Improcedibilità del ricorso notificato via PEC per omesso deposito di copia conforme: l’ultima pronuncia della Cassazione prima delle Sezioni Unite

Andrea Ricuperati
25 Ottobre 2018

È improcedibile il ricorso per cassazione notificato via PEC, quando il difensore del ricorrente non abbia depositato tempestivamente in cancelleria una copia di esso (completa della prova della notifica) attestata conforme all'originale con sottoscrizione autografa.
Massima

È improcedibile il ricorso per cassazione notificato via PEC, quando il difensore del ricorrente non abbia depositato tempestivamente in cancelleria una copia di esso (completa della prova della notifica) attestata conforme all'originale con sottoscrizione autografa.

Il caso

La società Alfa interponeva – mediante atto notificato tramite posta elettronica certificata – ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Brescia che ne aveva respinto il gravame contro la decisione di accoglimento dell'opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c. della società Beta, affidandosi ad un unico motivo di doglianza.

La questione

Il Supremo Collegio si è, preliminarmente, domandato se l'atto introduttivo del giudizio di legittimità, depositato in copia (completa di ricevute di accettazione ed avvenuta notifica via PEC, nonché di relata digitale, ma) sprovvista dell'attestazione di conformità di competenza dell'avvocato, fosse idoneo a consentire lo scrutinio di merito del mezzo di impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha dato risposta negativa al quesito, affermando che:

  • qualora il ricorso per cassazione venga notificato con modalità telematica, dell'atto introduttivo – non presentabile in originale (giacché dinanzi al Collegio di legittimità non risulta ancora attivato il processo telematico) – deve essere depositata, nel termine di 20 giorni sancito dal primo comma dell'art. 369 c.p.c., una copia analogica (completa di quanto necessario per comprovare la notificazione) certificata conforme all'originale a cura del difensore, a norma dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. 21 gennaio 1994, n. 53;
  • l'assenza di detta attestazione autografa dell'avvocato non appare surrogabile invocandosi l'autentica in calce alla procura speciale ad litem, poiché quest'ultima ha un oggetto diverso (= la veridicità della firma apposta dal cliente sulla delega) e si colloca in epoca sempre anteriore rispetto all'altra (che riguarda anche una circostanza – la notificazione – sicuramente successiva al momento in cui viene certificata la firma sulla procura);
  • nella fattispecie, infine, non è nemmeno adducibile l'orientamento giurisprudenziale che attribuisce effetto sanante all'inserimento nel fascicolo di un esemplare dell'atto prodotto dalla parte intimata, in quanto quest'ultima si è astenuta dal compiere attività difensive avanti la Cassazione, così da non potersi escludere che una simile inerzia sia dipesa da una qualche anomalia del procedimento notificatorio del ricorso.

Alla luce dei suestesi rilievi, il gravame di Alfa è stato dichiarato improcedibile.

Osservazioni

La rigida tesi espressa dalla pronunzia in commento, avente conseguenze dirompenti anche sul piano della responsabilità professionale dell'avvocato, si colloca nel solco di quanto statuito dalla VI Sezione civile (nella composizione prevista dal paragrafo 4.2 delle tabelle della Corte) con l'ordinanza n. 30918 del 22 dicembre 2017; quest'ultima aveva avuto occasione di ribadire (fra l'altro) che:

(i) il termine di 20 giorni per depositare la copia analogica conforme del ricorso notificato via PEC è perentorio e non passibile di proroga, non essendo recuperabile una condizione di procedibilità mancante al momento dello spirare del dies contemplato dall'art. 369 c.p.c.;

(ii) poiché l'improcedibilità attiene ad una verifica di carattere pubblicistico ed ha natura indisponibile, s'appalesa irrilevante l'assenza – ad opera della controparte - di contestazioni sulla conformità della copia.

Tale opinione è stata superata il 24 settembre 2018 dalle Sezioni Unite della Corte, le quali con la sentenza n. 22438 (si veda la News sul Portale) hanno (lodevolmente) avvertito l'esigenza di avvalersi del potere loro attribuito dal disposto dell'art. 363 c.p.c., stabilendo in applicazione dei princìpi costituzionali, comunitari e sovranazionali (artt. 47 Carta di Nizza, art. 6 Trattato CEDU) del giusto processo, dell'effettività della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa – che il deposito di una copia informe (= non autentica) del ricorso notificato via PEC, se avvenuto nel rispetto del termine sancito dall'art. 369 c.p.c., non vale a rendere improcedibile l'impugnazione quando:

a) il/gli intimato/i, in possesso dell'originale notificato dell'atto, notifica/no (anche oltre il termine di legge) il controricorso e certifica/no la genuinità dell'atto avversario o comunque non la disconosce/ono (con gli effetti contemplati dall'art. 23, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, applicabile al processo civile in virtù del disposto dell'art. 2, sesto comma, dello stesso codice dell'amministrazione digitale);

b) nell'ipotesi di inattività di anche un solo intimato (il quale non abbia notificato il controricorso) o di esplicito disconoscimento da parte del medesimo, il ricorrente produce l'attestazione di conformità ex art. 9 l. n. 53/1994 entro l'udienza di discussione del ricorso o l'adunanza in camera di consiglio per la sua decisione.

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