La mancata conferma dell’aggiudicazione provvisoria non costituisce esercizio del potere di autotutela della PA

15 Ottobre 2018

Non è esercizio del potere di autotutela la mancata conferma dell'aggiudicazione provvisoria, dato che l'amministrazione può riesaminare gli atti del procedimento di gara fino alla fase della aggiudicazione definitiva.
Il caso. Nel caso in esame la stazione appaltante aveva deciso di non procedere alla conferma dell'aggiudicazione provvisoria disposta dalla commissione nei confronti della società prima classificata, ma, a seguito della successiva attività di revisione e controllo del RUP, aveva disposto l'aggiudicazione alla seconda classificata. La ricorrente, dopo che il TAR Abruzzo aveva dichiarato il ricorso improcedibile per tardività, ha adito il Consiglio di Stato lamentando, tra gli altri motivi di ricorso, l'illegittimo utilizzo da parte della stazione appaltante del potere di autotutela non avendo confermato l'aggiudicazione provvisoria in proprio favore.

La soluzione del Consiglio di Stato. La Sezione – riportando in sentenza un orientamento ormai seguito da tempo dal Consiglio di Stato (III, 11 gennaio 2018, n. 136; V, 23 ottobre 2014, n. 5266; III, 4 settembre 2013, n. 4433; Cons. Stato, V, 20 aprile 2012, n. 2338) – afferma che nelle procedure ad evidenza pubblica, la fase dell'aggiudicazione provvisoria non costituisce il momento finale della procedura e per tale motivo non si verifica l'esercizio di alcun potere di autotutela da parte della stazione appaltante se quest'ultima decide di cambiare idea riguardo l'aggiudicazione provvisoria quando il procedimento non è ancora concluso. Nel testo si legge: “… non è in alcun modo prospettabile un affidamento del destinatario dell'aggiudicazione provvisoria, in quanto tale atto non è conclusivo del procedimento di evidenza pubblica e non vi è, dunque, lo svolgimento di alcun procedimento di secondo grado (che comporterebbe la necessità di una comunicazione di avvio del procedimento, e soprattutto l'esternazione della motivazione inerente al pubblico interesse che legittima la rimozione dell'atto emanato.)” . Il collegio – citando anche una recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 3 luglio 2017, n. 3248 – ribadisce la natura giuridica del potere di autotutela come atto di secondo grado, e che per tale ragione non può essere esercitato nelle more del procedimento di gara, ma soltanto quando questa sia effettivamente conclusa. Come riportato in sentenza: “[…] potere di autotutela, il quale, avendo natura di atto di secondo grado, presuppone esaurita la precedente fase procedimentale con l'intervenuta adozione del provvedimento conclusivo della stessa.”La Sezione poi precisa fino a che punto all'interno delle fasi del procedimento di evidenza pubblica la stazione appaltante possa modificare la propria decisione circa l'aggiudicazione provvisoria della gara, rilevando che “sino al momento dell'aggiudicazione definitiva la stazione appaltante può sempre riesaminare il procedimento di gara al fine di emendarlo da eventuali errori…” ,non costituendo ciò un esercizio del potere di autotutela.Applicando tali principi al caso concreto, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso dato che non vi è stato alcun esercizio del potere di autotutela, in quanto il procedimento di evidenza pubblica non era ancora concluso, e la PA ben può rivedere la propria decisione circa l'aggiudicazione provvisoria fino al momento dell'aggiudicazione definitiva.

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