Decreto legislativo - 27/06/2003 - n. 168 art. 4 - (Competenza territoriale delle sezioni) (1).

Guido Romano

(Competenza territoriale delle sezioni) (1).

Art. 4.

1. Fermo quanto previsto dai commi 1-bis e 1-ter, le controversie di cui all'articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell'articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d'appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d'appello (2).

1-bis. Per le controversie di cui all' articolo 3 nelle quali e' parte, anche nel caso di piu' convenuti ai sensi dell' articolo 33 del codice di procedura civile , una societa', in qualunque forma costituita, con sede all'estero, anche avente sedi secondarie con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, e che, secondo gli ordinari criteri di competenza territoriale e nel rispetto delle disposizioni normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari di seguito elencati, sono inderogabilmente competenti:

1) la sezione specializzata in materia di impresa di Bari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bari, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Potenza;

2) la sezione specializzata in materia di impresa di Cagliari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Cagliari e Sassari (sezione distaccata);

3) la sezione specializzata in materia di impresa di Catania per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo, Reggio Calabria;

4) la sezione specializzata in materia di impresa di Genova per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bologna, Genova;

5) la sezione specializzata in materia di impresa di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Milano;

6) la sezione specializzata in materia di impresa di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Campobasso, Napoli, Salerno;

7) la sezione specializzata in materia di impresa di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L'Aquila, Perugia, Roma;

8) la sezione specializzata in materia di impresa di Torino per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Torino;

9) la sezione specializzata in materia di impresa di Venezia per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Trieste, Venezia.

9-bis) la sezione specializzata in materia di impresa di Trento per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Trento, fermo quanto previsto al numero 9-ter);

9-ter) la sezione specializzata in materia di impresa di Bolzano per gli uffici giudiziari ricompresi nel territorio di competenza di Bolzano, sezione distaccata della corte di appello di Trento (3).

1-ter. Per le controversie di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c) e d), anche quando ricorrono i presupposti del comma 1-bis, che, secondo gli ordinari criteri di competenza territoriale e nel rispetto delle disposizioni normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari di seguito elencati, sono inderogabilmente competenti:

a) la sezione specializzata in materia di impresa di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Milano, Bologna, Genova, Torino, Trieste, Venezia, Trento e Bolzano (sezione distaccata);

b) la sezione specializzata in materia di impresa di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L'Aquila, Perugia, Roma, Cagliari e Sassari (sezione distaccata);

c) la sezione specializzata in materia di impresa di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Campobasso, Napoli, Salerno, Bari, Lecce, Taranto (sezione distaccata), Potenza, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo, Reggio Calabria (4).

(1) Articolo sostituito dall'articolo 2, comma 1, lettera e), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1. Per la decorrenza vedi il medesimo articolo 2, comma 6.

(2) Comma modificato dall'articolo 10, comma 1, lettera a), del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9. Per l'applicazione vedi il comma 2 del medesimo articolo 10. Successivamente modificato dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 3.

(3) Comma aggiunto dall'articolo 10, comma 1, lettera b), del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 febbraio 2014, n. 9. Per l'applicazione vedi il comma 2 del medesimo articolo 10.

(4) Comma aggiunto dall'articolo 18, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 3

Inquadramento

L'art. 2 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, in l. 24 marzo 2012, n. 27, sotto la rubrica «Tribunale delle imprese» (definita «ingannevole etichetta» da Celentano, 812: in effetti, l'espressione «Tribunale delle imprese» si rinviene soltanto nella rubrica dell'art. 2 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, come risultante dopo la legge di conversione, e non trova riscontro alcuno nel testo normativo del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168), ha istituito la nuova figura delle sezioni specializzate in materia di impresa, innestando la relativa disciplina sulle preesistenti sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, di cui al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, che oggi risulta completamente riformulato.

Alle neocostituite sezioni specializzate – che, ai sensi dell'art. 50-bis, n. 3, c.p.c., giudicano in composizione collegiale, composizione del tribunale che rende, in questa tipologia di cause, inammissibile il ricorso al procedimento sommario di cognizione in quanto l'art. 702-bis c.p.c. riserva tale opzione esclusivamente alle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocratica – è stata attribuita una competenza per materia che interessa una serie di cause e procedimenti che riguardano, in estrema sintesi, la materia industriale, la violazione della disciplina della concorrenza dell'Unione europea, i rapporti societari, le controversie in materia di appalti pubblici, forniture e servizi di rilevanza comunitaria e, infine, le cause ed i procedimenti che presentino ragioni di connessione con i richiamati gruppi di materie.

La costituzione delle sezioni specializzate ha avuto il dichiarato obiettivo – mediante la costituzione di un giudice specializzato in materia di impresa, attraverso la concentrazione delle cause presso un numero ridotto di uffici giudiziari – di ridurre i tempi di definizione delle controversie in cui è parte una società di medio/grandi dimensioni, aumentando la competitività sul mercato (relazione al d.l. n. 1/2012). In altre parole, il legislatore ha ritenuto che, con riferimento a controversie particolarmente complesse afferenti a settori sensibili ove è maggiormente avvertita la necessità che il giudice sia dotato di competenze specialistiche non solo giuridiche, ma anche economiche e finanziarie, l'obiettivo della riduzione dei tempi della risposta giudiziaria fosse percorribile attraverso, da un lato, la concentrazione delle controversie stesse in un numero limitato di sedi giudiziarie e, dall'altro, la specializzazione del giudice.

Ora, se la specializzazione del giudice è stata predicata attraverso il precetto secondo il quale i giudici che compongono le sezioni specializzate sono scelti tra i magistrati dotati di specifiche competenze e la tendenziale esclusività della cognizione limitata alle materie espressamente individuate nella nuova normativa (ai giudici delle sezioni specializzate può essere assegnata anche la trattazione di processi diversi, purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione dei giudizi in materia di impresa), con riguardo al profilo della concentrazione delle controversie non si può non osservare come tale obiettivo fosse stato raggiunto, dalla riforma del 2012, esclusivamente con riferimento alle materie del diritto societario e degli appalti pubblici. Infatti, l'art. 1 prevede che le nuove sezioni specializzate sono istituite presso i tribunali e le corti d'appello di Bari, Brescia, Bologna, Bolzano Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia e presso i tribunali e le corti d'appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città appena menzionate; inoltre, con il d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla l. 21 febbraio 2014, è stata istituita la sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale e della Corte d'appello (sezione distaccata) di Bolzano. Il numero di uffici giudiziari destinati a trattare le materie del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria è stato, dunque, sensibilmente ridotto.

Al contrario, con riferimento alla materia del diritto industriale, la riforma aveva comportato un (paradossale) ampliamento del numero di uffici competenti, in quanto il testo originario del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 attribuiva la competenza in tale materia alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale istituite soltanto in 12 tribunali ed in 12 Corti d'appello della Repubblica.

Tuttavia, recentemente, il legislatore ha, almeno parzialmente, invertito la rotta. L'art. 18 d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3, ha modificato l'art. 4 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (inserendovi il comma 1-ter) concentrando la competenza per le violazioni della disciplina della concorrenza previste dal decreto in esame presso tre sole sezioni specializzate in materia di impresa. In particolare, è stato stabilito che sono di competenza dei soli Tribunali delle imprese di Milano, di Roma e di Napoli le azioni di nullità e di risarcimento del danno, i ricorsi per ottenere provvedimenti di urgenza per violazione della disciplina della concorrenza prevista dalla l. 10 ottobre 1990, n. 287 nonché le controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell'Unione europea, anche in caso di controversie in cui è parte una società con sede all'estero. La recente modifica normativa apre, tuttavia, una incongruenza e opera un certo disallineamento all'interno delle materie previste dal primo comma dell'art. 3 in quanto le controversie di cui alle lett. a) e b) (precisamente, le controversie di cui all'art. 134 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e le controversie in materia di diritto d'autore e di diritti connessi al diritto d'autore) restano assoggettate alla competenza delle sezioni specializzate indicate all'art. 1.

Comunque, al di là della segnalata incongruenza, può certamente affermarsi che le sezioni in argomento hanno una competenza territoriale più ampia rispetto a quella degli uffici giudiziari presso cui sono incardinate e che, dunque, l'obiettivo della concentrazione sia stato raggiunto.

La competenza della sezione specializzata in materia di impresa.

A distanza di alcuni anni dalla costituzione del tribunale delle imprese, la giurisprudenza e la dottrina sono impegnate in una opera di precisazione dei contorni delle competenze demandate alle sezioni specializzate. In particolare, gli aspetti maggiormente problematici riguardano, da un lato, il rapporto tra sezione specializzata in materia di impresa e tribunale presso il quale essa è istituita e, dall'altro, l'individuazione del perimetro della competenza per materia delle sezioni medesime (su tale problematica, in generale, Romano, 465).

Con riguardo al primo profilo menzionato, l'art. 4 si limita a stabilire che le controversie, indicate nell'art. 3, le quali, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell'art. 1, mentre alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d'appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d'appello.

Non appare revocabile in dubbio che il rapporto tra il tribunale presso il quale è istituita le sezione specializzata e quello nel cui ambito tali sezioni non sono istituite involge, in senso proprio, una questione di competenza, con la conseguenza: che il tribunale, ove non è istituita una sezione specializzata, erroneamente investito di causa avente per oggetto una delle materie sopra indicate dovrà certamente declinare la propria competenza in favore del tribunale ove la sezione specializzata è invece istituita; inversamente, che il tribunale ove la sezione è istituita, erroneamente investito di controversia esulante dalle materie in questione, dovrà adottare provvedimento di segno analogo in favore del tribunale competente secondo le regole ordinarie.

 

Segue. La natura delle sezioni specializzate.

Diverso, e più problematico, il caso in cui una controversia, avente per oggetto una materia di competenza delle sezioni specializzate, venga proposta dinanzi al tribunale ordinario (senza alcuna ulteriore precisazione) presso cui sia istituita la sezione specializzata medesima e non già direttamente dinanzi a quest'ultima.

Il legislatore non ha, infatti, esplicitamente chiarito se le sezioni specializzate siano da ricondurre a mere suddivisioni interne del medesimo ufficio giudiziario o vadano qualificate, assumendone la relativa natura, come uffici giudiziari autonomi, così che la giurisprudenza oscilla tra l'una e l'altra delle due soluzioni astrattamente possibili.

E va da sé che l'accoglimento dell'una o dell'altra ricostruzione non è scevra di conseguenze pratiche. Infatti, ove si aderisca al secondo orientamento, il giudice non correttamente investito dovrà formalmente (con ordinanza o con sentenza) declinare la propria incompetenza e siffatto provvedimento potrà essere impugnato con regolamento di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c.; inoltre, le parti dovranno provvedere alla riassunzione del giudizio dinanzi al (medesimo) tribunale nella corretta composizione. Al contrario, secondo la diversa ricostruzione accennata, la non corretta individuazione della sezione (specializzata o meno) all'interno del medesimo tribunale non avrebbe altra conseguenza che la necessità, da parte del giudice investito della causa, di sollecitare un provvedimento del presidente di riassegnazione della medesima e la regolarizzazione degli atti sotto il profilo fiscale.

Il problema ora accennato è stato risolto dalle Sezioni unite della Corte di cassazione le quali hanno stabilito che il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all'ufficio giudiziario, da cui l'inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d'ufficio ai sensi dell'art. 45 c.p.c.; rientra, invece, nell'ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l'ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita (Cass. S.U.,19882/2019).

Pur risultando oramai, alla luce del menzionato intervento nomofilattico della suprema corte, superato il problema accennato, appare utile riportare i termini della questione per come si erano presentati nella giurisprudenza e nella dottrina anteriori.

Iniziando l'esame dalla prima delle questioni prospettate, concernente la «natura» delle sezioni specializzate ed il rapporto con il tribunale nel quale sono inserite, conviene soffermarsi ad esaminare partitamente le due opposte visioni del problema.

Un primo orientamento, già formatosi con riferimento alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e, anche recentemente, ripreso da una parte della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 21775/2016; Cass. n. 15619/2015; Cass. n. 14369/2015; tra le decisioni meno recenti, cfr. Cass. n. 14251/2010 e Cass. n. 20690/2009) e di merito (Trib. Napoli, 31 maggio 2016, in Soc., 2017, 93; App. Firenze, 7 luglio 2016, in Ilprocessocivile; Trib. Napoli, 22 marzo 2016, in Soc., 2016, 900) rileva come il legislatore – nell'intitolare le rubriche degli artt. 3 e 4 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come oggi modificati, rispettivamente «competenza per materia delle sezioni» e «competenza territoriale delle sezioni» e nel precisare nel successivo art. 5 le competenze del presidente della sezione («nelle materie di cui all'art. 3, le competenze riservate dalla legge al presidente del tribunale e al presidente della corte di appello spettano al presidente delle rispettive sezioni specializzate») – abbia inteso, sia pure implicitamente attraverso il richiamo al concetto di competenza, sottolineare l'autonomia della sezione. Discende che, nel caso prospettato, si pone appunto una questione di competenza in senso proprio.

In tal senso è una parte della dottrina (Baccaglini, 857 ss.; Consolo, 404; Graziosi,  103 ss.; Tavassi,  1115).

In questo ordine di concetti, è stato sottolineato, da una parte, che il legislatore, qualificando espressamente come specializzate le sezioni in questione, utilizza il medesimo aggettivo indicato dall'art. 102, secondo comma, Cost. e, dall'altra, che sussisterebbe un naturale parallelismo tra le sezioni in materia di impresa e le sezioni specializzate agrarie delle quali non si è mai dubitato del carattere di autonomia. Ancora, proprio il richiamo all'art. 102 Cost. consentirebbe di ritenere che possano essere costituite sezioni specializzate (autonome rispetto all'ufficio territoriale cui formalmente appartengono) anche, ma non necessariamente, con la partecipazione di cittadini idonei estranei all'ordine giudiziario. Si sottolinea poi la volontà del legislatore di affidare la gestione e la decisione di tali tipologie di controversie a giudici dotati di particolare competenza in materia (Baccaglini, 864, e Graziosi, 105, secondo i quali le garanzie processuali delle parti, soprattutto quando attengono alla costituzione del giudice, non possono essere posposte ad esigenze organizzative e di distribuzione del lavoro, che sono comunque interne agli uffici giudiziari; la previsione legislativa di un corpo di giudici speciali per la risoluzione di controversie complesse crea nelle parti un vero e proprio diritto soggettivo processuale a che la decisione sia affidata a quei giudici e non ad altri organi giudiziari).

Infine, viene evidenziato come ragionare diversamente e, precisamente, ritenere che il rapporto tra sezione specializzata e sezioni ordinarie del medesimo tribunale involga solo modalità di ripartizione interna degli affari importerebbe una vera e propria asimmetria del sistema, in quanto la natura del rimedio muterebbe, a seconda che la pronuncia di declinatoria di competenza sia emessa dal giudice ordinario a favore della sezione specializzata in materia di impresa, nell'ambito di un tribunale presso il cui distretto non è dislocata alcuna sezione specializzata, ovvero in un tribunale nel cui distretto tale sezione sia invece istituita, con la conseguenza che, in tale secondo caso, si verterebbe in un'ipotesi di ripartizione di affari all'interno di un unico ufficio e nell'altro di questione proponibile con il rimedio del regolamento di competenza (Cass. n. 15619/2015).

Il descritto orientamento giurisprudenziale è stato, tuttavia, contrastato dalla recente giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Cass. n. 7227/2017; Cass. n. 10332/2016; Cass. n. 21774/2016; ma si veda, in particolare, Cass. n. 24656/2011, che ha operato il revirement rispetto alla giurisprudenza formatasi tra il 2009 ed il 2010; Cass. n. 21668/2013 e Cass. n. 11448/2014; Cass. n. 13025/2014), seguita anche da gran parte della giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 27 luglio 2017, in giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Venezia, 19 gennaio 2016; Trib. Milano, 28 luglio 2015; Trib. Firenze, 16 luglio 2015, in Foro it., 2016, 2, I, 721; Trib. Torino, 13 luglio 2012; Trib. Milano 1° giugno 2009 e Trib. Milano, 13 aprile 2010, in Dir. ind., 2011, 233; Trib. Torino 24 aprile 2008, in Foro it., 2009, I, 1285; Trib. Milano 13 luglio 2006, in Dir. ind., 2006, 582) e della dottrina (Giussani, 5 ss.; Casaburi, 57 ss.; Ciccone, 233 ss.; Giussani, 1229 ss.), la quale è pervenuta alla diversa conclusione che la ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo tribunale non implica l'insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio.

Tale conclusione si giustifica sulla base della considerazione che, in tali casi, la dialettica tra sezioni specializzate e sezioni ordinarie non involge un errore nell'individuazione dell'ufficio giudiziario e, quindi, la necessità di una ricollocazione territoriale della controversia.

Conseguentemente, ove il tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata, è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso la suddetta pronuncia, trattandosi, appunto, di questione concernente la ripartizione degli affari all'interno dello stesso ufficio.

Tale orientamento – che già prima dell’intervento delle sezioni unite appariva – richiama espressamente i principî affermati in materia di rapporti tra sezioni ordinarie del tribunale e le relative sezioni lavoro e fallimentare le quali costituiscono espressione dell'organizzazione interna dell'ufficio e non già un ufficio autonomo dotato di una propria competenza e, dunque, non sono qualificabili come giudici diversi: e ciò nonostante l'art. 413 c.p.c. attribuisca al tribunale in funzione di giudice del lavoro la «competenza» a decidere sui rapporti di cui all'art. 409 c.p.c. e che l'art. 24 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 stabilisca la «competenza» del tribunale che ha dichiarato il fallimento a decidere di tutte le controversie che derivano dal fallimento.

Quanto poi al descritto parallelismo con le sezioni specializzate agrarie è stato correttamente osservato che i presupposti su cui si basa la competenza delle sezioni agrarie si fondano su una normativa del tutto peculiare in base alla quale il rapporto di dette sezioni con le altre del medesimo tribunale si connota nel senso di suggerire che esso si iscriva nell'ambito della nozione di competenza, in quanto all'unico dato contrario (e favorevole alla riconducibilità alla nozione della ripartizione interna ad un unico ufficio), rappresentato dall'essere la sezione incardinata nell'ambito del tribunale e, quindi, organizzativamente e burocraticamente nell'ufficio del tribunale, se ne contrappongono tre favorevoli, costituiti il primo dall'uso da parte del legislatore del termine «competenza» per individuare la potestà giurisdizionale della sezione, il secondo dall'espresso riferimento della competenza proprio alla sezione, il terzo dall'essere la composizione della sezione del tutto peculiare. Sotto tale ultimo profilo, si segnala, in particolare, che le sezioni specializzate agrarie includono anche membri laici non togati – magistrati onorari altrimenti estranei al normale apparato organizzativo del tribunale – forniti di specifica qualificazione tecnica ritenuta normativamente necessaria all'integrazione delle cognizioni e del patrimonio culturale dell'organo, mentre la sezione specializzata in materia di impresa opera solo con membri togati, scelti attraverso procedure interne di selezione riguardanti il solo ufficio di tribunale o di corte interessato, sia pure avendo riguardo alla specifica competenza nella materia da trattare.

D'altra parte, nel sollecitare che i magistrati addetti alle sezioni specializzate in materia di impresa siano scelti tra quelli dotati di specifica competenza (art. 2, primo comma, d.lgs. n. 168/2003), il legislatore non ha elevato tale criterio a presupposto di valida costituzione dell'organo giurisdizionale, prospettando soltanto un criterio attitudinale preferenziale da seguire in sede di selezione dei magistrati aspiranti. Proprio tale ultima considerazione rende manifesta l'impossibilità di predicare un accostamento tra sezioni specializzate in materia di impresa e sezioni agrarie.

Un ulteriore rilievo, di particolare spessore, al fine di escludere l'autonomia delle sezioni specializzate in materia di impresa è costituito dalla circostanza che a tali sezioni possa essere assegnata anche la trattazione di procedimenti relativi a materie diverse da quelle previste dal «novellato» art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 168 del 2003, sempre che ciò non comporti ritardo nella trattazione e nella decisione dei giudizi prioritariamente assegnati al tribunale delle imprese; come espressamente prescritto dall'art. 2, comma 2, dello stesso decreto. Tale argomento risulta di non poca consistenza, in quanto, sulla base di tale normativa, le sezioni specializzate possono essere sezioni miste in cui vengono trattate sia materie riguardanti la competenza esclusiva che cause ordinarie rientranti nella normale sfera di competenza del tribunale. Ciò dimostra che la competenza specializzata resta comunque inserita nell'ambito dell'articolazione dell'ufficio giudiziario e non implica una competenza separata.

Né, d'altra parte, andrebbe sopravvalutato l'utilizzo, da parte del legislatore, del termine «competenza», che sembra volto più a definire il perimetro delle materie devolute alla cognizione della sezione che ad individuare uno specifico ufficio giudiziario o la sua articolazione.

In questo ordine di concetti, invero, appare un vero e proprio artifizio concettuale ritenere che possa sussistere una questione di competenza in senso tecnico in una causa introdotta (erroneamente) dinanzi al tribunale (senza ulteriore specificazione nell'atto introduttivo del processo o del procedimento) nell'ambito del quale sia presente la sezione specializzata effettivamente competente a conoscere quella controversia.

Ancora, come osservato da altra giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 13 aprile 2010, in Riv. dir. ind., 2011, 231), la formale dichiarazione di incompetenza, ancorché eventualmente adottata con ordinanza, comporterebbe un irragionevole appesantimento processuale, con necessità di riassunzione della causa, senza che ciò costituisca per alcuna delle parti una maggiore garanzia o tutela. Quanto poi al diritto soggettivo processuale delle parti a che la decisione sia affidata al giudice specializzato e non ad altri organi giudiziaria, la riassegnazione della controversia ad opera del presidente del tribunale appare pienamente idonea a offrire piena garanzia ed attuazione a quel diritto (senza peraltro ulteriori appesantimenti processuali).

In definitiva, appare preferibile considerare la sezione specializzata in materia di impresa quale articolazione interna al tribunale presso il quale la stessa è, per legge, istituita. Trattandosi di una questione afferente alla distribuzione interna degli uffici, le parti non potrebbero, come sopra evidenziato, reagire all'erronea attribuzione della controversia mediante la proposizione di una eccezione di competenza, ma potrebbero sollecitare il potere-dovere ufficioso dei giudici e del capo dell'ufficio di rispettare le previsioni tabellari e, dunque, appunto quella distribuzione degli affari che si assume violata. Conseguentemente, in caso di erronea assegnazione della causa ad una sezione il giudice dovrà limitarsi a trasmettere gli atti al presidente del tribunale perché questi provveda alla corretta riassegnazione del fascicolo senza emettere un provvedimento a contenuto decisorio della controversia.

Non ci si può esimere, tuttavia, dall'osservare che, recentemente, entrambi gli orientamenti hanno avuto l'avvallo di talune decisioni della giurisprudenza di legittimità (nel senso favorevole all'interpretazione delle sezioni specializzate quali articolazioni interne al tribunale presso il quale sono istituite, Cass. n. 28167/2017; nel senso favorevole della autonomia delle sezioni specializzate, sia pure in un obiter dictum, Cass. n. 4706/2018).

Oggi, la problematica può dirsi risolta grazie all’intervento della Corte di cassazione, a sezioni unite, menzionato in apertura di questo paragrafo.

La competenza per materia. I «rapporti sociali»

Riformando l'art. 3 del d.lgs. 26 giugno 2003, n. 168, il legislatore ha inteso attribuire alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa una serie di controversie, indicate in una sorta di catalogo, che possono ricondursi, come già evidenziato in premessa, alle materie del diritto industriale, del diritto antitrust, del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria.

Le sezioni specializzate sono poi competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli specificatamente indicate nella legge.

Va premesso che la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa deve essere verificata in base all'originaria prospettazione contenuta nella "causa petendi" posta a fondamento della domanda attorea, senza che rilevino le contestazioni del convenuto, non essendo il giudice tenuto a svolgere una apposita istruttoria per verificare eventuali allegazioni contrarie (Cass. n. 2331/2023).

L'art. 3 si limita ad indicare una sorta di catalogo di materie demandate alla competenza delle sezioni specializzate che la giurisprudenza si è impegnata a definire nei suoi contorni essenziali. In particolare, sono stati oggetto di recenti approfondimenti i concetti inerenti ai rapporti societari, al trasferimento delle partecipazioni sociali ed alla concorrenza sleale (su tale problematica, in generale, Romano, 466).

Rientrano nella competenza del tribunale delle imprese non solo i giudizi contenziosi, ma anche quelli di volontaria giurisdizione come è reso manifesto dalla circostanza che l'art. 3 fa riferimento anche ai «procedimenti» (e non solo alle cause) relativi all'elencazione immediatamente successiva (Trib. Modena, 23 gennaio 2013, in giurisprudenzadelleimprese.it e App. Napoli, 17 febbraio 2014, in Giur. it., 2015, 96 secondo i quali è competente la sezione specializzata per la nomina, ai sensi dell'art. 2487 c.c., del liquidatore; contra, ma in modo non condivisibile, Trib. Bari, 21 giugno 2013): l'unica eccezione riguarda le competenze funzionali (Niccolini, 2016, 272, nt. 40 secondo il quale certamente subiscono la vis attractiva del tribunale delle imprese tutti i procedimenti oggettivamente connessi, anche in senso improprio, con quelli di cui al comma 2 del citato art. 3, con l'unica eccezione delle competenze funzionali quelle, ad esempio, del giudice del registro delle imprese e del tribunale fallimentare o del giudice delegato al fallimento in ordine ai procedimenti endoconcorsuali).

Sotto altro profilo, va segnalato che si tratta di competenza per materia inderogabile: dovendosi alla norma de qua riconoscere carattere di norma speciale che deroga alla regolamentazione dei rapporti tra cause connesse dettata dall'art. 40 c.p.c., quella del tribunale delle imprese prevale su tutti i criteri che attribuiscono il giudizio connesso alla competenza (per materia, per territorio, per valore) di altro giudice (Niccolini, 2016, 272; Casaburi, 525).

Ciò posto, occorre esaminare la competenza della sezione specializzata sui «rapporti societari». Il legislatore non ha inteso chiarire il relativo concetto (Niccolini, 2016, 276; Houben, 364; Celentano, 820), limitandosi a fornire un elenco esemplificativo delle fattispecie che vi rientrano.

Tuttavia, non può sfuggire che il legislatore abbia richiamato una locuzione, quella di rapporti societari appunto, già utilizzata per definire l'ambito applicativo del c.d. processo societario (d.lgs. 5 gennaio 2003, n. 5, oggi abrogato). Ebbene, la differenza tra «processo societario» e «sezioni specializzate in materia di impresa» risiede in ciò che il legislatore, con il primo, aveva inteso introdurre un rito autonomo ed originale, senza però creare un giudice specializzato o deroghe alla competenza per materia o per territorio, mentre, con le seconde, ha voluto, conservando il rito del processo di cognizione ordinario, creare un giudice «specializzato» accentrando la competenza a conoscere le relative controversie in un numero ristretto di tribunali. Tuttavia, nonostante le differenze, appare evidente – con riferimento alle materie devolute – «una linea di coesione, tra i due prodotti normativi» (Sandulli, 14).

L'identità terminologica voluta dal legislatore consente, quindi, di affermare la sostanziale replicabilità dell'elaborazione intervenuta in sede di interpretazione di quella norma al fine di definire le controversie devolute alla cognizione della sezione specializzata in materia di impresa (Trib. Massa, 4 aprile 2016, in Giur. it., 2016, 1412).

Ciò posto, vigente il precedente normativo, era diffuso il convincimento che la lata estensione dei rapporti societari cui all'art. 1 d.lgs. 5 gennaio 2003, n. 5 comportasse l'applicazione del rito speciale a tutte le controversie che traevano origine e fondamento dal contratto di società, ovvero a quelle in cui venivano in considerazione rapporti tra i soci, tra i soci ed organi sociali e, più in generale, alle controversie endosocietarie, attinenti ai rapporti interni e al funzionamento dell'organismo societario (Dalmotto, 2775; Montanaro, 15).

Come già per il precedente del rito societario, anche con riferimento alla competenza delle sezioni specializzate, rimane corretto affermare che sia stata utilizzata una formula volutamente onnicomprensiva che abbraccia l'intero perimetro dei rapporti «di società». Come è stato efficacemente affermato, «l'ampia portata semantica della locuzione «rapporti societari» (e lo scopo illustrativo e pedagogico, non già inventariale, della lista di rapporti che vi si devono comprendere, nonché l'estensione delle materie ivi censite) induce a reputare rientranti nell'ambito della competenza «societaria» delle sezioni specializzate in materia d'impresa tutti i giudizi che si connettono allo svolgimento del rapporto sociale, che si coordinano cioè alla vicenda corporativa nei suoi segmenti costitutivi, attuativi e conclusivi» (Niccolini, 2016, 272). In questo ordine di concetti, vi rientrano tutti i rapporti attraverso i quali il contratto di società si esprime o che dal contratto di società derivano e al contratto sociale sono funzionali: i rapporti fra i soci, la società e gli organi sociali, come quelli concernenti i modi di partecipazione dei soci all'operazione economica e, dunque, gli istituti di voice e di exit; i rapporti tra gli organi sociali e la società, compresi quelli relativi ai compensi degli organi sociali (Sandulli, 16). Nella prospettiva delineata, i diritti che derivano dalla partecipazione sociale sono, a tutti gli effetti, «rapporti societari».

Vi rientrano, altresì, i rapporti sorti in vista dell'instaurazione di un rapporto societario pur se questo non è mai venuto in essere (Sandulli, 16, che menziona il caso del rimborso di quanto conferito in prospettiva della costituzione di una società).

D'altra parte, una interpretazione ampia della locuzione «rapporti sociali» è imposta anche dall'esame della ratio sottesa alla istituzione delle sezioni specializzate e, precisamente, quella di fare di queste il polo d'attrazione di tutti gli affari giudiziari che coinvolgono le società, anche estere, di capitali o cooperative non in ragione dell'attività d'impresa da loro svolta, ma in ragione della loro organizzazione, cioè, in sintesi, di tutti gli affari la cui trattazione implica necessariamente la risoluzione di, più o meno complesse, questioni di diritto societario (Celentano, 820).

Anzi, una parte della dottrina è andata anche oltre, rilevando come non possa limitarsi la competenza esclusivamente in relazione alla causa petendi ed al petitum, dovendosi estendere anche ad ogni fattispecie nella quale rilevi l'accertamento dell'esistenza o inesistenza del rapporto incidenter tantum, ovvero dove l'oggetto della domanda è indirettamente influenzato dalla soluzione di questioni societarie. In altre parole, anche quando il rapporto societario ha carattere pregiudiziale rispetto al petitum o alla causa petendi, esso è da ricomprendere nelle previsioni di legge (Sandulli, 15, il quale rileva come l'interpretazione ampia della norma sia imposta dal terzo comma dell'art. 3, laddove sono attratte alla competenza delle sezioni specializzate anche le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelle indicate ai commi precedenti).

Una concezione «ampia» e «onnicomprensiva» del concetto di «rapporti societari» si è affacciata poi nella giurisprudenza di legittimità ove è stato, anche di recente (Cass. n. 13956/2016), affermato che la distinzione tra controversie che riguardano gli atti dell'amministratore nell'espletamento della funzione di gestione della società e controversie tra la società ed il suo amministratore inerenti ai diritti scaturenti dal rapporto tra di essi intercorrente, si mostri non rilevante ai fini della interpretazione dell'ampia previsione della nuova norma processuale dell'art. 3 sopra richiamato. Al contrario, il riferimento ai «rapporti societari» è idoneo a includere nella competenza per materia attribuita alle sezioni specializzate tutte le controversie tra la società ed i suoi amministratori trovando una simile conclusione riscontro – prima ancora che nella ratio visibile della norma – nella formulazione testuale della norma stessa, che, se da un lato, espone un criterio di individuazione generale fornito dalla espressione «rapporti societari», che si ritiene riferibile alle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell'organizzazione sociale in dipendenza del contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, dall'altro, con l'espressione «ivi comprese», aggiunge l'indicazione di alcune controversie incluse in tale ampio ambito, tra le quali quelle riguardanti le azioni di responsabilità da chiunque promosse nei riguardi degli amministratori per inadempimento alle funzioni ad essi affidate (oltre a Cass. n. 13956/2016, cit., si veda Cass. n. 14369/2015, che ha ritenuto di competenza della sezione specializzata la controversia tra gli amministratori e la società concernente la revoca dalla carica; Cass. n. 2759/2016 che ha ritenuto di competenza della sezione specializzata la controversia introdotta da un amministratore nei confronti della società e riguardante le somme da quest'ultima dovute in relazione all'attività esercitata).

D'altra parte, la medesima giurisprudenza richiama gli orientamenti formatisi in sede di interpretazione dell'art. 2949 c.c., laddove si era pervenuti alla conclusione che il termine prescrizionale quinquennale previsto dalla norma da ultimo menzionata si applica a tutti i rapporti sociali riferendosi tale nozione a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell'organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, restando esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d'essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto (Cass. n. 21903/2013; Cass. n. 6107/1993).

In definitiva, come è stato efficacemente affermato, la previsione di competenza per materia riferita al «rapporto societario», proprio perché individua una materia e lo fa con riferimento al «rapporto» giustifica una lettura onnicomprensiva delle controversie che dal rapporto emanano (Cass. n. 14369/2015; Trib. Roma, 8 maggio 2017, n. 8963).

Non può in questa sede darsi conto dell'intera casistica maturata, successivamente alla creazione delle sezioni specializzate, con riferimento ai «rapporti societari». Non ci si può esimere dall'osservare, tuttavia, che devono essere ricondotte alla competenza specializzata le controversie inerenti il compenso degli amministratori o dei liquidatori (Cass. n. 13956/2016) e dei sindaci (Trib. Roma, 3 settembre 2015, in Soc., 2016, 887). Sul punto, si segnala che, in passato, la controversia relativa al compenso spettante ai componenti di detti organi era stata esclusa dalla competenza del tribunale delle imprese poiché avente ad oggetto il rapporto di lavoro, eventualmente parasubordinato, o di opera professionale tra detto soggetto e la società (Cass. n. 11448/2014): tuttavia, oggi, non dovrebbero esservi più dubbi in merito alla non predicabilità di un rapporto di lavoro tra società ed amministratori avendo le sezioni unite della Corte affermato che l'amministratore di società è legato da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell'immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell'assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dal n. 3 dell'art. 409 c.p.c. (Cass. S.U., n. 1545/2017).

Ancora, appaiono sussumibili alla competenza del tribunale delle imprese le controversie aventi ad oggetto la revoca dalla carica di amministratori (Cass. n. 14369/2015); il risarcimento del danno dovuto all'amministratore revocato dalla carica senza giusta causa (Trib. Viterbo, 18 dicembre 2015); l'accertamento e la dichiarazione di simulazione assoluta e, in subordine, di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell'atto di costituzione in fondo patrimoniale di un immobile da parte di amministratori nei cui riguardi la stessa società attrice aveva esercitato azione di responsabilità (Trib. Castrovillari, 13 ottobre 2014); l'accertamento della legittimità di una determina adottata dal liquidatore di una società per richiedere al socio versamenti ancora dovuti per far fronte ai debiti sociali (in quanto, trattandosi di decisione dell'organo gestorio che investe la struttura ed il funzionamento della società, rientra nell'ambito del genus dei rapporti sociali. Così, Trib. Napoli, 18 ottobre 2016, in Soc., 2017, 1016).

In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, tra le cause relative ai "rapporti societari", di cui all'art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 168 del 2003, rientrano le controversie risarcitorie, da chiunque introdotte, nei confronti degli amministratori, in ragione degli atti dannosi agli stessi riferibili, posti in essere nell'esercizio dell'attività gestoria dell'ente e che trovano fondamento nel rapporto organico, senza che assuma rilievo la distinzione tra atti e operazioni strumentali all'attuazione dell'oggetto sociale e atti di gestione che costituiscono "ex se" attuazione dell'oggetto sociale medesimo. (Cass. n. 15354/2023. Nella specie, la S.C., pronunciandosi in sede di regolamento di competenza, ha attribuito alla competenza della sezione specializzata la domanda risarcitoria ex art. 2395 c.c., proposta dal promissario acquirente di un immobile di proprietà di una società contro l'amministratore di quest'ultima, per avere omesso di informarlo, all'atto della stipula del contratto preliminare, dello stato di decozione in cui la società stessa versava, al solo scopo di incamerare la caparra convenuta, pur nella consapevolezza che mai si sarebbe addivenuti alla conclusione del contratto definitivo, in quanto uno dei beni promessi in vendita era oggetto di precedente pignoramento e la società versava in stato di crisi generale, poi esitata nel fallimento).

Peraltro, la competenza delle sezioni specializzate si estende anche a quelle controversie in cui viene in rilievo una non più attuale permanenza del rapporto societario – vuoi in relazione ad un singolo socio, vuoi con riguardo all'intera società – purché aventi ad oggetto una disputa sul modo di essere delle situazioni giuridiche soggettive conseguenti al venire meno di quel rapporto (Trib. Massa, 4 aprile 2016 cit. che aveva riguardo alla domanda di un creditore di una società cancellata dal registro delle imprese volta a far dichiarare che l'immobile di cui era proprietaria la società è pervenuto ai soci).

Nell'ottica di una applicazione estensiva della norma, non del tutto convincente, invece, appare l'affermazione secondo la quale è competente il tribunale ordinario sulle controversie relative alla trasformazione di società di persone in società di capitali qualora la trasformazione debba ancora essere compiuta (Trib. Spoleto, 9 marzo 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1205) proprio perché la società di capitali costituisce l'esito dell'operazione riguardata nel suo complesso.

La domanda di revoca ex art. 2901 c.c. dell'atto di rinuncia, da parte del socio debitore, al diritto di sottoscrizione, effettuata contestualmente all'aumento di capitale deliberato dalla società, rientra tra le controversie devolute alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, in quanto tale domanda - da valutarsi "ex ante" ed a prescindere dalla sua fondatezza nel merito - finisce per incidere sull'assetto della società, sull'entità del suo capitale, oltre che sulla sua distribuzione tra i soci, comportando inevitabili conseguenze sulla titolarità delle quote del patrimonio sociale e sui diritti ad esse connessi (Cass. n. 34878/2022).

Secondo Cass. n. 25163/2017, sussiste la competenza funzionale del tribunale che ha dichiarato il fallimento, e non invece quella delle sezioni specializzate in materia di impresa, in caso di esperimento dell'azione restitutoria ex art. 2467, comma 1, c.c., occorrendo distinguere la regola dettata nella prima parte della norma, che prevede la postergazione del rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, dal rimedio previsto nella seconda parte della medesima disposizione, che pone a carico dei soci l'obbligo di restituire i rimborsi ottenuti l'anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società, atteso che tale ultimo rimedio, pur costituendo un'applicazione della regola enunciata, è destinato ad operare esclusivamente in caso di fallimento, non essendo la relativa azione compresa tra quelle già presenti nel patrimonio della società fallita, tanto che la legittimazione al suo esperimento spetta solo al curatore in rappresentanza della massa dei creditori.

Ulteriore ipotesi che ha dato luogo a numerose incertezze riguarda le controversie in materia di esclusione del socio lavoratore di società cooperativa e di conseguente licenziamento del medesimo, non essendo chiaro se tali controversie debbano essere di competenza delle sezioni specializzate ovvero delle sezioni lavoro.

Secondo un primo orientamento, la circostanza che il licenziamento sia soltanto una conseguenza della delibera, assunta dai competenti organi della cooperativa, di esclusione del socio e che, dunque, la controversia trovi la propria causa petendi nella impugnazione della deliberazione di esclusione giustifica la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa. Secondo tale impostazione, la competenza del tribunale delle imprese subirebbe una deroga solo nel caso in cui il socio-lavoratore, impugnando il licenziamento, alleghi la natura simulata del rapporto sociale. In tal senso si è osservato che l'art. 5 l. 3 aprile 2001, n. 142, a seguito delle modifiche apportate dalla l. 14 febbraio 2003, n. 30, stabilisce che «il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto della previsioni statutarie e in conformità agli artt. 2526 e 2527 c.c.» (oggi, artt. 2532 e 2533 c.c.): quindi lo scioglimento del vincolo sociale determina, ope legis, l'estinzione del rapporto lavorativo, quale che sia la natura di quest'ultimo (subordinata, parasubordinata, autonoma) e non richiede alcun ulteriore atto risolutivo.

Di contrario avviso è, però, andata la giurisprudenza di legittimità, la quale ha avuto modo di affermare che qualora il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa venga risolto, per motivi riguardanti la violazione degli obblighi statutari e per l'asserita necessità di esternalizzare parte dell'attività di impresa, l'impugnativa della delibera e del concorrente atto di licenziamento configura un'ipotesi di connessione di cause, aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e quello lavorativo, sicché, in tale caso, in forza dell'art. 40, comma 3, c.p.c., è competente il giudice del lavoro (così, Cass. n. 24917/2014). Recentemente, poi, si è affermato che in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d'impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall'omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria (Cass. S.U., n. 27436/2017).

La controversia in materia di patti parasociali "atipici" rientra tra quelle devolute alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, poiché la nozione di accordo parasociale contemplata dall'art. 3, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 168 del 2003, è più ampia di quella prevista dall'art. 122 del TUF e dall'art. 2341-bis c.c., rientrandovi tutti gli accordi con cui i soci, o alcuni di essi, attuano un regolamento di rapporti, non vincolante nei confronti della società, difforme o complementare rispetto a quanto previsto dallo statuto sociale (Cass. n. 2335/2023. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva qualificato come patto parasociale la transazione volta a ridefinire i rapporti già regolati da un precedente accordo parasociale, poiché stabiliva un regolamento complementare rispetto a quello statutario, non essendo influente sulla causa concreta perseguita il tipo contrattuale utilizzato dalle parti).

Recentemente, poi, è stata rimessa alle Sezioni unite della Corte di cassazione la questione se l'azione revocatoria, esperita ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. o 66 legge fall., nei confronti di un atto di scissione societaria sia da ricomprendere nelle cause e procedimenti «relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario», di cui alla lett. a) del secondo comma dell'art. 3, d.lgs. n. 168 del 2003, per i quali è stabilita la competenza delle Sezioni specializzate in materia di impresa, o se dette domande, non rientrando nell'ambito di applicazione della norma citata, siano soggette alla disciplina ordinaria sul riparto di competenze (Cass. n. 24237/2023. In precedenza, Cass., n. 2754/2020aveva affermato che l'azione revocatoria dell'atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità al creditore del negozio, rientra tra le controversie devolute alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa poiché riguarda in via diretta le società coinvolte e, in particolare, i fenomeni modificativi ed estintivi del loro assetto).

Segue. Il trasferimento delle partecipazioni sociali.

Recente giurisprudenza di legittimità e di merito ha anche avuto occasione di soffermarsi sul corretto ambito applicativo della norma di cui alla lett. b) dell'art. 3 – che utilizza la medesima formula di cui all'art. 1, lett. b), d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (rito societario) – la quale prevede la competenza della sezione specializzata per le cause ed i procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti».

Nell'esegesi della norma è sorto il dubbio se siano devolute al tribunale delle imprese tutte le cause aventi ad oggetto, anche indirettamente, un trasferimento di partecipazioni sociali ovvero se, ai fini della attribuzione, fosse necessario che la controversia vertesse su profili afferenti all'atto dispositivo e non già solo al suo oggetto. In altre parole, si poneva il problema di stabilire se la competenza delle sezioni specializzate includesse anche le azioni di cui il negozio avente ad oggetto partecipazioni sociali o diritti inerenti a partecipazioni sociali non costituisce né il petitum né la causa petendi, se non indirettamente (sul punto, Celentano, 821).

Infatti, la categoria dei procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti» è tanto ampia da risultare idonea a comprendere anche procedimenti che ben poco potrebbero avere a che fare con la materia societaria, come quello avente ad oggetto l'azione di divisione giudiziale di un patrimonio nel quale vi sia una partecipazione sociale ovvero una impugnativa di un testamento ovvero ancora una causa relativa ad una donazione che non abbiano diretta attinenza con la partecipazione che di quella divisione, di quel testamento o di quella donazione costituisce soltanto l'oggetto: tuttavia, qui è il centro del problema, la formula legislativa («ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali») sembra indicare la competenza delle sezioni specializzate proprio in ragione di quell'oggetto e non già del «contenitore» utilizzato per il trasferimento della partecipazione (in senso favorevole all'attrazione della competenza delle sezioni specializzate, Sandulli, 17, il quale osserva che, in caso di divisione di partecipazioni sociali, anche se lo strumento del trasferimento è estraneo alla tipologia societaria, comunque, il bene oggetto del rapporto è un bene societario in funzione della sua appartenenza). È stata, dunque, avvertita la necessità di una interpretazione bilanciata della norma in quanto, altrimenti, si assisterebbe ad una eccessiva espansione della competenza delle sezioni specializzate in materia d'impresa.

Secondo una ipotesi interpretativa, nelle controversie relative alle partecipazioni sociali o ai «diritti inerenti» queste ultime, la competenza si determina in relazione all'oggetto della controversia, dovendo sussistere un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (Cass. n. 8738/2017; nella specie, la Corte ha ritenuto la competenza delle sezioni ordinarie del tribunale in relazione ad un'azione diretta ad ottenere la nullità di un contratto di intermediazione nell'acquisto di azioni a fine di investimento, la cui causa petendi andava, quindi, individuata nel contratto di investimento e non nel trasferimento delle partecipazioni sociali; il medesimo orientamento è fatto proprio da Cass. n. 1826/2018). Secondo tale indirizzo, la competenza delle sezioni specializzate sarebbe limitata, in caso di negozi tra vivi di trasferimento delle partecipazioni sociali, alle sole cause il cui oggetto incide effettivamente sulla composizione della società, e quindi, ad esempio, ai casi in cui si  impugna il negozio traslativo per fare valere o ottenere la caducazione dei suoi effetti, ciò comportando l'accertamento della persistenza della preventiva composizione della compagine societaria (es. nullità, simulazione, risoluzione di un negozio di cessione di partecipazioni sociali); dovrebbe, al contrario, escludersi la competenza delle sezioni specializzate laddove invece si discuta del medesimo negozio, ma senza una diretta incidenza sulla compagine sociale (es. azione di adempimento del pagamento del prezzo di una vendita di partecipazioni).

Tale opzione interpretativa, tuttavia, se portata alle sue estreme conseguenze, introduce un criterio discretivo (incidenza della risoluzione della controversia all'interno dell'organizzazione societaria) che la norma non prende a presupposto per l'attribuzione della controversia alle sezioni specializzate e porta ad escludere tutte le cause di adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto traslativo di partecipazioni sociali che, già sotto il regime del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, erano pacificamente soggette al rito societario.

Peraltro, vi sono azioni che, pur non incidendo direttamente sulla composizione della società, appaiono certamente rientrare nella competenza delle sezioni specializzate. Si pensi, ad esempio, alla causa in cui l'acquirente di una partecipazione sociale intenda far valere eventuali clausole di garanzia in ordine alla consistenza patrimoniale della partecipazione stessa. In tale ipotesi, la controversia – ove non destinata ad ottenere la risoluzione del contratto, ma eventualmente il risarcimento del danno – non ha un diretto riflesso sulla composizione della società, rimanendo il rapporto giuridico confinato tra le parti del negozio traslativo delle quote e restando la società (ed il suo assetto organizzativo) sullo sfondo: tuttavia, non appare errato considerare come proprio tali controversie rispondono maggiormente alla ratio dell'istituzione del tribunale delle imprese in quanto, proprio in esse, si avverte la necessità di una maggiore specializzazione del giudice e di una maggiore celerità della risposta giudiziaria che costituiscono, come è noto, i presupposti ideali dell'introduzione della nuova normativa.

Conseguentemente deve ritenersi preferibile l'orientamento secondo il quale la competenza delle sezioni specializzate sussisterebbe in tutti i casi in cui l'oggetto della domanda è un diritto derivante da un negozio avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali.

L'esattezza degli esposti rilievi trova conferma nel dato testuale della norma. È stato, infatti, affermato (Cass. n. 21910/2014, la cui motivazione è stata ripresa da Cass. n. 4523/2017) che, nella lettera b), sono individuate come oggetto dell'attribuzione di competenza le controversie concernenti il trasferimento delle partecipazioni sociali o quelle concernenti ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali. Quindi con la disgiuntiva «o» si fa riferimento ai «diritti inerenti». La previsione delle prime due tipologie di controversie è fatta anch'essa con l'uso della disgiuntiva «o». Ne segue che l'ulteriore disgiuntiva «o» che precede il riferimento alle controversie relative ai diritti inerenti si presta ad essere intesa non già nel senso che il legislatore abbia voluto riferirsi ai diritti inerenti le sole partecipazioni sociali (cioè i diritti del socio discendenti dalla partecipazione sociale), bensì nel senso che tali diritti siano quelli nascenti dalle due ipotesi contemplate prima, cioè dal trasferimento delle partecipazioni sociali, id est dai relativi negozi di trasferimento, e da ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali.

Opinare diversamente, interpretando il concetto di «diritti inerenti» esclusivamente con riferimento ai diritti del socio connessi alla partecipazione sociale, sarebbe contrario all'esegesi complessiva dell'art. 3 in quanto si porrebbe in contraddizione con il fatto che le controversie inerenti i diritti di c.d. partecipazione del socio sono comunque già previste dalla lettera a), che parla di cause e procedimenti relativi a «rapporti societari» e si presta a comprendere anche il rapporto fra socio e società riguardo ai diritti nascenti dalla partecipazione sociale. Una simile interpretazione della lett. b) svuoterebbe questa parte della disposizione di qualsiasi contenuto realmente precettivo.

In altre parole, la stessa espressione cause relative «a ogni altro negozio avente ad oggetto comunque le partecipazioni sociali» risulta talmente generica da non poter essere intesa come limitata alle controversie sulla validità e efficacia del negozio: l'espressione «relativi» quanto alle cause ed ai procedimenti è così lata che richiede solo che la controversia abbia un collegamento con il negozio.

In questa prospettiva, sono state ritenute soggette alla competenza delle sezioni specializzate le controversie aventi ad oggetto il credito per il corrispettivo della cessione di una partecipazione sociale che sia stato ceduto dal creditore ad un terzo (Cass. n. 21910/2014 cit., nonché da ultimo nella giurisprudenza di merito, Trib. Torre Annunziata, 15 giugno 2022); l'acquisto di una partecipazione sociale mediante cessione di crediti pro solvendo (Cass. n. 4523/2017); l'accertamento della simulazione della cessione delle quote sociali funzionale alla azione di riduzione (Trib. Pesaro, 13 luglio 2013); la nullità del testamento che aveva disposto di una partecipazione sociale in favore di un soggetto e la simulazione del successivo trasferimento della partecipazione a un terzo (Trib. Catania, 3 luglio 2014); l'inadempimento di un contratto con il quale una parte abbia trasferito all'altra una quota pari all'1% del capitale sociale di una s.a.s. e una quota pari al 10% del capitale sociale di una s.r.l. a fronte dell'accollo da parte degli acquirenti del debito derivante da un contratto di mutuo nei confronti di un istituto di credito (Trib. Verona, 8 maggio 2015); la risoluzione di un contratto (patto di garanzia e manleva) stipulato tra cedente e cessionario, contestualmente alla stipula tra i medesimi di un (diverso e separato) atto di cessione di quote sociali di una società responsabilità limitata (Trib. Massa, 23 gennaio 2015); la revocatoria avente ad oggetto il negozio di cessione di partecipazione sociale di una società a responsabilità limitata (Trib. Catanzaro, 28 giugno 2017, in Ilsocietario.it); l'accertamento della qualificazione in termini di finanziamento soci o di conferimento di capitale di un apporto eseguito da un socio alla società (Trib. Roma, 3 maggio 2017, in giurisprudenzadelleimprese.it); l'accertamento della onerosità sopravvenuta di un contratto preliminare avente ad oggetto il trasferimento di quota sociale di una società di capitali (Trib. Modena, 5 ottobre 2017, in IlSocietario.it).

Appartengono poi alla competenza del tribunale delle imprese le cause aventi ad oggetto l'accertamento della simulazione assoluta degli atti dispositivi, pur non aventi ad oggetto le quote sociali, in grado di incidere, anche in via indiretta, sull'organizzazione interna della società e sul suo funzionamento, mentre sarebbe di per sé esclusa la competenza relativamente all'azione revocatoria della cessione di partecipazioni sociali, in ragione della relatività dei suoi effetti (Trib. Bologna, 11 novembre 2015).

La competenza del tribunale delle imprese è stata, infine, riconosciuta in relazione alle controversie instaurate per ottenere la revocazione della donazione di una quota di società a responsabilità limitata per ingratitudineexart. 801 c.c. ( Trib. Roma, 22 ottobre 2015, in giurisprudenzadelleimprese.it; ma, contra, Trib. Napoli, 22 marzo 2016, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, II, 364, che ha affermato che non sussiste la competenza «riservata» delle sezioni specializzate in materia di impresa per le controversie aventi ad oggetto la revoca di donazioni di titoli obbligazionari, trattandosi di materia che non riguarda rapporti societari).

Bibliografia

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Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Torino, 2015, 404; Dalmotto, Artt. 1-24, in Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, 2775; Giussani, L'attribuzione delle controversie industrialistiche alle sezioni per l'impresa, in Il processo industriale, a cura di Giussani, Torino, 2012, 5; Graziosi, Dall'arbitrato societario al tribunale delle imprese, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2012, 103; Houben, Sulla competenza del tribunale delle imprese in materia di titoli obbligazionari, in Banca, borsa, e tit. cred. 2017, II, 364; M. Montanaro, Art. 1, in Commentario dei processi societari, a cura di Arieta, De Santis, Torino, 2007, 15; Niccolini, A proposito di una massima imprecisa (con una breve chiosa critica e con qualche osservazione sulla competenza del tribunale delle imprese a conoscere delle controversie sul compenso di amministratori e liquidatori di società di capitali), in Riv. dir. impr. 2016, 272; Pilloni, Dalle «vecchie» sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale al «nuovo» tribunale delle imprese per la competitività del processo civile, in Studium Juris 2012, 1229; Riva Crugnola, Il Tribunale delle imprese, in Il libro dell'anno del diritto, in Enc. giur., Roma, 2013; Romano, Il tribunale delle imprese e le sue competenze, in Il libro dell'anno del diritto, Treccani, Roma, 2018; Sandulli, La competenza del tribunale delle imprese in materia societaria, in Nuovo dir. soc. 2013, 8, 14; Tavassi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell'impresa, in Corr. giur. 2012, 1115.

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