successivamente, nel dicembre 2019, è stato istituito un Tavolo tecnico presso il Gabinetto del Ministro della Giustizia finalizzato all’elaborazione del testo unico in materia di ADR, (Muratori, 859). I lavori della Commissione e i progetti del tavolo tecnico non hanno veduto la luce.

 Come già accennato, sin dal primo biennio dalla sua introduzione, la disciplina della mediazione è stata oggetto di plurime osservazioni critiche da parte sia della dottrina sia della giurisprudenza e l’intervento più rilevante è stato quello della Corte costituzionale la quale, adita dal Tar Lazio, dichiarò l’illegittimità costituzionale del d.lgs. n. 28/2010, ravvisando l’eccesso di delega legislativa nelle parti in cui veniva previsto il carattere dell’obbligatorietà della mediazione senza «alcun ancoraggio nella legge delega» (Corte cost. n. 276/2012).

L’anno successivo a quello della pronuncia della Corte costituzionale, il legislatore, con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98 (c.d. decreto del fare), intervenne riformulando la disciplina della mediazione ed individuando le materie per le quali è richiesto il necessario esperimento della procedura di mediazione quale condizione di procedibilità dell’azione.

Sulla disciplina della mediazione così riformata nel 2013, il Consiglio di Stato ha ritenuto, condividendo sul punto quanto già rilevato dal TAR Lazio in proposito, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta in ordine all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28/2010, il quale, in un contesto nuovamente connotato dall’obbligatorietà del previo ricorso alla mediazione e dalla sua strutturazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in determinate materia (per effetto della «novella» introdotta dal d.l. n. 69/2013), consente al giudice, anche in sede di appello, di imporre alle parti l’esperimento della procedura di mediazione. In particolare, ha osservato che, una volta superato il vizio di eccesso di delega che aveva indotto l’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 272/2012, non era dato rinvenire manifesti e significativi profili di violazione dell’art. 24 Cost. ovvero di altri parametri di rango costituzionale (Cons. St. IV, n. 5230/2015).

In merito alla reintroduzione dell'obbligatorietà della mediazione, sono state ritenute infondate le questioni sollevate in merito alla procrastinata applicabilità (di trenta giorni rispetto all'entrata in vigore della legge di conversione) delle norme che riproducono la disciplina in base alla quale il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (Corte cost. n. 96/2017). Non fondate anche le questioni sollevate in ordine alle spese per la consulenza tecnica d'ufficio nel procedimento preventivo ai fini della composizione di lite in relazione alle controversie di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, senza possibilità per il giudice di addebitare, in tutto o in parte, il costo della consulenza a carico di una parte diversa da quella ricorrente, stante che la disciplina  individua, quale condizione di procedibilità alternativa, la mediazione di cui al d.lgs. n. 28 del 2010, consentendo così al ricorrente di scegliere una via per lui meno onerosa (Corte cost. n. 87/2021).

Sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, e 24, terzo comma, Cost., gli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, t.u. spese di giustizia, nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione obbligatoria (Corte cost. n. 10/2022; v. Sandulli,  Mediazione e patrocinio a spese dello stato (nota a sentenza n. 10 del 20 gennaio 2022 della corte costituzionale, Riv. trim dir. proc. civile, 2022, 641).

Le controversie oggetto di mediazione obbligatoria

    Con la reintroduzione della mediazione obbligatoria, cancellata dalla pronuncia della Corte cost. n. 272/2012, ad opera della riforma del d.lgs. n. 28/ 2010, come modificato dal d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 98/2013 e sostanzialmente ribadita dal d.lgs. n.149/2020 (c.d. decreto Cartabia), l'esperimento del procedimento di mediazione diviene condizione di procedibilità del giudizio per le materie tassativamente indicate dall'art. 5 comma 1 del decreto in esame (Cuomo Ulloa, 114 e ss.;Pagani, 9 e ss.).

L'art. 5, comma 1, difatti, prevede che «chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto».

Nella sostanza, la riforma del 2013 prefigura quattro canali principali di accesso alla mediazione: un primo accesso di tipo facoltativo, sempre ammissibile quando la lite concerne rapporti civili e commerciali e coinvolge diritti disponibili; un secondo accesso vincolato mediante clausola che vincola le parti a sottoporre a mediazione le controversie che dovessero insorgere dalla esecuzione del contratto; un terzo canale mediante la mediazione delegata su disposizione del giudice; un quarto canale mediante il ripristino della mediazione obbligatoria a partire dal 21 settembre 2013 (data dell'entrata in vigore della riforma del 2013).

  La funzione deflattiva connessa alla reintroduzione della mediazione obbligatoria è confermata dalla giurisprudenza di legittimità la quale ha sottolineato come la disciplina vada letta e interpretata alla luce del principio costituzionale della durata ragionevole del processo e, dunque, dell'efficienza processuale. Spiega la Cassazione che in questa prospettiva la disciplina mira a rendere il processo la extrema ratio: cioè l'ultima possibilità dopo che le altre possibili soluzioni sono risultate esplorate (Cass. III, n. 24629/2015; Cass. S.U., n.  19596/2020 ).

La mediazione societaria

Come già accennato (v. supra), nel decreto legislativo in commento, a seguito delle modifiche introdotte dal «decreto del fare» (l. di conv. n. 98/2013), scompare dall'elenco delle materie per le quali è prevista l'obbligatorietà della mediazione il riferimento alla materia societaria sicché la disciplina vigente in tal ambito resta facoltativa e rimessa, su base volontaristica, all'autonomia negoziale mediante clausola che vincoli le parti a sottoporre a mediazione le controversie che dovessero tra loro insorgere.

La dottrina pone a confronto la disciplina attuale con quella contenuta nell'abrogato art. 38 d.lgs. n. 5/2003, sottolineando che quella abrogata contemplava la previsione della «conciliazione stragiudiziale» da potersi utilizzare in tutte le controversie, intese lato sensu, aventi ad oggetto rapporti societari, comprese quelle inerenti alle società di fatto ed a tutte le fasi fisiologiche e patologiche del rapporto (costituzione, funzionamento, modificazione ed estinzione), alle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali e a quelle afferenti ai contratti di partecipazione sociale, ai patti parasociali e agli accordi di collaborazione previsti dall'art. 2341-bis c.c.

Sebbene la materia delle controversie societarie non sia ricompresa nell'elencazione prevista a pena di improcedibilità del giudizio, l'art. 5 sexies del decreto in esame, così come modificato dal d.lgs. n.149/2022 (c.d. decreto Cartabia), stabilisce tuttavia che ove il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente pubblico o privato prevedano una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione, fissando la successiva udienza nel rispetto del termine di durata del procedimento (non superiore a tre mesi).

Pertanto, duplice presupposto imprescindibile della mediazione in ambito societario è che, per un verso, la clausola sia prevista nello statuto, nell'atto di costituzione o nel contratto e, per l'altro, che il mancato esperimento sia eccepito in giudizio come prima difesa. In caso contrario, non potrà essere rilevato d'ufficio dal giudice (Masoni, 342 e ss.; Pagani, 11).

L'oggetto della pattuizione potrà concernere qualsiasi tipo di conflitto insorto all'interno della vita sociale e la norma in commento prevede che la domanda di mediazione sia presentata ad un Organismo di mediazione indicato nella clausola, se iscritto nel registro presso il Ministero della giustizia ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto nel registro, fatta salva la possibilità per le parti di concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all'atto costitutivo, l'individuazione di un diverso organismo iscritto.

Il riferimento al potere del giudice o dell'arbitro, su eccezione di parte, di fissare le sequenze procedimentali della mediazione convenzionalmente stabilita per la risoluzione delle controversie convince nel ritenere che essa sia alternativa sia rispetto al procedimento giudiziale sia a quello arbitrale.

Descrittivamente, possono tornare di qualche utilità al fine di individuare l'oggetto della possibile clausola di mediazione societaria le categorie di controversie societarie elencate nell'art. 1 lett. a), b), c), d.lgs. n. 5/2003, abrogato dall'art. 60 l. n. 69/2009, ove si enumeravano quelle relative ai «rapporti societari», ricomprendendovi quelle concernenti le società di fatto, l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario nonché le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative; quelle inerenti al «trasferimento delle partecipazioni sociali», nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti ed, infine, quelle concernenti i «patti parasociali», anche diversi da quelli disciplinati dall'art. 2341-bis c.c., e accordi di collaborazione di cui all'art. 2341-bis, ultimo comma, c.c. (Costantino, I, 15).

Già nel vigore della abrogata disciplina della mediazione in ambito societario si riteneva che lo speciale rito processuale si applicasse, sebbene non espressamente previsto, anche ai conflitti inerenti le associazioni in partecipazione, a quelli relativi ai consorzi ed alle società di persone; attualmente, è stato espressamente previsto dal d.lgs. n.149/2022 (c.d. decreto Cartabia) nell’art. 5, comma 1, del d.lgs. in commento.

Peraltro, sebbene la lettera delle norme allora vigenti non menzionasse espressamente le impugnazioni delle deliberazioni societarie, si riteneva altresì che esse venissero ricomprese tra le controversie relative a rapporti societari e che il riferimento alle azioni di responsabilità «da chiunque promosse» consentisse di ricomprendervi:

- le azioni contrattuali esperibili dalla società nei confronti: degli amministratori (artt. 2939,2476, comma 1, c.c.); dei consiglieri di gestione (art. 2409-decies c.c.); dei sindaci (2407 e 2477, comma 4, c.c.); dei direttori generali (art. 2396 c.c.);

- quelle pure contrattuali, proponibili da una maggioranza qualificata o dal singolo socio (artt. 2393-bis, 2409-decies e 2476, comma 3, c.c.);

- quelle esperibili dall'amministratore giudiziario (art. 2409, comma 5, c.c.);

- le azioni extracontrattuali proposte dai creditori sociali e dai terzi (artt. 2934,2395,2409-decies, comma 5, 2476, comma 6, c.c.);

- quelle altresì proponibili allorquando le società o gli enti che esercitano direzione e coordinamento di società violino i principî di «corretta gestione societaria e imprenditoriale» (artt. 2947, commi 1 e 2, 2497-bis comma 3, c.c.) (Costantino, I, 16 e ss.).

La giurisprudenza di merito, in relazione alla possibilità per il giudice (anche di appello) di disporre l'esperimento del procedimento di mediazione (c.d. mediazione ex officio) – introdotta dalla l. n. 98/2013 (di conversione del d.l. 21 giugno 2013 n. 69) nel testo del d.lgs. n. 28/2010 –, ha ritenuto che essa costituisca una nuova facoltà squisitamente processuale, applicabile per ciò ai procedimenti pendenti. Ha affermato, peraltro, che l'ambito applicativo della previsione in esame prescinda dalla natura della controversia (e, cioè, dall'elenco delle materie sottoposte alla c.d. mediazione obbligatoria: art. 5 comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010) e, per l'effetto, può ricadere anche su un controversia diversa (nella specie, la lite aveva ad oggetto il recupero di un credito rimasto insoddisfatto). Ha aggiunto, infine, «come i mediatori ben potrebbero estendere la “trattativa (rectius: mediazione)” ai fatti emersi successivamente alla instaurazione della lite e non fatti valere nel processo, così essendo evidente che l'eventuale soluzione conciliativa potrebbe definire il conflitto, nel suo complesso, mentre la sentenza conclusiva del procedimento civile potrebbe definire, tout court, solo una lite, in modo parziale» (Trib. Milano 29 ottobre 2013, Foro it., 2014 I, 1, 1319).

Limiti alla mediazione: la disponibilità dei diritti

L'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 28/2010 prescrive che «Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili» ed il successivo art. 12 stabilisce che «Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico».

Il diritto può dirsi disponibile quando l'ordinamento abilita le parti a darsi regole di condotta, riconoscendo effetti alla loro volontà negoziale.

Al fine di delimitare l'ambito delle controversie che non possono costituire oggetto di mediazione, può richiamarsi, la disciplina in tema di capacità a transigere ovvero la capacità delle parti di disporre dei diritti che formano oggetto della lite (art. 1966 c.c.).

La conseguenza è che restano al di fuori dell'oggetto della mediazione, i diritti indisponibili per natura o ritenuti tali per espressa disposizione di legge (art. 2934 c.c.).

Tradizionalmente, sono considerati indisponibili quelli inerenti ad uno stato personale (vita, salute, nome, immagine, reputazione, identità personale etc.), anche se, nello stesso ambito, non si è mancato di ritenere che possano essere oggetto di mediazione i diversi aspetti patrimoniali afferenti i relativi diritti soggettivi assoluti.

Vengono, viceversa, pacificamente ricompresi nell'ambito applicativo i diritti per i quali la parte possa, mediante atti negoziali, costituire, modificare o estinguere la situazione giuridica sostanziale (Santoro Passarelli, Dottrine generali di diritto civile, Napoli, 1983, 114).

In ambito societario, si ritiene in via generale che possa essere estensivamente richiamata la disciplina in tema di limiti alla devoluzione ad arbitri delle controversie (v. artt. 806 e 808 c.p.c. e 34 del d.lgs. n. 5/2003) e quindi si ammette che le clausole compromissorie statutarie possono avere ad oggetto alcune o tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

Per espressa previsione, le controversie lavoristiche di cui all'art. 409 c.p.c. possono essere devolute ad arbitri «solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro», viceversa, non compromettibili sono quelle per la cui peculiare delicatezza sia richiesta la presenza del Pubblico Ministero (le controversie in materia familiare) ovvero quelle che svolgono una funzione diversa da quella di mera cognizione svolta dalla procedura arbitrale (ad esempio le procedure di esecuzione, i provvedimenti cautelari e di volontaria giurisdizione) e ancora quelle per cui è prevista l'inderogabilità della competenza (procedure fallimentari).

Si distingue altresì nel ritenere arbitrabili le controversie che attengono ai diritti dei soci come singoli e non arbitrabili, viceversa, quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi ed in particolare quelle concernenti lo scioglimento della società (Caratta-Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino, 2016, III, 468 e ss.).

Al fine di delimitare l'ambito di applicabilità del procedimento di mediazione soccorre, inoltre, l'elenco contenuto nel comma 4 dell'art. 5 in commento ove espressamente viene escluso che il procedimento di mediazione possa essere applicato ai procedimenti di ingiunzione, inclusa l'opposizione, a quelli di convalida di licenza o sfratto ed a quelli possessori, con la precisazione che la mediazione torna ad essere possibile nella fase successiva a quella interdittale (dopo la pronuncia sulla esecutorietà del provvedimento nei procedimenti di ingiunzione, fino al mutamento del rito nei procedimenti per convalida in materia locatizia e dopo la pronuncia che accoglie o respinge la domanda in quelli possessori di reintegrazione o di manutenzione). Resta, invece, ferma la previsione di generale inapplicabilità per i procedimenti di consulenza tecnica preventiva, per quelli di opposizione relativi all'esecuzione forzata e per quelli in camera di consiglio.  L’azione inibitoria ex art. 37 del codice del consumo d.lgs. n. 206/2005 viene aggiunta quale caso di inapplicabilità dal d.lgs. n.149/2022 (c.d. decreto Cartabia) .

La Cassazione, con una rilevante pronuncia resa a Sezioni Unite, ha affermato che il diritto alla ragionevole durata del processo, quale diritto fondamentale della persona, non è disponibile, né suscettibile di conciliazione, a differenza del diritto all'equa riparazione per durata irragionevole, che, quale diritto patrimoniale, è soggetto alla disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione, in aderenza alla «ratio» di deflazione del contenzioso giudiziario. Pertanto, la domanda di mediazione comunicata entro il termine semestrale ex art. 4 della l. 24 marzo 2001, n. 89 impedisce, «per una sola volta», ai sensi dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, la decadenza dal diritto di agire per l'equa riparazione, potendo quest'ultimo essere ancora esercitato, ove il tentativo di conciliazione fallisca, entro il medesimo termine di sei mesi, decorrente ex novo dal deposito del verbale negativo presso la segreteria dell'organismo di mediazione (Cass. S.U., n. 17781/2013; Cass. II, n.  2273/2019).

Regime di accesso, durata e costi della mediazione

In via generale, la mediazione si attiva tramite deposito della relativa istanza presso uno degli Organismi di conciliazione iscritti nel registro tenuto dal Ministero della Giustizia ovvero con l'esperimento del procedimento preliminare per le materie per le quali è richiesto quale condizione di procedibilità.

 È stabilito un criterio di competenza territoriale per la presentazione della domanda che deve essere depositata presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. E’ stato affermato che quando la mediazione è disposta dal giudice, ai sensi dell'art. 5, commi 1 e 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010, la mancata ottemperanza a tale invito determina l'improcedibilità della domanda ab initio svolta e non dell'eventuale impugnazione, giacché incide definitivamente sull'azione originaria e non sulla fase processuale (Cass.II n. 22805/2023).

In ambito societario, ove il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedano una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, fissando la successiva udienza (art. 5, comma 5).

È previsto un termine di durata del procedimento che non può superare i tre mesi (art. 6 d.lgs. n. 28/2010).

In tema di mediazione obbligatoria, l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2010 non consente al giudice il prosieguo del giudizio in pendenza dei termini concessi per l'espletamento della procedura di mediazione, fino all'udienza di verifica dell'avveramento della condizione di procedibilità (Cass. II, 22038/2023).

Quanto al sistema dei costi della mediazione, innanzitutto, giova rammentare che il d.lgs. in esame (art 17, comma 2, d.lgs. n. 28/2010) stabilisce che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti all'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, e che il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente (art. 17, comma 3) e che nell'ipotesi di mancato accordo all'esito del primo incontro, «nessun compenso» è dovuto per l'organismo di mediazione (art. 17, comma 5-ter).

Viene stabilita, inoltre, una disciplina differenziata di determinazione delle indennità, a seconda che si tratti di organismi costituiti da enti pubblici o da enti privati; in particolare, per quelli pubblici la determinazione è demandata ad un regolamento che fissi l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti (art. 17, comma 4, lett. a); per quelli privati viene demandata al regolamento la determinazione dei criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli stessi organismi (art. 17, comma 4, lett. b).

L'ammontare minimo e massimo delle indennità è stato stabilito dall'art. 16 del d.m. n. 180/2010, che nella Tabella allegata A, fissa l'ammontare della indennità (per ciascuna parte) da Euro 65 sino ad Euro 9.200, secondo lo scaglione, in base al valore della controversia; viene prevista una spesa fissa per l'avvio del procedimento (da un minimo di 40 Euro ad un massimo di 80 euro) e viene precisato che l'indennità comprende tanto le spese di avvio quanto il compenso per il mediatore. Giova rammentare che la disposizione regolamentare citata ha subito modifiche correttive: la prima con il decreto n. 145/2011 e la seconda con il decreto n. 149/2014, a seguito delle novità introdotte nell'anno 2013 nella normativa primaria.

Infine, l'art. 20, dispone che alle parti che corrispondono l'indennità agli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta commisurato all'indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento mentre, in caso di insuccesso della mediazione, il credito d'imposta è ridotto della metà.

In tema di interpretazione dell'inciso «nel caso di mancato accordo all'esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l'organismo di mediazione» contenuto nell'art. 17 comma 5-ter del d.lgs. oggetto d'esame, il Consiglio di Stato (ord. n. 1694/2015), nel sospendere parzialmente l'esecutività della sentenza del tribunale di prime cure (TAR Lazio n. 1351/2015), ha affermato che sono dovute, per il primo incontro di mediazione, le spese di avvio e le spese vive documentate le quali non possono essere riconducibili alla nozione di «compenso» di cui alla disposizione primaria soprarichiamata, applicandosi ad esse, viceversa, quanto disposto dalla norma secondaria (art. 16, commi 2 e 3, d.m. n. 180/2010).

Organismi di mediazione e Registro. Elenco dei formatori

La gestione del procedimento di mediazione è rimessa agli Organismi di mediazione (artt. 16-19 d.lgs. n. 28/2010). L'art. 16 in commento prevede che gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all'art. 2 e per essi stabilisce l'obbligo di iscrizione nel Registro.

Ciò significa che il procedimento di mediazione può essere svolto soltanto da mediatori professionisti abilitati a svolgere la mediazione per conto degli organismi iscritti in un apposito Registro istituito presso il Ministero della giustizia. In proposito, si parla di centralità del Registro degli organismi nel sistema della mediazione, difatti esso continua a rappresentare il «perno del nuovo sistema» della mediazione tenuto conto che l'iscrizione è al contempo fattore abilitante e presupposto essenziale per poter accedere al sistema della mediazione (Cuomo Ulloa, 47).

Gli stessi mediatori sono formati secondo specifiche modalità da enti di formazione accreditati presso il Ministero della giustizia ed inseriti in apposito elenco, autorizzati a tenere ed attestare il superamento di corsi di formazione per mediatore. Gli avvocati sono mediatori di diritto, assistono le parti durante l'intera procedura di mediazione e sono soggetti all'obbligo di aggiornamento professionale.

I criteri e le modalità di iscrizione e tenuta del Registro degli organismi di mediazione e dell'Elenco dei formatori della mediazione sono contenuti nel regolamento adottato dal Ministero della giustizia di concerto con quello dello Sviluppo economico (d.m. 18 ottobre 2010 n. 180).

Il regolamento stabilisce che il direttore generale della giustizia civile del dipartimento degli affari di giustizia è responsabile della tenuta dell'elenco degli enti abilitati a tenere corsi di formazione per mediatori (e verifica, tra l'altro, i requisiti di qualificazione dei mediatori i quali, per poter essere iscritti nell'elenco di un organismo di mediazione, devono possedere una specifica formazione acquisita presso gli enti di formazione di cui all'art. 18 dello stesso decreto) ed è responsabile della tenuta del Registro degli organismi autorizzati a gestire i tentativi di conciliazione (art. 3 d.m. 18 ottobre 2010 n. 180).

La previsione del Ministero della giustizia quale organo di vigilanza ripropone lo stesso assetto già previsto dalla abrogata disciplina della conciliazione societaria e conferma la duplice finalità indicata dal d.lgs. n. 28/2010 ovvero di garantire che gli enti pubblici o privati candidati a costituire organismi deputati a gestire il procedimento di mediazione assicurino garanzie di serietà ed efficienza nonché elevati livelli di formazione dei mediatori (art. 16 commi 1 e 5).

Nel regolamento ministeriale sono previsti una serie di requisiti di abilitazione allo svolgimento del servizio di mediazione.

In particolare, ai fini della necessaria professionalità ed efficienza richiesta agli organismi occorre che siano garantiti:

- la capacità finanziaria e organizzativa dell'ente richiedente, nonché la compatibilità dell'attività di mediazione con l'oggetto sociale o lo scopo associativo (art. 4, d.m. n. 180/2010). Nello specifico, quanto alla capacità finanziaria il richiedente deve possedere un capitale non inferiore a 10.000,00 euro, e, quanto alla capacità organizzativa, l'ente richiedente deve attestare di poter svolgere l'attività di mediazione in almeno due regioni italiane o in almeno due province della medesima regione (ciò anche attraverso gli accordi di cui all'art. 7, comma 2, lett. c, del medesimo regolamento, relativo alla possibilità di avvalersi delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi);

- il possesso di una polizza assicurativa di importo non inferiore a 500.000,00 euro per la responsabilità derivante a qualsiasi titolo dallo svolgimento dell'attività di mediazione;

- i requisiti di onorabilità dei soci, associati, amministratori o rappresentanti (conformi a quelli fissati dall'art. 13, d.lgs. n. 58/1998, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria);

- la trasparenza amministrativa e contabile dell'organismo (ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l'organismo e l'ente di cui eventualmente costituisca articolazione interna al fine della dimostrazione della necessaria autonomia finanziaria e funzionale);

- l'indipendenza, l'imparzialità e la riservatezza nello svolgimento del servizio di mediazione, nonché la conformità del regolamento alla legge e allo stesso d.m. n. 180/2010, anche per quanto attiene al rapporto giuridico con i mediatori;

- il numero dei mediatori non inferiore a cinque (in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione, i quali abbiano dichiarato la disponibilità a svolgere le funzioni di mediazione per il richiedente);

- la sede dell'organismo.

Viene previsto il continuo aggiornamento dei dati del registro mediante modalità informatiche nonché la pubblicità degli elenchi dei mediatori (art. 3, commi 4-6 d.m. n. 180/2010).

Il regolamento ministeriale disciplina nel dettaglio i criteri ed il procedimento di iscrizione nel registro(artt. 4 e 5 d.m. n. 180/2010).

La domanda di iscrizione nel registro viene presentata su istanza di parte corredata dal regolamento di procedura dell'organismo.

Devono essere inoltre depositate:

- le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati (sul tema si tornerà tra breve);

- la scheda di valutazione (che, a norma dell'art. 7, comma 5, lett. b, d.m. n. 180/2010, va consegnata a ciascuna parte al termine del procedimento di mediazione al fine della valutazione del servizio);

- il codice etico.

Vengono verificati, infine, i requisiti di professionalità ed onorabilità dei mediatori (art. 4 d.m. n. 180/2010).

È stato posto in luce come i regolamenti degli organismi di mediazione siano rimessi all'autonomia dei singoli organismi, possano essere molto diversi l'uno dall'altro e meritino dunque di essere attentamente valutati sia da chi desidera accedere al servizio come utente sia da chi si proponga di chiedere l'iscrizione in un organismo per svolgere l'attività di mediatore (Caradonna, Regis, Ruscetta e Silla, 11).

Il regolamento di procedura dell'organismo candidato deve «in ogni caso» prevedere:

- la dichiarazione di imparzialità da parte del mediatore a norma dell'art. 14, comma 2 lett. a) del d.lgs. n. 28/2010;

- la possibilità che le parti possano indicare di comune accordo la persona del mediatore ai fini della eventuale designazione da parte dell'organismo;

- la previsione di criteri inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore designato (art. 7, comma 5 lett. e, d.m. n. 180/2010);

- il diritto di accesso delle parti, fermo il rispetto del dovere di riservatezza ex art. 9 del d.lgs. n. 28/2010, agli atti del procedimento di mediazione che il responsabile dell'organismo è tenuto a custodire in un apposito fascicolo registrato e numerato all'interno del registro degli affari di mediazione;

- la possibilità che le parti all'esito del procedimento possano esprimere una valutazione del servizio da esprimere mediante la compilazione di un'apposita scheda.

In ordine a quest'ultima possibilità valutativa, la dottrina si è interrogata se essa abbia ad oggetto la qualità del servizio erogato sotto il profilo organizzativo dell'ente o abbia, invece, ad oggetto l'attività professionale del mediatore (Caradonna, Regis, Ruscetta e Silla, 11).

Viene previsto un procedimento di iscrizione semplificato, una sorta di «corsia preferenziale» (l'espressione è utilizzata da Cuomo Ulloa, 49), per alcuni organismi costituiti anche in forma associata. Essi sono le Camere di Commercio, da un lato ed i Consigli degli Ordini professionali, dall'altro, i quali vengono iscritti «su semplice domanda», all'esito della verifica della sussistenza del solo requisito della stipula della polizza assicurativa e dei requisiti di professionalità e onorabilità dei mediatori (art. 19 d.lgs. n. 28/2010).

Una peculiare disciplina privilegiata in questo ambito ricevono i Consigli degli Ordini degli avvocati (art. 18 d.lgs. n. 28/2010) ai quali il legislatore ha di certo inteso attribuire un ruolo determinante nel funzionamento del modello di mediazione prescelto, consentendo loro l'iscrizione su semplice domanda e l'istituzione di organismi deputati alla mediazione presso ciascun tribunale utilizzando i locali messi a disposizione dal presidente del tribunale.

La norma non chiarisce quali siano, oltre a quelli appena nominati, gli enti pubblici i quali possano chiedere l'iscrizione nel registro; si ipotizza possano essere anche gli enti territoriali, in eventuale convenzione, per la creazione di organismi specializzati nelle controversie radicate sul territorio e si osserva che, allo stato, l'iscrizione di enti pubblici diversi dalle Camere di Commercio e dagli Ordini professionali è stata marginale, segnalandosi in particolare l'iscrizione della Regione Piemonte (in tal senso, Cuomo Ulloa, 44, nota 79).

Il regolamento stabilisce le modalità di sospensione e cancellazione dal registro, qualora dopo l'iscrizione sopravvengano o risultino nuovi fatti che l'avrebbero impedita ovvero in casi di violazione degli obblighi di comunicazione (art. 10 d.m. n. 180/2010).

Viene altresì introdotta un'attività di monitoraggio statistico dei procedimenti di mediazione condotta semestralmente dal Ministero della giustizia, anche mediante i responsabili degli organismi di mediazione e congiuntamente con il Ministero dello sviluppo economico per le mediazioni afferenti agli affari in materia di rapporti di consumo (art. 11 d.m. n. 180/2010). Si dispone che i dati statistici vengano separatamente riferiti alla mediazione obbligatoria, volontaria e demandata dal giudice e che per ciascuna delle tre categorie vengano indicati i casi di successo della mediazione e i casi di esonero del pagamento dell'indennità per la parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Dalle statistiche relative all'anno 2017 stilate dal Ministero della giustizia si evince che l'ambito della mediazione volontaria ha interessato 14.898 procedimenti di mediazione con una percentuale di definizione pari al 9,6% (a fronte di un numero complessivo pari a 155.457 di procedimenti di mediazione – obbligatoria, volontaria e demandata dal giudice – instaurati nello stesso anno) (cfr. Statistiche anno 2017. Dipartimento della Organizzazione Giudiziaria, del Personale e dei Servizi, Direzione Generale di Statistica e Analisi Organizzativa, all'indirizzo https://webstat.giustizia.it).

I rapporti tra mediatori, organismi di mediazione e parti.

Di grande interesse il tema delle relazioni che possono instaurarsi tra i soggetti protagonisti della mediazione, con particolare riferimento all'ambito dei rispettivi ruoli e delle responsabilità.

Innanzitutto la natura delle attività e dei servizi giuridici ed economici che trovano la loro fonte nella mediazione vengono inquadrati nell'ambito dei rapporti tipicamente privatistici sia con riferimento al rapporto che si instaura tra le parti e l'organismo di mediazione (pubblico e privato) sia in relazione a quello che si instaura tra organismo e mediatore (Cuomo Ulloa, 60; Masoni, 444).

Quanto al rapporto tra organismo e mediatore – al quale è dedicato qualche riferimento nel decreto attuativo n. 180/2010 a proposito dei criteri di verifica dei requisiti di professionalità (art. 4, comma 2) – è previsto che i mediatori vengano designati dal responsabile dell'organismo secondo criteri inderogabili per l'assegnazione degli affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore prescelto (art. 14, comma 5, lett. e).

Quanto al rapporto tra organismo, mediatore e parti, in assenza di indicazioni specifiche da parte della normativa primaria e secondaria, la dottrina indica alcune linee guida ormai acquisite anche alla luce della prassi.

La prima attiene alla natura del rapporto contrattuale sul quale si fonda l'attività di mediazione e che trova origine nella scelta compiuta dalla parte in ordine all'organismo al quale affidare la mediazione della controversia; in proposito l'orientamento maggioritario propende per ricondurre il rapporto allo schema del contratto misto o complesso nel quale vengono ravvisati sia elementi dell'appalto di servizi sia quelli della prestazione d'opera professionale offerta dall'organismo per il tramite del mediatore accreditato.

La seconda concerne la questione se tra la parte e il mediatore sussista un ulteriore contratto. L'opinione prevalente propende per la soluzione negativa, inquadrando la figura del mediatore in quella dell'ausiliario di cui l'organismo si avvale nello svolgimento dell'attività di mediazione applicandosi ad esso la regola generale di cui all'art. 1228 c.c.; la tesi verrebbe confermata dal sistema delle indennità previsto dal d.lgs. in esame (art. 14, comma 1) che vieta ai mediatori «di percepire compensi direttamente dalle parti» e prescrive a queste ultime di versare agli organismi di mediazione le indennità dovute ai quali è rimesso il compito di compensare il mediatore designato per l'attività prestata (art. 16 d.m. n. 180/2010).

Dall'applicabilità della regola generale della responsabilità per fatto dell'ausiliario discendono conseguenze rilevanti nei rapporti tra i protagonisti della mediazione. Difatti, le eventuali pretese risarcitorie delle parti invocate sulla base di danni subiti in conseguenza dell'attività di mediazione (intesa come attività organizzativa della struttura prescelta e come prestazione di attività intellettuale) potranno essere avanzate nei confronti dell'organismo di mediazione, il quale ha l'obbligo di dotarsi di una polizza assicurativa per la responsabilità «a qualunque titolo» (art. 4, comma 2, lett. b, d.m. n. 180/2010) derivante dall'attività di mediazione fornita (Masoni, 446), con la possibile conseguenza e facoltà per quest'ultimo di rivalersi sul mediatore allorquando il danno sia addebitabile a quest'ultimo (Cuomo Ulloa, 65).

L'orientamento prevalente non esclude, peraltro, che possa prefigurarsi una responsabilità diretta del mediatore nei confronti delle parti nei casi in cui la violazione abbia ad oggetto il mancato rispetto da parte del professionista degli obblighi derivanti dal corretto esercizio dell'attività esercitata; ad esempio qualora contravvenga al dovere di riservatezza (art. 9 d. lgs. n. 28/2010) e agli obblighi prescritti inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio (art. 14 d.lgs. n. 28/2010).

Nulla esclude, infine, che la responsabilità sia attribuibile alle parti le quali siano inadempienti all'obbligo di corrispondere la dovuta indennità all'organismo di mediazione, il quale senza dubbio potrà avvalersi dei rimedi ordinari giurisdizionali per recuperare il credito (Masoni, 446).

In tema di responsabilità del mediatore, nell'ambito della generale responsabilità ex art. 1754 c.c. e non quale mediatore della lite a norma del d.lgs. in commento, meritano menzione due pronunce della Cassazione. Una prima ha ravvisato nel «contatto sociale» che si crea tra il mediatore professionale e le parti la fonte della responsabilità contrattuale, con la conseguenza che il mediatore, per andare esente da responsabilità, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile nell'adempimento degli obblighi di correttezza ed informazione a suo carico, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., e di non aver agito in posizione di mandatario (Cass. III, n. 16382/2009). Una seconda ha affermato la responsabilità del mediatore il quale, nel corso di una compravendita immobiliare, non ha fornito alla parte interessata alla conclusione dell'affare informazioni sulla regolarità urbanistica dell'immobile, omettendo di controllare la veridicità di quelle ricevute (nella specie, la natura abusiva della veranda, adibita a cucina e in posizione centrale rispetto agli altri locali, e, quindi, neppure condonabile). Pertanto, la Corte ha sottolineato come il mediatore non abbia assolto l'obbligo di corretta informazione in base al criterio della media diligenza professionale, che comprende non solo l'obbligo di comunicare le circostanze note (o conoscibili secondo la comune diligenza) al professionista, ma anche il divieto di fornire quelle sulle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato (Cass. II, n. 18140/2015).

Il d.lgs. n.149/2022 (c.d. decreto Cartabia) ha introdotto l’art. 5 quinquies nel d.lgs. in commento, recante disposizioni in tema di formazione del magistrato e di valutazione del contenzioso definito con mediazione “demandata”; in particolare, viene previsto che il numero e la qualità degli affari definiti con ordinanza di mediazione o mediante accordi conciliativi costituiscono, rispettivamente, indicatori di impegno, capacità e laboriosità del magistrato ai sensi del d.lgs.  n. 160/2006 (v. più in generale sul tema: Dalla Bontà, 21).

 

Bibliografia

Caradonna, Regis, Ruscetta e Silla, La mediazione civile: un nuovo strumento giuridico di gestione delle liti per una maggiore efficienza della giustizia in Italia, in Riv. dott. comm. 2010; Costa, La mediazione nelle controversie societarie. Diritti disponibili e indisponibili, in La mediazione civile nelle liti fra soci: profili giuridici e aspetti negoziali, a cura di Astorina e Caradonna, in I quaderni della Scuola di Alta Formazione, Fondazione Luigi Martino, Milano, 2013; Costantino, Il processo commerciale e l’arbitrato societario, in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da d’Alessandro, Padova, 2009, I; Cuomo Ulloa, La nuova mediazione. Profili applicativi, Bologna, 2017; Dalfino, Dalla conciliazione societaria alla «mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali», in Studi in onore di Belviso, Bari, 2011; Dalla Bontà, Fra mediazione e decisione. La riforma apre ad un nuovo paradigma di giudice? Riv. trim dir. proc. civile, 2023, 21; De Santis, La conciliazione in materia societaria. Fondamenti negoziali, contrafforti pubblicistici e riflessi sul processo ordinario, in Giur. it. 2004, 449; Masoni, La mediazione, in Aa.Vv., Arbitrato deflattivo, negoziazione assistita, mediazione, Milano, 2016; Muratori, La formazione alla mediazione dei conflitti. Spunti di riflessione e percorsi per la riforma, Riv. arbitrato, 2021; Pagani, La mediazione nelle controversie societarie. Diritti disponibili e indisponibili, in La mediazione civile nelle liti fra soci: profili giuridici e aspetti negoziali, a cura di Astorina e Caradonna, in I quaderni della Scuola di Alta Formazione Fondazione Luigi Martino, Milano, 2013; Punzi, Il processo civile, I procedimenti speciali e l’arbitrato, Torino, 2010, III;Ruvolo, La mediazione obbligatoria, Relazione tenuta

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