Decreto ingiuntivo europeo (reg. ce n. 1896/2006)

Giuseppe Lauropoli
23 Ottobre 2018

L'ingiunzione di pagamento europea si inserisce nel quadro di una serie di interventi della normativa comunitaria finalizzati a superare qualsiasi limitazione o rallentamento nella tutela dei diritti laddove vengano in rilievo rapporti fra soggetti domiciliati in Stati diversi facenti parte dell'Unione Europea.
Inquadramento

L'ingiunzione di pagamento europea si inserisce nel quadro di una serie di interventi della normativa comunitaria finalizzati a superare qualsiasi limitazione o rallentamento nella tutela dei diritti laddove vengano in rilievo rapporti fra soggetti domiciliati in Stati diversi facenti parte dell'Unione Europea.

Sono così venuti in rilievo, nel corso degli anni, dapprima il Titolo esecutivo europeo (introdotto con Reg. (CE) n. 805/2004), poi l'Ingiunzione di pagamento europea (introdotta in forza di Reg. (CE) n. 1896/2006) e, da ultimo, il Sequestro conservativo europeo (Reg. (UE) n. 655/2014): strumenti tutti introdotti allo scopo di rendere più agevole la tutela dei diritti e la riscossione dei crediti allorché una delle parti (sia esso il debitore, ovvero il creditore) sia domiciliata in uno Stato membro diverso da quello nel quale si è formato il titolo esecutivo.

Si tratta, come già segnalato in un precedente intervento apparso su questo portale (vedi G. Lauropoli, Gli strumenti di tutela del credito di matrice europea: aspetti problematici e possibili soluzioni, su ilProcessoCivile.it), di strumenti che faticano non poco a fare un deciso ingresso nella prassi giudiziaria delle nostre aule di tribunale.

Basti pensare, con specifico riguardo alla ingiunzione di pagamento europea, che da un sommario esame delle procedure per ingiunzione di pagamento iscritte a ruolo dinanzi al tribunale di Roma nel corso dell'anno 2017, è emerso come soltanto una parte davvero marginale delle stesse si riferisca ad ingiunzioni di pagamento europee, a fronte del rilievo di gran lunga preponderante assunto dagli ordinari decreti ingiuntivi di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c..

Non è davvero facile individuare le cause di un così difficile ingresso di questo istituto nella prassi delle aule di giustizia italiane: si tratta, infatti, di uno strumento oramai in vigore dal 12.12.2008 e che, dunque, ha avuto a disposizione quasi un decennio per cominciare ad essere compreso ed utilizzato nella sua pienezza.

Neppure può pensarsi che la causa di una tale stentata partenza vada ravvisata in una ipotetica mancanza di effettivo interesse nell'utilizzo di tale strumento: gli scambi commerciali fra Stati europei hanno nuovamente raggiunto un livello considerevole, dopo il rallentamento conseguente alla crisi del 2008, cosicché certamente non può mancare l'esigenza di individuare strumenti rapidi ed efficaci per pervenire alla soddisfazione dei crediti insoluti.

Di certo si tratta di un istituto che merita attenzione e che ancora deve spiegare in pienezza le sue potenzialità.

In evidenza

È una procedura, disciplinata dal Reg. CE n. 1896/2006, che si applica esclusivamente in materia civile e commerciale, nelle controversie transfrontaliere, per il recupero di crediti pecuniari.

Il procedimento

Viene in rilievo una procedura, disciplinata dal Reg. (CE) n. 1896/2006, che si applica esclusivamente in materia civile e commerciale, nelle controversie transfrontaliere, per il recupero di crediti pecuniari.

Si intende come transfrontaliera una controversia nella quale almeno una delle parti sia domiciliata o risieda abitualmente in uno Stato Membro diverso da quello del giudice adito (art. 3 del citato Regolamento).

Si presenta come una procedura alternativa rispetto agli ordinari mezzi previsti dai singoli Stati per la riscossione di crediti insoluti.

La giurisdizione viene individuata con un rinvio al Reg. (CE) n. 44/2001 (tale è la previsione contenuta all'art. 6 del Regolamento), eccezion fatta per il caso in cui l'obbligazione per la quale si agisca si riferisca ad un contratto stipulato dalla parte in qualità di consumatore, nel qual caso sarà competente ad emettere l'ingiunzione europea soltanto il giudice dello Stato nel quale risieda l'ingiunto.

La procedura si esplica mediante proposizione di una domanda, a firma del ricorrente o di un suo rappresentante, al giudice che ha giurisdizione, con oneri di sola allegazione, ossia senza produzione di documentazione che provi l'esistenza del credito (art. 7).

La domanda viene presentata mediante compilazione di un modulo allegato al Regolamento: a fronte di tale domanda, il giudice dello Stato di origine (ossia il giudice chiamato ad emettere l'ingiunzione), ricorrendone i presupposti, emette l'ingiunzione.

Quest'ultima deve essere notificata al debitore, con modalità alternative indicate nel Regolamento e, comunque, facendo riferimento alla normativa vigente nello Stato nel quale deve effettuarsi la notifica (si vedano gli artt. 13 e 14 del Regolamento: in particolare, stando all'art. 14, il quale disciplina le ipotesi nelle quali è possibile procedere a notifica nelle mani di persona diversa dal destinatario, viene esclusa la possibilità di perfezionare la notifica della ingiunzione ove non sia individuabile il domicilio del debitore).

Una volta ricevuta la notifica, l'ingiunto ha trenta giorni per proporre opposizione, mediante compilazione di un modello allegato all'ingiunzione: l'opposizione si propone dinanzi al giudice dello Stato di origine e con essa è sufficiente contestare il credito puramente e semplicemente (si veda l'art. 16).

Per effetto dell'opposizione, la causa viene istruita con le ordinarie regole di procedura civile previste nello Stato d'origine (salvo il caso in cui la parte istante avesse indicato, nel proporre il ricorso per ingiunzione, che il procedimento dovesse proseguire nelle forme del Reg. (CE) n. 861/2007, ricorrendone i presupposti).

Il Regolamento rinvia, nel definire le modalità per il passaggio al rito nazionale in sede di opposizione, alle norme di procedura civile vigenti nello Stato di origine: le specifiche modalità per pervenire ad un tale passaggio sono state così individuate dalla giurisprudenza di merito.

In particolare, stando ad alcune prese di posizione della giurisprudenza di merito, l'atto di opposizione, una volta formalizzato, dovrà essere notificato al creditore e quest'ultimo dovrà introdurre un ordinario atto di citazione precisando il thema decidendum e i fatti costitutivi della domanda, a fronte del quale il debitore potrà costituirsi formulando le proprie difese secondo l'ordinario schema processuale previsto dagli artt. 183 e ss. c.p.c. (si vedano, nello stesso senso, Trib. Verona, 26 maggio 2012 e Trib. Milano, 18 luglio 2011).

Ove invece non sia proposta opposizione nel termine normativamente previsto, l'ingiunzione diventa esecutiva: il giudice dello Stato d'origine, una volta verificata la mancata proposizione della opposizione, dichiara l'ingiunzione di pagamento esecutiva, in conformità al modello «G» allegato al Regolamento.

L'ingiunzione, a quel punto, è idonea a circolare in tutti gli Stati dell'Unione (eccezion fatta per la Danimarca) e ad essere utilizzata come titolo esecutivo, senza necessità di spedizione in forma esecutiva, essendo sufficiente presentare una copia autentica dell'ingiunzione e della sua dichiarazione di esecutività e, ove richiesto, una traduzione della ingiunzione (art. 21).

Viene espressamente prevista la possibilità di rifiuto d'esecuzione della Ingiunzione nello Stato di esecuzione (art. 22): in particolare, con riferimento al caso di incompatibilità con una decisione assunta nello Stato di esecuzione, ovvero con riferimento al caso di avvenuto pagamento.

Una tale procedura, laddove l'Ingiunzione debba trovare esecuzione nell'ordinamento italiano, dovrà essere formalizzata secondo lo schema legale costituito dalle opposizioni esecutive (artt. 615 e 617 c.p.c.)

Resta intatta la possibilità di proporre una sorta di opposizione tardiva, a norma dell'art. 20, questa volta dinanzi al giudice dello Stato di origine.

In particolare, una tale forma di opposizione avrà luogo allorché si deduca la omessa notifica della Ingiunzione, ovvero per alcune cause tipiche elencate nella citata norma, quali: cause di forza maggiore che abbiano impedito la proposizione della opposizione; ipotesi di notifica dell'ingiunzione effettuata a norma dell'art. 14 del Reg. (mediante consegna a persona diversa dal destinatario); ipotesi nella quale l'Ingiunzione sia stata emessa manifestamente per errore.

Procedimento per ottenere l'ingiunzione di pagamento europea

Giurisdizione

Il giudice avente giurisdizione ai fini della emissione della ingiunzione europea di pagamento deve essere individuato con riferimento ai criteri indicati dal Reg. (CE) n. 44/2001, fatta salva l'ipotesi di obbligazione nascente da contratto stipulato in qualità di consumatore, nel qual caso avrà sempre giurisdizione il giudice dello Stato nel quale è domiciliato l'ingiunto.

Proposizione della domanda

La domanda si propone mediante compilazione di un modello allegato al Reg. n. 1896/2006, senza necessità di produrre documentazione a supporto della stessa.

Adozione del provvedimento e sua notifica

Il giudice, ricorrendone i presupposti, emette il provvedimento, che dovrà essere notificato all'ingiunto. La notifica non si perfeziona qualora non sia noto il domicilio dell'ingiunto.

Opposizione

L'ingiunto, entro trenta giorni dalla notifica, può proporre opposizione dinanzi al medesimo giudice che ha emesso l'ingiunzione, potendo anche limitarsi a contestare, puramente e semplicemente, il credito. A quel punto il procedimento si istruirà secondo le ordinarie regole processuali vigenti nello Stato di origine.

Esecuzione

Ove non venga proposta opposizione nel termine previsto nel Regolamento, l'ingiunzione diventa esecutiva, per cui una volta ottenuta l'esecutorietà ad opera del giudice che ha emesso il provvedimento, sarà suscettibile di esecuzione in tutti gli Stati dell'Unione che riconoscono tale strumento.

Vantaggi e svantaggi: alcuni interventi della giurisprudenza di legittimità e della Corte di giustizia

Qualche rapido cenno su quelli che possono apparire, all'esito di un sommario esame della normativa che ha introdotto l'Ingiunzione di pagamento europea (entrata in vigore, come esposto in precedenza, il 12.12.2008), come i principali “vantaggi” e “svantaggi” di una tale procedura, rispetto agli ordinari mezzi di tutela del credito previsti dall'ordinamento interno.

Viene in rilievo un procedimento particolarmente snello, ai limiti dell'automatismo: in definitiva si tratta di compilare un modulo ed inviarlo, senza neppure necessità di assistenza tecnica.

Inoltre, nel proporre la domanda, non occorre documentare alcunché, ben potendo la parte istante limitarsi ad affermarsi creditrice.

È anche possibile, nel proporre la domanda di ingiunzione, chiedere che il procedimento venga immediatamente estinto in caso di opposizione, in tal modo evitando preventivamente qualsiasi possibilità di contenzioso per l'ipotesi nella quale il credito sia contestato.

Una volta ottenuta la dichiarazione di esecutività nello Stato di origine, l'ingiunzione può essere utilizzata in qualsiasi altro Stato UE (eccezion fatta per la Danimarca), senza necessità di formalità volte a rendere esecutivo il titolo nello Stato di esecuzione.

Venendo alle possibili criticità della procedura in questione, deve evidenziarsi come la possibilità di opposizione tardiva sia più ampia della previsione contenuta all'art. 650 c.p.c., facendo riferimento anche al caso di emissione dell'ingiunzione di pagamento per manifesto errore, il che espone, almeno ad avviso dei primi interpreti occupatisi di tale Regolamento, l'Ingiunzione emessa dal giudice dello Stato di origine ad una obiettiva incertezza circa la sua stabilità nel tempo.

Problematico appare anche il regime delle notifiche: innanzi tutto la normativa in esame sembra escludere la possibilità di emettere l'ingiunzione in presenza di un destinatario irreperibile (l'art 14 esclude la possibilità di perfezionamento della notifica nel caso in cui sia impossibile individuare il domicilio dell'ingiunto e il considerando n. 19 del preambolo al Regolamento prevede espressamente che «qualsiasi forma di notificazione basata su una fictio iuris non dovrebbe essere considerata sufficiente al fine della notificazione dell'ingiunzione di pagamento europea»; sembra dunque esclusa la possibilità di perfezionare la notifica dell'ingiunzione nelle forme dell'art. 143 c.p.c.); in secondo luogo la consegna dell'ingiunzione ad un soggetto diverso dal destinatario giustifica sempre la proposizione di opposizione tardiva, purché entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza effettiva della Ingiunzione.

Altro elemento da valutare, nel proporre domanda di ingiunzione di pagamento europea (procedura che, come esposto in precedenza, è alternativa rispetto all'ordinario meccanismo predisposto dagli artt. 633 e ss. c.p.c.), è costituito dal fatto che la stessa non viene mai provvista, al momento della sua emissione, della provvisoria esecutività, assumendo il carattere della esecutività solo in caso di omessa opposizione.

Così riassunti in sintesi alcuni di quelli che appaiono come i maggiori vantaggi e svantaggi della procedura in questione, pare opportuno dar conto di alcuni importanti arresti giurisprudenziali che sembrano essersi posti il problema di risolvere alcuni nodi interpretativi presenti nel regolamento comunitario in questione, rendendo più agevole l'accesso ad un tale strumento offerto dal Reg. n. 1896/2006.

Vengono, innanzi tutto, in rilievo due importanti interventi della Cassazione, a Sezioni Unite, che sembrano aver ridimensionato la portata all'apparenza troppo vasta e comunque indeterminata dei motivi di riesame previsti dall'art. 20 del Reg. n. 1896/2006.

Un primo intervento è costituito dalla sentenza Cass. civ., Sez. Un., n. 10799/2015, con la quale i Giudici di legittimità si sono preoccupati di limitare drasticamente i casi nei quali l'I.P.E. (Ingiunzione di pagamento europea) è suscettibile di riesame per essere stata emessa per evidente «errore»; vi si afferma, in particolare che «l'ipotesi dell'ingiunzione europea "emessa manifestamente per errore, tenuto conto dei requisiti previsti dal presente regolamento" si riferisce ai soli casi di errore manifesto circa la sussistenza dei requisiti formali per l'emissione del provvedimento e, quindi, a vizi formali propri del procedimento idonei ad inficiare la possibilità per il debitore di contestare l'ingiunzione, quali (a titolo meramente esemplificativo): l'assoluta incertezza dell'autorità che ha emesso l'ingiunzione, l'omessa indicazione della somma ingiunta o, più in generale, la non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ovvero anche tra l'identità di una o entrambe le parti, l'insussistenza di informazioni da riportare nel modulo».

Un secondo importante intervento è costituito da Cass. civ., Sez. Un., n. 7075/2017 (G. Fiengo, Il termine per la proposizione del riesame avverso l'ingiunzione di pagamento europea, su ilProcessoCivile.it): stando a tale pronuncia dovranno comunque trovare applicazione, quanto alla individuazione dei termini per la proposizione della richiesta di riesame di cui all'art. 20, i ristretti termini previsti dall'art. 650 c.p.c. e, segnatamente, il termine finale di cui al terzo comma (stando al quale l'opposizione tardiva non può più proporsi decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione).

Si tratta di due pronunce indubbiamente molto articolate e complesse, non riducibili ai pochi concetti dei quali si è appena dato conto: ma è importante, nella presente sede, soffermarsi sui due aspetti appena evidenziati allo scopo di sottolineare come la Suprema Corte sembri muoversi sulla linea di uno sforzo interpretativo che consenta, mediante una limitazione dell'ambito oggettivo dei casi di opposizione tardiva contro l'Ingiunzione e mediante la previsione di un termine ultimo per la proposizione della opposizione stessa, di superare alcuni degli evidenziati limiti di una tale mezzo di tutela del credito.

Nel medesimo senso, invero, sembra muoversi anche la Corte di Giustizia UE, la quale, nell'indicare la corretta interpretazione da attribuire all'art. 20 del Regolamento, in tema di opposizione tardiva all'ingiunzione, si esprime anche essa per una drastica limitazione dei casi in cui è possibile avvalersi di un tale rimedio, dovendosi ritenere i casi elencati nella suddetta norma regolamentare come di stretta interpretazione (Corte di Giustizia UE n. 245/2015).

Conclusioni

Ecco esposti i tratti salienti dell'ingiunzione di pagamento europea.

Istituto in parte assimilabile alla procedura di cui agli artt. 633 c.p.c., ma in parte munito di proprie peculiarità che impongono agli operatori del diritto, anche in presenza di un controversia connotata da carattere transfrontaliero, di valutare attentamente i vantaggi ed i limiti offerti da tale strumento.

Dovendosi, tuttavia, evidenziare come lo sforzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità e di quella comunitaria sembri fino ad ora rivolto ad una rimozione di quelli che possono apparire come i maggiori ostacoli ad un esteso utilizzo dell'istituto in questione.

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