Moralità operatore economico: da tener conto anche di fatti commessi dal soggetto con poteri di rappresentanza estranei all’attività svolta dalla società

Redazione Scientifica
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19 Ottobre 2018

La sentenza di patteggiamento è una pronuncia del giudice penale che l'amministrazione può legittimamente valutare in sede di affidamento di contratti. Questa tipologia di sentenza è infatti menzionata in modo espresso...

La sentenza di patteggiamento è una pronuncia del giudice penale che l'amministrazione può legittimamente valutare in sede di affidamento di contratti. Questa tipologia di sentenza è infatti menzionata in modo espresso dalla lett. c) dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e per essa non si richiede nemmeno l'irrevocabilità prevista per le altre sentenze di condanna. Ciò proprio in virtù dell'equiparazione ad una pronuncia di condanna sancita dall'art. 445, comma 1-bis, del codice di procedura penale.

Il rilievo per cui agli effetti penali la sentenza di patteggiamento non implica alcuna ammissione di colpevolezza per i reati contestati rimane confinato a questo settore dell'ordinamento giuridico, nel quale predomina il principio del favor rei, senza potere essere esteso al giudizio di carattere discrezionale che la pubblica amministrazione è tenuta a compiere sulla base delle imputazioni per le quali l'imputato ha volontariamente rinunciato a difendersi, per concordare una pena. In base a tale considerazione spetta quindi a quest'ultimo, a proprio discarico nei confronti dell'amministrazione, dimostrare che pur avendo richiesto l'applicazione della pena, nondimeno non vi è alcuna colpevolezza e su quali ragioni si sia invece fondata la scelta del rito.

Il giudizio di affidabilità morale nei confronti del privato contraente della pubblica amministrazione ha carattere di ampia discrezionalità (cfr. da ultimo: Cons. Stato, V, 27 marzo 2018, n. 1915, 21 giugno 2017, n. 3028, 7 giugno 2017, n. 2727, 25 febbraio 2015, n. 927, 10 agosto 2016, n. 3578, 21 ottobre 2013 n. 5122; VI, 10 settembre 2015, n. 4228). L'ordinamento, ed in particolare l'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, rimette alla stazione appaltante l'individuazione del punto di rottura della fiducia di cui tale contraente deve rendersi meritevole nei confronti della parte pubblica [il principio è stato affermato dalle Sezioni unite della Cassazione, con sentenza 17 febbraio 2012, n. 2312, relativa alla causa ostativa di cui alla lett. f) del medesimo art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006].

Nell'ambito di questa valutazione alle stazioni appaltanti è richiesto, sul piano della legittimità amministrativa, di svolgere un apprezzamento non manifestamente irragionevole o pretestuoso e di esternarne il risultato in modo adeguato e chiaramente percepibile dal destinatario, sulla base degli elementi di fatto a tal fine rilevanti. Al di là di questi canoni generali si colloca la sfera di merito riservata all'amministrazione e non sindacabile, ai sensi dell'art. 134 cod. proc. amm., dal giudice amministrativo.

E' legittimo il provvedimento con cui la stazione appaltante valuta negativamente la sentenza di patteggiamento di un legale rappresentante della società su fatti di reato che rivestono sul piano obiettivo una non trascurabile gravità, donde la legittimità della scelta di basarsi sul solo certificato penale, dal momento che risultano per un verso lesivi dell'amministrazione della giustizia (simulazione di reato) e per altro verso commessi in danno dell'amministrazione pubblica in generale (truffa aggravata ai danni dello Stato).

Quanto all'estraneità dei fatti commessi dal consigliere con poteri di rappresentanza rispetto all'attività svolta dalla società, deve osservarsi in contrario che la disposizione del previgente codice dei contratti pubblici non pone limiti al riguardo, e che non è in sé irragionevole che l'amministrazione si spinga ad apprezzare a questo fine ogni precedente penale in ipotesi rilevante sull'affidabilità morale.