La persona incapace può separarsi tramite il proprio rappresentante legale
22 Ottobre 2018
Massima
Il rappresentante legale della persona incapace di intendere e di volere può domandare la separazione personale in nome e per conto del rappresentato, e a tal fine non è necessaria la designazione di un curatore speciale. Detta designazione si impone soltanto in presenza di una situazione di conflitto di interesse tra il rappresentante e il rappresentato.
Il caso
Padova. Un brutto incidente stradale causa un gravissimo danno cerebrale a un uomo sposatosi da poco più di un anno. Da qui l'interdizione dello sventurato, nel 2004. Sette anni più tardi, e a quanto risulta, conclusa favorevolmente la causa risarcitoria contro i responsabili del sinistro, il tutore si rivolge al giudice tutelare, ottenendo l'autorizzazione a procedere per lo scioglimento del matrimonio, in nome e per conto dell'interdetto. Munito della relativa autorizzazione, il tutore instaura quindi il giudizio di separazione, prodromico al divorzio e la domanda di separazione viene accolta dal tribunale. La moglie impugna la sentenza, contestando la legittimazione attiva del tutore, dato che questi era stato autorizzato a domandare il divorzio ma non la separazione. L'appello viene respinto essendo evidente - secondo quanto motivano i giudici di secondo grado - che la separazione è prodromica al divorzio. Neppure viene accolta la doglianza dell'appellante di mancanza di legittimazione attiva del tutore, fondata sulla necessità della nomina di un curatore speciale. Il caso approda in Cassazione. La ricorrente insiste per vedere negata la possibilità che il tutore agisca in giudizio per la separazione personale dell'interdetto, trattandosi di iniziativa non specificamente contemplata dalla legge tra quelle demandabili al rappresentante legale. L'art. 4, comma 5, legge n. 898/1970, - sostiene in particolare la ricorrente - consente unicamente che la persona interdetta venga convenuta nel giudizio di divorzio, nel quale poi dovrà essere rappresentata da un curatore speciale.
La questione
La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte è se, mancando una previsione specifica nella legge, all'incapace (nello specifico all'interdetto) sia consentito presentare, tramite il proprio rappresentante legale, domanda di separazione personale; e – questione collegata - se il rappresentante legale possa farsi interprete della volontà del rappresentato. Le soluzioni giuridiche
I giudici di legittimità procedono dalla considerazione dei passaggi evolutivi compiuti nell'interpretazione dell'art. 4, comma 5, l. div., norma che contempla la sola posizione di convenuto dell'incapace nel giudizio di divorzio. Il riferimento va così alla sentenza Cass. n. 9582/2000, la quale riconobbe il diritto dell'incapace di farsi parte attiva ovvero di chiedere il divorzio, e ciò tramite un curatore speciale. Si trattò - rileva la sentenza - di una applicazione analogica costituzionalmente obbligata, essendo il diritto di sciogliersi dal vincolo coniugale un diritto fondamentale della persona talché negarne l'esercizio all'incapace creerebbe disparità di trattamento rispetto all'altro coniuge. In pratica, con la pronuncia del 2000, la Cassazione affermò la legittimazione dell'incapace ad agire per ottenere il divorzio, sia pure tramite un rappresentante ad hoc, costituto dal curatore speciale. Come si legge in una paradigmatica sentenza del Tribunale di Modena (Trib. Modena 26 ottobre 2007) la decisione Cass. n. 9582/2000 realizzò una «notevole apertura pratica, volta alla risoluzione dell'annoso problema che impediva di riconoscere all'interdetto la possibilità di domandare il divorzio, problema appunto risolto dal Supremo Consesso con il ricorso all'analogia». Dopo avere rammentato tale rilevante passaggio evolutivo della giurisprudenza, la sentenza qui in commento osserva che i principi di cui sopra devono trovare applicazione anche riguardo alla separazione. E ciò perché: - la separazione personale è diritto fondamentale della persona (come enunciato fin da Cass. n. 21099/2007); - la giurisprudenza non ha più dubbi riguardo alla possibilità che l'incapace ponga in essere atti personalissimi tramite il proprio rappresentante legale; negare ciò significherebbe impedire all'incapace di esercitare un diritto fondamentale. Quanto al soggetto legittimato ad agire in rappresentanza dell'incapace nel compimento dell'atto personalissimo, la questione affrontata riguarda esattamente la possibilità di evitare la nomina di un curatore speciale, allorquando vi sia un rappresentante legale come il tutore o l'amministratore di sostegno. La Suprema Corte conclude che in linea generale la necessità del curatore speciale va esclusa. Sarebbe, infatti, un inutile formalismo obbligare il tutore a chiedere la nomina di un curatore speciale; a meno che vi sia conflitto di interessi tra il rappresentante e il rappresentato: «Ritiene per contro questo Collegio che (...) la designazione di un soggetto terzo, nominato ad hoc, che, insieme al giudice tutelare, valuti l'opportunità di promuovere la connessa azione e ne determini il contenuto, per essere poi autorizzato ad esperirla, si prospetti necessaria solo nel caso di conflitto di interessi fra il tutore ed il proprio rappresentato, risolvendosi, altrimenti, in un inutile formalismo». La separazione personale, come pure il divorzio, potrà dunque essere domandata direttamente dal rappresentante legale dell'incapace né vi è alcun ostacolo normativo a tale conclusione, aggiunge la Cassazione. Nessuna preclusione è, infatti, rinvenibile nell'ordinamento giuridico, riguardo alla possibilità che il rappresentante legale ponga in essere un atto di straordinaria amministrazione, debitamente autorizzato. Così - aggiunge ancora la sentenza - il tutore può impugnare il matrimonio dell'interdetto ex art. 119 c.c., può promuovere l'azione per accertamento giudiziale della paternità o maternità (art. 273 c.c.), può presentare la richiesta di interruzione volontaria della gravidanza in luogo della propria rappresentata ex art. 13 l. n. 194/1978 e via dicendo. La conclusione viene agganciata, sul versante processuale, all'art. 78 c.p.c. ai sensi del quale se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza può essere nominato all'incapace un curatore speciale che lo rappresenti e assista in giudizio. E ciò vuol dire evidentemente che il curatore speciale non serve allorquando vi sia il rappresentante legale.
Osservazioni
La sentenza in commento, in definitiva, ha espressamente esteso alla separazione personale principi e regole già da tempo sancite, dalla stessa Corte di legittimità, per il divorzio dell'incapace. Tale chiusura del cerchio è senz'altro apprezzabile per quanto essa non fosse così immancabile, dato che “il più contiene il meno” e dunque ciò che vale per il divorzio dovrà valere altresì per la separazione. Inoltre, la giurisprudenza di merito aveva affermato i medesimi principi fin dal 2007 con riferimento e al divorzio e alla separazione del beneficiario di amministrazione di sostegno. Così, il Tribunale di Modena, con due storiche decisioni, pressoché coeve (Trib. Modena 25 e 26 ottobre 2007), affermò l'ammissibilità della domanda congiunta di divorzio presentata dall'amministratore di sostegno in luogo della parte incapace, quindi accogliendola. A sua volta, il Tribunale di Bologna, (Trib. Bologna, sez. dist. Imola, 2 gennaio 2006) attribuì all'ads compiti di assistenza in merito alle scelte e decisioni da prendersi nel contenzioso separativo in corso; e ancor prima, il g.t. di Pinerolo, conferì poteri di rappresentanza esclusiva sempre in merito alle scelte separative (G.T. Pinerolo, decr., 13 dicembre 2005). Affermazioni più recenti in tal senso si ritrovano in Trib. Roma, 10 marzo 2009 e Trib. Cagliari 15 giugno 2010). Tale ultima pronuncia ha affermato in modo inequivocabile che «non esiste conflitto di interessi tra il tutore e l'incapace in ordine all'esercizio di diritti c.d. personalissimi, e quindi, non emerge l'esigenza della nomina di un curatore speciale dell'incapace che agisca per la proposizione del ricorso di separazione personale ovvero di divorzio dei coniugi nel caso in cui l'ufficio di tutore (o amministratore di sostegno) sia rivestito da un soggetto estraneo alla famiglia o al rapporto di coniugio (nel caso di specie la sorella dell'incapace) e non dal coniuge dell'incapace». Il decreto cagliaritano ha avuto poi l'indubbio pregio di andare oltre il profilo della legittimazione attiva alla domanda di separazione o divorzio per sciogliere l'ulteriore nodo relativo alla verifica della rispondenza dell'iniziativa assunta dal rappresentante legale alla effettiva volontà del rappresentato. Vertendosi, infatti, in ambito di esercizio di diritti personalissimi, la domanda di separazione o di divorzio coinvolge - osserva il giudice cagliaritano - fondamentali scelte di vita, che in quanto tali devono rimanere necessariamente e rigorosamente ancorate alla volontà dell'interessato. Di conseguenza, il giudice è chiamato a verificare la rispondenza dell'iniziativa alla volontà del rappresentato. A tal fine - prosegue il tribunale sardo - occorre un procedimento di ricostruzione del vissuto dell'incapace (ossia delle opinioni espresse e delle scelte compiute durante il periodo anteriore alla condizione psico-fisica incapacitante) che fornendo un quadro degli orientamenti esistenziali dell'interessato consenta la ricostruzione di detta volontà (il collegamento alle indicazioni della sentenza "Englaro" è di tutta evidenza). In termini corrispondenti si è poi pronunciato Trib. Milano, sez. IX, 19 febbraio 2014 per il quale «il giudice tutelare è tenuto a valutare che l'azione di separazione (o divorzio) risponda all'effettiva volontà del beneficiario e che la sua attuazione sia conforme all'interesse di questi». Negi stessi termini anche Trib. Catania, 15 gennaio 2015). È vero, d'altra parte, che fino ad epoca recente altra giurisprudenza di merito aveva espresso orientamento opposto. Così, il Tribunale di Bari (Trib. Bari 8 aprile 2015), ha dichiarato improponibile, da parte del tutore, la domanda di divorzio dell'interdetto, affermando che tale impedimento non può essere superato neppure dall'autorizzazione del giudice tutelare; e ciò in quanto si verte in materia di esercizio di diritti personalissimi non esercitabili da altri che dal diretto interessato. La sentenza qui esaminata tocca il problema della ricostruzione della volontà dell'interessato in termini soltanto impliciti, e ciò spiace poiché sarebbe stata un'ottima occasione per recepire quanto i giudici di merito più evoluti hanno affermato. Nonostante, infatti, la questione fosse stata sollevata dalla ricorrente la quale, con il secondo motivo di ricorso, aveva contestato che il tutore potesse farsi interprete della volontà del coniuge interdetto, ha esaurito la questione affermando «Resta assorbita la questione di censura con la quale, nel terzo motivo, si contesta che il tutore potesse rendersi interprete della volontà del proprio rappresentato». A parere di chi scrive, invece, il tema avrebbe meritato ben altro approfondimento. |