Nonni e nipoti: tutelata anche la relazione familiare di fatto se è benefica per il minore
12 Novembre 2018
Massima
Il diritto degli ascendenti di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni deve essere riconosciuto non solo ai soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile dalla quale il minore trae beneficio.
Il caso
X è il nonno paterno di due bambine, A e B, minorenni. X è sposato con Y, sua seconda moglie, che non è la nonna biologica della bambine, ma che si è sempre comportata da nonna nei loro confronti. Le bambine frequentano regolarmente i nonni e nella casa di questi ultimi vi è anche una stanza piena di giochi dedicata alle nipoti. Sorge un conflitto tra X e il padre delle bambine e di conseguenza i genitori pretendono di ridurre i tempi di frequentazione tra le nipoti e i nonni e che gli incontri avvengano alla loro presenza. X ed Y ricorrono al Tribunale per i minorenni ex art. 317-bis c.c., per il riconoscimento del diritto di entrambi alla frequentazione con le nipoti. Il Tribunale per i minorenni accoglie la domanda del nonno, ma dichiara priva di legittimazione ad agire la Y, in quanto non legata biologicamente alle bambine. La Corte d'appello conferma sul punto il provvedimento del primo giudice, e modifica il diritto di visita del nonno paterno. X ed Y ricorrono entrambi in Cassazione. La questione
Due le questioni esaminate dalla Corte di cassazione: la impugnabilità in Cassazione dei provvedimenti de potestate, quale è in definitiva quello che regola il diritto di visita dei nonni ai sensi del combinato disposto degli art. 336 e 317-bis c.c., e la legittimazione ad agire della nonna "sociale" non biologicamente legata ai bambini, ma che ha una consolidata relazione familiare con gli stessi. La prima questione ha un'importanza che va ben oltre il dato processuale. Tradizionalmente i provvedimenti de potestate (resi ex art. 330, 333 e 336 c.c.) erano considerati non ricorribili per Cassazione, perché espressione di volontaria giurisdizione non contenziosa e quindi non idonei ad acquistare autorità di giudicato, seppure rebus sic stantibus. Con la ulteriore conseguenza che erano considerati modificabili ai sensi dell'art. 742 c.p.c. e cioè non soltanto per fatti nuovi sopravvenuti, ma anche in esito a una rivalutazione delle circostanze da parte del giudice che li aveva emessi. La tesi tradizionale si fonda sul presupposto che in questo caso non vi siano in gioco diritti soggettivi, dei genitori, del minore e dei nonni, ma il controllo da parte dello Stato sull'esercizio del potere - dovere conferito ai genitori sui figli: potere che, prima della riforma operata dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 e dal successivo d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, prendeva il nome di potestà dei genitori. La seconda questione riguarda la legittimazione della nonna non biologica, e cioè della moglie o della convivente del nonno, a chiedere (e in ipotesi ottenere) il mantenimento della relazione con le nipoti. La questione è di ampio respiro perché riguarda il concetto stesso di relazione familiare. Le norme sui diritti del minore (art. 315-bis c.c.) sul diritto dei nonni (art. 317-bis c.c.) e sulla c.d. bigenitorialità (art. 337-ter c.c.) sono espressione del diritto alla tutela della vita privata e familiare, ma è il concetto stesso di relazione familiare che, data la pluralità dei modelli oggi esistenti nella società, è difficile da definire: e in particolare quid iuris nel caso in cui la relazione familiare non sia sostenuta dal legame biologico, ma solo dalla consuetudine di vita?
Le soluzioni giuridiche
La sentenza in esame ritiene che l'orientamento tradizionale sulla ricorribilità per cassazione dei provvedimenti camerali de potestate, di segno negativo, sia ormai superato, dal momento che non può dubitarsi che questi procedimenti mettano in gioco diritti soggettivi di natura personalissima e di primario rango costituzionale, e che pertanto il provvedimento conclusivo, pur se adottato nelle forme del decreto in esito a un procedimento camerale, sia idoneo ad incidere su questi diritti e ad acquistare autorità di cosa giudicata, rebus sic stantibus. Del resto, in virtù della riforma dell'art. 38 disp. att. c.c. operata dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, i provvedimenti ex art. 330 e 333 c.c. possono oggi essere assunti anche dal giudice della separazione o del divorzio, unitamente alla sentenza che conclude il giudizio ed, in tale caso, è indubitabile che essi siano impugnabili in Cassazione. Di conseguenza, afferma la Cassazione, dopo che la Corte d'appello abbia confermato, revocato o modificato in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., il decreto camerale emesso ai sensi degli artt. 330, 333 o 336 c.c., esso acquista una sua definitività, ed è senz'altro impugnabile con il ricorso per cassazione (Cass. civ., sez. I, 29 gennaio 2016, n. 1743; Cass. civ., sez. I, 29 gennaio 2016, n. 1746; Cass. civ., sez. I , 21 novembre 2016, n. 23633). La risposta al quesito processuale, conduce, senza soluzione di continuità, ad affrontare la questione sostanziale. Posto che si tratta di un diritto soggettivo, qual è la sua portata? Chi sono i titolari di questo diritto? La risposta della Corte di cassazione è in linea con la più recente giurisprudenza della Corte EDU e della Corte di Giustizia UE. La premessa è che la norma nazionale deve essere interpretata sistematicamente, alla luce delle disposizioni costituzionali (artt. 2 e 30 Cost.), Europee (art. 24 Carta di Nizza) ed internazionali (art. 8 CEDU), che formano il nuovo quadro normativo di riferimento multilivello (art. 117 Cost.). Si ricorda poi come la Corte di Strasburgo ha più volte affermato che la questione dell'esistenza o dell'assenza di una vita familiare è essenzialmente una "questione di fatto", che dipende dalla sussistenza di legami personali stretti tra i soggetti che appartengono ad un certo nucleo familiare (Corte EDU, 13 giugno 1979, Marckx c. Belgio). Il concetto di "famiglia" di cui all'art. 8 CEDU riguarda, infatti, le relazioni basate sul matrimonio ed anche altri legami familiari de facto, in cui le parti convivono al di fuori del matrimonio, o in cui altri fattori dimostrano che la relazione è sufficientemente stabile (Corte EDU, 24 gennaio 2017 Grande Camera, Paradiso e Campanelli c. Italia; Corte EDU, 27 ottobre 1994, Kroon e altri c. Paesi Bassi; Corte EDU, 18 dicembre 1986, Johnston e altri c. Irlanda). Infine, si ricorda la recentissima sentenza della Corte di Giustizia UE che definisce il concetto di diritto di visita (ai fini dell'interpretazione del Regolamento CE n. 2201/2003, c.d. Bruxelles II-bis) nel senso che esso comprende anche il diritto di vista dei nonni nei confronti dei loro nipoti minorenni (Corte Giustizia UE, 31 maggio 2018, Valcheva c. Babanarakis). Ciò premesso e posto che nella fattispecie la relazione di fatto tra le nipoti e la nonna sociale era un dato pacifico, la Corte afferma che il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, cui corrisponde lo speculare diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, va riconosciuto anche alla persona che affianchi il nonno biologico del minore, sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile.
Osservazioni
La premessa sull'impugnabilità in Cassazione del provvedimento reso ex art. 317-bis e 336 c.c. consente alla Corte di affermare che le controversie de potestate non possono essere considerate "volontaria giurisdizione" e cioè mera regolazione di interessi, solo perché trattate con il rito camerale, ma incidono su diritti soggettivi e di rango primario. Del resto da tempo la Corte di Cassazione ha affermato che il rito camerale è "un contenitore neutro" adatto anche a regolare questioni conteziose, purché in esso sia assicurato il contraddittorio (Cass., S.U., 19 giugno 1996, n. 5692). Altra affermazione importante e in un certo senso conseguenziale è quella che, trattandosi di diritti fondamentali, la norma nazionale deve essere interpretata sistematicamente, alla luce delle disposizioni costituzionali ma anche europee ed internazionali che formano il nuovo quadro normativo di riferimento multilivello ai sensi dell'art. 117 Cost.. Da ricordare che il "diritto" degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti previsto dall'art. 317-bis c.c. ha come suo speculare il diritto del minore di conservare rapporti significativi con i parenti e pertanto la tutela accordata è quella del ricorso al giudice minorile affinché siano adottati «i provvedimenti più idonei nell'interesse del minore». Si tratta di processi ove sono in gioco interessi diversi rispetto a quelli propri del conflitto genitoriale, e cioè si tratta di valutare come l'interesse materiale e spirituale dei minori possa essere contemperato con l'autonomo diritto degli ascendenti (Corte cost. 24 settembre 2015, n. 194). La prevalente giurisprudenza si orienta quindi nel senso che il diritto di nonni merita tutela subordinatamente all'interesse dei minori (Cass. civ., sez. VI, 12 giugno 2018, n. 15238; Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2018, n. 19779; Trib. min. Venezia 7 novembre 2016). La prevalenza accordata all'interesse dei minori non osta alla affermazione che il legame tra nonni e nipoti costituisca legame familiare tutelato dall'art. 8 CEDU (Corte EDU 20 gennaio 2015, Manuello e Nevi c. Italia) e dall'art. 24 Carta di Nizza (Corte Giustizia UE, 31 maggio 2018, Valcheva c. Babanarakis). Soccorre quindi la nozione di legame familiare data dalle Corti sovranazionali e cioè inteso non solo come relazione fondata sul dato biologico, ma anche de facto purché la relazione sia stabile e, come giustamente ricorda la Corte nella sentenza in esame, benefica per il minore e utile alla sua armoniosa crescita ed al suo equilibrio psicofisico. Si tratta, in ultima analisi, di considerare l'aspetto quantitativo (il tempo trascorso insieme) ma anche qualitativo (il beneficio per il minore) della relazione (Corte EDU, 24 gennaio 2017 Grande Camera, Paradiso e Campanelli c. Italia). La sussistenza del vincolo del matrimonio tra il nonno biologico e la nonna sociale è un dato, in questo caso presente, non essenziale. Anche nel caso di un stabile convivenza che avesse consentito di instaurare una benefica relazione familiare de facto con i nipoti, il diritto della nonna sociale sarebbe stato tutelato. Per quanto riguarda invece le altre relazioni familiari di fatto, la Corte costituzionale ha dato in passato alcune indicazioni, ritenendo che l'interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l'interesse del minore, di un rapporto significativo, da quest'ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti, è riconducibile alla ipotesi di condotta del genitore pregiudizievole al figlio, in relazione alla quale l'art. 333 c.c. consente al giudice minorile di adottare “i provvedimenti convenienti” (Corte cost. 20 ottobre 2016,n. 225). L'indicazione, anche se data nel caso del genitore sociale che non aveva regolarizzato il legame tramite stepchild adoption (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962), può valere per tutti quei casi in cui l'ordinamento non accorda una azione specifica a tutela della relazione familiare instaurata con i minori. I nonni tuttavia, godono di una posizione privilegiata, perché il loro diritto è esplicitamente riconosciuto da una norma (l'art. 317-bis c.c.) che accorda loro anche una azione specifica a tutela del diritto, con la conseguente legittimazione ad agire in giudizio, oggi riconosciuta anche all' ascendente sociale. |