Codice di Procedura Civile art. 671 - Sequestro conservativo.Sequestro conservativo. [I]. Il giudice, su istanza del creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo [2905 1, 2906 c.c.] di beni mobili o immobili del debitore o delle somme e cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento [514 ss., 545]. InquadramentoIl sequestro conservativo costituisce uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale c.d. generica del creditore avente la finalità di preservare la fruttuosità dell'esecuzione forzata una volta concluso il giudizio di merito. L'effetto giuridico della concessione della misura è un vincolo di indisponibilità in favore del solo creditore sequestrante Il pericolo di perdita della garanzia patrimoniale deve essere ricavato dal giudice della cautela sulla scorta di elementi oggettivi afferenti la riduzione del patrimonio del debitore che di elementi soggettivi concretanti condotte volte a disperdere i propri beni. (Trib. Bari III, 18 ottobre 2012; Trib. Nocera Inferiore 9 novembre 2005; Trib. Trani 3 agosto 1995, in Giust. civ., 1996, I, 2, 758). Ai fini della concessione del sequestro conservativo occorre effettuare un accertamento sommario da parte del giudice della cautela circa la sussistenza del diritto di credito del quale è domandata la tutela. Non è, però, necessario né che il credito sia liquido né che sia esigibile (e, quindi, non sottoposto a termine o a condizione), essendo sufficiente che sia attuale, e non meramente ipotetico ed eventuale. Il sequestro conservativo su partecipazioni sociali.Secondo la giurisprudenza, la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 c.c., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813, ultima parte, c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene, poiché la quota, pur non configurandosi come bene materiale al pari dell'azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione del patrimonio che rappresenta, e va perciò configurata come oggetto unitario di diritti (Cass. n. 22361/2009; Cass. n. 19161/2007; Cass. n. 6957/2000; Cass. n. 697/1997; Cass. n. 7409/1986). Tale qualificazione è seguita anche nella giurisprudenza di merito ove si afferma che la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata costituisce un bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblici registri con conseguente applicazione della relativa disciplina e, in particolare, della disciplina delle situazioni soggettive reali e dei conflitti tra di esse sul medesimo bene e che a norma dell'art. 1153 c.c. l'acquirente a non domino acquista la proprietà del bene mobile alienato mediante il possesso purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà (Trib. Roma, 15 giugno 2015, in Soc., 2016, 368). Il principio sulla natura della quota sociale è da condividere anche per le quote di società personali, del tutto analoghe, non avendo esse natura di titoli di credito, a differenza delle azioni, rappresentative del capitale sociale della s.p.a. (Zannella, 49). Il sequestro conservativo di quota di s.r.l. si esegue mediante iscrizione nel registro delle imprese, iscrizione dalla quale deriva l'opponibilità di esso sia ai terzi che acquistino diritti sulla quota in data successiva al sequestro i quali non potranno addurre la mancata conoscenza del vincolo (art. 2193, comma 2, c.c.), sia ai terzi che abbiano acquistato tali diritti prima del sequestro senza però iscrivere il proprio titolo e che non siano in grado di dimostrare la conoscenza del precedente acquisto da parte del sequestrante (art. 2193 comma 1, c.c.) (Gasperini, Casale, 442). In giurisprudenza, si osserva che la mancata iscrizione nel registro delle imprese del sequestro conservativo di quote di s.r.l. lo rende inopponibile al creditore pignorante e, quindi, non consente al sequestrante di intervenire nell'espropriazione forzata (Trib Monza, sez. Desio, 8 ottobre 2008, in Soc., 2009, 475). Secondo Trib. Vicenza, 30 giugno 2007 (in Giur. comm., 2008, II, 1273) all'atto della trasformazione della s.r.l. in s.p.a. si estingue il pegno sulle quote che non sia stato rinnovato con le dovute formalità anche sui titoli azionari. In base alla nuova disciplina delle società a responsabilità limitata, la quota è divisibile e pertanto può essere disposta la riduzione del sequestro su una parte soltanto della partecipazione quando sufficiente a garantire le ragioni del creditore (così, Trib. Milano, 23 settembre 2017, in Soc., 2018, 580). Dubbia la necessità di procedere alla nomina di un custode. Si ritiene, infatti, che, nel sequestro conservativo, non vi è necessità di nominare un custode, avendo la misura cautelare il solo scopo di assicurare il patrimonio del debitore in funzione del diritto di credito del ricorrente che abbia fondato timore di perdere la sua garanzia generica, costituita dal patrimonio del debitore (Zannella, 51). Tuttavia, l'esigenza della nomina di un custode deriva dalla necessità, che il legislatore contempla, di assicurare l'esercizio dei diritti sociali connessi alla quota oggetto del sequestro conservativo. Secondo la giurisprudenza, è ammissibile la nomina di un custode giudiziario di quote di società a responsabilità limitata oggetto di sequestro conservativo. Spettano in tal caso al custode tutti i poteri inerenti la gestione delle quote, incluso il diritto di voto in assemblea (Trib. Catania, 3 giugno 2011, in Vita not., 2011, 1024). Inoltre, secondo Trib. Genova, 7 novembre 2013 (in Soc., 2014, 359), per la specialità della disciplina che riverbera sulle particolarità dei compiti assegnati dalla legge al custode nel sequestro di partecipazioni sociali, il giudice competente a pronunciare sulla nomina, così come sugli atti di revoca o sostituzione, è il giudice della cautela. Secondo Trib. Milano, 23 settembre 2017 (in Soc., 2018, 580), spetta al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare procedere, ai sensi dell'art. 669-duodecies c.p.c. alla nomina del custode delle quote oggetto di sequestro, mentre spetta al giudice del merito provvedere sulla richiesta di imposizione di cauzione per i danni se non prevista nel provvedimento di concessione. Il sequestro conservativo nella azione sociale di responsabilità. Il fumus boni iurisCome già evidenziato, ai fini della concessione del sequestro conservativo, ricorre il requisito del fumus boni juris quando sia accertata, con un'indagine sommaria, la probabile esistenza del credito, restando riservato al giudizio di merito ogni altro accertamento in ordine alla sua effettiva sussistenza e al suo ammontare (Cass., n. 2672/1983). Tale accertamento si risolve in una prognosi di fondatezza della pretesa del creditore, dunque nella specie in una prognosi di fondatezza dell'azione risarcitoria esercitata ex art. 146 l.fall. (sul punto, Monfredi, 7 ss.) L'accertamento di tale presupposto comporta: 1) il superamento di tutte le questioni preliminari, processuali e di merito, eventualmente rilevabili d'ufficio o che dovessero essere eccepite dalla parte convenuta, potenzialmente idonee a precludere in radice l'accoglimento della domanda (p. es. legittimazione, litispendenza, continenza, prescrizione); 2) l'individuazione e la verifica sul piano probatorio, sia pure nei limiti propri della fase cautelare, delle violazioni contestate e della loro dannosità per il patrimonio sociale, questo essendo il thema decidendum dell'azione di responsabilità ex art. 146 l.fall. (Monfredi, 8). Secondo le regole generali che governano l'azione sociale di responsabilità, costituisce onere dell'attore (e, in particolare, del curatore nelle azioni di responsabilità intraprese nell'ambito di procedure fallimentari) allegare e provare: l'inadempimento di uno o più degli obblighi connessi alla carica; il danno al patrimonio sociale; il nesso causale. Al contrario, incombe sui convenuti (amministratori e sindaci) dimostrare la non imputabilità a loro stessi del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi loro imposti. Ovviamente, il giudice dovrà esaminare se ciascun atto di mala gestio dedotto nel ricorso per sequestro conservativo sia effettivamente produttivo di danno e limitare la concessione del sequestro agli importi dovuti in conseguenza di quei singoli atti (ad es., un atto di distrazione comporterà un danno pari al valore dei beni sottratti alla disponibilità della società, con la conseguenza che a quel valore dovrà essere parametrato il sequestro conservativo). Sotto il profilo della quantificazione del danno nelle azioni di responsabilità, come è noto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che nell'azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento nei confronti dell'amministratore della stessa, l'individuazione e la liquidazione del danno risarcibile deve essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell'amministratore, che l'attore ha l'onere di allegare, onde possa essere verificata l'esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. Nelle predette azioni la mancanza di scritture contabili della società, pure se addebitabile all'amministratore convenuto, di per sè sola non giustifica che il danno da risarcire sia individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l'attivo accertati in ambito fallimentare (Cass. S.U., n. 9100/2015). Trib. Roma, 10 agosto 2016 (in giurisprudenzadelleimprese.it), tuttavia, evidenzia che la medesima decisione delle sezioni unite ha anche precisato che il criterio differenziale tra attivo e passivo può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, sempreché il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l'attore abbia allegato un inadempimento dell'amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo. Pertanto, ad avviso del Tribunale capitolino, il criterio differenziale può essere utilmente utilizzato nell'ambito del giudizio cautelare volto ad assicurare la fruttuosità della futura sentenza di condanna allorquando sia certa l'esistenza di un danno cagionato dal comportamento inadempiente degli amministratori, ma che non sia possibile allo stato quantificare in maniera precisa. In altre parole, le esigenze cautelari che costituiscono il presupposto per la concessione del sequestro conservativo prevalgono sulla necessità di una esatta determinazione del danno risarcibile che potrà intervenire solo nell'ambito del giudizio di merito. Il socio di s.p.a. che, nella veste di sostituto processuale ex lege della società partecipata, abbia chiesto e ottenuto l'autorizzazione ad eseguire sequestro conservativo nei confronti di amministratori e sindaci, a tutela delle ragioni di credito da far valere con l'azione sociale di responsabilità ex art. 2393-bis c.c., ben può attivarsi per l'esecuzione della misura cautelare, senza che sia necessario alcuna iniziativa della società, in persona del curatore speciale. Il socio che abbia ottenuto la misura cautelare di cui all'art. 671 c.p.c., in favore della società, può eseguire il sequestro conservativo nella medesima veste, quindi in favore della società, ma non può, quindi, richiedere l'iscrizione in proprio favore (Trib. Roma 12 gennaio 2021, in Foro it., 2021, 5, I, 1854). Nella stessa prospettiva, è stato affermato che, nell'ambito dell'azione di responsabilità promossa ai sensi dell'art. 2476, il socio può, altresì, chiedere il sequestro conservativo sui beni degli amministratori; ed, una volta ottenutolo può porlo in esecuzione nell'interesse della società. Anche in tal caso si configura una fattispecie di sostituzione processuale ai sensi dell'art. 81 c.p.c., da ciò derivando che la società non è litisconsorte necessario del giudizio promosso dal sostituto, pur potendo sempre essere chiamata in causa o dispiegare un intervento volontario (Trib. Nola 2 novembre 2010, in Giur. mer., 2011, 7.8, 1834). Il periculum in mora.Il periculum in mora del sequestro conservativo si caratterizza nel «fondato timore di perdere la garanzia del credito». La giurisprudenza ha reiteratamente chiarito che, in tema di sequestro conservativo, il giudice di merito può far riferimento, alternativamente, tanto a criteri oggettivi, rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all'entità del credito, da desumere da elementi concreti ed attuali, quanto soggettivi, evincibili dal comportamento del debitore, tali da lasciare presumere che egli, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l'eventuale deprezzamento del proprio patrimonio, sottraendolo all'esecuzione forzata, senza che le due categorie di presupposti debbano simultaneamente concorrere potendo il giudice fare alternativamente riferimento all'uno o all'altro dei menzionati presupposti (cfr., Cass. II, n. 2139/1998; ma si vedano, altresì, Cass. I, n. 6042/1998; Cass. III, n. 6460/1996, nonché Cass. III, n. 2081/2002 secondo la quale «la motivazione del provvedimento di convalida del sequestro conservativo può far riferimento a precisi, concreti fattori tanto oggettivi che soggettivi, poiché il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all'entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi, idonei a provocare l'eventuale depauperamento del suo patrimonio»; Trib. Roma, III, 8 giugno 2015, n. 12452; Trib. Bari, III, 18 ottobre 2012; Trib. Nocera Inferiore 9 novembre 2005; Trib. Trani 3 agosto 1995, in Giust. civ., 1996, I, 2, 758). Nell'ambito delle azioni di responsabilità caratterizzate dalla presenza di più convenuti tra i quali sussiste una ipotesi di litisconsorzio facoltativo, occorre esaminare il rapporto tra il requisito del periculum in mora e la struttura delle obbligazioni solidali. Infatti, in caso di sequestro conservativo chiesto a tutela di un credito che può essere fatto valere in via solidale nei confronti di più debitori, è dubbio se l'esistenza del periculum debba essere accertata con riferimento a tutti i debitori solidali o se, invece, sia sufficiente che esso esista nei confronti di uno affinché il provvedimento sia concesso nei suoi soli confronti. Secondo una recente decisione del Tribunale di Roma, in materia di obbligazioni solidali, in caso di richiesta di sequestro conservativo in corso di causa è necessario che il ricorrente dimostri la sussistenza del periculum in mora con riferimento alle condizioni di tutti i condebitori convenuti (Trib. Roma, 11 giugno 2015, in Giur. it., 2016, 380; Trib. S.M. Capua Vetere, 20 gennaio 2014; Trib. Milano 22 ottobre 1997; Trib. Bari 13 marzo 1996). Di diverso avviso il Tribunale di Milano il quale ha evidenziato che, incardinata un'azione ordinaria di responsabilità ex art. 2476 c.c. contro gli amministratori, l'eventuale ricorso cautelare può essere proposto anche verso uno solo degli amministratori convenuti nel giudizio ordinario. Ne consegue che la misura cautelare può essere autorizzata anche solo un dei co-obbligati solidali, nei confronti del quale siano stati accertati i presupposti del periculum in mora e del fumus boni iuris (Trib. Milano, 12 novembre 2016). La decisione del Tribunale di Roma è stata, tuttavia, criticata in dottrina laddove – data la possibilità per il creditore di agire, indifferentemente, verso l'uno o l'altro dei debitori in solido al fine di ottenere la condanna all'intero, al creditore deve essere altresì riconosciuta eguale possibilità di conservare integra la garanzia patrimoniale di ciascuno di essi – si è richiamata la giurisprudenza in ordine alla possibilità di esperire, pur a fronte di una obbligazione solidale, l'azione revocatoria nei confronti di uno solo dei condebitori (Cass. n. 8315/2017; Cass. n. 6486/2011). Secondo tale orientamento, l'esistenza di altri soggetti obbligati in solido è da ritenere irrilevante perché il creditore, decidendo di concentrare la sua azione nei confronti di uno solo di essi, non fa nient'altro che esercitare il diritto che gli conferisce l'art. 1292 c.c. Se si riconosce, in astratto, al creditore la possibilità di agire in via cautelare contro uno solo dei più debitori solidali già evocati in giudizio al tempo stesso imponendogli, però, di dedurre l'esistenza del periculum non solo in relazione alla posizione personale del singolo debitore attinto dall'iniziativa cautelare ma anche in relazione alla posizione degli altri si finisce, sostanzialmente, con il far gravare sul creditore l'onere di agire (in via cautelare) nei confronti di tutti. BibliografiaFarina, Il periculum in mora nel sequestro conservativo a tutela di azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, in relazione svolta al corso «La tutela cautelare nel diritto delle società», in scuolamagistratura.it, 2017; Gasperini, Casale, Sub art. 2471-bis, in Delle società - Dell'azienda. Della concorrenza, artt. 2452-2510, a cura di D. Santosuosso, Commentario del codice civile, a cura di E. Gabrielli, Milano, 2015, 392; Monfredi, Il fumus boni iuris nel sequestro conservativo relativo all'azione sociale di responsabilità, in relazione svolta al corso «La tutela cautelare nel diritto delle società», in scuolamagistratura.it, 2017; Zannella, Il sequestro conservativo strumentale all'azione di responsabilità, in Codice delle misure cautelari societarie, a cura di Nazzicone, Torino, 2012. |