Codice Civile art. 2621 ter - Non punibilita' per particolare tenuita' (1).Non punibilità per particolare tenuità (1). [I]. Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis (1) Articolo inserito dall'art. 10 l. 27 maggio 2015, n. 69. InquadramentoCon l'introduzione dell'art. 2621-ter c.c. con la l. n. 69/2015 il Legislatore ha inteso operare un coordinamento tra i reati di cui agli artt. 2621, 2621-bis e la nuova ipotesi di «esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto» di cui all'art. 131-bis c.p., ai sensi della quale è esclusa la punibilità quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (Manes, 34). La norma in commento dispone che, ai fini dell'applicazione dell'art. 131-bis c.p., il giudice valuta in modo prevalente l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori. Ciò significa che al denominatore comune delle modalità della condotta, dell'esiguità del danno o del pericolo, dell'offesa di particolare tenuità e della non abitualità del comportamento, si somma il dato qualificante dell'entità del danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori, come conseguenza della commissione dei fatti di cui agli artt. 2621 e 2621-bis c.c., che il giudice dovrà valutare con criterio di prevalenza sugli altri indici (Trione, 1257). Tale scelta, si osserva, appare difficilmente conciliabile con la struttura di reati di pericolo (concreto) degli artt. 2621 e 2621-bis. L'aver incentrato la configurabilità dell'art. 131-bis c.p. (prevalentemente) sull'entità del danno renderebbe persino – come è stato rilevato – «di difficile operatività tale norma» (Gambardella, 1729). Alla prevalente dottrina – secondo cui risulta inammissibile che l'elemento del danno, insufficiente a fondare da solo la lieve entità ex art. 2621-bis, possa divenire prevalente ai fini del giudizio di particolare tenuità, fino al punto di escludere ogni rilievo alla pericolosità della condotta – si contrappone la tesi di chi sostiene che la predetta scelta del legislatore del 2015 di attribuire un ruolo rilevante all'entità del danno, è solo apparentemente in contraddizione con lo stesso disegno riformatore che ha qualificato il reato di falso in bilancio come reato di pericolo. Ed invero, se si interpreta l'informazione societaria come interesse strumentale ad interessi finali, ad esempio, di natura patrimoniale (o non patrimoniale come il danno all'immagine), può ritenersi che il reato di falso in comunicazioni sociali tuteli in via mediata anche l'interesse patrimoniale (o non patrimoniale) della società, dei soci e dei creditori, nonostante la sua formale eliminazione dal fatto tipico (Di Florio, 42 ss.). Anche con riferimento a tale fattispecie, come per quella di lieve entità di cui all'art. 2621-bis c.c., la dottrina ha rimarcato un deficit di determinatezza. In primo luogo, l'espressione «il giudice valuta in modo prevalente» sembrerebbe evocare un accertamento all'insegna della massima discrezionalità. Parimenti indeterminato appare il concetto di «entità del danno», dichiarato prevalente nell'art. 2621- ter e, invece, equiparato alla natura e dimensioni della società nell'art. 2621-bis, comma 1 (Seminara, 821). A ciò si aggiunge il rischio di una facile sovrapposizione delle nozioni di «lieve entità» e di «particolare tenuità» e, quindi, la prevedibile difficoltà di discernere tra ipotesi comunque punibili e ipotesi non punibili. In dottrina, come già segnalato con riferimento all'art. 2621-bis c.c., si è tentato di tracciare un solco tra le due fattispecie, assegnando al bacino della lieve entità le false comunicazioni sociali provenienti da enti di modeste dimensioni, riservando, piuttosto, la non punibilità all'incidenza marginale di taluni fattori intranei alla tipicità: condotta, pericolo, danno (Mucciarelli, 187). Ulteriori perplessità riguardano i destinatari del danno, in quanto a differenza dell'art. 2621-bis, comma 2 – che come titolari del diritto di querela menziona la società, i soci, i creditori e gli altri destinatari della comunicazione sociale – l'art. 2621-ter impone al giudice di valutare in modo prevalente il danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori. Sicché, l'omesso richiamo degli «altri destinatari della comunicazione sociale» può attribuirsi a una grave dimenticanza del legislatore che irrazionalmente esclude la categoria del pubblico dalla valutazione sull'esiguità del danno (Seminara, 821). L'omessa estensione dell'art. 2621-ter c.c. al delitto di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c. si spiega perché i limiti di operatività segnati dall'art. 131-bis c.p. (pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni) precludono la spendibilità della causa di non punibilità per le false comunicazioni sociali delle società quotate e di quelle ad esse equiparate (Di Florio, 51). BibliografiaDi Florio, Le fattispecie «residuali»: I fatti di lieve entità (art. 2621 bis c.c.) e la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 2621 ter c.c.), in Diritto penale dell'economia, a cura di Cadoppi, Canestrari, Manna, Papa, Milano, 2017; Gambardella, Il «ritorno» del delitto di false comunicazioni sociali: tra fatti materiali rilevanti, fatti di lieve entità e fatti di particolare tenuità, in Cass. pen. 2015; Manes, La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali, in Dir. pen. contemp. 2016; Mezzetti, La ricomposizione disarticolata del falso in bilancio (Commento agli artt. 9-12 della legge n. 689/2015), in legislazionepenale.eu 2016; Mucciarelli, Le «nuove» false comunicazioni sociali: note in ordine sparso, in Dir. pen. contemp. 2015; Seminara, La riforma dei reati di false comunicazioni sociali, in Dir. pen. proc. 2015; Trione, Il nuovo volto delle false comunicazioni sociali, in Studium iuris 2015. |