Protezione internazionale e immigrazione: tutte le novità del decreto sicurezzaFonte: DL 4 ottobre 2018 n. 113
10 Ottobre 2018
Le forme di protezione
Come noto, il nostro ordinamento prevede(va) tre forme di tutela: - la prima (cd. asilo politico, che accorda al soggetto lo status di rifugiato), di derivazione internazionale, trae la propria disciplina dalla Convenzione di Ginevra del 1951; - la seconda (cd. protezione sussidiaria), di derivazione europea, trae la propria disciplina dalla direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, attuata in Italia con il d.lgs. n. 251/2007, il quale prevede che sia ammissibile alla protezione sussidiaria il cittadino straniero che, pur non possedendo i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall'art. 14 d.lgs. n. 251/2007 (condanna a morte o esecuzione della pena di morte; tortura o altra forma di trattamento inumano; minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale); - la terza, infine, di origine interna, è la cd. protezione umanitaria, disciplinata, fino all'entrata del decreto legge qui in esame, dall'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, il quale prevedeva che gli organi competenti non avrebbero potuto rifiutare o revocare un permesso di soggiorno nel caso in cui fossero ricorsi seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Nelle intenzioni del Governo, le modifiche apportate al Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione intendono eliminare l'esercizio discrezionale delle Commissioni territoriali, in sede amministrativa, e dei giudici civili, in sede giurisdizionale, nella concessione della tutela umanitaria, «con l'introduzione di una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati». Secondo quanto prevedeva il vecchio testo dell'art. 32 d.lgs. n. 25/2008, la Commissione territoriale davanti alla quale lo straniero aveva fatto richiesta di protezione: - poteva riconoscere lo status di rifugiato (art. 32, comma 1, lett. a) prima ipotesi); - poteva riconoscere la protezione sussidiaria di cui al d.lgs. n. 251/2007 (art. 32, comma 1, lett. a) seconda ipotesi); - nel caso in cui non avesse accolto la domanda di protezione internazionale e avesse ritenuto che potessero sussistere gravi motivi di carattere umanitario, trasmetteva gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998 che, come si è visto, prevedeva l'ipotesi del ricorrere di «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano» (art. 32, comma 3). Il decreto in commento sostituisce questa ultima ipotesi e introduce un nuovo procedimento da attuarsi nel caso in cui ricorrano le condizioni di cui all'art. 19, comma 1 e 1.1. d.lgs. n. 286/1998; di conseguenza, il nuovo permesso di soggiorno per “protezione speciale” (così è nominato dal decreto), che avrà validità annuale, sarà rinnovabile previo parere della Commissione territoriale e permetterà lo svolgimento di attività lavorativa, potrà essere concesso: - a coloro che provengono da Stati dove possono essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, si lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, o dove possono essere rinviati verso altri Stati nei quali non siano protetti dalla persecuzione; - a coloro che provengono da Stati dove possono essere sottoposti a torture. Il d.l. n. 113/2018 amplia i casi per cui può essere riconosciuto un permesso di soggiorno temporaneo in considerazione delle contingenti situazioni ambientali e/o sociali dei Paesi di provenienza dei migranti: - nessuna novità per quanto riguarda il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ex art. 18 d.lgs. n. 286/1998, rilasciato nel caso in cui siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero; - nessuna novità nemmeno per quanto riguarda il permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica ex art. 18-bis d.lgs. n. 286/1998, rilasciato nel caso in cui lo straniero sia vittima di alcuni reati ivi specificati; - nessuna modifica è stata apportata all'art. 22 d.lgs. n. 286/1998, che continua a disciplinare il permesso di soggiorno per lavoro subordinato e il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero che abbia denunciato e abbia cooperato nel procedimento penale contro il datore di lavoro nelle ipotesi di cui al precedente comma 12-bis (utilizzo di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno minori o in numero superiore a tre). - viene invece introdotto il nuovo art. 20-bis, rubricato «Permesso di soggiorno per calamità», in virtù del quale il questore rilascia un permesso di soggiorno quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, fermo restando quanto già previsto dal precedente art. 20, che non viene modificato, in materia di misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali; - viene introdotto, infine, il nuovo art. 42-bis, rubricato «Permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile», il quale prevede che il Ministro dell'interno, su proposta del prefetto competente, rilasci un permesso di soggiorno della durata di due anni, rinnovabile, qualora lo straniero abbia compiuto un atto di particolare valore civile tra quelli previsti dall'art. 3 l. n. 13/1958. Aspetti processuali
Il nuovo decreto si inserisce nel solco già tracciato dal d.l. n. 13/2017 (cd. decreto Minniti) il quale, per primo e per le sole controversie riguardanti le decisioni delle Commissioni territoriali sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, aveva previsto che il decreto del giudice non fosse reclamabile ma fosse impugnabile esclusivamente davanti alla Corte di cassazione nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del decreto (così l'art. 35-bis d.lgs. n. 25/2008, introdotto proprio dal d.l. n. 13/2017). Il nuovo art. 19-ter d.lgs. n. 150/2011, introdotto dal d.l. in commento, prevede che le controversie in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 32, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 e in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca dei permessi di soggiorno di cui agli artt. 18 (per protezione sociale), 18-bis (per le vittime di violenza domestica), 19, comma 2, lett. d) e d-bis) (per donne incinte e soggetti gravemente malati), 20-bis (per calamità), 22, comma 12-quater (per sfruttamento lavorativo) d.lgs. n. 286/1988, siano regolate dal rito sommario di cognizione. La competenza è del tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione del luogo in cui ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato; il ricorso deve essere proposto entro 30 giorni dalla notificazione (o 60 se il ricorrente è residente all'estero). Il tribunale giudica in composizione collegiale. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Anche in questo caso il termine per il ricorso per cassazione è di 30 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza a cura della cancelleria. Infine, il nuovo art. 130-bis d.P.R. n. 115/2002 prevede che, in ogni caso nei processi civili, quando l'impugnazione (anche incidentale) è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso. Inoltre, non possono essere liquidate le spese sostenute per le CTP che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova. Centri di permanenza per il rimpatrio
Il tempo massimo di permanenza nei centri per il rimpatrio viene aumentato dal decreto da 90 a 180 giorni. La nuova normativa prevede inoltre la possibilità, per le amministrazioni procedenti, di utilizzare la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per assicurare la tempestiva esecuzione dei lavori di costruzione, completamento, adeguamento e ristrutturazione dei centri di permanenza. Reati ostativi alla concessione della protezione internazionale
Il decreto amplia il catalogo dei reati in presenza dei quali lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria non possono essere riconosciuti. In particolare, la risalente versione dell'art. 12 d.lgs. n. 251/2007 si limitava a richiamare i gravi reati di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., ossia quelli per i quali il termine massimo di durata delle indagini preliminari è due anni. A questi si aggiungono ora i reati di: - violenza o minaccia a pubblico ufficiale (ex art. 336 c.p.); - lesioni personali gravi (ex art. 583 c.p.), anche commesse nei confronti di un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasioni di manifestazioni sportive (ex art. 583-quater c.p.); - mutilazione degli organi genitali femminili (ex art. 583-bis c.p.); - furto e furto in appartamento aggravati dal fatto di portare il colpevole con sé armi o narcotici, senza farne uso (ex artt. 624 e 624-bisc.p., in riferimento all'art. 625, comma 1, n. 3,c.p.). Affinché operi la preclusione, il soggetto richiedente deve essere stato condannato con sentenza definitiva. In ogni caso, ai sensi del nuovo art. 32, comma 1-bis, d.lgs. n. 25/2008, qualora il richiedente sia sottoposto a procedimento penale oppure sia stato condannato con sentenza non definitiva per gli stessi reati sopra richiamati, il competente questore dovrà darne tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale, la quale deve provvedere all'audizione dell'interessato, adottando contestuale decisione. Nel caso in cui sia rigettata la domanda del richiedente, quest'ultimo ha l'obbligo di lasciare il territorio nazionale, anche in pendenza di ricorso avverso la decisione della Commissione. Non sembra che, dalla formulazione dell'articolo, la decisione del questore sia vincolata; permane in ogni caso, in capo all'organo amministrativo, un ampio margine di discrezionalità nella decisione. Il decreto, infine, apporta anche una modifica alla legge sulla cittadinanza (l. n. 91/1992), non solo dilatando i termini per i procedimenti da 24 a 48 mesi, ma inserendo anche un nuovo art. 10-bis il quale prevede che la cittadinanza acquisita per lavoro alle dipendenze dello Stato (art. 4, comma 2), per matrimonio (art. 5) e nei casi di cui all'art. 9 è revocata nei casi di condanna definitiva per i reati sopra richiamati. In conclusione
Di sicuro rilievo, nel decreto in esame, vanno rilevate le novità: - in materia di protezione umanitaria, ora sostituita dalla cd. protezione speciale, con la tipizzazione dei casi in cui può essere concessa; - in materia di impugnazioni, con l'impossibilità di proporre appello avverso le ordinanze delle sezioni specializzate in materia di immigrazione (è ammesso esclusivamente il ricorso per cassazione); - in materia di sistema di accoglienza, con l'elaborazione di un sistema, nelle intenzioni del legislatore, più efficace per l'espulsione degli stranieri privi di valido titolo di soggiorno per rimanere in Italia. Per completezza va evidenziato che, allo stato, non è possibile prevedere se nel corso della conversione in legge del decreto, da effettuarsi entro il 3 dicembre 2018, verranno o meno apportate delle modifiche al testo del d.l. n. 113/2018. |