Tar Lazio sottopone alla CGUE la questione della natura giuridica di Poste Italiane s.p.a. e dell’ambito applicativo della procedura ad evidenza pubblica

Raffaele Tuccillo
24 Ottobre 2018

La principale questione giuridica sottesa alla decisione in commento riguarda la possibilità di qualificare Poste Italiane s.p.a. – e una sua partecipata al 100% – come organismo di diritto pubblico, muovendo dal presupposto che la nozione in oggetto è rimasta immutata rispetto alla disciplina previgente.
Massima

Vanno rimessi alla Corte di giustizia UE i seguenti quesiti interpretativi:

1) se la società Poste Italiane s.p.a. debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell'art 3, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);

2) se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, Poste Tutela s.p.a., peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche;

3) se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l'aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l'attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l'attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16;

4) se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece – ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico – soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti – in via evolutiva rispetto all'originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza;

5) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest'ultimo estranee, il concetto di strumentalità – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi;

6) se infine debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo – non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti – l'indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea.

Il caso

Nel caso esaminato dall'ordinanza in commento, un operatore economico impugnava il bando di gara emesso da Poste Tutela s.p.a., società partecipata al 100% da Poste Italiane s.p.a., per l'istituzione di accordi quadro, aventi ad oggetto il servizio di portierato, reception e presidio varchi, per varie sedi della stazione appaltante, con suddivisione in sette lotti cumulabili. Con ordinanza cautelare, in considerazione della presenza di censure ritenute non prive di fondatezza, la procedura di gara veniva sospesa dal T.a.r. adito.

Le parti resistenti sollevavano eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, precisando che la procedura di gara in oggetto era stata avviata da un'impresa pubblica, ai sensi dell'art. 3, comma 11, lett. t), del d.lgs. n. 50 del 2016, codice dei contratti pubblici, per servizi estranei a quelli compresi nei settori speciali. Secondo la prospettazione difensiva, la società poteva ritenersi soggetta al codice dei contratti pubblici solo se operante nel perimetro dei settori speciali e non per un servizio destinato agli uffici amministrativi e direzionali, prevalentemente dedicati alle operazioni finanziarie e solo in via residuale utilizzati in maniera promiscua. Pertanto, la società sarebbe fornita, in tale settore, di piena autonomia negoziale e avrebbe potuto applicare le regole della procedura ad evidenza pubblica solo in via di autovincolo.

In senso contrario, la parte ricorrente qualificava entrambe le società come organismi di diritto pubblico, con l'obbligo per entrambe di svolgere procedure ad evidenza pubblica.

La questione

La principale questione giuridica sottesa alla decisione in commento riguarda la possibilità di qualificare Poste Italiane s.p.a. – e una sua partecipata al 100% – come organismo di diritto pubblico, muovendo dal presupposto che la nozione in oggetto è rimasta immutata rispetto alla disciplina previgente ed è, pertanto, necessario valutare: la finalizzazione specifica dell'istituzione dell'ente per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; il possesso di personalità giuridica; che l'attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppurela cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. Dalla qualificazione giuridica dell'ente e, in particolare, dall'applicabilità o meno della procedura ad evidenza pubblica discende anche la diversa soluzione della giurisdizione del giudice amministrativo piuttosto che ordinario.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio ritiene che la qualificazione di Poste Italiane s.p.a. quale organismo di diritto pubblico ai sensi dell'art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163 del 2006, ora art. 3, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016, appare difficilmente confutabile per diverse ragioni.

La società è subentrata alla preesistente amministrazione centrale, con la legge 5 maggio 1862, n. 604, assumendo prima la forma di ente pubblico economico e, quindi, di società per azioni. L'attuale società per azioni risulta controllata per una quota pari al 29,26% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti e per la restante quota da investitori privati. La società, pur operando in alcuni settori in regime di concorrenza, è ancora oggi concessionaria del servizio postale universale, che implica la fornitura obbligatoria, con contribuzione a carico dello stato, di servizi essenziali di consegna di lettere e pacchi, ad un prezzo controllato, a tutti i comuni italiani. La società, pertanto, è stata istituita per soddisfare interessi generali, a carattere non industriale o commerciale direttamente riconducibili alla libertà di corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, garantiti dall'art. 15 della Costituzione e sanciti anche a livello comunitario.

Inoltre, è sottoposta al controllo e alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico e della Corte dei conti; i componenti del collegio dei revisori sono designati dalla pubblica amministrazione; l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha il potere di adottare provvedimenti regolatori in materia di qualità e caratteristiche del servizio universale, disciplinate da contratto di programma, in cui controparte del gestore postale è il Ministero dello Sviluppo Economico.

Invece, l'operatività dell'ente in ambito concorrenziale rappresenta solo un indice dell'assenza del requisito teleologico che interessa gli organismi di diritto pubblico, dovendosi riscontrare, per escludere del tutto tale requisito, anche il perseguimento di finalità prettamente economiche con piena assunzione del rischio di impresa. Tali circostanze non si ravvisano, secondo il Collegio, per il servizio postale universale, assegnato a Poste Italiane s.p.a., fino al 30 aprile 2026, ai sensi dell'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 261 del 1999. L'onere per la fornitura del servizio universale è infatti, per legge, finanziato attraverso trasferimenti posti a carico del bilancio dello Stato e mediante il Fondo di compensazione – non ancora attivato – di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 261 del 1999 e, malgrado, di norma, per valutare il costo netto del servizio universale si faccia riferimento ai costi stimabili per un'impresa efficiente, il rischio di impresa appare, se non escluso, fortemente attenuato.

Poste Italiane s.p.a., pertanto, può operare con modalità derogatorie rispetto alle regole generali vigenti in tema di appalti solo per le attività strumentali a quelle rientranti nei settori speciali, senza però sottrarsi alla disciplina dei settori ordinari per ogni altra attività, in funzione degli interessi di rilievo per la collettività, alla stessa affidati. L'elemento fondante dell'organismo di diritto pubblico è quello riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali, anche in presenza di una gestione produttiva di utili, non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, da intendersi in termini di condizionamento aziendale;

Occorre, pertanto, risolvere, in via pregiudiziale, la questione della compatibilità, con la normativa europea, della disciplina nazionale, art. 3, comma 1, lett. e), del d.lgs. 8 aprile 2016, n. 50, recante il codice dei contratti pubblici, qualora sia interpretato nel senso che le imprese che operano nei settori speciali siano esonerate dall'obbligo di osservare procedure contrattuali ad evidenza pubblica, ove il contratto non sia attinente alle attività proprie dei settori speciali.

Osservazioni

L'esame delle questioni giuridiche indicate consente di svolgere alcune considerazioni sulla base dei precedenti giurisprudenziali che hanno esaminato il tema.

Il Cons. Stato, Ad. plen., 28 giugno 2016, n. 13, nel qualificare la Poste Italiane s.p.a. quale organismo di diritto pubblico, ha ritenuto che la società Poste Italiane s.p.a. è soggetta alla disciplina di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, con riferimento al pubblico servizio di cui è affidataria e che il diritto di accesso è esercitabile dai dipendenti della medesima società, limitatamente alle prove selettive di accesso, alla progressione in carriera ed ai provvedimenti di auto-organizzazione degli uffici, incidenti in modo diretto sulla disciplina, di rilevanza pubblicistica, del rapporto di lavoro.

Cass. civ., sez. un., ordinanza, 1 marzo 2018, n. 4899, sempre con riferimento a Poste Italiane s.p.a., ha ritenuto che la società, benché incaricata dell'espletamento del servizio postale universale, è anche titolare di attività estranee al servizio di consegna della corrispondenza, servizio svolto, tra l'altro, in regime di concorrenza. La direttiva 2004/18/CE ha espressamente escluso la società dal novero degli organismi di diritto pubblico in considerazione della prevalenza delle attività di carattere industriale e commerciale da questa svolte. Nel d.lgs. n. 163 del 2006 la società è indicata come ente aggiudicatore, in considerazione della mancanza del requisito teleologico di soddisfacimento di bisogni di interesse generale, privi di carattere industriale e commerciale, il quale implica che il soggetto sia incaricato unicamente di soddisfare bisogni del genere, e non consente l'esercizio di altre attività da parte del soggetto medesimo. Pertanto, la qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico andrebbe limitata al solo ambito del diritto di accesso, ma tale eventuale qualificazione sarebbe comunque irrilevante, in quanto la soggezione alle regole dell'evidenza pubblica dovrebbe risolversi all'interno delle disposizioni che regolano i settori speciali, sulla base della collocazione dell'ente nel microsistema degli enti aggiudicatori. Poiché, nel caso esaminato dalla sentenza, la procedura di gara concerne l'affidamento di un appalto estraneo ai settori speciali, la stessa si sottrae all'ambito applicativo del d.lgs. n. 163 del 2006 e all'obbligo di esperire una procedura ad evidenza pubblica, con la conseguenza che l'impugnazione dei relativi atti non rientra nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui all'art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. ed è, di conseguenza, devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Alla luce degli interventi giurisprudenziali occorre attendere quali saranno sul punto le considerazioni che svolgerà la CGUE, muovendo dalla considerazione che la stessa (Corte di Giustizia UE, sez. IV, 5 ottobre 2017, C-567/15) ha ritenuto che le norme europee devono essere interpretate nel senso che una società che, da un lato, è detenuta interamente da un'amministrazione aggiudicatrice la cui attività consiste nel soddisfare esigenze di interesse generale e che, dall'altro, effettua sia operazioni per tale amministrazione aggiudicatrice sia operazioni sul mercato concorrenziale, deve essere qualificata come «organismo di diritto pubblico» ai sensi di tale disposizione, purché le attività di tale società siano necessarie affinché detta amministrazione aggiudicatrice possa esercitare la sua attività e, al fine di soddisfare esigenze di interesse generale, tale società si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare. In altra pronuncia la Corte (Corte di giustizia CE, 10 aprile 2008, C-393/06, Ing. Aigner) ha osservato che gli appalti aggiudicati da un ente avente la qualifica di organismo di diritto pubblico, ai sensi delle direttive 2004/17 e 2004/18, che hanno nessi con l'esercizio di attività di tale ente in uno o più dei settori considerati negli art. 3-7 direttiva 2004/17, debbono essere assoggettati alle procedure previste da tale direttiva; per contro, tutti gli altri appalti aggiudicati da tale ente in relazione con l'esercizio di altre attività rientrano nelle procedure previste dalla direttiva 2004/18; ciascuna di tali due direttive trova applicazione, senza distinzione tra le attività che il detto ente esercita per adempiere il suo compito di soddisfare bisogni d'interesse generale e le attività che esercita in condizioni di concorrenza, e anche in presenza di una contabilità intesa alla separazione dei settori di attività di tale ente, al fine di evitare i finanziamenti incrociati tra tali settori.

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